Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-11, n. 202106796
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 11/10/2021
N. 06796/2021REG.PROV.COLL.
N. 04310/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4310 del 2014, proposto dal -OMISSIS-rappresentato e difeso dall’avvocato A F T, con domicilio eletto presso il suo studio in -OMISSIS-, viale delle Medaglie D’Oro, n. 266,
contro
il Ministero della Difesa, in persona del Ministro
pro tempore
, non costituito in giudizio,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il -OMISSIS- resa tra le parti, concernente il diniego del riconoscimento dell’infermità dipendente da causa di servizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 14 settembre 2021, il Cons. Antonella Manzione e udito per l’appellante l’avvocato Salvatore Pesce, su delega dell’avvocato A F T;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, il -OMISSIS- maresciallo capo della Marina militare all’epoca dei fatti di cui in controversia, impugnava il verbale del 5 marzo 2001 della Commissione Medica di 2^ istanza nella parte in cui ha dichiarato non dipendente da causa di servizio l’infermità da cui è risultato affetto, consistente in « persistente disturbo ansioso depressivo », dalla quale è dipeso il giudizio di permanente non idoneità al servizio.
Il T.A.R. adito, con sentenza del 4 dicembre 2013, n. 10421, respingeva il ricorso.
Il ricorrente ha appellato la decisione di primo grado per ottenerne l’integrale riforma.
Il Ministero della Difesa, Ispettorato di Sanità della Marina militare, non si è costituito in giudizio.
Alla pubblica udienza del 14 settembre 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Occorre premettere all’esame dell’appello una sintetica ricostruzione della vicenda per cui è causa.
L’appellante, arruolato nella Marina militare dal 1978, dal febbraio del 1998 era stato nominato “Gestore dei materiali” a bordo della fregata “Grecale”, in quanto in possesso della specifica qualificazione professionale acquisita all’esito di apposito corso risalente al 1991. Avendo accusato diversi disturbi di tipo psicologico, dopo una serie di visite di controllo veniva posto in convalescenza per 570 giorni, fino al 20 novembre 1999, con diagnosi di « persistente disturbo ansioso-depressivo ». Pertanto, in data 19 aprile 1999, presentava domanda di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità. In data 20 settembre 2000, ovvero dopo essere rientrato in servizio e adibito nuovamente alla mansione che additava quale causa di stress lavorativo in ragione del valore economico e della mole delle pratiche trattate, in assenza peraltro di qualsivoglia collaborazione aggiuntiva, benché richiesta, veniva dichiarato permanentemente non idoneo al servizio nella Marina militare (idoneo alla riserva a decorrere dal 18 settembre 2009). Infine la C.M.O. di seconda istanza accertava quanto risultante dall’impugnato verbale del 5 marzo 2001, ovvero la insussistenza di alcuna correlazione tra il disturbo riscontrato e la tipologia del servizio svolto, « secondo le più attuali, diffuse ed autorevoli vedute etiopatogenetiche ».
Il Tribunale adito motivava il rigetto sull’assunto, in punto di diritto, che i giudizi sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità dei pubblici dipendenti rientrano nella discrezionalità tecnica degli organi ad essi preposti, e sono pertanto insindacabili salvo la sussistenza di manifesti vizi logici o di erronea sussunzione dei fatti. In punto di fatto, nel caso di specie, il giudizio impugnato era ampiamente motivato sia mediante richiamo ai verbali n. 163 del 7 marzo 2000 e n. 478 del 20 settembre 2000, della C.M.O. di Marinferm di -OMISSIS-, il primo dei quali reca testualmente che « nell’anamnesi lavorativa dell’interessato non sono individuabili fattori di rischio tali da poter attribuire al servizio un ruolo determinante ed efficiente nell’insorgenza della patologia »;sia avvalendosi del parere di apposito medico specialista, che ha sostanzialmente confermato ridette conclusioni.
L’appello è affidato a un unico articolato motivo.
Sostiene l’appellante che il primo giudice non avrebbe tenuto conto dell’incidenza del servizio prestato sulla slatentizzazione ovvero sul più veloce decorso della patologia invalidante che lo ha colpito. Il disturbo ansioso-depressivo sofferto, cioè, è stato ritenuto « del tutto privo di un rapporto di diretta proporzionalità con il reale vissuto » non in base ad una valutazione della particolare condizione soggettiva pregressa dell’interessato, ma sulla scorta di un criterio esteriore e preconcetto, basato sulla presunta natura meramente ereditario-costituzionale della patologia. Significativa al riguardo si paleserebbe l’avvenuta riassegnazione del ricorrente alle stesse mansioni dopo ben 570 giorni di assenza per malattia, circostanza di per sé idonea a determinare la riacutizzazione-aggravamento della infermità da cui era (ormai) affetto. Infine, il primo giudice avrebbe fatto cattivo uso della regola di cui all’art. 115 c.p.c., come novellato nel 2009, ritenendo non provata la gravosità della prestazione lavorativa del militare, seppure l’Amministrazione non la abbia contestata.
L’appello è infondato.
Per consolidato indirizzo giurisprudenziale, richiamato anche dal giudice di prime cure, il sindacato di legittimità sui giudizi fondati su nozioni scientifiche e su dati di esperienza di carattere tecnico-discrezionale, quali sono quelli espressi dalle commissioni mediche nell’esercizio di discrezionalità tecnica basata su cognizioni della scienza medica e specialistica, « deve intendersi necessariamente limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità ictu oculi rilevabili, non essendo consentito in alcun caso al giudicante di sovrapporre il proprio convincimento a quello espresso dall’organo tecnico nell’esercizio di un’attività tipicamente discrezionale e giustificata dal possesso di un patrimonio di conoscenze specialistiche del tutto estranee al patrimonio culturale del giudice » ( ex aliis , Cons. Stato, sez. IV, 18 giugno 2019, n. 4126, in materia di giudizio di inidoneità al servizio).
Tale sindacato, pertanto, deve restare circoscritto ad ipotesi di omessa considerazione o palese travisamento di circostanze di fatto, ovvero di manifesta irragionevolezza, essendo censurabile dal giudice amministrativo la sola valutazione che si ponga al di fuori del perimetro dell’opinabilità, a pena di esondare nell’ambito delle attribuzioni riservate all’amministrazione (v. ancora Cons. Stato, sez. II, 26 ottobre 2020, n. 6483).
Nel caso di specie non è riscontrabile alcuna di queste ipotesi, come pure condivisibilmente affermato dal T.A.R. -OMISSIS-
La Commissione Medica di 2^ istanza ha ampiamente motivato sulla base di ben due valutazioni specialistiche, l’una effettuata nell’ambito della Commissione di Marinferm di -OMISSIS-, con le cui conclusioni ha dichiarato espressamente di concordare;l’altra, esplicitata dal “Membro Specialista” di cui si è avvalsa trattandosi di infermità in giudizio diagnostico n. 2, ai sensi dell’art. 15 del r.d. 15 aprile 1928, n. 1024. In particolare, nel verbale n. 163 del 7 marzo 2000, dopo avere chiaramente riferito e conseguentemente analizzato la storia clinica dell’interessato, ivi compresa la pregressa diagnosi di “persistente disturbo ansioso depressivo”, al momento qualificato come “in via di cronicizzazione”, ha espressamente escluso, sulla base dell’attività effettuata, l’esistenza di « fattori di rischio tali da poter attribuire al servizio un ruolo determinante ed efficiente nell’insorgenza della patologia in oggetto ». Ancor più diffusamente il membro specialista, con passaggi argomentativi mutuati testualmente nel provvedimento impugnato, dopo avere declinato le connotazioni essenziali del disturbo ansioso-depressivo quale condizione psicopatologica, afferma: « Tale patologia, secondo le più attuali, diffuse ed autorevoli vedute eziopatogenetiche attinge a fattori di natura meramente costituzionale, geneticamente determinanti e frequentemente ereditari, mascherati o misconosciuti per lungo tempo ». Così da concludere dichiarando che: « Nel caso specifico nessuna correlazione si intravede tra la tipologia del servizio prestato e l’insorgenza della patologia in diagnosi …». L’esame obiettivo non trova contestazione nella ritenuta mancata considerazione quale fattore di causalità diretta del reimpiego dell’appellante nelle stesse mansioni e con lo stesso carico lavorativo che ne avevano asseritamente determinato il tracollo psico-fisico. Ciò sia in quanto la richiesta di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio è stata avanzata in data 19 aprile 1999, dunque assai prima del rientro dall’aspettativa;sia soprattutto perché non è stato ravvisato alcun nesso eziologico fra le mansioni svolte e l’insorgenza della patologia, né, assunta la stessa come derivante da altri fattori, ne è stato dimostrato l’aggravamento in ragione delle stesse, modificando la domanda a suo tempo già presentata. In sintesi, la percezione come eccessivamente gravosi dei compiti del “Gestore dei materiali” non risulta affatto supportata da riscontri obiettivi, non potendo gli stessi essere ravvisati nel riferimento, peraltro del tutto generico, al valore dei materiali “gestiti” e dunque alla presumibile preoccupazione per le conseguenti ipotetiche responsabilità. Privo di pregio è infine il tentativo di inversione dell’onere della prova sotteso alla lettura proposta dell’art. 115 c.p.c., stante che sulla base delle regole generali vigenti al riguardo è la parte che rivendica un diritto che deve dimostrarne i presupposti, e non la controparte a doversi attivare per confutarli, laddove semplicemente affermati. D’altro canto, neppure risponde al vero che l’Amministrazione ha implicitamente avallato la prospettazione fattuale dell’appellante. Al contrario, è proprio dalla ricostruzione della sua vita professionale, siccome del resto necessario per prassi, che si è addivenuti ad escluderne il nesso causale con l’infermità riscontrata. Al riguardo, basti citare il riferimento alla « anamnesi lavorativa » contenuto nella Parte III del verbale della Commissione di -OMISSIS- del 7 marzo 2000, intendendosi per tale, secondo il significato letterale del termine, proprio l’analisi della raccolta di informazioni sul tipo di attività che il dipendente svolge o ha svolto, per individuare le eventuali condizioni potenzialmente responsabili di disturbi o malattie professionali.
Per queste ragioni, in conclusione, l’appello deve essere respinto.
Le spese del presente grado del giudizio possono essere compensate in considerazione della natura della controversia.