Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-01-04, n. 202100097

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-01-04, n. 202100097
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100097
Data del deposito : 4 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/01/2021

N. 00097/2021REG.PROV.COLL.

N. 07393/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7393 del 2012, proposto da
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12

contro

S G, non costituito in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda-bis) n. 1317 del 9 dicembre 2012.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2020 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4 del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con legge 25 giugno 2020, n. 70) il Cons. R P;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso N.R.G. 15758 del 1997, proposto innanzi al T.A.R. del Lazio, il signor Giovanni Scanzi ha chiesto l’annullamento:

- del decreto del Ministro della Difesa, in data 4 agosto 1995, con il quale era stato rideterminato il trattamento economico per il servizio da questi prestato dal 1° gennaio 1978 al 29 luglio 1994;

- della nota del 19 gennaio 1996 dell'Ospedale militare di Verona, con cui gli era stato comunicato che, essendo emerso un debito nei confronti dell'Amministrazione (ammontante a lire 7.250.368), si era provveduto al conguaglio dello stipendio già attribuito in via provvisoria in applicazione dell'art. 4, ottavo comma, della legge n. 312/1980;

- della nota 7 febbraio 1996, con cui l'Amministrazione della Difesa aveva invitato la Direzione provinciale del Tesoro di Brescia a provvedere al recupero di tale credito;

- della nota 19 aprile 1996, con cui la predetta Direzione provinciale del Tesoro aveva disposto il recupero delle somme erogate in eccedenza in costanza di servizio, attraverso la trattenuta mensile sulla pensione (effettivamente operata a partire dal rateo di ottobre 1997), pari a 1/5 dell'importo della pensione stessa.

2. Costituitasi l’Amministrazione odierna appellante, il Tribunale ha accolto il ricorso, a fronte dell’eccezione di prescrizione quinquennale del diritto fatto valere con i provvedimenti impugnati, dichiarando l’estinzione per prescrizione del diritto della stessa Amministrazione a ripetere gli emolumenti non dovuti al ricorrente, ma ad esso corrisposti prima del quinquennio anteriore alla comunicazione della richiesta di restituzione.

3. Avverso tale pronuncia, il Ministero della Difesa ha interposto appello, notificato il 24 settembre 2012 e depositato il successivo 19 ottobre, assumendo che il T.A.R. del Lazio abbia erroneamente ritenuto che la pretesa restitutoria fatta valere dall’Amministrazione nei confronti della controparte sia soggetta alla disciplina dettata dall'art. 2948 n. 4, c.c., a norma del quale si prescrivono in cinque anni gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi.

Tale assunto, ad avviso del Ministero, non sarebbe condivisibile, ove si consideri che il diritto fatto valere dall'Amministrazione non ha ad oggetto una prestazione che deve essere eseguita periodicamente.

Né la circostanza che l'Amministrazione, al fine di non rendere eccessivamente gravoso l'adempimento da parte del signor Scanzi della obbligazione inerente la restituzione dell'indebito, abbia previsto la rateizzazione del pagamento di quanto dallo stesso dovuto a tale titolo, è suscettibile di incidere sulla natura dell'obbligazione e sulla conseguente durata del termine di prescrizione.

Nel sostenere, conclusivamente, che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2033 e 2946 c.c., il diritto alla ripetizione dell'indebito si prescrive nel termine decennale (decorrente dalla data di esecuzione del pagamento non dovuto), conclude la parte per l’accoglimento dell’appello;
e, in riforma della sentenza impugnata, per la reiezione del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

4. L’appellato sig. Scanzi non si è costituito in giudizio.

5. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 15 dicembre 2020.

DIRITTO

L’appello è fondato, nei limiti di seguito precisati.

1. È consolidato in giurisprudenza ( ex multis, Cons. Stato, Sez. IV: 13 aprile 2017, n. 1714;
3 novembre 2015, nn. 5011, 5010 e 5009;
24 aprile 1993, n. 294;
nonché Corte Conti, sez. giur. Veneto, 19 novembre 2009, n. 782) il principio, per cui il diritto alla repetitio indebiti da parte della Pubblica Amministrazione, a norma dell’art. 2946 c.c., è soggetto a prescrizione ordinaria decennale, il cui termine decorre dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate.

L’azione di ripetizione di indebito rinviene come è noto, il proprio fondamento nell’inesistenza dell’obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto, ovvero perché è venuto meno successivamente, a seguito ad esempio di annullamento.

Da qui, l’indirizzo ermeneutico anzidetto, per cui, “nel caso di erogazione da parte della Pubblica amministrazione di somme non dovute ai suoi dipendenti, il suo diritto alla ripetizione dell'indebito ex art. 2946 c.c. è soggetto a prescrizione ordinaria decennale, decorrente dal giorno in cui le somme sono state materialmente erogate” (ex aliis, Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5010).

L’esclusa applicabilità, all’azione di che trattasi, della prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c. è, in particolare, fondata sulla preclusa sussumibilità della fattispecie “fra le ipotesi espressamente contemplate in quest'ultima norma” (Cons. Stato, Sez. VI, 20 settembre 2012, n. 4989).

Anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza 23 novembre 2010, n. 24418, hanno statuito che la ripetizione dell'indebito oggettivo, essendo azione tesa a ripristinare l'equilibrio tra le posizioni di due contraenti, leso dal mancato rispetto del vincolo sinallagmatico tra le prestazioni, è soggetta al termine di prescrizionale decennale.

In altri termini, la diversità della posizione del lavoratore che può agire per ottenere quanto dovuto per le proprie prestazioni nel termine di cinque anni previsto dall'art. 2948, n. 4, c.c. per i pagamenti periodici è ben diversa rispetto a quella in cui lo stesso dipendente abbia ottenuto somme non dovute, il che giustifica l'applicazione del diverso regime della prescrizione ordinaria decennale.

2. L’appellata pronunzia, unicamente fondata sull’affermata operatività del termine prescrizionale con durata quinquennale, deve conseguentemente essere, nei limiti di quanto infra precisato, riformata.

2.1 Tale sentenza, infatti, merita conferma, nella parte in cui ha stabilito che “l’Amministrazione, nel procedere al recupero di somme indebitamente erogate ai propri dipendenti, deve effettuare il recupero al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, giacché è al netto di queste ritenute che gli emolumenti in più sono stati corrisposti, e la ripetizione dell'indebito deve necessariamente riferirsi soltanto alle somme effettivamente percepite in eccesso”.

Come da questo Consiglio affermato (cfr. Sez. III, 4 luglio 2011, n. 3983 e Sez. VI, 2 marzo 2009, n. 1164), “la ripetizione dell’indebito nei confronti del dipendente, da parte dell'Amministrazione, non può non avere ad oggetto le somme da quest'ultimo percepite in eccesso, ossia quanto e solo quanto effettivamente sia entrato nella sfera patrimoniale del dipendente, non potendosi, invece, pretendere la ripetizione di somme al lordo delle ritenute fiscali (e previdenziali e assistenziali), allorché le stesse non siano mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente”.

Ne consegue che l’Amministrazione, nel procedere al recupero di somme indebitamente erogate, deve effettuare tale recupero al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, come correttamente ritenuto dal giudice di prime cure.

2.2 Va, poi, ulteriormente, precisato che il ricorso di primo grado, lungi dall’essere integralmente suscettibile di reiezione, per effetto dell’accoglimento del presente appello, è parzialmente accoglibile, con riferimento alla intervenuta prescrizione della pretesa relativa alla restituzione degli importi retributivi nei confronti dell’originario ricorrente riconosciuti e liquidati anteriormente all’arco temporale decennale di durata del termine prescrizionale.

Nell’osservare come il recupero di che trattasi abbia ad oggetto la liquidazione, in favore del sig. Scanzi, del trattamento economico relativo al servizio da quest’ultimo prestato dal 1° gennaio 1978 al 29 luglio 1994, la pretesa al riguardo fatta valere dall’Amministrazione (con la determinazione, in prime cure avversata, di cui al decreto del Ministro della Difesa in data 4 agosto 1995) potrà, quindi, utilmente estendersi agli importi corrisposti nel decennio precedente;
e non anche a quelli anteriormente a tale spazio temporale liquidati, per i quali è, invece, maturata la prescrizione (con conseguente inesigibilità del credito restitutorio).

3. Come sopra perimetrata la riforma della sentenza di prime cure, conseguente all’accoglimento del presente appello, rileva conclusivamente il Collegio, avuto riguardo alla peculiarità della presente controversia, la presenza di giusti motivi per la compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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