Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-12-31, n. 202108742

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-12-31, n. 202108742
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108742
Data del deposito : 31 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/12/2021

N. 08742/2021REG.PROV.COLL.

N. 02771/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2771 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G M e R R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Consiglio di Stato, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Presidenza del Consiglio di Stato e di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 settembre 2021 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Righi e Lentini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso proposto dal dott. -OMISSIS- contro il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (d’ora innanzi CPGA), la Presidenza del Consiglio di Stato e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché nei confronti del controinteressato dott. -OMISSIS-, per l’annullamento della deliberazione del CPGA n. -OMISSIS-, recante la nomina di quest’ultimo al posto di Presidente del T.a.r.-OMISSIS-, nonché della proposta di nomina, del d.P.R. -OMISSIS- (registrato alla Corte dei Conti con n. -OMISSIS-) e del decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, recante l’immissione nelle funzioni a decorrere dal -OMISSIS-.

1.1. Con la stessa sentenza sono stati respinti i motivi aggiunti presentati il 2 settembre 2020 per l’annullamento del provvedimento del CPGA prot. -OMISSIS-“Istanza di riesame del Pres. -OMISSIS- pervenuta in data 14 luglio 2020 prot. n. 10973” e della deliberazione del CPGA del -OMISSIS-, di contenuto e numero ignoto, richiamata in tale ultimo provvedimento.

1.2. La sentenza riporta le principali disposizioni che regolano il procedimento per il conferimento delle funzioni direttive (art. 29 del regolamento interno per il funzionamento del Consiglio di Presidenza e delibera dello stesso organo di autogoverno del -OMISSIS-, articolo 1, comma 2, e articoli 3, 4 e 5) e ne desume che:

- il conferimento dell’incarico direttivo presuppone la nomina del candidato più anziano che abbia previamente superato il giudizio di idoneità;

- tale giudizio si incentra sulla verifica della insussistenza di elementi da cui desumere una “non attitudine” all’incarico da conferire e si svolge per merito assoluto e non comparativo tra i vari partecipanti all’interpello;

- il magistrato con maggiore anzianità che partecipa all’interpello per il conferimento di un ufficio direttivo deve necessariamente essere sottoposto al giudizio attitudinale, anche se è già titolare di un ufficio direttivo ed anzi è “ connaturato alla natura stessa e alla finalità del procedimento per il conferimento dell’incarico direttivo che il giudizio sia rinnovato nel caso in cui colui che è già titolare di un incarico direttivo ambisca a una nuova nomina e che in tale sede si tenga conto anche delle capacità organizzative dimostrate nel pregresso esercizio delle funzioni presidenziali ”;

- gli elementi di cui tenere conto ai fini del giudizio non sono esclusivamente quelli insorti fino alla scadenza del termine per partecipare all’interpello, in quanto l’art. 2, comma 5, della delibera -OMISSIS- pone un simile limite temporale per la verifica del “possesso dei requisiti” richiesti per la partecipazione e non anche per la verifica dell’attitudine ad assumere l’incarico direttivo;

- poiché il giudizio mira ad accertare l’idoneità del candidato all’ufficio da assegnare, è possibile tenere conto anche della complessità, dal punto di vista organizzativo, della sede oggetto di conferimento, avuto riguardo alle dimensioni e alle esigenze della stessa.

1.3. Passando all’esame delle ragioni della dichiarazione di inidoneità del ricorrente, la sentenza dà atto che la IV Commissione del CPGA aveva proposto di non scrutinare favorevolmente la posizione del ricorrente per difetto di attitudine, facendo riferimento alla avvenuta trasmissione del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del -OMISSIS- con cui era stato avviato un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Aggiunge quindi che il plenum del Consiglio di Presidenza “ nell’accogliere la proposta della Commissione, ha offerto una serie di motivazioni a fondamento del giudizio di inidoneità ”. Tali motivazioni sono tratte dal verbale del plenum del -OMISSIS- dal quale il primo giudice evince che “ il giudizio si è basato sulla presenza di una pluralità di circostanze fattuali, solo in parte coincidenti con quelle che hanno condotto all’avvio del procedimento disciplinare ” (visita ispettiva svolta nel 2019 presso il T.a.r. presieduto dal -OMISSIS- nel corso della quale era emersa la sua assenza a talune udienze;
mancata presentazione del ricorrente in occasione di due convocazioni del CPGA;
giustificazioni contrastanti su dette assenze, fornite successivamente dall’interessato;
ricadute negative delle assenze sui carichi di lavoro del consigliere anziano;
significativo aumento delle pendenze registrato dal T.a.r. presieduto dal -OMISSIS-negli anni 2018-2019).

