Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-03-19, n. 202402659

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-03-19, n. 202402659
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402659
Data del deposito : 19 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/03/2024

N. 02659/2024REG.PROV.COLL.

N. 09182/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9182 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Parioli 180;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-/2023 avente ad oggetto il diniego di accesso agli atti opposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, prot. -OMISSIS-del 9 maggio 2023-U.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2024 il Cons. Rosaria Maria Castorina;

Nessuno è presente per le parti;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’appellante, in data 6 aprile 2023, formulava al Ministero dell'Economia e delle Finanze istanza di accesso agli atti ai sensi degli artt. 22 e ss. l. 241/1990 la quale, integrata con nota del 14 aprile 2023, era volta a conoscere la sussistenza di eventuali provvedimenti disciplinari nei confronti della Dott.ssa -OMISSIS-.

La vicenda traeva origine da una relazione ispettiva dell’ispettorato trasmessa al Comune di -OMISSIS- con nota prot. n. -OMISSIS- del 16 ottobre 2014. L’ispezione era stata avviata su segnalazione dell’appellante, allora responsabile del servizio finanziario del Comune di -OMISSIS-, la quale lamentava l’ingiustificata pretesa da parte del segretario comunale di un trattamento economico accessorio a giudizio della stessa non dovuto. La relazione ispettiva, a firma dell’ispettore di finanza pubblica dott.ssa -OMISSIS-, riscontrava, al contrario, la legittimità del contestato trattamento accessorio. Successivamente alle controdeduzioni del Comune, pervenute all’ispettorato generale dei servizi ispettivi di finanza pubblica, con nota prot. n. -OMISSIS- del 22 aprile 2015, l’odierna appellante, con note del 10 marzo 2015 e del 7 maggio 2015, atti prot. n. -OMISSIS- e -OMISSIS-, chiedeva l’annullamento d’ufficio, per presunta illegittimità della relazione ispettiva trasmessa al predetto Ente in data 16 ottobre 2014, unitamente all'elenco dei rilievi emersi. In particolare, la richiesta di annullamento in autotutela si basava sul supposto contrasto tra quanto espresso nella relazione ispettiva e un parere di altro ispettorato della RGS (IGOP). L’Ispettorato con nota prot. n. -OMISSIS- del 04/08/2015, respingeva l’istanza.

La Procura Regionale della Corte dei conti, adita dalla stessa ricorrente con nota pervenuta per conoscenza al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, atti prot. Mef n.-OMISSIS- del 24 marzo 2017, dopo aver archiviato la relazione ispettiva, ha rimesso la questione circa la debenza del trattamento accessorio di cui trattasi alle Sezioni Riunite, ma la questione è stata definitivamente superata dal legislatore, con l’art.16 ter c.11 della legge 162 del 30 dicembre 2019.

Inoltre, come si legge nello stesso ricorso promosso dalla dott.ssa -OMISSIS-, in seguito a querela dalla stessa sporta nel 2016 nei confronti del Sindaco e dello stesso Segretario Comunale, anche il GIP di -OMISSIS- con dispositivo del 18 giugno 2019 archiviava il procedimento, dal quale era peraltro stata stralciata la posizione dell’Ispettore di finanza pubblica dott.ssa -OMISSIS-.

Precedentemente, anche l’Anac, compulsata dalla stessa dottoressa -OMISSIS- con nota del 28 gennaio 2019 al fine di adottare provvedimenti in merito alla relazione ispettiva, rigettava l’istanza sul presupposto dell’assoluta incompetenza a vigilare su attività di competenza del MEF.

In seguito all’archiviazione del GIP di -OMISSIS-, il Sindaco e lo stesso Segretario comunale, nel 2020 hanno sporto querela nei confronti della ricorrente per calunnia.

Tale giudizio, in seguito ad opposizione alla richiesta di archiviazione si è concluso, in data 4 luglio 2023, con un provvedimento di archiviazione.

In tale contesto si inserisce la richiesta di accesso, con cui si voleva conoscere l’eventuale adozione di misure disciplinari nei confronti della dipendente -OMISSIS-, oggetto di diniego da parte dell’Ispettorato con nota prot. n.-OMISSIS-del 9 maggio 2023.

L’Amministrazione interpellata ha negato l’accesso, in quanto “ non riferito a un determinato documento, identificato o identificabile, in relazione al quale possa valutarsi il collegamento rispetto a un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata in capo alla istante [ex art. 22, comma 1, lett. b), della legge sopra citata], ma è invece volta, genericamente e con finalità esplorative, ad acquisire informazioni – di carattere riservato – sull’esistenza di “eventuali provvedimenti” adottati dall’Amministrazione nei confronti della propria dipendente ”.

