Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-07-26, n. 201703694
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 26/07/2017
N. 03694/2017REG.PROV.COLL.
N. 01891/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1891 del 2013, proposto da:
L T, A V, R V, M V, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato N C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, via Caffarelletta n. 4;
contro
COMUNE DI CASTELLAMMARE DI STABIA, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati D C e C D S, domiciliato ai sensi dell’art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferron. 13;
per la riforma:
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI – SEZ. VII n. 3436 del 2012;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Castellammare di Stabia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 aprile 2017 il Cons. Dario Simeoli e udito per le parti l’avvocato N C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.– Con il ricorso promosso in primo grado, i signori Lucia Tramparulo, Antonio V, Rosalia V e Michele V impugnavano l’ordinanza del Comune di Castellammare di Stabia n. 385 del 29.8.1996, che aveva loro ingiunto la demolizione di un servizio igienico (bagno) realizzato in via Rispoli n. 35, deducendo la violazione di legge (L. 47/1985) e l’eccesso di potere sotto vari aspetti.
2.– Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con sentenza n. 3436 del 2012, ha respinto il ricorso. Secondo i giudici di prime cure, l’incontestata allocazione dell’abuso su di un balcone rende evidente la compromissione dell’aspetto esteriore dell’edificio, sicché correttamente il Comune ha segnalato la necessità del previo rilascio della autorizzazione paesaggistica, rilevando che non era stata concessa.
3.– I ricorrenti hanno quindi proposto appello, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado.
Secondo gli appellanti, la sentenza impugnata si fonderebbe su di un presupposto errato, ovvero la realizzazione ex novo di un bagno mediante «chiusura» di un balcone. La presunta opera abusiva sarebbe invece consistita nella manutenzione di un bagno già esistente e per di più situato sul ballatoio interno. Tali circostanze sarebbero state peraltro accertate con autorità di cosa giudicata anche dal giudice penale (sentenza n. 228 del 1999 del pretore di Castellammare di Stabia).
Nella denegata ipotesi in cui non si reputasse applicabile l’art 654 c.p.p e, pertanto, vincolante l’accertamento dei fatti operato dal giudice penale, la sentenza impugnata dovrebbe essere comunque riformata. I giudici non avrebbero infatti esaminato la documentazione depositata in atti, la confuterebbe l’errata descrizione dei luoghi operata dall’Amministrazione appellata.
Sotto altro profilo, l’opera manutentiva del piccolo bagno (di soli due mq) non avrebbe richiesto il rilascio di concessione edilizia, ma soltanto della denuncia d’inizio attività. Pertanto, non avrebbe potuto essere oggetto di demolizione ma soltanto di sanzione pecuniaria.
Da ultimo, non sarebbe neppure ravvisabile alcuna violazione dell’art. 7, l. 29 giugno 1939, n. 1497, dal momento che le opere contestate non avrebbero comportato alcuna modificazione esteriore dell’immobile né alcun pregiudizio allo stesso ed al paesaggio circostante.
4.– L’amministrazione appellata si è costituita in giudizio, chiedendo dichiararsi l’infondatezza del mezzo di gravame.
5.‒ All’udienza del 20 aprile 2017, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.‒ La sentenza impugnata ha rigettato il ricorso proposto dagli odierni appellanti avverso l’ordine di demolizione di un’opera ‒ realizzata in Castellammare di Stabia alla Via Rispoli n. 35 ‒ consistente nella «chiusura» parziale di balcone, con creazione di un vano adibito in concreto a servizio igienico.
2.‒ Ai fini del rigetto dell’appello, è dirimente rilevare che l’ordine demolitorio trova autonomo fondamento giuridico nella norma speciale che sanziona la violazione del vincolo paesaggistico. L’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 attribuisce infatti, all’amministrazione comunale un generale potere di vigilanza e controllo su tutta l’attività urbanistica ed edilizia, imponendo l’adozione di provvedimenti di demolizione anche in presenza di opere realizzate in zone vincolate in assenza dei relativi titoli abilitativi, al fine di ripristinare la legalità violata dall’intervento edilizio non autorizzato.
2.1.‒ È incontestata tra le parti l’imposizione di vincolo paesaggistico ‒ espressamente richiamato nel provvedimento impugnato ‒ sull’immobile nel quale ricadono i manufatti oggetto dell’ordine demolitorio.
2.2.‒ L’opera contestata ‒ consistente, come si è più volte detto, nella creazione di nuovo vano, adibito a servizio igienico ‒ ha comportato un aumento (per quanto contenuto) del volume e delle superfici dell’immobile, nonché una modifica della sagoma interna del fabbricato, avuto riguardo non solo alla «chiusura» del balcone ma anche ai materiali a tal fine utilizzati (muratura priva di intonaci e un piccolo vano finestra in alluminio anodizzato e vetro). L’intervento edilizio avrebbe reso necessario il previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Tale onere procedimentale (risalente all’art. 7, della legge 29 giugno 1939, n. 1497), essendo dettato dal legislatore in funzione di controllo, si impone al di là dell’effettiva incidenza in termini di danneggiamento ovvero di compatibilità con la disciplina paesaggistica dell’opera. Il legislatore esclude la necessità dell’autorizzazione paesaggistica per i soli «interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici» (cfr. comma 12 dell’art. 82 del d.P.R. n. 616/77, il cui contenuto prescrittivo è refluito oggi nell’art. 149, comma 1, lettera a del d.lgs. 42 del 2004).
3.‒ Sennonché, gli appellanti lamentano di non essere gli autori dell’abuso: in particolare, il signor V avrebbe proceduto soltanto ad interventi di manutenzione del preesistente bagno, come peraltro il giudice penale avrebbe già accertato con sentenza passata in giudicato, la cui efficacia preclusiva dovrebbe vincolare anche gli esiti del presente giudizio (ai sensi dell’art. 654 c.p.p.).
La censura non può essere accolta.
3.1.‒ La sanzione c.d. “in senso lato” ‒ nozione alla quale si riconducono tradizionalmente le misure ripristinatorie ed interdittive (ove non meramente accessorie alle sanzioni pecuniarie) ‒ gode un apparato di garanzie sostanziali, procedimentali e giurisdizionali, diversificato rispetto alla sanzione in senso stretto (disciplinata dalla legge n. 689 del 1981). Pur costituente una forma di reazione alla violazione di una norma, esse non hanno valenza afflittiva, bensì mirano alla soddisfazione diretta dell’interesse pubblico specificamente pregiudicato dalla violazione (attinente, nella specie, all’ordinato assetto del paesaggio). Gli ordini di demolizione, in particolare, avendo carattere reale, prescindono dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile (l’estraneità agli abusi assumendo comunque rilievo sotto altri profili), applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato.
3.2.‒ In definitiva, l’ordinanza di demolizione in esame poteva dunque legittimamente essere emanata nei confronti degli attuali proprietari dell’immobile sui cui insiste l’opera abusiva, anche se non responsabili della relativa esecuzione, trattandosi di illecito permanente sanzionato in via ripristinatoria.
3.3.‒ Quanto appena detto consente di escludere anche la lamentata violazione dell’art. 654 c.p.p. L’efficacia extrapenale della sentenza penale è ravvisabile solo «quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale». Poiché l’ordine di demolizione prescinde dall’accertamento dell’autore dell’illecito, la soluzione della presente controversia non «dipende» dall’accertamento della responsabilità penale in ordine alla commissione dei reati edilizi.
4.‒ Pertanto, l’appello è infondato e va respinto.
4.1.‒ Sussistono i presupposti per compensare tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio, avuto riguardo alla natura dell’abuso contestato.