1.4. Esposte tali circostanze, il primo giudice ha concluso che le ragioni sottese alla delibera impugnata erano espressione di un’attività valutativa discrezionale esercitata dall’organo di autogoverno in coerenza con i criteri individuati dalla delibera del -OMISSIS- e che il giudizio non presentava profili di travisamento dei fatti o di illogicità sindacabili dal giudice amministrativo.

In particolare, quanto al rapporto tra il procedimento di nomina e il procedimento disciplinare a carico del -OMISSIS- ha ritenuto che gli elementi emersi ai fini dell’avvio di quest’ultimo fossero stati valutati “ nella loro consistenza oggettiva ” nel giudizio di (in)attitudine alle funzioni direttive e che “ i medesimi fatti non necessariamente determinano conseguenze negative anche all’esito del procedimento disciplinare, essendo differente l’apprezzamento valutativo che è richiesto nei due procedimenti ”. Di qui il rigetto delle censure avverso il mancato accertamento della giustificazione delle assenze e la ritenuta irrilevanza delle censure volte a prospettarne i motivi di giustificazione, nonché l’irrilevanza dei motivi aggiunti nella parte in cui intendevano valorizzare l’archiviazione del procedimento disciplinare e le ragioni che l’avevano determinata.

Infine la deliberazione assunta è stata reputata non manifestamente irragionevole anche quanto al richiamo al dato oggettivo dell’aumento delle pendenze del T.a.r. presieduto dal candidato, che, in combinazione con le altre ragioni esposte nel corso della seduta, aveva condotto al giudizio di inidoneità.

1.5. I motivi aggiunti, con i quali si è impugnato il mancato accoglimento dell’istanza di riesame dello scrutinio per la copertura della Presidenza del T.a.r.-OMISSIS-, sono stati reputati ammissibili ma infondati, per insussistenza delle condizioni per imporre all’amministrazione di riesaminare la vicenda.

2. Avverso la sentenza il dott. -OMISSIS- ha avanzato appello con quattro motivi articolati in più censure.

2.1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e la Presidenza del Consiglio di Stato, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, ed il controinteressato dott. -OMISSIS- si sono costituiti per resistere all’appello.

2.2. All’udienza del 30 settembre 2021 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memoria dell’appellato -OMISSIS- e di repliche di quest’ultimo e dell’appellante -OMISSIS-.

Giova precisare che la memoria di replica dell’appellante è ammissibile, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa del -OMISSIS-.

Quest’ultima ha depositato una memoria difensiva in vista dell’udienza del 30 settembre 2021 e la memoria depositata nell’interesse del -OMISSIS-è finalizzata appunto a replicare alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria.

In definitiva, il deposito della memoria difensiva di una parte, nel primo dei termini concessi dall’art. 73 c.p.a., legittima l’altra parte a depositare memoria di replica, anche in mancanza di una propria precedente memoria conclusionale.

3. Col primo motivo ( Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della legge 27 aprile 1982 n. 186. Violazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 della delibera -OMISSIS- del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa. Anticipazione dell’esito di procedimento disciplinare – contraddittorietà ) si ribadisce l’assunto già ampiamente esposto nel primo grado (essendo perciò infondata l’eccezione di violazione del divieto di ius novorum in appello avanzata dalla difesa del controinteressato) secondo cui la norma di legge sulla valutazione dell’attitudine alla funzione di presidente appare diretta alle procedure volte al conseguimento della predetta qualifica e non alla posizione di chi è già Presidente di T.a.r. ed aspira a presiedere altro T.a.r.

3.1. Deporrebbe in tal senso il dato letterale che riferisce il giudizio di attitudine per l’ufficio direttivo ai consiglieri di Stato ed ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale che, dopo otto anni di anzianità in tale qualifica, chiedano di acquisire la qualifica di Presidenti di T.a.r.

Ne conseguirebbe che, trattandosi nel caso di specie di progressione orizzontale, l’elemento decisivo sarebbe rappresentato dalla “ maggiore anzianità computabile secondo la normativa vigente ” e che il giudizio attitudinale si sarebbe dovuto risolvere nella constatazione che il ricorrente è già Presidente in carica del T.a.r. -OMISSIS- da oltre un quadriennio e, oltre ad essere più anziano del -OMISSIS-, lo sopravanza di un anno anche nella qualifica di Presidente di T.a.r.

