Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-06-14, n. 201803686
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Pubblicato il 14/06/2018
N. 03686/2018REG.PROV.COLL.
N. 05184/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5184 del 2011, proposto da:
azienda agricola 2G di G P e G s.s. in persona del legale rappresentate
pro tempore
sig. G P e azienda agricola S M, in persona dell’omonimo titolare, rappresentati e difesi dagli avvocati M A, M D N e A D M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A P in Roma, via Nizza, n. 59;
contro
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Ministero dell'economia e delle finanze e A.G.E.A. -Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
A.VE.P.A. - Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Zanlucchi, Fabio Lorenzoni, Tito Munari e Luisa Londei, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, n. 43;
Regione Veneto, in persona del Presidente
pro tempore
, non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sez. II, n. 1341/2010, resa tra le parti, concernente “Regime quote latte -Compensazione nazionale del periodo 2002/2003”.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dell'economia e delle finanze, di A.G.E.A. -Agenzia per le erogazioni in agricoltura e di A.VE.P.A. - Agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 15 maggio 2018 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati A P, su delega dell’avvocato M A e l'Avvocato dello Stato Maria Pia Camassa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Le Aziende agricole in epigrafe con sede, rispettivamente, in Limena e San Pietro in Gu, Provincia di Padova, hanno impugnato in qualità di produttori lattiero-caseari davanti al T.A.R. per il Veneto la nota di A.G.E.A. indirizzata alla cooperativa Alta Padovana a r. l., di cui sono soci, avente ad oggetto “Regime quote latte -Compensazione nazionale nel periodo 2002/2003”.
2. Il T.A.R. dichiarava infondato il ricorso in relazione alle asserite violazioni procedimentali, in quanto la specialità della disciplina di riferimento la colloca al di fuori del paradigma generale di cui alla l. n. 241/1990. Dichiarava inammissibili le altre doglianze in quanto riferite ai provvedimenti di determinazione del quantitativo di riferimento individuale (Q.R.I.) e non alla nota avversata, nonché generiche (quarto motivo) perché mirate << a contestare l’intero sistema delle quote latte per contrarietà ai principi informatori dell’ordinamento comunitario senza muovere alcun appunto specifico ai provvedimenti impugnati >>.
3. L’appello riproduce sostanzialmente gli stessi motivi del ricorso di primo grado, ritenendo illogica e contraddittoria l’argomentazione seguita dal T.A.R. Ripropone la richiesta istruttoria di nomina di C.T.U. ed esibizione di atti da parte di A.G.E.A. per riscontrarne l’attività e i dati;avanza istanza di rimessione alla Corte di Giustizia ex art. 177, lett. b), del Trattato U.E. di una serie di questioni interpretative ritenute pregiudiziali rispetto alla decisione dell’odierno gravame.
4. Il Collegio valuta indispensabile ai fini del corretto scrutinio del ricorso delineare con esattezza i confini giuridici e fattuali del provvedimento avversato, onde collocarlo nella cornice del complesso sistema delle quote latte vigente ratione temporis.
Le due aziende si dolgono nello specifico del contenuto della nota prot. n. 6275 del 30 luglio 2003, indirizzata alla Società cooperativa primo acquirente, che figurava, proprio in tale veste, tra i ricorrenti in primo grado, unitamente ad altri produttori soci. Con tale nota, che si colloca a valle del procedimento di individuazione delle eccedenze individuali, A.G.E.A. riepiloga al primo acquirente, nella sua veste di sostituto dei produttori, le debenze degli stessi e le esplicita in un allegato che reca il nominativo e la sede delle singole aziende, nonché l’indicazione dell’importo da esse dovuto. La comunicazione, che ha anche un contenuto metodologico esplicativo, chiarisce come si è addivenuti alle somme indicate, ovvero sulla base del confronto tra i quantitativi di riferimento (Q.R.I.) comunicati a tempo debito da Regioni e Province autonome ai produttori di latte vaccino e i quantitativi consegnati dichiarati dagli stessi -comprensivi in entrambi i casi del tenore di materia grassa di periodo- mediante l’autocertificazione contenuta nel modello denominato ‘L1’.