Impugnato il diniego, il Tar, con la sentenza appellata, accoglieva parzialmente il ricorso limitatamente all’elenco dei nominativi dei dirigenti cessati dal rapporto di lavoro nel periodo di interesse e lo respingeva nel resto sul rilievo che non sussisteva alcun obbligo legislativo di rendere pubblica la motivazione di un’eventuale cessazione dell’incarico di dirigente.

Appellata ritualmente la sentenza resisteva il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

All’udienza del 13 febbraio 2024 la causa passava in decisione.

DIRITTO

Con il motivo di appello l’appellante deduce: Omesso accertamento della violazione e falsa applicazione degli artt. 22, 24, c. 3, e 25 l. 241/1990. violazione dell’art. 14, c. 2, del d.lgs. 33/2013 e dell’art. 6, c. 1, lett. f), reg. ue 679/2016. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e travisamento dei fatti. Violazione del principio di trasparenza dell’azione amministrativa.

Censura la sentenza nella parte in cui ha affermato che “ non sussiste alcun obbligo legislativo di rendere pubblica la motivazione di un’eventuale cessazione dell’incarico di dirigente ”, per non aver considerato il suo preciso ed inoppugnabile interesse ad avere contezza di eventuali provvedimenti sanzionatori emessi nei confronti dell’ispettrice Dott.ssa -OMISSIS-, in funzione del danno materiale, morale ed esistenziale patito.

La censura non è fondata.

Va premesso che il giudizio ex art. 116 c.p.a., pur seguendo lo schema impugnatorio, è volto all'accertamento della sussistenza, o meno, del diritto dell'istante all'accesso ed in tal senso è dunque un “giudizio sul rapporto”, come del resto si evince dall'art. 116, comma 4, comma 4, c.p.a. secondo cui il giudice, sussistendone i presupposti "ordina l'esibizione dei documenti richiesti'.

Come ha, peraltro, precisato l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (sentenze n. 6/2006;
19/2020;
4/2021), per accogliere le istanze di accesso difensive (ovvero motivate dalla necessità dell'istante di articolare le proprie difese in un procedimento giurisdizionale), è necessario che sussista un interesse ostensivo diretto, concreto ed attuale alla cura in giudizio di determinate fattispecie;
sussista un certo collegamento tra atti richiesti e difese da apprestare;
la richiesta ostensiva sia adeguatamente motivata dall'istante. Ciò in quanto l'ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa l'appena descritto nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa.

L'istanza di accesso di cui alla l. n. 241/1990, inoltre, deve avere ad oggetto specifici documenti e non può comportare per il soggetto destinatario della richiesta un'attività di elaborazione dei dati;
inoltre, l'ostensione degli atti non può costituire uno strumento di controllo generalizzato sull'operato della P.A. nei cui confronti l'accesso viene esercitato. L'onere della prova in ordine all'esistenza del documento grava sull'istante, non potendosi onerare l'Amministrazione della prova di un fatto negativo.

Tale principio, frutto di un'elaborazione giurisprudenziale consolidata, è, peraltro, coerente con l'art. 22, comma 1, lett. d) che definisce il documento amministrativo, oggetto del diritto di accesso, come "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale" (cfr., Cons. Stato, sez. V, 14 settembre 2017, n. 4346Cons. Stato, sez. VI , 27 giugno 2018, n. 3938Cons. Stato, sez. IV, 11 gennaio 2019, n. 249).

Del resto, lo stesso diritto di accesso è definito dalla lettera a) della stessa norma come " il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi ";
definizioni legislative che presuppongono tutte la preesistenza del documento alla richiesta di accesso e la "detenzione" del documento medesimo da parte della p.a., la cui prova incombe sul ricorrente.

Il comma 4, ad ulteriore conferma di quanto evidenziato, precisa che " non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo ".

Nel caso di specie la ricorrente ha proposto un'istanza di accesso meramente esplorativa non chiedendo l'ostensione di specifici documenti, ma domandando all'amministrazione la sussistenza di eventuali provvedimenti disciplinari nei confronti della Dott.ssa -OMISSIS-.

La pretesa che per sua natura presuppone la previa analisi, se non addirittura l'elaborazione della documentazione già in atti e non invece la trasmissione di specifici documenti depone nel senso delle finalità esplorative dell'istanza, che per consolidata giurisprudenza, come già evidenziato, può avere ad oggetto solamente la documentazione già formata ed in possesso dell'amministrazione, peraltro da indicarsi in modo sufficientemente circoscritto e non può riguardare dati ed informazioni generiche riguardanti un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche l'effettiva sussistenza, ( ex multis Cons. Stato, VI, 22 giugno 2020, n. 3992;
IV, 12 gennaio 2016, n. 68).

L’appello deve essere, pertanto, respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

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