3.2. Sarebbe perciò erronea la decisione di primo grado che, motivando come sopra, ha altresì escluso che sia ricavabile dalla disciplina regolamentare la sussistenza di “ una simile ipotesi di una sorta di attitudine in re ipsa” che renda superfluo il giudizio di idoneità in quanto assorbito dalla titolarità dell’incarico di Presidente di T.a.r.

3.3. Con ulteriore censura si sostiene che la distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di attitudine non eliderebbe comunque il fatto oggettivo (già lamentato in prime cure) che il deliberato del CPGA “ ha incontrovertibilmente ed oggettivamente anticipato in malam partem l’esito del correlato procedimento disciplinare, negando così ogni effettività del diritto di difesa del ricorrente all’interno del medesimo ”.

4. Il motivo è infondato.

4.1. Il conferimento di un ufficio direttivo richiede sempre la sottoposizione al giudizio attitudinale, in quanto la normativa primaria e regolamentare non consente di arrestare la valutazione al mero computo dell’anzianità, come unico criterio di attribuzione automatica delle funzioni direttive.

La regola discende dall’art. 21 della legge 27 aprile 1982 n. 186 (“ I consiglieri di Stato e i consiglieri di tribunale amministrativo regionale, al compimento di otto anni di anzianità nelle rispettive qualifiche, conseguono la nomina alle qualifiche di cui al n. 2) del precedente art. 14, nei limiti dei posti disponibili, previo giudizio di idoneità espresso dal consiglio di presidenza sulla base di criteri predeterminati che tengano conto in ogni caso dell’attitudine all’ufficio direttivo e dell’anzianità di servizio ”), nonché dall’art. 29 del regolamento interno per il funzionamento del CPGA che stabilisce che questo fissi “ criteri oggettivi e predeterminati per la valutazione sull’idoneità dei magistrati allo svolgimento di funzioni direttive, tenendo conto in ogni caso dell’attitudine all’ufficio direttivo e dell’anzianità di servizio ”;
ad essa dà attuazione la delibera del -OMISSIS-, che all’art. 1, comma 2, prevede che il giudizio di idoneità è compiuto “ per merito assoluto secondo l’ordine di ruolo ”, in base ai criteri dell’art. 3 della stessa delibera.

L’apparato normativo di riferimento è chiaro nel richiedere il giudizio di idoneità del candidato sulla base di tutti gli elementi disponibili al momento dello scrutinio e rilevanti in ragione del significato oggettivamente loro attribuibile, come desumibile dalla giurisprudenza in materia (cfr. Cons. Stato, V, 8 aprile 2019, n. 2272 e 19 febbraio 2018 n. 1035, tra le altre).

Non si può prescindere dal giudizio attitudinale neanche quando il candidato sia già titolare di un ufficio direttivo.

In senso contrario non può essere invocata la lettera dell’art. 21 della legge 27 aprile 1982 n. 186, la quale fissa la regola del “ previo giudizio di idoneità ” riferendola ai consiglieri di Stato ed ai consiglieri di tribunale amministrativo regionale con otto anni di anzianità. L’assunto della parte appellante presupporrebbe che fosse esplicitamente prevista un’eccezione per i presidenti già nominati, non essendo sufficiente ad escludere tout court il giudizio attitudinale la considerazione che lo status di questi ultimi si differenzia da quello dei magistrati aventi le qualifiche espressamente contemplate dalla disposizione di legge.

4.2. Come ritenuto dal primo giudice e come opposto dall’Avvocatura dello Stato, la pretesa sussistenza di un’attitudine in re ipsa dei titolari degli incarichi direttivi si pone in netto contrasto con i basilari principi di buon andamento dell’azione amministrativa, per come finisce sostanzialmente per riconoscere lo stesso ricorrente quando, nella memoria di replica, si riferisce alla valutazione della “ permanenza dell’attitudine (requisito soggettivo) alla funzione presidenziale ”.

La rinnovazione del giudizio di idoneità nel caso in cui il titolare di un incarico direttivo ambisca ad una nuova nomina è regola coerente con detti principi, pur dovendosi riconoscere che è connaturato allo status del candidato che la valutazione si estenda alle capacità direttive ed organizzative dimostrate nel pregresso esercizio delle funzioni presidenziali.

