Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-03, n. 202000844

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-03, n. 202000844
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000844
Data del deposito : 3 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/02/2020

N. 00844/2020REG.PROV.COLL.

N. 07005/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7005 del 2010, proposto dal signor A U, rappresentato e difeso dagli avvocati A R e A M, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via F. Confalonieri n.5;

contro

Comune di Cagliari, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G F, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Viviana Callini in Roma, via Archimede, n. 10;

nei confronti

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati Alessandra Camba, Sandra Trincas, con domicilio eletto presso lo studio della Regione Sardegna Ufficio Rappresentanza in Roma, via Lucullo n. 24;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda) n. 01415/2010, resa tra le parti, concernente adozione variante piano urbanistico comunale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cagliari e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Regione Autonoma della Sardegna e di Assessorato Regionale Ai Lavori Pubblici;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2019 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati A R, Giorgio Lesti su delega di G F e l'Avvocato dello Stato Anna Collabolletta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Nell’anno 2003 la Regione Sardegna pubblicò un bando per la concessione dei finanziamenti, previsti dalla legge statale n. 21 del 2001, per la realizzazione di attività di recupero di quartieri urbani degradati.

Il comune di Cagliari, in base ad apposita deliberazione consiliare, nel 2004 presentò un progetto per il recupero del quartiere Mulinu Becciu, finalizzato nella sostanza alla eliminazione delle allora esistenti “case parcheggio” e alla loro ricostruzione, secondo nuovi canoni, nell’area verde adiacente la via Biraghi.

Tale progetto fu valutato positivamente ed ammesso al finanziamento, per cui il comune, dopo aver approvato il progetto preliminare dell’intervento nel 2005, ha proceduto a variare (anni 2005/2007) la destinazione dell’area interessata, da verde a residenziale.

L’odierno appellante e un comitato costituito ad hoc hanno impugnato con ricorso al Tar Sardegna la delibera di approvazione del progetto e gli atti ad esso presupposti nonché, con motivi aggiunti, gli atti di variante urbanistica.

I ricorrenti hanno tra l’altro sostenuto che i progetti per essere ammissibili dovevano (come richiesto dal bando regionale) essere conformi al prg mentre il progetto presentato dal comune di Cagliari non lo era, come dimostra la successiva approvazione di specifica variante.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha, in estrema sintesi, dichiarato inammissibile il ricorso per come proposto dal comitato, ha dichiarato inammissibili per difetto di interesse le censure proposte dal sig. U avverso gli atti relativi alla selezione cui ha partecipato il Comune per ottenere il finanziamento pubblico finalizzato all’intervento di recupero ed ha invece respinto nel merito le censure proposte dal medesimo avverso gli atti di natura urbanistica.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame, dal soccombente il quale ne ha chiesto l’integrale riforma deducendo vari capi di impugnazione.

Si è costituito in resistenza il comune di Cagliari. La Regione Sardegna si è costituita con memoria formale.

Le Parti hanno depositato memorie e note di replica.

All’udienza del 10 gennaio 2019 l’appello è stato spedito in decisione.

L’appello è infondato.

Con il primo motivo di appello il Signor U contesta la erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato la inammissibilità delle censure indirizzate nei confronti della procedura concorsuale cui ha partecipato il Comune di Cagliari per l’attribuzione del finanziamento finalizzato a realizzare l’intervento di recupero;
si tratta, in particolare, delle censure dedotte nel ricorso principale e poi estese, in via derivata, a mezzo dei motivi aggiunti successivamente notificati nei confronti di tutti gli atti successivamente adottati e approvati.

Il T.a.r. in particolare ha osservato sul punto che: “ il Collegio ritiene che i ricorrenti siano privi di un interesse qualificato ad ottenerne l’annullamento.

E, difatti, questi ultimi, nel lamentare una lesione del loro diritto di proprietà su case di abitazione adiacenti l’area direttamente interessata dall’intervento, pongono a base del ricorso una situazione giuridica per definizione non giuridicamente incisa dalla procedura di selezione dei progetti ammissibili a finanziamento, la quale ha la funzione di assicurare una lata forma di “concorrenza” tra gli enti pubblici interessati a conseguire dei contributi erogati da altri enti pubblici loro sovraordinati. Tanto è vero che, laddove, per ipotesi, fosse escluso dal finanziamento in questione, il Comune di Cagliari ben potrebbe perseguire, comunque, il proprio obiettivo (quello cioè di realizzare l’intervento contestato), reperendo aliunde le risorse necessarie, la qual cosa conferma come la lesione della posizione giuridica dei ricorrenti non sia direttamente ricollegabile alla procedura di gara.