5. Per contestualizzare meglio la vicenda, occorre anche segnalare come dalla consultazione della banca dati della giustizia amministrativa, che costituisce fatto notorio anche per i ricorrenti, risulta che le comunicazioni dei Q.R.I. relative all’annata lattiera 2002/2003, regolarmente effettuate o preventivamente o a ridosso dell’inizio della stessa (marzo/aprile 2002) dalla Regione Veneto a tutte le aziende del settore, sono state oggetto di autonomo ricorso avente il numero R.G.1328/2002. Il nominativo delle aziende odierne ricorrenti non figura tra quelli indicati nell’epigrafe della sentenza con la quale il T.A.R. per il Veneto ha definito, in senso sfavorevole alle aziende produttrici, la relativa controversia, peraltro incentrata su lagnanze totalmente sovrapponibili a quelle prospettate nell’odierno gravame (cfr. T.A.R. per il Veneto, Sez. II, 13 aprile 2010, n. 1339, inappellata);nel giudizio instaurato innanzi al medesimo T.A.R. per il Veneto dall’azienda agricola 2G in relazione alla comunicazione del Q.R.I. per la successiva annata lattiera 2003/2004, veniva avanzata istanza di riunione dei due procedimenti, all’epoca pendenti, respinta dal giudice con la sentenza di merito, pure sfavorevole alla ricorrente, ove egualmente si affrontano, con rinvii alla giurisprudenza ormai consolidatasi sul punto, tutte le questioni di diritto riproposte nell’odierno procedimento (cfr. T.A.R. per il Veneto, Sez. II, 13 aprile 2010, n. 1337).
6. E’ pertanto incontestato tra le parti che le aziende hanno ricevuto tempestivamente la comunicazione del Q.R.I. assegnato loro per l’annata lattiera 2002/2003. Quanto detto evidenzia di per sé la correttezza della ricostruzione del giudice di prime cure, laddove ha ritenuto inammissibili tutte le censure volte a contestare il sistema nella sua interezza, in quanto riferite ad una fase del procedimento autonoma e diversa da quella sostanziata nel provvedimento avversato, id est quella prodromica alla comunicazione del quantitativo massimo di produzione annuale cui l’impresa deve attenersi nella successiva commercializzazione. In particolare, ciò che si contesta nuovamente è la retroattività del calcolo in questione, in quanto basato, come da disposizioni delle leggi n. 5/1998, n. 118/1999 e n. 79/2000, nonché della delibera di recepimento della Giunta regionale veneta n. 212/2002, su valori induttivi e non reali, fondati, come per prassi, su quelli dell’annata precedente, ricavati dall’archivio informatico di A.G.E.A., di cui la Regione si avvale ai sensi dell’art. 12 della L.R. 9 novembre 2001, n. 31.
7. Solo per completezza, pertanto, il Collegio richiama sul punto le risultanze della giurisprudenza comunitaria, costituzionale e amministrativa, che hanno riconosciuto in maniera ormai incontrovertibile la legittimità di tale sistema di quantificazione retroattiva delle quote. In particolare, la sentenza della Corte di giustizia 25 marzo 2004, nelle cause riunite C-231/00 e 451/00, ha affermato che il Regolamento C.E.E. 28 dicembre 1992 n. 3950, deve essere interpretato nel senso che lo stesso non osta << a che, a seguito di controlli, uno Stato membro rettifichi i quantitativi di riferimento individuali attribuiti ad ogni produttore e conseguentemente ricalcoli, a seguito di riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, i prelievi supplementari dovuti successivamente al termine di scadenza di tali prelievi per la campagna lattiera interessata> >. La natura non sanzionatoria del cosiddetto prelievo supplementare, che si colloca tra << gli interventi intesi a regolarizzare i mercati agricoli ... destinato al finanziamento delle spese del settore lattiero >>con << anche una finalità economica, in quanto mira a procurare alla Comunità i fondi necessari allo smaltimento della produzione realizzata dai produttori in eccedenza rispetto alle loro quote >>, ne giustifica dunque l’applicazione postuma. Alle stesse conclusioni è addivenuta la Corte Costituzionale nella sentenza n. 272 del 7 luglio 2005. Tali principi - da cui anche questo Collegio non ha motivo di discostarsi- sono stati poi evocati in tutte le decisioni dei giudici amministrativi, sia in primo grado che in appello, chiamati a dirimere il poderoso contenzioso sviluppatosi in materia di quote latte già a far data dall’introduzione in Italia del relativo regime con la l. n. 468/1992 (cfr. da ultimo, ex plurimis, Cons.Stato, Sez. III, 27 febbraio 2018, n. 1209).