Non si tratta però di una fattispecie di mobilità orizzontale, come sostenuto dall’appellante, cioè di una procedura di trasferimento di sede riservata a coloro che siano in possesso di qualifica presidenziale, ma di un interpello aperto a tutti coloro che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 21 della legge n. 186 del 1982. Pertanto il giudizio attitudinale viene condotto secondo i criteri dell’art. 3 della delibera del -OMISSIS-, che sono presupposti ed uguali per tutti (sicché nessuna specifica contestazione sarebbe stata necessaria nei confronti del -OMISSIS- contrariamente a quanto sostenuto in specie con la memoria di replica), pur atteggiandosi, in concreto, diversamente a seconda delle funzioni svolte dal candidato da valutare.

La necessità della valutazione delle capacità organizzative dimostrate nel pregresso esercizio delle funzioni, anche presidenziali, ai fini del giudizio attitudinale, non solo non è smentita dal dato legislativo e regolamentare, ma trova supporto nella delibera dell’organo di autogoverno del -OMISSIS-, laddove, all’art. 3, comma 2, prevede che il giudizio attitudinale tenga conto dell’attività del magistrato e, in caso di svolgimento di funzioni di presidenza di collegio, della eventuale mancanza di capacità organizzativa (lett. a), così come dell’assenza di significative violazioni degli obblighi previsti dalle delibere in materia di assegnazione degli affari e carichi di lavoro (lett. c): valutazioni, entrambe, che sono riscontrate dall’allegato B alla delibera (scheda informativa di cui all’articolo 4, dove contempla il caso dei “ magistrati che hanno esercitato funzioni presidenziali (anche di fatto) ” e richiede l’indicazione del numero delle udienze presiedute, del numero dei casi in cui il visto è stato apposto dopo novanta giorni dall’invio da parte del relatore e delle modalità di assegnazione degli affari) e che a maggior ragione si impongono quando il candidato alla nomina sia già stato investito di funzioni presidenziali, di modo che occorre tenere conto del pregresso esercizio di queste ultime e delle capacità organizzative dimostrate, anche avendo riguardo alle peculiarità dell’ufficio di destinazione.

4.3. Risulta parimenti infondato l’assunto dell’appellante secondo cui il giudizio negativo di idoneità avrebbe anticipato in malam partem l’esito del procedimento disciplinare, impedendogli di difendersi nell’ambito di quest’ultimo.

In primo luogo, dimostra il contrario proprio l’esito del procedimento disciplinare, favorevole al ricorrente, in quanto conclusosi con l’archiviazione in data 5 giugno 2020 in ragione dell’esiguità delle assenze non giustificate e della mancanza di lamentele da parte del foro, con esclusione perciò dell’ipotesi della lesione all’immagine della magistratura e rilevanza a fini disciplinari.

In secondo luogo, sempre in punto di fatto, va evidenziato che il plenum del CPGA si è espressamente occupato della questione inerente i rapporti tra i due procedimenti ed è stata posta in votazione la proposta alternativa di rinvio della nomina all’esito del procedimento disciplinare, ma questa è stata respinta con 9 voti contrari e 4 favorevoli.

Tale proposta di rinvio ed il suo rigetto dimostrano che il plenum , contrariamente a quanto sostenuto col secondo motivo di gravame, non si è limitato a prendere atto della proposta della IV commissione che era basata sull’avvio del procedimento disciplinare, ma ha deliberato di tenere conto dei fatti ivi contestati, prescindendo dalla rilevanza a fini disciplinari e considerando gli stessi quali componenti della valutazione globale di attitudine alle funzioni direttive, unitamente agli ulteriori elementi di giudizio emersi nel corso del dibattito dell’organo collegiale.

In definitiva, il giudizio di autonomia tra i due procedimenti, che ha fondato il deliberato approvato a maggioranza contrario al rinvio del procedimento d’interpello in attesa della definizione del procedimento disciplinare, è stato seguito da una coerente valutazione delle assenze contestate in sede disciplinare, ma limitatamente alla loro consistenza oggettiva ed alle conseguenze prodotte sull’organizzazione dell’ufficio (come già rilevato in sentenza, dove si è giustamente sottolineata la rilevanza dell’elemento fattuale << anche in termini di “significative valutazioni di obblighi in materia di assegnazione di affari e carichi di lavoro”, criterio espressamente indicato dal sopra riportato art. 2, comma 2, lett. c) della delibera del -OMISSIS- >>).

La definitiva esclusione della rilevanza disciplinare delle assenze, risultate, all’esito del procedimento disciplinare, non previamente autorizzate e, in parte, non giustificate, non costituisce, perciò, nemmeno un elemento a contrario atto a dimostrare l’idoneità del ricorrente alle funzioni direttive.