Né può ipotizzarsi, peraltro, un interesse dei ricorrenti di tipo meramente “strumentale” - nel senso di interesse a ritardare o rendere più improbabile, o comunque più difficile, la realizzazione dell’intervento - perché nel caso di specie difetta in radice, ancor prima che l’attualità della lesione, la stessa qualificazione giuridica dell’interesse fatto valere in giudizio, posto che, come già si è rilevato, le norme di cui i ricorrenti deducono la violazione attengono al regolare svolgimento della procedura concorsuale finalizzata all’attribuzione di un finanziamento pubblico e come tali “qualificano” esclusivamente gli interessi di coloro che a quella gara hanno partecipato, o potrebbero partecipare (cfr., ex multis, Consiglio Stato, Sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8969), tra cui ovviamente non rientrano i privati proprietari di abitazioni in zone limitrofe ”.

L’appellante lamenta che il T.a.r. avrebbe erroneamente escluso la configurabilità di un interesse personale e qualificato.

Il motivo è infondato in quanto l’appellante è effettivamente privo di una posizione giuridica soggettiva qualificata e differenziata rispetto alla partecipazione del comune al bando per il conseguimento di un finanziamento pubblico da finalizzare all’intervento di recupero.

Ciò a fortiori se si considera che tra l’ottenimento del finanziamento pubblico e la realizzazione dell’intervento non sussiste neppure un nesso logico o giuridico di necessaria presupposizione atteso che, anche in caso di mancata concessione, il Comune resta libero di realizzare l’intervento, provvedendo a reperire nei propri bilanci le necessarie risorse, come il T.a.r. non ha mancato di osservare.

Il fatto che il bando di gara richieda la indicazione, in apposita relazione descrittiva, “delle forme di partecipazione degli abitanti che sono state adottate per la definizione degli obiettivi” e, in generale, la conformità dell’intervento proposto “agli strumenti urbanistici vigenti ed adottati” – condizioni che l’appellante assume essere state violate - non è sufficiente a radicare una posizione di controinteresse in capo all’odierno appellante che resta del tutto estraneo - e, come tale, privo di una posizione giuridica tutelata da una norma di legge - rispetto alla partecipazione ed all’esito di una gara finalizzata alla concessione del finanziamento regionale;
rispetto a tale procedimento i residenti nella zona interessata dall’intervento non hanno titolo alcuno per interloquire atteso che l’oggetto della gara ed il relativo bando individuano gli enti locali come unici soggetti interessati, come tali legittimati a presentare domanda e a dolersi di eventuali violazioni dei requisiti di partecipazione.

Deve pertanto essere confermata la declaratoria di inammissibilità di tutte le domande aventi ad oggetto l’annullamento di atti finalizzati all’indizione, alla predisposizione, allo svolgimento e all’aggiudicazione della gara pubblica di selezione dei progetti finanziabili, nonché degli atti preordinati alla partecipazione del Comune alla gara stessa. Si tratta, in particolare, di tutti i provvedimenti impugnati con il ricorso principale, tra i quali fa eccezione la sola deliberazione consiliare n. 80/2005, che riguarda, invece, una variante al Piano Urbanistico del Comune di Cagliari avente, come tale, contenuto ed effetti tipicamente urbanistici.

Parimenti inammissibili sono le censure di illegittimità derivata da vizi dedotti nei confronti della procedura concorsuale per l’attribuzione del finanziamento: si tratta, in particolare, delle censure dedotte nel ricorso principale e poi estese, in via derivata, a mezzo di tutti i motivi aggiunti, nei confronti degli atti successivamente adottati e approvati.

Con il secondo motivo si censura la sentenza appellata nella parte in cui il T.a.r. ha ritenuto di disattendere la doglianza relativa al mancato coinvolgimento degli abitanti del quartiere nella scelta amministrativa relativa al contestato intervento di riqualificazione, con la conseguente violazione delle norme sulla partecipazione al procedimento.

Il T.a.r. sul punto ha osservato che: “ Si osserva, al riguardo, che le scelte di natura urbanistica adottate dal Comune riguardano la destinazione urbanistica della zona complessivamente intesa e, pertanto, incidono solo indirettamente sugli immobili di proprietà dei ricorrenti (in termini di eventuale perdita di fruibilità e valore economico), senza produrre, invece, effetti giuridici ad essi direttamente riferibili (come accade, invece, nei casi in cui la variante di piano sia finalizzata alla localizzazione di un determinata opera pubblica proprio sul terreno di proprietà del privato interessato).

