Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-02-05, n. 201800704

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-02-05, n. 201800704
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800704
Data del deposito : 5 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2018

N. 00704/2018REG.PROV.COLL.

N. 02803/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2803 del 2016, proposto dal comune di Cavallino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato E S D, con domicilio eletto presso lo studio Saverio Sticchi Damiani in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina Nr 26;



contro

Ato della provincia di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio eletto presso lo studio Filippo Manca in Roma, viale Regina Margherita 294;
Consorzio Ato Lecce 1, Autorità per la Gestione Rifiuti Ato Lecce 1 in Liquidazione, Autorità per la Gestione Rifiuti Ato Lecce 3 in Liquidazione, Presidente e Commissario Ad Acta Liquidatore del Consorzio Ato Lecce 3 in Liquidazione non costituiti in giudizio;
Autorità per la Gestione Rifiuti Ato Lecce 2 in Liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Quinto, domiciliato ex art. 25 cpa presso il Consiglio di Stato, Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro 13;



nei confronti di

Comune di San Donato di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Memmo, Pierluigi Dell'Anna, con domicilio eletto presso lo studio Srl Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
Comune di San Cesario di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Vantaggiato, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Pecorilla in Roma, corso Trieste, 155;
Alfredo Rampino non costituito in giudizio;



per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la PUGLIA – Sezione Staccata di LECCE - SEZIONE I n. 3208/2015, resa tra le parti, concernente determinazione contributo socio-ambientale per impianti di trattamento e smaltimento rifiuti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di San Donato di Lecce del Comune di San Cesario di Lecce e dell’ Ato della provincia di Lecce e dell’ Autorità per la Gestione Rifiuti Ato Lecce 2 in Liquidazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 gennaio 2018 il consigliere F T e uditi per le parti gli avvocati De Luca su delega di Sticchi Damiani, De Santis su delega di Quinto, Vantaggiato e Fortunato su delega di Memmo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO


1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 3208 del 6 novembre 2015 il Tribunale amministrativo per la Puglia –Sezione Staccata di Lecce- ha riunito e deciso sei ricorsi aventi ad oggetto la determinazione del contributo socio-ambientale spettante, in relazione all'impianto di biostabilizzazione con annessa discarica di servizio e soccorso e all’impianto di produzione di CDR, entrambi posti a servizio del ciclo di trattamento e smaltimento dei rifiuti provenienti dai Comuni dei bacini.

1.1. In particolare, il comune di San Donato di Lecce aveva proposto tre ricorsi (n. 1565/2012, n. 1874/2012 e n. 1875/2012) avverso il silenzio serbato dai Consorzi ATO LE/1, LE/2 e LE/3 sulla propria richiesta di determinazione del detto contributo ad esso spettante; con due successivi ricorsi (n. 844 e n. 1345 del 2013) il medesimo comune di San Donato di Lecce aveva chiesto l’annullamento delle determinazioni con cui il commissario ad acta nominato dal T.a.r. aveva quantificato il contributo socio-ambientale in favore del comune di Cavallino; con distinto ricorso (n. 3041/2014) il comune di Cavallino aveva chiesto l’accertamento del diritto ad ottenere la determinazione e la liquidazione in proprio favore del ristoro socio —ambientale spettante quale comune sede della piattaforma complessa per il trattamento dei rifiuti solidi urbani e assimilati composta da un impianto di biostabilizzazione con annessa discarica di servizio soccorso e impianto di produzione di CDR, posta a servizio dello smaltimento dei rifiuti provenienti dai comuni rientranti in tutti e tre gli ex ambiti ottimali della provincia di Lecce (di seguito divenuta ATO della provincia di Lecce) previa occorrendo declaratoria di illegittimità e annullamento del silenzio serbato dalle rispettive Autorità di gestione in relazione ad espressa istanza e diffida formulata a tal fine dal Comune ricorrente.

2. Il T.a.r., con la sentenza impugnata, dopo avere dato atto delle sentenze fino a quel momento pronunciate sulla vicenda, dei provvedimenti con i quali era stato integrato il contraddittorio, delle sentenze con le quali (in accoglimento di ricorsi per opposizione di terzo ex art. 410 c.p.c) erano state revocate precedenti sentenze emesse e delle due consulenze tecniche disposte ha innanzitutto provveduto a qualificare la questione giuridica prospettata, deducendo che:

a) la spettanza del contributo socio-ambientale, di cui era stato chiesto l’accertamento, trovava fonte nell’art. 10 della L.R. 13 agosto 1993, n. 17 (“Organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti urbani”), il cui terzo comma stabiliva che “occorrerà tener conto dei costi socio-ambientali connessi con la gestione dell'impianto”; per la sua determinazione soccorreva il decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Puglia del 30 settembre 2002 n. 296, con il quale era stato previsto che il ristoro ambientale a favore del Comune ove aveva sede l’ impianto dovesse essere liquidato secondo la seguente formula: “Cuc (10% di Ca + Ce + Cc) salvo diverse e successive valutazioni e determinazioni dell’Autorità unica di gestione dei rifiuti urbani del relativo bacino” (punto 8.3), ovverossia pari al 10 % della somma dei costi di ammortamento dell’investimento (indicati in sigla, come Ca), dei costi di esercizio (indicati come Ce) e dei costi di chiusura e post-gestione (indicati come Cc), salvo diversa determinazione dell’Autorità correlata alla specifica tipologia dell’impianto”;

b) il criterio suddetto era stato modificato dall’entrata in vigore del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani (PRGRU), approvato con deliberazione del Consiglio Regionale dell’8 ottobre 2013 n. 204, pubblicata sul BURP n. 147 del 12/11/2013: il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti definiva l’ammontare del contributo dovuto a titolo di ristoro ambientale tenendo conto della tipologia degli impianti, degli impatti ambientali ad essi associabili nonché della quantità dei rifiuti movimentati, ed era volto a compensare le comunità che subivano disagi di varia natura dovuti alla presenza, sul loro territorio, di impianti di trattamento di rifiuti urbani o alla movimentazione e trasporto di essi; il contributo era determinato nella misura massima del 5% della tariffa di conferimento (al netto dell’utile d’impresa) e ripartito tra le varie fasi di trattamento secondo un criterio proporzionale con il loro potenziale impatto ambientale;

b1) detto contributo era espressamente riconosciuto, negli Statuti degli ATO LE/1, LE/2 e LE/3, a favore dei comuni contermini a quello sede dell’impianto, il cui centro abitato era posto a distanza inferiore a quella tra il medesimo impianto e il centro abitato del comune sede, all’evidente fine di dover ristorare i comuni che, pur non ospitando l’impianto, subissero il pregiudizio arrecato dalla minore vicinanza a esso;

c) ciò in quanto, sebbene il richiamato decreto del Commissario delegato del 30 settembre 2002 n. 296 si riferisse(nel fissare il calcolo per la liquidazione) al “ristoro ambientale a favore del Comune sede”, esso recava infatti la salvezza delle “diverse e successive valutazioni e determinazioni dell’Autorità unica di gestione dei rifiuti urbani del relativo bacino” (punto 8.3); in ogni caso, lo stesso Commissario delegato, in pari data, con i decreti istitutivi delle Autorità di bacino, aveva espressamente stabilito che la convenzione tra i comuni dovesse contenere la previsione di determinazione del contributo anche a favore dei comuni contermini (l’art. 3 dello schema, allegato al decreto n. 306 del 30/9/2002, ): il testo della convenzione peraltro, aggiungeva che: “L’ammontare complessivo del contributo però non potrà mai essere superiore al dieci per cento della tariffa applicata”.

2.1. Muovendo da tale premessa, il T.a.r. ha poi osservato che:

a) il contributo socio-ambientale era unico e doveva essere ripartito tra i comuni interessati (costituendo una voce percentuale del costo di gestione - costo comprensivo del ristoro dovuto all’ambiente, cioè al territorio che circondava l’impianto, quali e quanti che fossero i comuni aventi il centro abitato in questo territorio) e doveva essere globalmente calcolato (non potendo dipendere la sua commisurazione, per ovvie ragioni, dalla variabilità del numero dei Comuni ai quali spettava);

b) in mancanza di un criterio di ripartizione certo, non si poteva prendere come riferimento la formula matematica prevista nel decreto del Commissario delegato per l’emergenza ambientale nella Regione Puglia del 30 settembre 2002 n. 296, con il quale era stato previsto che il ristoro ambientale a favore del comune sede dovesse essere liquidato secondo la formula: “Cuc (10% di Ca + Ce + Cc);

b1) detta formula, infatti, calcolava la somma complessiva dovuta a titolo di ristoro nel 10% della somma dei costi di ammortamento dell’investimento (indicati in sigla, come Ca), dei costi di esercizio (indicati come Ce) e dei costi di chiusura e post-gestione (indicati come Cc) ed il decreto predetto, e la relativa

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