4.4. Il primo motivo di appello va quindi respinto.

5. Col secondo motivo ( Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della legge 27 aprile 1982 n. 186. Motivazione erronea o su presupposti fattuali inidonei o inesistenti. Violazione dei principi sulla motivazione dei provvedimenti collegiali. Estensione giudiziale arbitraria della motivazione resa dallo scrutinio ) si critica l’affermazione della sentenza secondo cui l’esito negativo del “giudizio di idoneità” nei confronti del ricorrente non sarebbe stato conseguente alla sola pendenza del procedimento disciplinare, ma fondato “ su altri ed indipendenti elementi ”.

5.1. La prima ragione di critica sta nel fatto che il Tribunale avrebbe negato un fatto invece incontrovertibilmente risultante dagli atti per tabulas , vale a dire che la proposta di scrutinare negativamente il ricorrente per difetto di attitudine non solo è stata avanzata dalla IV commissione sulla base della sola oggettiva esistenza del procedimento disciplinare ma sarebbe stata approvata “ specularmente ” dal plenum, “ senza alcuna integrazione motivazionale e con 12 voti favorevoli ed un astenuto, dunque con decisione univoca, che ha valorizzato unicamente la presenza di detto procedimento ”. Precisa l’appellante che, pur essendosi registrati gli interventi nel dibattito dei componenti dell’organo deliberante, il deliberato adottato dal plenum non fa riferimento specifico e diretto a nessuno di essi.

5.2. Viene quindi richiamata la giurisprudenza secondo cui gli interventi dei componenti di un organo collegiale non assurgono ex se al rango di motivazione del provvedimento, se non richiamati, per cui l’atto collegiale deve essere sostenuto da motivazione propria (Cons. Stato, IV, n. 1311/1998, n. 932/1991 e n. 645/1987) ed univoca. Aggiunge l’appellante che, per di più, nel caso in esame, il dibattito consiliare avrebbe registrato valutazioni contrastanti ed opposte impedendo la formazione dell’univoca ricostruzione del percorso logico motivazione seguito dal collegio e richiesta dalla giurisprudenza (come da precedenti giurisprudenziali richiamati, tra cui Cons. Stato, n. 860/1986, riferito a delibera del CSM).

5.3. In definitiva, ad avviso dell’appellante la motivazione si sarebbe dovuta ricercare esclusivamente nel suo raccordo speculare e diretto con la proposta della commissione, come riscontrato dalla “confluenza sostanziale” dei due procedimenti che sarebbe stata accertata in fatto nella sentenza n. -OMISSIS- della stessa sezione I del T.a.r. del Lazio (emessa in procedimento per accesso documentale, deciso dallo stesso collegio decidente della sentenza gravata) secondo cui la vicenda vede un “ apprezzamento – in chiave attitudinale – di fatti emersi in un procedimento disciplinare ”. Con la conseguenza che, rinvenendo nel dibattito consiliare motivi ulteriori di demerito rispetto al procedimento disciplinare, il T.a.r. si sarebbe sostituito al CPGA nella formulazione della motivazione.

6. Il motivo è infondato.

6.1. Il dibattito e l’esito della votazione sulla proposta di rinvio di cui si è detto sopra dimostrano che, pur avendo constatato che la proposta della IV Commissione era basata sull’avvio del procedimento disciplinare, il plenum non si è limitato a prenderne atto ma, ritenuta l’autonomia dei due procedimenti, ha proceduto ad una, altrettanto, autonoma valutazione dei fatti contestati in sede disciplinare e degli altri emersi nel dibattito consiliare.

Questi ultimi sono esposti ed illustrati nella sentenza appellata, ma non perché, come assume la parte appellante, il giudice di primo grado si sia sostituito al CPGA nel formulare la motivazione, travalicando i limiti e l’oggetto del giudizio di legittimità, piuttosto perché il verbale del plenum del -OMISSIS-contiene la registrazione di tutti gli interventi dei componenti del Consiglio di Presidenza, aventi ad oggetto i fatti poi riportati in sentenza.

6.2. Le ragioni poste a fondamento del giudizio attitudinale negativo sono chiaramente evincibili dal deliberato del plenum che fa seguito agli interventi dei partecipanti.

Dato ciò, non è necessario approfondire i profili di inammissibilità della censura principale del secondo motivo, eccepiti dall’Avvocatura dello Stato (per divieto del venire contra factum proprium , essendosi il ricorrente difeso in primo grado su ciascuno dei detti fatti, e per divieto dei nova in appello, avendo introdotto soltanto in secondo grado la censura concernente la motivazione del giudizio di inidoneità).

