Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-09-08, n. 201504157

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-09-08, n. 201504157
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504157
Data del deposito : 8 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08942/2014 REG.RIC.

N. 04157/2015REG.PROV.COLL.

N. 08942/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8942 del 2014, proposto da:
Comune di Moio della Civitella, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. G M, con domicilio eletto presso Giuseppe Torre in Roma, via Cassiodoro, 19;

contro

R V, L V, A V, C V, rappresentati e difesi dagli avvocati A C, G M, con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Campania - Sez. staccata di Salerno: Sezione I n. 01101/2014, resa tra le parti, concernente accertamento e declaratoria della illegittimità della procedura espropriativa di pubblica utilità


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di R V, di L V, di A V e di C V;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2015 il cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati Marino e Cacchione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I signori Rosa, Carmela, Liliana e A V, come eredi del signor G M, affermano di essere proprietari di un terreno nel Comune di Moio della Civitella, oggetto di una procedura espropriativa mai conclusa con l’adozione del definitivo provvedimento ablatorio, sebbene sull’area sia stato realizzato un impianto sportivo.

Investito della questione, il T.A.R. per la Campania – Salerno, sez. I, ha accolto - con sentenza 10 giugno 2014, n. 1101 - il ricorso dei signori Vitiello, prospettando al Comune l’alternativa fra raggiungere in tempi brevi un accorso traslativo con i privati, acquisire il bene in applicazione dell’art. 42 bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, n. 327 (c.d. testo unico dell’espropriazione: d’ora in poi: t.u.), restituire l’area.

Contro la sentenza il Comune ha interposto appello deducendo:

1. il vizio di ultrapetizione e il difetto di giurisdizione: gli appellanti avrebbero sostanzialmente proposto una rivendica, cosicché la cognizione della causa apparterrebbe al G.O.;

2. il difetto di legittimazione degli originari ricorrenti, che non avrebbero provato l’acquisto a titolo di successione nel bene controverso (che non risulterebbe dalla dichiarazione di successione allegata agli atti);

3. la carenza di interesse, poiché, sin dalla data del decreto di occupazione d’urgenza (3 agosto 1985), il dante causa avrebbe fatto implicita acquiescenza allo stato di fatto determinatosi, richiedendo e ricevendo l’indennità di esproprio e dichiarando – nell’originario atto di citazione di fronte al Tribunale di Vallo della Lucania – l’avvenuta perdita della proprietà dell’immobile;

4. lo straripamento del potere giurisdizionale, per avere il T.A.R. imposto tempi eccessivamente ristretti per ottemperare alla condanna.

Il Comune chiede inoltre la sospensione del processo in attesa che Corte costituzionale si pronunzi sulla questione di costituzionalità dell’art. 42 bis t.u. e, in subordine, propone una domanda cautelare.

In seguito ha depositato documentazione.

Con ordinanza 21 novembre 2014, n. 5774, la Sezione ha disposto l’acquisizione del fascicolo di primo grado.

I signori Vitiello si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello.

Essi considerano inammissibili, perché nuovi, e comunque infondati i primi tre motivi del gravame. Circa il quarto, non vi sarebbe nessuna eccessiva compressione dei tempi, posto che gli appellanti, nonostante l’inutile decorso dei termini stabiliti dal T.A.R., non avrebbero agito per l’ottemperanza.

Con ordinanza 14 gennaio 2015, n. 187, la Sezione ha accolto la domanda cautelare, sospendendo l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata.

Con sentenza 30 aprile 2015, n. 71, la Corte costituzionale ha dichiarato in parte non fondata e in parte inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42 bis t.u.

In vista della discussione della causa, il Comune ha depositato una memoria difensiva.

Il Comune sostiene che la preclusione recata dall’art. 104 c.p.a. (divieto di eccezioni nuove) non potrebbe essergli opposta, in quanto le eccezioni recate dai primi tre motivi dell’appello riguarderebbero i presupposti e le condizioni dell’azione e sarebbero rilevabili d’ufficio. Le ripropone dunque nel merito, insieme con il quarto motivo, secondo il quale il Tribunale regionale avrebbe illegittimamente interferito nell’esercizio di attività amministrative.

Alla pubblica udienza del 23 giugno 2015, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. In via preliminare, la Sezione osserva che la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono considerarsi assodati i fatti oggetto di giudizio.

2. Ancora in via preliminare, occorre darsi carico dell’eccezione di inammissibilità opposta dai privati ai primi tre motivi dell’appello, recanti eccezioni non formulate nel primo grado di giudizio.

L’eccezione è fondata, ma solo in parte.

In linea di principio, il difetto dei presupposti processuali o delle condizioni dell’azione è rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo (art. 35, comma 1, c.p.a.), perché essi costituiscono i fattori ai quali la legge, per inderogabili ragioni di ordine pubblico, subordina l’esercizio dei poteri giurisdizionali (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2013, n. 2152;
Id., sez. IV, 31 marzo 2015, n. 1657). L’unica eccezione concerne la giurisdizione stessa, il cui difetto può essere rilevato d’ufficio solo in primo grado (art. 9 c.p.a.).

Segue da ciò che la questione di giurisdizione è nuova e dunque inammissibile in questa sede per testuale disposto di legge, anche perché il Comune appellante - che a suo tempo si è difeso con una memoria di stile - non contesta di non averla sollevata in primo grado. Si aggiunga che essa sarebbe comunque del tutto infondata (correttamente il G.O. ha già declinato la propria giurisdizione con sentenza 27 marzo 2003, n. 220), dato che i ricorrenti si dolevano del cattivo o mancato uso dei poteri ablatori spettanti al Comune, che - in tesi - non avrebbe consentito all’ente di acquistare la proprietà del bene a conclusione di un corretto procedimento ablatorio.

Per il resto, è indiscutibile che la questione dell’interesse e della legittimazione ad agire sia valutabile d’ufficio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4004;
Id., sez. IV, 5 marzo 2015, n. 1116). I successivi motivi di appello - che investono proprio la legittimazione e l’interesse ad agire - vanno dunque vagliati nel merito.

3. Con il secondo motivo dell’appello, il Comune contesta la legittimazione ad agire dei ricorrenti perché, dalla dichiarazione di successione depositata in atti, non risulterebbero fra i cespiti caduti in successione i terreni identificati al N.C.U. al foglio n.9, particelle n. 573, n. 678 e n. 920, oggetto dell’occupazione d’urgenza e interessati dalla realizzazione dell’impianto sportivo.

In replica, gli appellati richiamano tutta la documentazione depositata negli atti di causa per affermare di avere pienamente provato la propria posizione di eredi legittimi a titolo universale del proprietario originario.

Tuttavia, dal fascicolo nel giudizio di primo grado questa documentazione (peraltro richiamata genericamente) non compare, né - soprattutto - compare la dichiarazione di successione degli eredi del signor G M.

Ritenendo indispensabile tale documento, il Collegio dispone istruttoria per acquisirlo, a cura delle parti costituite, entro trenta giorni dalla comunicazione (o dalla notificazione, se anteriore) della presente decisione.

Ogni ulteriore decisione in rito, sul merito e quanto alle spese va rinviata alla definizione del giudizio.

Per il seguito del processo, può essere fissata l’udienza pubblica del 14 gennaio 2016.

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