Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-02-19, n. 202401634
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Pubblicato il 19/02/2024
N. 01634/2024REG.PROV.COLL.
N. 06575/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6575 del 2017, proposto dall’impresa Global S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati R D, S V, con domicilio eletto presso lo studio S V in Roma, via Asiago 8;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Impresa Lavorazioni Acciai S.r.l. in Liquidazione Coatta Amministrativa, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 312/2017.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 dicembre 2023 il Cons. Raffaello Sestini e udito per le parti in collegamento da remoto attraverso videoconferenza l’avvocato Lorenza Noli in sostituzione dell'Avvocato R D;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - L’impresa Global S.r.l., propone appello contro il Ministero dello Sviluppo Economico, costituito in giudizio, e nei confronti dell’Impresa Lavorazioni Acciai S.r.l. in Liquidazione Coatta Amministrativa, non costituita in giudizio, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 312/2017, che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso avverso il provvedimento emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione Generale per la Vigilanza sugli Enti, il Sistema Cooperativo e le Gestioni Commissariali – Divisione XX “Società fiduciarie e di revisione” in data 19 settembre 2014, prot. n. 0163987, conosciuto nella medesima data a seguito comunicazione via Pec, e di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e/o consequenziali.
2 – La complessa controversia fra le parti concerne il rigetto da parte del Ministero dell’istanza di autorizzazione alla proposizione di concordato fallimentare formulata dall’appellante. In particolare:
2.1 - con decreto del 1 Agosto 2013, il Ministero dello Sviluppo Economico poneva in liquidazione coatta amministrativa la Società Lavorazione Acciai Srl in Liquidazione (già CAE S.p.A.);
2.2 - in data 13 novembre 2013, l’odierna appellante presentava richiesta di autorizzazione alla presentazione di domanda di concordato fallimentare per la predetta società ai sensi degli artt. 124 e seguenti e dall'art. 214 della Legge Fallimentare;
2.3 - in data 28 marzo 2014, il Commissario Liquidatore rendeva la prima risposta negativa al proposto concordato e in data 23 maggio 2014 il Ministero dello Sviluppo Economico, con nota prot. n.99671, confermava tale orientamento;
2.4 - in data 7 luglio 2014 l’appellante presentava un esposto al Presidente del Comitato di Sorveglianza e al Ministero dello Sviluppo Economico, che dopo una risposta interlocutoria, in data 19 settembre 2014 emetteva parere negativo circa la proposta di concordato fallimentare;
2.5 – il diniego era infine impugnato dall’odierna appellante con ricorso al Tar del Lazio, che peraltro con ordinanza n. 330/2015 dichiarava la propria incompetenza territoriale in favore del Tar Lombardia, presso il quale il medesimo appellante riassumeva il ricorso.
2.6 -con sentenza n. 312 dell’8 febbraio 2017, il TAR della Lombardia dichiarava il ricorso inammissibile condannando la società ricorrente al pagamento delle spese di lite;
2.7 – tale pronuncia è stata appellata dalla società ricorrerne, che ha poi depositato una ulteriore ampia memoria mentre il Ministero si è costituito solo formalmente.
3 – La società Globl Srl deduce i motivi d’appello di seguito sintetizzati.
3.1 – In primo luogo viene dedotta l’erroneità della Sentenza gravata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., difetto di presupposto, violazione e falsa applicazione degli artt. 34, 35 e 40 del D.Lgs. n. 104/2010, travisamento dei fatti, eccesso di potere per manifesta contraddittorietà.
In particolare, il TAR avrebbe erroneamente dichiarato il ricorso di primo grado inammissibile per l’asserita mancata impugnazione della successiva nota del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 195758 del 5 novembre 2014, che invece sarebbe stata semplicemente non indicata nell’epigrafe del ricorso e nella successiva memoria. Infatti, il contenuto del gravame relativo agli atti impugnati andava desunto, a prescindere da formalismi, dal tenore delle censure nel ricorso di primo grado, che in realtà citava più volte la nota del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 195758 del 5 novembre 2014 , anche ammettendo per ipotesi che la stessa potesse avere portata provvedimentale.
Nel caso di specie, pertanto, l’impugnazione della nota del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 195758 del 5 novembre 2014 doveva ritenersi ricompresa tra “tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e/o consequenziali” come indicato in epigrafe.