L’infondatezza della censura consegue alla più recente giurisprudenza amministrativa, che si intende ribadire, secondo la quale la motivazione dell’atto dell’organo collegiale va desunta anche dall’insieme delle opinioni espresse nel dibattito dai singoli suoi componenti, eventualmente anche di avviso contrario a quello poi prevalso, senza che sia necessario che il deliberato conclusivo vi faccia esplicito e specifico riferimento (Cons. Stato, VI, 15 ottobre 2013 n. 5008), e ciò in ragione del fatto che le opinioni espresse dai singoli componenti dell’organo collegiale non possono che suffragare il contenuto della determinazione, considerato che la votazione costituisce strumento di manifestazione finale della volontà del collegio, quale si è venuta formando attraverso il confronto delle posizioni dei singoli membri sugli elementi oggetto di discussione.

Si tratta di un indirizzo giurisprudenziale che disattende e supera quello richiamato dalla parte appellante, prevalente in tempi meno recenti, e che, con generale riferimento alle deliberazioni degli organi collegiali, è preferito dalla giurisprudenza prevalente perché più coerente con le previsioni degli artt. 21 septies , octies e novies della legge generale sul procedimento amministrativo, che hanno condotto ad una parziale de-quotazione del rilievo sistematico della motivazione dell’atto amministrativo ed al perseguimento di un intento sostanzialistico (così Cons. Stato, IV, 17 novembre 2015, n. 5236, nella cui motivazione si osserva che << altrimenti argomentando, si condannerebbe alla illegittimità ogni manifestazione che non sia stata adeguatamente sintetizzata in un testo conclusivo, che illustri l’esito “finale” della discussione e votazione e che, non dia atto di quale, tra gli argomenti prospettati, sia stato considerato “prevalente” >>).

Lo schema di motivazione ordinariamente adottato per i provvedimenti amministrativi, che si compone delle premesse e della comparazione dei contrapposti argomenti, per pervenire ad una sintesi che non si limiti all’adozione del dispositivo, ma che richiami gli argomenti a sostegno, non è imposto da specifiche disposizioni di legge o regolamentari.

In definitiva, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, rileva che l’obbligo della motivazione venga assolto, per l’atto degli organi collegiali, così come per qualsiasi altro provvedimento amministrativo, in modo che dal suo contenuto complessivo siano desumibili i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, assicurando la comprensione della scelta operata e la trasparenza dell’azione amministrativa e rendendone perciò possibile il sindacato sulla legittimità e sulla correttezza.

Il verbale del plenum del -OMISSIS-contiene l’esposizione delle ragioni del giudizio di non idoneità del candidato, come d’altronde comprovato dal contenuto del ricorso introduttivo di primo grado che ha contestato nel merito le ragioni di fatto e di diritto poste a base della determinazione impugnata.

In sintesi, il deliberato dell’organo collegiale è motivato per relationem alla proposta della commissione ma anche al dibattito consiliare che l’ha preceduto e determinato.

Giova precisare che la delibera del plenum del -OMISSIS- lungi dall’esprimere un contrasto interno all’organo collegiale sulla capacità attitudinale del -OMISSIS- è stata approvata con 12 voti favorevoli, un astenuto e un voto contrario.

6.3. Va poi esclusa la rilevanza che l’appellante attribuisce ad un passaggio della motivazione della sentenza del T.a.r. del Lazio, sez. I, n. -OMISSIS- concernente l’accesso ai verbali del plenum del CPGA.

E’ indiscutibile che la vicenda riguardi un “ apprezzamento … di fatti emersi in un procedimento disciplinare ”, ma, come ivi sottolineato, l’apprezzamento è stato fatto, nel procedimento de quo , “ in chiave attitudinale ” e, come emerso nel presente giudizio, esso ha riguardato anche altri elementi di fatto confluiti nella valutazione globale conclusiva.

6.4. Il secondo motivo di appello va quindi respinto.

7. Col terzo motivo ( Violazione art. 6 legge 27 aprile 1982 n. 186. Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della legge 27 aprile 1982 n. 186 ) si critica l’affermazione della sentenza circa l’autonoma rilevanza, rispetto ai profili disciplinari, dei fatti che il primo giudice ha ritenuto di individuare e confermare come giustificazione della valutazione di inettitudine.