8. Le innegabili difficoltà, per le autorità competenti, di ricostruire tempestivamente le quote individuali applicabili ed i quantitativi effettivamente prodotti, trattandosi di grandezze necessariamente influenzate da variabili quali la verifica sulla veridicità delle dichiarazioni, le frequenti cessioni di quote da un produttore ad un altro e la stessa compensazione nazionale, che per loro natura tendono a protrarsi in un arco di tempo più esteso rispetto all'esercizio di riferimento, richiedono di accettare correttivi, tra i quali la possibilità di imposizioni retroattive, onde non frustrare nei fatti gravemente l'effettività dell'intero sistema. La possibile erroneità del dato di partenza, dunque, peraltro falsato proprio per lo più dalla certificazione da parte dei produttori, e finanche da quei fenomeni “truffaldini” invocati dalle ricorrenti per scardinare il sistema nella sua interezza, non può non imporre comunque la ricerca di metodiche anche induttive funzionali a determinare il dato richiesto, ferma restando una rigorosa azione di accertamento delle responsabilità dei singoli che a vario titolo ne hanno ostacolato il corretto funzionamento.
9. Rileva dunque il Collegio che, anche a voler riconoscere sul punto un’autonoma valenza precettiva alla nota impugnata, in quanto costituisce comunque l’approdo del procedimento di determinazione del Q.R.I., che in tale sede si completa con l’indicazione dell’importo del prelievo supplementare, non si comprende come la lamentata retroattività abbia influito concretamente sulla posizione dei ricorrenti. Le aziende, infatti, non introducono alcun elemento per suffragare un’eventuale erroneità del calcolo in relazione al proprio Q.R.I., né esplicitano come la sua determinazione, confluita nella nota avversata, partendo dal dato “storico” si sia concretizzata in uno svantaggio per le stesse. Quanto detto, rileva il Collegio, stante la esplicitata facoltà di far rilevare errori o omissioni sin dall’avvenuta ricezione della comunicazione del Q.R.I. avanzando apposita istanza di rettifica.
10. Il riferimento ad un presunto errore di calcolo commesso dall’amministrazione, infatti, ragionevolmente avrebbe potuto indirizzare il giudice a svolgere ulteriori accertamenti di carattere istruttorio secondo il metodo dispositivo acquisitivo. Le censure si soffermano invece sui criteri di ordine generale utilizzati e sulla inattendibilità complessiva del sistema delle quote latte in violazione del principio di affidamento, pur senza precisare per quali ragioni e soprattutto su quali quantitativi ipotizzati potesse fondarsi suddetto affidamento, stante che proprio la ‘storicizzazione’ del dato consente alle imprese di valutare tempestivamente, perfino in caso di comunicazioni tardive, l’ordine di grandezza col quale confrontarsi nella produzione e conseguente commercializzazione (sulla presunzione di conoscenza del dato generata dalla sua ‘storicizzazione’, cfr. Cons. Stato, Sez. III, 15 ottobre 2014 n.5141, nonché id ., 15 ottobre 2014, n.5149).
Non è, quindi, dato comprendere in che modo il preteso malfunzionamento delle quote latte, basato peraltro su autocertificazioni e non su controlli in loco, abbia concretamente prodotto effetti compressivi sulla sfera giuridica delle ricorrenti;a maggior ragione per il fatto che nel caso di specie, l’entità del Q.R.I. è stato loro reso noto in tempo utile per calibrare la propria attività nell’annata lattiera di riferimento. Pertanto ogni generica contestazione sul punto, concretizzandosi in una denuncia generale del meccanismo complesso di riequilibrio della produzione di latte, non può certo tradursi nella ritenuta illegittimità del singolo provvedimento, l’ambito di esame del quale costituisce il compito del giudice amministrativo.