3.2 - La gravata sentenza sarebbe, altresì, manifestamente erronea e non condivisibile ove ha dichiarato il ricorso di primo grado inammissibile ritenendo la nota del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 195758 del 5 novembre 2014 un atto di conferma – e pertanto necessariamente impugnabile - e non un atto meramente confermativo. Viceversa, il Ministero dello Sviluppo Economico con la nota prot. n. 195758 del 5 novembre 2014, lungi dall’aver posto in essere una nuova istruttoria, non avrebbe effettuato un compiuto riesame della documentazione ma, in sostanza, si sarebbe limitato a riportare quanto dedotto dal Comitato di Sorveglianza senza procedere ad un autonomo ed imparziale adempimento istruttorio.
3.3 – Viene altresì rilevata l’erroneità della Sentenza per violazione e falsa applicazione sotto ulteriore profilo degli artt. 34 e 35 del D.Lgs. n. 104/2010 anche in relazione all’art. 3 della Legge. n. 241/1990 e all’art. 125 del R.D. n. 267/1942 e per difetto assoluto di istruttoria, travisamento dei fatti ed eccesso di potere per manifesta contraddittorietà.
Infatti la sentenza gravata si appaleserebbe altresì erronea per aver dichiarato l’infondatezza del ricorso per il mero fatto che, a proprio avviso, il MISE avrebbe “motivato” le ragioni del proprio diniego, quando invece lo stesso Ministero, secondo l’appellante, non aveva operato nel rispetto dei principi di correttezza, trasparenza e buon andamento, non avendo esplicitato in modo chiaro, puntuale, preciso e manifesto le ragioni alla base dei provvedimenti negativi, mutando la propria riconosciuta discrezionalità in irragionevolezza.
3.4 – Premesso quanto sopra, l’impresa appellante procede alla riproposizione ex art. 101, comma 2 c.p.a. dei motivi di primo grado non esaminati dal primo giudice, concernenti la violazione e falsa applicazione degli articoli 24 e 111 della Costituzione della Repubblica Italiana, per la parte in cui impongono il rispetto degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi dei privati venuti a contatto con l’amministrazione, che non sarebbero stati rispettati nella fattispecie considerata in evidente violazione della Legge Fallimentare di cui al R.D. 16 Marzo 1942, n. 267, essendosi il Ministero limitato ad una supina accettazione dei pareri resi dal Comitato di Sorveglianza.
3.5 – Ancora in primo grado, erano state altresì sollevate le censure di violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della L. n. 241/1990 per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria.
Quanto sopra riferito al punto II) determina, per l'effetto, la violazione dell'art. 3, L. 241/1990, in quanto il Ministero dello Sviluppo Economico non avrebbe motivato in alcun modo il proprio parere negativo con le considerazioni attinenti allo sviluppo economico, alla massima occupazione, alla ripresa dell'attività, al pagamento dei creditori sociali, rinviando solo agli errati conteggi ed alle errate considerazioni svolte dagli organi della Procedura.
3.6 – In primo grado era stata poi dedotta la violazione e falsa applicazione dell'articolo 204 e degli articoli da 84 a 90 (in quanto applicabili) della Legge Fallimentare di cui al R.D. 16 Marzo 1942, n. 267 e successive modifiche., in base ai quali il Commissario Liquidatore avrebbe dovuto provvedere ad apporre i sigilli, farsi consegnare il denaro, i titoli ed i crediti, le scritture contabili e, nel più breve tempo possibile, redigere l'inventario con l'assistenza di un notaio o di un cancelliere e, ove richiesto, di un esperto estimatore da lui nominato.
3.7 – Il ricorso di primo grado deduceva anche i vizi di eccesso di potere per sviamento di potere, per manifesta ingiustizia, per contraddittorietà della motivazione, per difetto di istruttoria, per travisamento dei fatti, avendo il Ministero dello Sviluppo Economico indebitamente delegato agli organi della Procedura ed in particolare al Commissario Liquidatore le proprie competenze in tema di procedura concorsuale nonché, ancora, la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Legge n. 241/1990, il difetto assoluto di istruttoria, il travisamento dei fatti e l’eccesso di potere per manifesta contraddittorietà sotto diverso ed ulteriore profilo, sussistendo tutti gli elementi e tutti i requisiti per la concessione del provvedimento di concordato fallimentare.
3.8 – Viene infine contestato il capo della sentenza relativo alle spese di giudizio per violazione e falsa applicazione dell'art. 92 c.p.c., anche in relazione agli artt. 34, 35 e 88 del d.lgs. n. 104/2010, difetto assoluto di presupposti, travisamento di fatti decisivi, motivazione carente e perplessa e contraddittorietà.