7.1. Dopo aver premesso che le censure esposte non attengono alla sfera della discrezionalità amministrativa valutativa, bensì alla necessità che questa si mantenga nei limiti di legalità, l’appellante sostiene, in primo luogo, che nessuno dei fatti oggettivi presi in considerazione dal procedimento disciplinare sarebbe idoneo a sorreggere il giudizio di inidoneità, semplicemente perché il procedimento disciplinare è stato archiviato e comunque perché tutti gli elementi correlati a tale procedimento sono “inesistenti” (avendo il ricorrente poi presenziato ad una convocazione dinanzi al CPGA ed essendo incorso in cinque assenze - e non nelle sette indicate in atti - tutte giustificate).

7.2. Escluso perciò, ad avviso dell’appellante, che potessero essere valutabili a fini ulteriori i fatti suscettibili di valutazione disciplinare, quanto agli altri emersi dal dibattito consiliare (indicati in sentenza come segue: a. aggravio del lavoro del consigliere anziano;
b. aumento delle pendenze del T.a.r. -OMISSIS-;
c. necessità di nominare nel T.a.r.-OMISSIS- un soggetto in grado di garantire un’adeguata presenza in tribunale, nonché la maggiore complessità di tale ultimo ufficio, che ha anche la sezione distaccata di -OMISSIS-, rispetto all’ufficio di provenienza del ricorrente) nessuno di essi potrebbe “ evidentemente sostenere il contestato giudizio di inattitudine ” per le ragioni esposte ai punti corrispondenti (sub a, b, c) del terzo motivo di gravame.

8. Il motivo non merita favorevole apprezzamento.

Ribadito quanto già detto in punto di autonomia del procedimento disciplinare ed in disparte le precisazioni in punto di fatto opposte dall’Avvocatura di Stato e dal controinteressato (essersi il ricorrente effettivamente presentato solo alla terza convocazione del CPGA, dopo aver giustificato l’assenza alla prima audizione del 18 luglio 2019 per ragioni di salute, ma avendo disertato la seconda audizione del 26 settembre 2019, senza darne comunicazione;
essere infine rimaste non giustificate tre assenze, con richiesta di autorizzazione ora per allora, senza che rilevi, in sé, ai fini del giudizio attitudinale, la vicenda inerente tale istanza di regolarizzazione amministrativa postuma), va confermato che gli elementi di fatto richiamati nella delibera – ivi compresi l’aggravio di lavoro per il consigliere anziano conseguito alle assenze del Presidente ed il dato oggettivo dell’aumento delle pendenze nel tribunale di provenienza, a fronte anche del maggior impegno richiesto dalla presidenza del tribunale di destinazione – hanno concorso alla formulazione di un giudizio complessivo di inidoneità, espressione di discrezionalità dell’organo di autogoverno, scevro da profili di manifesta irragionevolezza o di travisamento dei fatti, come già ritenuto dal primo giudice.

8.1. Il terzo motivo va quindi respinto.

9. Col quarto motivo ( Violazione e falsa applicazione dei principi ricavabili dagli artt. 1, 2, 3 e 21 quinquies e 21 nonies della l. 7 agosto 1990 n. 241. Violazione e falsa applicazione dei principi ricavabili dagli artt. 1, 2, 3 e 4 della delibera -OMISSIS- del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa. Violazione dei principi in materia di autotutela doverosa ) si critica il rigetto dei motivi aggiunti rivolti contro il diniego di riesame, basato sulla ritenuta irrilevanza dell’archiviazione del procedimento disciplinare.

9.1. Con una prima censura si sostiene che la delibera del plenum del CPGA del -OMISSIS- (“ Fa presente che l’interessato chiede il riesame del provvedimento del Consiglio di Presidenza, segnalando egli stesso l’esistenza di un contenzioso pendente. Sottolinea che la proposta della Commissione è nel senso di non aprire allo stato il procedimento di riesame e di confermare il provvedimento in quanto non esistono elementi che inducano a riattivare l’istruttoria ”) renderebbe a fortiori giustiziabile la pretesa del ricorrente perché dimostrerebbe che la sua posizione è stata presa in considerazione, con un atto che perciò non avrebbe contenuto meramente confermativo.

9.2. Con una seconda censura si assume che la decisione sarebbe basata su due argomentazioni tautologiche, che smentirebbero la sopravvenienza (archiviazione) e non ne spiegherebbero le ragioni della ritenuta irrilevanza.

9.3. Per contro, il ricorrente avrebbe dimostrato l’irrilevanza ai fini del giudizio attitudinale degli elementi ulteriori, oggetto delle critiche di cui al terzo motivo di appello.