11. Nel contesto di tale generalizzata denuncia si pongono anche le reiterate istanze istruttorie, con le quali si pretenderebbe addirittura di sindacare funditus l’operato di A.G.E.A., ancorché, almeno in astratto, conforme a normativa, senza peraltro fornire un minimo principio di prova atto a dimostrare l’erroneità del Q.R.I. comunicato dalla Regione, anche semplicemente versando in atti elementi di interlocuzione intercorsi allo scopo di addivenire costruttivamente all’individuazione di un dato maggiormente attendibile in relazione alla propria specifica posizione.
12. Quanto invece alla lamentata violazione degli artt. 3 e 7 della l. n. 241/1190 –che costituisce in ordine sistematico il primo motivo di doglianza e l’unico riferibile, almeno apparentemente, alla nota avversata- il Collegio ritiene condivisibile le conclusioni del giudice di prime cure.
La mancanza di motivazione, infatti, se riferita alla nota di A.G.E.A. del 30 luglio 2003, si appalesa contraddetta per tabulas dall’ampiezza contenutistica della stessa, che dedica i primi 4 punti all’inquadramento normativo e alla metodologia utilizzata per addivenire al dato di cui all’allegata tabella riepilogativa. E’ evidente infatti che essendo i Q.R.I. già stati comunicati alle singole aziende, il dato relativo agli stessi non necessita di ulteriore esplicitazione. Suddetto dato, peraltro, in quanto costituisce un mero numero, cui si addiviene sulla base di una precisa istruttoria, del tutto legittimamente poteva a suo tempo essere motivato per relationem (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. III, 10 marzo 2015, n. 1220).
D’altro canto non si comprende per quale ragione un atto destinato esclusivamente al consorzio primo acquirente avrebbe dovuto essere preceduto da una nuova comunicazione di avvio procedimento alle aziende produttrici. Esso contiene peraltro la chiara indicazione, sulla quale le ricorrenti non hanno sollevato alcuna eccezione, che << non viene notificata una formale imputazione di prelievo supplementare in quanto si richiede di procedere al versamento esclusivamente di somme già a tal fine trattenute >>.
La più volte ricordata natura ricognitiva della nota fa sì che essa costituisca il mero riepilogo delle indicazioni ricavate dal sistema informativo nazionale (S.I.A.N.) anche su alimentazione delle aziende produttrici per il tramite dei dati attestati con la sottoscrizione del modello ‘L1’, ovvero delle rettifiche richieste dalle stesse a seguito della comunicazione del Q.R.I. assegnato.
Quanto detto, ritiene il Collegio, rafforza la richiamata inapplicabilità della l. n. 241/1990 alla materia in esame da parte del giudice di prime cure, che peraltro si diffonde al riguardo in opportuni richiami giurisprudenziali (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. VI, 8 giugno 2009, n. 3487).
L’ A.G.E.A. - come l’A.I.M.A. in precedenza- effettua dunque una mera operazione matematica, i cui fattori sono ben esplicitati nella parte narrativa della nota avversata: da un lato, attinge alle dichiarazioni rese dagli stessi produttori (con i modelli ‘L1’) in relazione al latte commercializzato e alle eventuali eccedenze rispetto al Q.R.I., dall'altro, deve tener conto del rigido ed inderogabile quantitativo globale garantito (Q.G.G.) italiano. La somma da versare deriva dunque << dalla moltiplicazione del quantitativo risultante in esubero, nonostante la compensazione effettuata, per l’importo unitario di € 0,3563 per chilogrammo relativo alla campagna in oggetto >>, come esplicitato al punto 4 della nota. Il procedimento peraltro consta di numerosi aggiustamenti progressivi, che per definizione sono parziali finché ogni singola posizione non sia conclusa e perfezionata, attraverso un’opera di accertamento e di rettifica della situazione di ogni produttore. Di ciò è traccia nelle indicazioni fornite che riportano il quantitativo consegnato rettificato, il quantitativo in eccedenza dichiarato nell’allegato ‘L1’, il quantitativo in eccedenza riscontrato, il quantitativo compensato e quello non compensato. Tutte tali concrete operazioni in cui si è articolato il calcolo per l’annata lattiera 2002/2003 in relazione alla situazione delle aziende ricorrenti non sono state fatte oggetto di specifica e puntuale contestazione.