Trova, quindi, applicazione il consolidamento orientamento giurisprudenziale, che il Collegio pienamente condivide, secondo cui - con la sola eccezione del proprietario del terreno direttamente oggetto della localizzazione di un’opera pubblica, che nel caso di specie non si configura - la variante, in quanto provvedimento di pianificazione, non deve essere necessariamente preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento, posto che la tutela ordinaria della partecipazione al procedimento non opera, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 241/1990, in relazione ai procedimenti di adozione degli strumenti urbanistici, anche perché la relativa esigenza risulta già sufficientemente salvaguardata dalla disciplina (artt. 20 e 21 L.r. 45/89) che regola il procedimento di formazione degli strumenti urbanistici primari (cfr., ex multis, T.A.R. Bari, Sez. III, 8 ottobre 2009, n. 2392;
T.A.R. Salerno, Sez. I, 6 giugno 2007, n. 711)
”.

L’appellante lamenta che il T.a.r. avrebbe frainteso il motivo di ricorso, incentrato piuttosto sulla violazione dell’art. 2, comma 2, del D.M. 27 dicembre 2001 nella parte in cui afferma che il programma di intervento va adottato “promuovendo la partecipazione degli abitanti alla definizione degli obiettivi”.

Il motivo è infondato.

Anche ad ammettere che il T.a.r. abbia in parte frainteso il motivo di ricorso, l’esito dello scrutinio non conduce infatti ad esiti differenti.

Il predetto articolo 2, comma 2, afferma che “ Il programma, promuovendo la partecipazione degli abitanti alla definizione degli obiettivi, è finalizzato prioritariamente ad incrementare, anche con il supporto di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati di comuni e città a più forte disagio abitativo prevedendo, al contempo, misure ed interventi per favorire l'occupazione e l'integrazione sociale .”.

Il parametro invocato dall’appellante rappresenta, all’evidenza, una linea di indirizzo programmatico, più che una norma di disciplina del procedimento di attuazione dell’intervento di recupero, come confermato dallo stesso tenore letterale della disposizione che parla di mera “promozione” della partecipazione degli abitanti senza disciplinarne, peraltro, tempi e soprattutto le modalità.

Inoltre la partecipazione risulta finalizzata alla “definizione di obiettivi” (riferiti alla dotazione infrastrutturale ed alle misure per favorire l’occupazione e l’integrazione sociale) e non alla adozione di specifici atti o alla scelta localizzativa dell’intervento sicchè non può essere intesa quale norma di azione dell’amministrazione procedente ai fini dello scrutinio di legittimità, operando piuttosto alla stregua di una mera norma di indirizzo per finalità comunque estranee alla individuazione dell’area di insediamento dell’intervento.

Quanto precede trova ulteriore conferma nella circostanza per cui la disposizione in esame è inserita in un decreto ministeriale – il D.M. 27 dicembre 2001 – finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi di recupero urbano e non in una fonte di disciplina del procedimento di localizzazione degli interventi in parola.

La disposizione – ai fini in controversia - è dunque priva di valore cogente e come tale inidonea a determinare una illegittimità degli atti impugnati.

Con il terzo motivo di appello viene dedotta la erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto la doglianza relativa al difetto di motivazione della variante al PUC adottata con delibere di C.C. n. 80/2005, n. 44/2007 e n. 79/2008.

Il motivo è infondato.

Sul punto il T.a.r. ha rilevato che “ Le scelte di natura pianificatoria, come noto squisitamente discrezionali, non necessitano di una motivazione specifica, essendo sufficiente che trovino una razionale e coerente giustificazione nelle linee portanti della pianificazione, il che certamente esclude la necessità di una motivazione puntuale, che ponga in comparazione gli interessi pubblici perseguiti dall'ente pianificatore con quelli confliggenti dei privati incisi (cfr. ex multis, Consiglio Stato, Sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3400). Tali condizioni “minime” certamente si riscontrano nel caso di specie, laddove la motivazione delle nuove scelte urbanistiche è chiaramente desumibile dall’intero e complesso iter procedimentale, volto alla riqualificazione di un’area particolarmente degradata, mediante l’utilizzo di finanziamenti statali, seppure con parziale (e giustificabile, quanto meno sul piano estrinseco della logicità e trasparenza della scelta) sacrificio di altri interessi contrapposti .”.

La motivazione del T.a.r. è pienamente condivisa dal Collegio in quanto recepisce un risalente e non superato insegnamento giurisprudenziale.

Nella specie peraltro le motivazioni della variante sono chiaramente rinvenibili proprio nelle caratteristiche dello strumento di intervento prescelto che, come si è visto, è rappresentato da un programma  denominato "Contratti di quartiere II" da realizzare in quartieri caratterizzati da  diffuso  degrado  delle  costruzioni  e dell'ambiente urbano e da carenze  di  servizi  in  un contesto di scarsa coesione sociale e di marcato disagio abitativo e disciplinato dal D.M. 2522 del 27 dicembre 2001.

E’ dunque evidente l’interesse pubblico perseguito con la variante in questione, nell’esercizio dell’ampia discrezionalità di cui gode il Comune nell’esercizio del potere di pianificazione territoriale.

Quanto poi alla scelta di localizzare l’intervento nella parte centrale del quartiere Mulinu Becciu (in zona prossima al luogo di residenza dell’appellante) che il PUC, da poco approvato, riservava a verde pubblico attrezzato, è sufficiente osservare, a fondamento della non irragionevolezza della scelta, che le delibere di Consiglio Comunale impugnate con i motivi aggiunti compensano la sottrazione di tale area dalla dotazione a standard mediante il cambio di destinazione di altre aree limitrofe (compresa quella interessata dalle palazzine degradate da demolire) che viene modificata da completamento residenziale o strada pubblica a verde pubblico.

Del resto, che il Comune di Cagliari abbia provveduto a compensare le aree già destinate a verde pubblico dal PUC all’epoca vigente (ed ora destinate ad ospitare il progetto di intervento in contestazione) con altre aree aventi identica destinazione a verde pubblico, è riconosciuto dalla stessa parte appellante (cfr. p. 27 dell’atto di appello).

Che poi la variante in contestazione possa realizzare una distribuzione degli spazi meno razionale rispetto al PUC all’epoca in vigore, nei rapporti tra aree residenziali ed aree a standard, è aspetto recessivo, nella ponderazione comparativa degli interessi pubblici e privati, rispetto alla finalità primaria di recuperare un’area gravemente degradata e comunque non palesa una scelta manifestamente illogica od irrazionale tale da consentire di poter essere attinta dal sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

Con l’ultimo motivo l’appellante lamenta che il T.a.r. avrebbe respinto l’ultima censura, dedotta con i quarti ed i quinti motivi aggiunti “con motivazione affatto condivisibile, avendo peraltro soltanto in parte argomentato sul motivo di ricorso” che viene pedissequamente riproposto.

Con tale motivo la parte ha in sostanza denunciato con il ricorso di primo grado la violazione dell’art. 3 del D.A. n. 2266/1983, nella parte in cui, con le impugnate delibere di variante, il Comune avrebbe classificato come B4 (di completamento residenziale) aree sprovviste del requisito richiesto dalla citata disposizione regionale (il fatto, cioè, di essere già occupate da edifici aventi complessivamente una volumetria non inferiore al 10% di quella complessivamente realizzabile), trattandosi, invece, di aree completamente libere e dotate di una naturale vocazione a verde pubblico, come in effetti prevedeva il P.U.C. del 2004 nella sua originaria versione.

Il motivo è inammissibile in quanto la parte si è, di fatto, limitata ad una mera riproposizione del motivo articolato in primo grado senza svolgere alcuna critica nei confronti della sentenza di primo grado che, sul punto, ha del resto fornito una puntuale motivazione rilevando che “ il richiamato art. 3 del D.A. 2266/83/U (cd. “Decreto Floris) impone la verifica di sussistenza del rapporto minimo del 10% tra volumetria esistente e volumetria complessivamente realizzabile solo in relazione a comparti ancora da urbanizzare, secondo una logica di espansione dell’abitato nelle aree agricole contermini già parzialmente oggetto, in via di fatto, di insediamenti abitativi. Nel caso ora in esame, invece, l’intervento urbanistico riguarda un’area compresa in un comparto già ampiamente edificato ed urbanizzato (tanto è vero che la destinazione urbanistica originaria dell’area, invocata dagli stessi ricorrenti, era quella a “Verde pubblico”, quale servizio per le aree adiacenti già impegnate da residenze), nel quale il rapporto tra la volumetria esistente e quella realizzabile risulta addirittura superiore all’80% (cfr., sul punto, l’allegato tecnico alla deliberazione consiliare n.79/2008, prodotta quale doc. 21 dal Comune di Cagliari) .”.

Tale motivazione è rimasta incontestata sicchè la mera riproposizione del motivo di primo grado va dichiarata inammissibile poiché in contrasto con la natura del giudizio di appello che rappresenta pacificamente una revisio prioris istantiae e non un novum iudicium onerando la parte di sviluppare adeguatamente la parte critica del gravame attraverso motivi puntuali e circostanziati.

Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve pertanto essere respinto.

La particolarità della vicenda induce a ritenere sussistenti eccezionali motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del grado tra tutte le parti.

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