In ragione di ciò, la posizione del ricorrente istante in autotutela avrebbe dovuto essere ritenuta differenziata e qualificata ai fini del doveroso riesame, per come riscontrato dall’art. 3, comma 2, della delibera del -OMISSIS- che prevede, in caso di sottoposizione a procedimento disciplinare, quando l’esito relativo sia favorevole “ l’adozione, per quanto possibile, di provvedimenti “ora per allora” ovvero che, in ogni caso, tengano conto della integrale anzianità utile comunque conservata ”. Di qui la rilevanza del provvedimento di archiviazione del procedimento disciplinare contenuto nel decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- che avrebbe dovuto comportare l’adozione di un provvedimento di nomina “ora per allora” in relazione all’interpello per la presidenza del T.a.r.-OMISSIS-.

10. Il motivo è infondato.

10.1. Esso è retto logicamente dall’assunto che l’unico fatto posto a base del giudizio di inidoneità sarebbe stata la pendenza del procedimento disciplinare, sicché l’erroneità di tale assunto, che è stata causa di rigetto degli altri motivi di gravame, comporta il rigetto anche del quarto.

Si può convenire con l’appellante che né la delibera del -OMISSIS- (la cui motivazione è sopra riportata) né il diniego reiterato il -OMISSIS-(del seguente tenore: “ premesso che l'istanza del pres. -OMISSIS-correla la richiesta di autotutela in via esclusiva alla intervenuta archiviazione del procedimento disciplinare a suo carico, non ritiene allo stato di aprire il richiesto procedimento di secondo grado attesa la pendenza di giudizio innanzi al TAR del Lazio e la irrilevanza ex se, ai fini di che trattasi, della postuma archiviazione ”) hanno esplicitato le ragioni per le quali l’organo di autogoverno, su conforme proposta della commissione, abbia ritenuto l’insussistenza di elementi che avrebbero dovuto indurre a riaprire l’istruttoria ed abbia concluso per l’irrilevanza dell’archiviazione.

La motivazione è tuttavia implicitamente desumibile dal raffronto con il precedente deliberato, che aveva sancito l’autonomia dei due procedimenti.

Nel merito, poi, effettivamente, come ritenuto in sentenza, “ non sussistevano le condizioni per imporre all’amministrazione di riesaminare la vicenda ”, anche solo considerando che l’archiviazione non era dipesa dall’accertata inesistenza dei fatti oggettivi (contestati in sede disciplinare e) posti a fondamento della valutazione di inidoneità (bensì dalla ritenuta loro insignificanza a fini disciplinari) e che quei fatti erano stati rivalutati e fatti confluire nel complessivo giudizio sintetico discrezionale di mancanza di attitudine a ricoprire l’ufficio direttivo oggetto di interpello.

In definitiva, è da escludere che la fattispecie sia riconducibile a quelle di c.d. autotutela doverosa, sia in ragione della discrezionalità che connota, non solo l’intero procedimento del conferimento delle funzioni direttive, ma anche l’esercizio dei poteri di autotutela (essendo del tutto eccezionali le ipotesi in cui la giurisprudenza ha ritenuto la sussistenza del dovere dell’amministrazione di provvedere sull’istanza di autotutela), sia per la pendenza, nel caso concreto, del giudizio sul provvedimento principale, sufficiente garanzia di tutela del diritto di difesa del ricorrente, evidenziata anche nel provvedimento di diniego di autotutela.

E’ peraltro comprovato da quanto detto sopra sul merito della rilevanza dell’archiviazione che il diniego di ri-esercizio del potere valutativo è nel caso di specie privo di profili di manifesta illogicità od irragionevolezza.

10.2. Di conseguenza non è pertinente il richiamato articolo 3, comma 2, lettera a), della delibera del -OMISSIS-.

Esso avrebbe consentito di adottare “ora per allora” un provvedimento favorevole al magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, tenendo conto dell’anzianità utile comunque conservata, soltanto se il precedente scrutinio fosse stato negativo a causa della mera pendenza del procedimento disciplinare e comunque non avrebbe mai potuto comportare la riapertura dell’interpello, oramai definitivamente conclusosi con la nomina e con l’immissione nelle funzioni del controinteressato dott. -OMISSIS-, che avevano fatto venire meno la vacanza del posto.

10.3. Anche il terzo motivo va quindi respinto.

11. Respinto l’appello, si ritiene tuttavia che sussistano giusti motivi per compensare le spese del presente grado per la peculiarità delle questioni affrontate.

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