13. Le Regioni, delle quali pure si lamenta il coinvolgimento, inoltrano la comunicazione del Q.R.I. avvalendosi dei dati provenienti dal sistema nazionale gestito da A.G.E.A., secondo un procedimento prestabilito, di fatto avallato dalle previsioni del già ricordato art. 12 della L.R. n. 31/2001 e comunque perfettamente sinergico e rispettoso delle competenze di ciascun livello di governo coinvolto.
14. Le appellanti avanzano infine richiesta di sottoposizione al vaglio della Corte di Giustizia del Lussemburgo di varie questioni ritenute pregiudiziali rispetto alla risoluzione dell’odierna controversia. In particolare contestano la letture delle norme comunitarie che, imponendo comunque la compensazione a carico del singolo Stato membro, indipendentemente dal fatto che sia stato o meno sforato il quantitativo globale garantito fissato per l’intera Comunità, hanno portato al sistema dei prelievi supplementari anche se l’eventuale sforamento da parte degli allevatori italiani ben avrebbe potuto essere compensato dall’accertata mancata produzione in altri Stati membri.
Su tali censure (ammissibili solo laddove fosse fornito un principio di prova in ordine al presupposto fattuale del sottoutilizzo delle quote a livello comunitario globale) il Collegio ritiene pertinenti le valutazioni già espresse dal Consiglio di Stato, pur rispetto ad altro caso, sulla necessità di considerare le quote per ciascuno Stato membro senza riferimento a quelle di altri Stati, in quanto << Il regime delle quote latte vale a disciplinare un complesso sistema europeo di mercato, teso a stabilizzare i prezzi, prevenendo un rischio di sovrapproduzione e, quindi, di conseguente depressione dei prezzi stessi e correlata crisi di settore;compensare, quindi, le produzioni eccedentarie di uno o alcuni Stati con quelle carenti di uno o altri Stati indurrebbe i primi a tenere fermo un volume produttivo che, nell’ipotesi di riequilibrio della produzione da parte dei secondi, determinerebbe un immediato sforamento dei quantitativi previsti a livello comunitario globale, finendo, così, per introdurre un regime di incertezza e instabilità produttiva insostenibile, dal momento che i produttori operanti nei paesi maggiormente produttori potrebbero essere indotti a contare sul mancato raggiungimento delle quote da parte di altri paesi, stabilizzando volumi produttivi eccessivi destinati a scontrarsi con l’eventuale riequilibrio della produzione da parte degli Stati destinatari delle quote in precedenza non completamente utilizzate;ciò che lascerebbe il mercato in una situazione fluttuante di costante incertezza e possibile risorgere di squilibri tra domanda e offerta, con il conseguente contrasto con i principi ispiratori di detto regime operativo> >(cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 settembre 2010, n. 6553, nonché id ., 12 luglio 2011, n. 4187).
L’asserita contrarietà al diritto europeo dell’applicazione del regime contingentato anche alla produzione D.O.P., laddove la generalità del meccanismo di calmierazione del mercato di settore consegue proprio dallo stesso, oltre che irrilevante ai fini della decisione, non necessita dei richiesti chiarimenti interpretativi.
Come in altri dedotti innanzi al Consiglio, anche nella specie si versa in un caso ove la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con evidenza tale da non dar adito a nessun ragionevole dubbio interpretativo sulla soluzione da dare alla questione sollevata (cfr. Corte Giust. CEE, 6 ottobre 1982, C. 283/81;nonché Cons. Stato, Sez.VI, 24 marzo 2011, n. 1810; id ., 9 febbraio 2011, n. 896).
15. In conclusione pertanto l’appello non merita accoglimento.
Le spese, in relazione all’andamento e peculiarità della vicenda, possono essere compensate.