4 – Ai fini della decisione, devono essere in primo luogo scrutinati i primi due motivi d’appello del complesso e articolato gravame contro la sentenza del Tar di inammissibilità del ricorso di primo grado, che sono volti ad acclarare l’erroneità della pronuncia di inammissibilità e che si rivelano, peraltro, infondati. Infatti:
4.1 – in relazione al primo motivo d’appello, la nota del Ministero dello Sviluppo Economico prot. n. 195758 del 5 novembre 2014 non figura in alcun modo, documentalmente ed in modo non controvertibile, fra i provvedimenti impugnati indicati nell’epigrafe dell’atto di ricorso e delle successive memorie (e ciò potrebbe anche costituire, conviene il Collegio, una mera imprecisione formale così come dedotto dall’appellante), ma neppure figura in alcun modo nelle argomentazioni svolte a sostegno delle censure dedotte, essendo invece citata quale mero dato storico ai fini della ricostruzione delle passate vicende, e tale ulteriore circostanza assume invece un rilievo sostanziale attestante la mancata volontà di impugnare tale atto;
4.2 – del resto, in relazione a tale circostanza assumono una sorta di valore confessorio proprio le argomentazioni dell’appellante volte a confutare la natura del provvedimento in questione quale atto di conferma in senso proprio (e, quindi, autonomamente lesivo e da impugnarsi nei termini), e non quale atto amministrativo meramente confermativo e perciò non impugnabile e -per l’appunto- non impugnato con il ricorso di primo grado;
4.3 - Per costante giurisprudenza, al fine di stabilire se un atto successivo abbia contenuto meramente confermativo o di conferma occorre verificare se sia stato adottato o meno a seguito di una nuova istruttoria e di una nuova ponderazione degli interessi (Cons. Stato Sez. VI, 30/06/2017, n. 3207). Rileva dunque la circostanza, esattamente osservata dal TAR, che il Ministero intimato, nella nota del 5 novembre 2014, non si è limitato a riprodurre il contenuto del precedente atto in base all’istruttoria già svolta a suo tempo, ed invece ha richiamato, ai fini della sua adozione, la nuova riunione del Comitato di Sorveglianza del 26 settembre 2014, che, pur se a sua volta confermava e ribadiva nella sostanza il contenuto della precedente riunione tenuta dal Comitato medesimo in data 3 settembre 2014, da un lato ha motivatamente di nuovo valutato la fattispecie e, d’altro lato, è stata a propria volta nuovamente valutata, ai fini del recepimento o meno del nuovo parere, nell’esercizio del potere di vigilanza –e non di gestione diretta- debitamente svolto dal Ministero intimato.
4.4 - Quindi, anche laddove si dovesse convenire circa l’invarianza del contenuto sostanziale dei due atti e prima ancora dei due pareri richiamati, il carattere novativo sarebbe comunque costituito dalla rinnovata istruttoria necessariamente attivata nell’esercizio dei compiti del Comitato di sorveglianza e della funzione di vigilanza del Ministero.
4.5 – Le pregresse considerazioni confermano la esattezza della pronuncia del TAR di inammissibilità del ricorso di primo grado, risultando in atti una seconda determinazione del Ministero, di motivata conferma del gravato diniego di ammissione al concordato fallimentare a seguito di una rinnovata istruttoria, che avrebbe dovuto essere impugnata in termini.
4.6 – Tali conclusioni rendono prive di diretto rilievo sulla decisione d’appello le ulteriori considerazioni del medesimo TAR, impugnate con il terzo motivo, riferite alla circostanza che il ricorso sarebbe stato comunque infondato nel merito avendo il Ministero debitamente motivato la propria decisione, fermo restando l’ampio margine di discrezionalità sotteso alla ponderazione degli obiettivi di legge riferiti allo sviluppo economico, alla massima occupazione, alla ripresa dell'attività e al pagamento dei creditori sociali, da parte degli organi commissariali sotto la vigilanza del competente Ministero.
4.7 – Non possono essere quindi decisi né il terzo motivo d’appello da ultimo indicato, né i successivi motivi riproducenti le censure di merito di primo grado non esaminate dal TAR, dovendo essere invece confermata la decisione di inammissibilità del ricorso resa in primo grado.
4.8 - Per le medesime ragioni neppure può essere infine accolta la censura riferita alle spese di giudizio, in presenza di una causa di inammissibilità del gravame che preclude ogni considerazione circa la complessità delle questioni di merito dedotte.
5 - In conclusione l’appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo