Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-20, n. 202300692

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-20, n. 202300692
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300692
Data del deposito : 20 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/01/2023

N. 00692/2023REG.PROV.COLL.

N. 01266/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1266 del 2018, proposto da
A M P, rappresentata e difesa dagli avvocati M C e M N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, via Giovanni Antonelli Nr 49;

contro

Comune di Stelvio, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. – Sezione Autonoma di Bolzano, n. 243/2017, resa tra le parti, declaratoria della nullità rispettivamente inefficacia dei seguenti atti amministrativi:

1. ordinanza Nr. 9/2015, protocollo E/2792 del 16 novembre 2015 del Sindaco del Comune di Stelvio avente per oggetto (ordinanza per il ripristino dello stato dei luoghi dei lavori irregolari sulla p.f. 1813, CC Stelvio);

2. ordinanza Nr. 8/2015, protocollo E/2303 del 23 settembre 2015 del sindaco del Comune di Stelvio avente per oggetto (ordinanza di immediata sospensione dei lavori irregolari sulla p.f. 1813, CC Stelvio);

3. (ove occorrente) dell‘ivi menzionato protocollo dell'8 settembre 2015 dal tecnico comunale Harald Stampfer e dal poliziotto comunale Arnold Brunner;

4. (ove occorrente) comunicazione dell‘avvio del procedimento amministrativo protocollo Nr./1982 del 24 agosto 2015;

5. ordinanza Nr. 17/2016, protocollo BM2893 del 31 ottobre 2016 del sindaco del Comune di Stelvio avente per oggetto (accertamento dell'in ottemperanza alla ingiunzione a demolire ordinata con provvedimento n. 9/2015 del 16/11/2015 e ordinanza in riguardo a provvedimenti necessari);

6. ogni altro atto presupposto e preparatorio, nonché ogni altro atto successivo ed esecutivo, anche ove non conosciuto rispettivamente non menzionato esplicitamente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2023 il Cons. Thomas Mathà e uditi per la parte appellante l’avvocato M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. A seguito di segnalazioni da parte dei Vigili del Fuoco (comunicazione del 7.7.2015) e dei soccorritori della Croce Bianca (nota del 9.7.2015) nonché effettuato un sopralluogo dal tecnico comunale (verbale del 8.9.2015), su un’area di comproprietà della signora A M P, il Comune di Stelvio ha accertato lavori in corso per una modifica abusiva di una strada privata insistente sulla p.f. 1813 del C.C. Stelvio, che serve all’accesso agli edifici residenziali paese n. 157 e 158.

2. L’abusività veniva ritenuta in base di opere consistenti in cordoli di pietra e paracarri che hanno ristretto la carreggiata, e tale restringimento della careggiata risulta senza previo titolo edilizio. Questo comportava l’impossibilità per i mezzi di soccorso a raggiungere altri edifici e, stante anche il pericolo in caso di incendi o necessità di soccorso sanitario, il Comune prima comunicava, con lettera del 24.8.2015 ai comproprietari e l’amministratore condominiale, l’avvio della procedura di accertamento dell’abuso, seguito dall’ordinanza n. 8/2015, disponendo il fermo dei lavori e l’ordinanza n. 9/2015, con la quale ingiungeva – per le medesime opere – la demolizione ed il ripristino, ed infine l’ordinanza n. 17/2016 – stante l’inottemperanza – disponeva il ripristino dello stato quo ante d’ufficio.

3. Ritenendo i provvedimenti repressivi illegittimi, la signora P li ha impugnati con ricorso e con motivi aggiunti al T.R.G.A. del Trentino-Alto Adige/Südtirol, Sezione Autonoma di Bolzano, deducendo quattro motivi di censure con il ricorso introduttivo e sei motivi aggiunti. Il Comune di Stelvio è rimasto contumacie. L’adito Tribunale, con sentenza 19/7/2017, n. 243, lo ha rigettato, ritenendo il ricorso introduttivo ed i primi 4 dei 6 motivi aggiunti inammissibili, respingendo per il resto le doglianze in quanto infondate.

4. Avverso la sentenza la signora P ha proposto appello, la quale ha poi ulteriormente argomentato le proprie tesi con successiva memoria.

5. Nonostante la rituale evocazione dell’amministrazione intimata, il Comune di Stelvio non si è costituto neanche nel grado di appello.

6. Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2023 la causa è, definitivamente, passata in decisione.

7. I motivi di censura non meritano condivisione e l’appello va rigettato.

8. Con il primo motivo del ricorso l’appellante contesta la sentenza del T.R.G.A. nella parte che ha ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo, per mancanza di firma della procura sulla copia notificata e depositata, e per derivazione anche i motivi aggiunti 1-4.

8.1 Il TRGA ha motivato l’inammissibilità “ ai sensi dell'art. 35, comma 1, lettera b) c.p.a. per mancanza della procura alle liti. Ai sensi dell'art. 22 c.p.a. nei giudizi davanti al Tribunale amministrativo il patrocinio legale è obbligatorio. A tale scopo è necessaria una procura alle liti (art. 24 c.p.a. e art. 83 c.p.c.) che può essere rilasciata su foglio separato o essere apposta, in forma di procura speciale, a margine del ricorso (art. 83, comma 3, c.p.c). La procura a margine del ricorso deve riportare la firma del ricorrente autenticata dall'avvocato. Ai sensi dell'art. 40, comma 1, lettera g) c.p.a. nel ricorso firmato dal solo avvocato deve essere indicata la procura speciale. In mancanza di tale indicazione ovvero della procura speciale a margine del ricorso, la firma dell'avvocato non è valida, e il ricorso, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera a) c.p.a. è nullo (ex multis: Consiglio di Stato, IV sezione, n. 5054/2014;
Consiglio di Stato, VI sezione, n. 5054/2014;
TAR Campania, Napoli, V sezione n. 7273/2002;
TAR Campania, Salerno, n. 993/2002). La nullità del ricorso non è sanabile con presentazione di una copia non notificata del ricorso con procura a margine. Di conseguenza il ricorso introduttivo, ai sensi dell'art. 35, comma 1, lettera b) c.p.a., va dichiarato inammissibile.

8.2 La ricorrente fonda la censura sui seguenti ragionamenti:

- la giurisprudenza della Cassazione avrebbe chiarito che sarebbe un onere del Giudice di “avviare una sanatoria” e sarebbe stato necessario concedere l’errore scusabile, ponendo al prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilità della procura stessa al giudizio di cui trattasi;

- nel caso oggetto del giudizio la ricorrente avrebbe rilasciato la procura ad impugnare l’ordinanza 9/2015 che ordinava il ripristino, ma poi anche rilasciato una separata procura per impugnare la successiva ordinanza 17/2016;

- la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione in tema di inammissibilità o improcedibilità dei ricorsi sarebbe da tempo interessata da un'impronta coerenziatrice di questo segno, ispirata dall'art. 6 p. 1 della Convenzione EDU, che tutela il “diritto a un tribunale”, di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare;

- secondo l’appellante, il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, ma questo dovrebbe essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall'art. 46, comma 2, della l. n. 69 del 2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio ed indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc , senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali;

- il T.R.G.A. avrebbe dichiarato l’inammissibilità richiamando in modo sintetico gli articoli 22, 35, 40 e 44 del codice del processo amministrativo, ma non avrebbe considerato invece l’articolo 39 del cod. proc. amm., che a sua volta contiene il cosiddetto rinvio esterno ed al comma 1 reca: Per quanto non disciplinato dal presente codice si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali;

- la giurisprudenza riportata dal T.R.G.A. a sostegno della decisione (del Consiglio di Stato e del TAR per la Campania) sarebbe solo parzialmente conferente;

- si dovrebbe presumere che il ricorso sia stato esaminato già in fase cautelare ed un rilievo da parte dell’organo giudicante avrebbe permesso una rinotifica tempestiva.

8.3 La Sezione rileva che sul punto la sentenza gravata resiste alle critiche, dovendo confermare l’inammissibilità del ricorso introduttivo, e, per chiara derivazione a cascata, anche i primi quattro motivi aggiunti (presupponendo la validità dell’impugnazione del provvedimento presupposto mediante ricorso introduttivo). In primis , in quanto la citata sentenza della Quarta Sezione (n. 5054/2014) non sarà totalmente identica al caso di specie, ma è comunque sovrapponibile, essendo stato scrutinato una vertenza con domande simili, ove il TAR Veneto prima, confermato dal Consiglio di Stato, hanno accertato la procura mancante, e poi la impossibile sanatoria considerando che “ non appare revocabile in dubbio che l’art. 44 comma 1, lett. a) del cpa, prevede espressamente la sanzione della nullità del ricorso nella ipotesi di mancanza di sottoscrizione. (…) Della insanabilità del vizio in simili ipotesi non appare possibile controvertere (ex aliis Cass. civ. Sez. I, 25-09-1998, n. 9620). (…) “solo l'avvocato munito di procura alle liti può eseguire direttamente le notifiche, la notifica eseguita dal procuratore semplice domiciliatario è da ritenere inesistente anziché nulla, con conseguente impossibilità di applicare l'istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, prevista per i soli casi di nullità dall'art. 156 cod. proc. civ.”). ” Da tale assunto anche questo Collegio non vede nessun motivo per discostarsi, nel caso di specie, anche se la decisione richiamata non si occupava dell’art. 39 cod. proc. amm., in merito al rinvio esterno al c.p.c., irrilevante nel caso di questo giudizio. In secundis , non coglie nel segno che la prova (ex post) di ulteriori procure firmate erano fatte, se non conosciute all’atto della notifica e del deposito del ricorso, per ovvia garanzia della difesa delle parti chiesta dal legislatore. Inconferente risulta anche la doglianza che l’errore doveva essere contestato in sede di cautelare, essendo tale scrutinio per natura solo di sommaria cognizione, e senza che il Giudice possa esaminare approfonditamente tutti gli aspetti del ricorso. Nemmeno convince la tesi che esista un “dovere” del Giudice a concedere la sanatoria, dove il tenore letterale della norma parla di “può”, e sul resto è solo l’interpretazione dell’appellante a “codificare” tale obbligo. Deve essere richiamata invece la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che recentemente ha ribadito che “ l’art. 40, co. 1, lett. g), c.p.a., stabilisce che il ricorso deve contenere “la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale”. L’art. 44, co. 1, lett. a) prevede che il ricorso è nullo se manca la sottoscrizione. L’appello in esame non reca alcuna sottoscrizione del difensore, per il quale non è allegata la procura, né con firma digitale, ai sensi dell'art. 136, comma 2-bis, c.p.a., né con firma autografa. Pertanto l’appello deve essere dichiarato inammissibile. ” (Cons. Stato, sez. II, n. 9611/2022).

9. In ordine al secondo motivo di appello (riguardante il quinto dei motivi aggiunti, con il quale si denunciava l’irrilevanza delle opere riscontrate e la loro insussistente abusività) concerne la statuizione del T.R.G.A. che non avevo condiviso che la previa acquisizione dell’area interessata costituisca una violazione del principio di proporzionalità, che doveva essere notificata ai proprietari.

9.1 Il primo giudice, affrontando la specifica censura, ha ritenuto che “ Nell'impugnato provvedimento n. 17/2016 l'amministrazione si richiama espressamente ai commi 2 e 3 dell'articolo 81 della legge urbanistica provinciale. Il comma 2 dispone: “L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per l'intavolazione nel libro fondiario, che deve essere eseguita gratuitamente”. Dalla lettera del citato comma 2 risulta che in mancanza della notifica ai proprietari l’ordinanza non costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per l’intavolazione nel libro fondiario, pertanto, non essendo stata notificata l’ordinanza ai proprietari, nella fattispecie in esame va esclusa la possibilità dell’immissione in possesso e intavolazione. Come risulta inoltre dal provvedimento impugnato l’amministrazione in palese applicazione di tale norma ha anche evitato qualsiasi richiamo ad un eventuale acquisizione, limitandosi a disporre la demolizione in conformità al successivo comma 2. Tale comma 3 dispone quanto segue: “L'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali”. Come risulta dal provvedimento impugnato l’amministrazione ha esplicitamente rinunciato a deliberare sull’eventuale acquisizione dell’opera abusiva ordinandone solo la demolizione.

9.2 L’appellante ritiene che tale assunto sia contraddittorio e traviserebbe i fatti, oltre il dato letterale della norma, in quanto l’amministrazione comunale doveva far riferimento all’art. 95 e non all’art. 81 della legge urbanistica provinciale (n. 13/1997, ratione temporis vigente).

9.3 La doglianza non ha pregio. Come è noto, l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale è l’ultima fase della procedura repressiva, ma l’amministrazione comunale ha voluto (e dovuto) procedere prioritariamente al ripristino della legalità, disponendo la demolizione ed il ripristino della carreggiata preesistente (che, come si è visto, è stato lamentato da Vigili del Fuoco e Croce Bianca per evidenti ragioni logiche). Da questo discende la legittimità dell’operato dell’ente comunale, potendo, infine, sempre procedere all’ultima serie di sanzione, che, in caso di inottemperanza alla demolizione, prevede appunto il passaggio del possesso e della proprietà alla P.A. Ma solo la circostanza che il comma 3 (demolizione) dell’art. 81 sia collocato dopo il comma 2 (acquisizione gratuita) non costituisce necessità di procedere previamente ad acquisire prima il sedime dell’area per poter procedere alla demolizione d’ufficio.

10. Con l’ultimo motivo d’appello viene criticata la parte della sentenza gravata che aveva rigettato il sesto motivo aggiunto di primo grado, teso a denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 95 della L.U.P., l’eccesso di potere per abuso di poteri pubblici, difetto di istruttoria, travisamento di fatti, difetto di motivazione e motivazione contraddittoria nonché grave illogicità. L’odierna appellante aveva affermato che il Comune avesse incaricato una ditta per eseguire i lavori di demolizione senza una previa valutazione tecnica-finanziaria e senza richiedere la proposta di cinque nominativi da parte del direttore dell’ufficio regionale per l’edilizia pubblica. Inoltre, la ricorrente contestava l’ammontare delle spese. Il T.R.G.A. invece era dell’avviso che il provvedimento è scevro di censure, avendo l’ordinanza n. 17/2006 affidato i lavori ad un’impresa abilitata, senza alcun preciso elemento da parte della ricorrente che potesse provare la violazione della norma, accertando anche l’impossibilità (stante la mancanza di una fattura allegata) di esprimersi sul quantum .

10.1 Anche questo motivo non può essere condiviso. L’appellante afferma nel ricorso che “ sembra che i lavori di ripristino siano stati eseguiti da un un’impresa incaricata dal Comune di Stelvio senza previa valutazione tecnico-economica, e senza ricorrere alle procedure previste dall’articolo 95, commi 2 e 3 della legge provinciale 11 agosto 1997, n. 13 ” e “ Anzi: sembra proprio che non vi sia stato nessun affidamento formale e che i lavori siano stati eseguiti dalla medesima impresa che aveva effettuato i lavori contestati dal Comune medesimo. ” Orbene, questo Collegio non ritiene che ciò possa integrare un valido “principio” di prova, onere a suo carico in base all’art. 64 cod. proc. amm., ma risulta generico e approssimativo (se non speculativo), limitandosi ad affermare di aver effettuato ricerche sul sito istituzionale del Comune (senza però allegare nulla). Nulla poi viene dedotto sulle spese neanche in questo grado di appello, che il Comune avrebbe nel frattempo caricato all’autore dell’abuso.

11. La conferma dell’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti 1-4 di primo grado esclude di dover esaminare i motivi riproposti e non esaminati dal T.R.G.A.

12. L’appello va, in definitiva, respinto. Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

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