Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-09-03, n. 201805144

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-09-03, n. 201805144
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805144
Data del deposito : 3 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/09/2018

N. 05144/2018REG.PROV.COLL.

N. 08322/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso per revocazione iscritto al numero di registro generale 8322 del 2015, proposto da
Comune di Andria, in persona del Segretario generale in forza di disposizione del Sindaco 7 novembre 2014, n. 665, rappresentato e difeso dagli avvocati M S, G D C e R T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M S in Roma, viale Parioli, 180;

contro

Società italiana per il gas s.p.a. - Italgas, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M S in Roma, viale Parioli, 180;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. V n. 00869/2015, resa tra le parti, concernente affidamento servizio gestione impianto distribuzione gas.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Società italiana per il Gas s.p.a. - Italgas;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2018 il Cons. F D M e uditi per le parti gli avvocati M S e, in sostituzione dell'avv. Caia, Stefano Colombari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con contratto 14 giugno 1973 (rep. 3751) il Comune di Andria concedeva a Italgas s.p.a. (a quel tempo SNAM s.p.a.) a trattativa privata e in regime di privativa il servizio di distribuzione del gas metano nel territorio comunale previa costruzione dell’impianto;
la società si obbligava al pagamento di un canone concessorio. Il contratto era qualificato non tacitamente rinnovabile (all’art. 12).

2. Nell’imminenza dello spirare del termine di durata fissata in convenzione insorgeva controversia tra le parti sull’effettiva scadenza della concessione e sulla titolarità dell’impianto costruito per la distribuzione del gas. La controversia, devoluta in arbitri, era definita con lodo 4 giugno 2004, non impugnato, ma depositato e munito di esecutività dal Tribunale di Trani il 5 ottobre 2005.

2.1. Il lodo disponeva: a) la scadenza della concessione al 31 dicembre 2005 per effetto dell’intervenuta riforma legislativa, il d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164 [ Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144 ] e b) l’acquisizione dell’impianto di distribuzione del gas (c.d. rete) in piena proprietà e senza alcun corrispettivo al Comune di Andria alla data di scadenza della concessione.

2.2. Con l’art. 23, comma 4, d.l. 30 dicembre 2005 n. 273 conv. in l. 23 febbraio 2006 n. 51 era disposta una proroga dodicennale delle concessioni, come quella in esame, finanziate con la normativa sulla metanizzazione del Mezzogiorno, a partire dalla data di entrata in vigore del precedente d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164. La concessione di distribuzione di Italgas s.p.a. era, così, prorogata fino al 21 giugno 2012. Il legislatore nulla prevedeva in ordine alla proprietà degli impianti costruiti dai concessionari.

3. Con determinazione dirigenziale 20 marzo 2009, n. 472, il Comune di Andria, sul presupposto di aver acquisito la proprietà dell’impianto di distribuzione alla scadenza della concessione fissata dal lodo e, dunque, al 31 dicembre 2005, nulla disponendo l’art. 23, comma 4, d.l. n. 273 del 2005 sulla proprietà degli impianti, aggiornava il canone di concessione originario in dichiarata applicazione dell’art. 46bis ( Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas ), comma 4, d.l. 1 ottobre 2007 n. 159 ( Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale ) conv. in l. 29 novembre 2007, n. 222;
richiedeva, inoltre, alla concessionaria che le fossero riversati i c.d. costi di località, componente tariffaria (remunerativa dei costi operativi, dell’ammortamento e degli investimenti della rete locale) incassata dal gestore con la riscossione delle fatture dei singoli utenti e dovuta al proprietario se soggetto distinto dal gestore.

4. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Italgas s.p.a. impugnava la determinazione dirigenziale contestando l’incremento del canone concessorio, l’avvenuto passaggio di proprietà della rete al Comune alla scadenza del termine fissato dal lodo e, in conseguenza di ciò, la richiesta dei c.d. costi di località incassati dagli utenti.

Il giudizio era concluso dalla sentenza 20 marzo 2012, n. 575 di accoglimento del ricorso proposto dalla società e annullamento della determinazione dirigenziale 20 marzo 2009, n. 472 in uno con la lettera inviata alla società dal Comune di Andria il 10 agosto 2011 recante l’invito a cessare la gestione del servizio e a riconsegnare l’intera rete distributiva per la data del 21 giugno 2012, nonché l’invito a pagare a titolo di canone di concessione la somma di € 700.000,00 annui con decorrenza dal 1 gennaio 2006;
la sentenza impugnata in appello dal Comune di Andria era annullata dal Consiglio di Stato, con sentenza 16 gennaio 2015, n. 235, in accoglimento del motivo di appello relativo al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore del giudice ordinario.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, su ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione proposto dalla società, con sentenza 18 giugno 2014, n. 13881 dichiaravano, infine, la giurisdizione del giudice amministrativo.

5. A seguito della riassunzione dinanzi al giudice amministrativo, questo Consiglio di Stato, sezione quinta, pronunciava la sentenza 23 febbraio 2015, n. 869, di reiezione dell’appello proposto e condanna del Comune al pagamento delle spese di lite.

Il Consiglio di Stato riteneva corretta la decisione del primo giudice per il quale il lodo arbitrale non si era limitato ad individuare il momento esatto del passaggio di proprietà dell’impianto realizzato dalla società concessionaria al Comune, ma aveva, più esattamente, accertato l’esistenza di un meccanismo convenzionale (contenuto all’art. 12) per il quale il passaggio della proprietà sarebbe coinciso con la scadenza della concessione. Ed, allora, per quanto le parti avessero stabilito in convenzione una durata trentennale della concessione (che, dunque, sarebbe venuta a scadenza nel 2003) i successivi interventi legislativi – art. 15 d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164 e l’art. 23 comma 4, d.l. 30 dicembre 2005 n. 273 conv. in l. 23 febbraio 2006 n. 51 – per eterointegrazione contrattuale avevano disposto proroghe successive fino al 21 giugno 2012. La conclusione del ragionamento era, pertanto, che, alla data in cui il Comune di Adria aveva adottato la determinazione dirigenziale di aumento del canone concessorio e inviato la lettera per ottenere la corresponsione dei c.d. costi di località, non era ancora proprietaria dell’impianto.

Quanto, infine, all’aumento del canone concessorio, il Consiglio di Stato escludeva che il Comune ne avesse facoltà ai sensi dell’art. 46bis, comma 4, d.l. 1 ottobre 2007 n. 159 per averne tale disposizione subordinato l’esercizio all’accertata scadenza della convenzione in essere con il concessionario;
circostanza esclusa al tempo dell’adozione degli atti impugnati per le ragioni precedentemente esposte.

6. Il Comune di Andria propone ricorso per revocazione ex artt. 106 Cod. proc. amm. avverso la predetta sentenza. Nel giudizio si è costituita Italgas Reti s.p.a. (nuova denominazione della Italgas s.p.a.) che ha concluso per l’inammissibilità dell’impugnazione.

Le parti hanno presentato memorie e all’udienza del 24 maggio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. Il Comune di Andria, con unico motivo articolato per punti, richiede la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato 23 febbraio 2015, n. 869 per i motivi di cui ai numeri 4) e 5) dell’art. 395 cod. proc. civ..

Sostiene il ricorrente (al primo punto) che il giudice di appello non ha tenuto conto del fatto – per questo incorrendo nell’errore di fatto di cui all’art. 395, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. – che il contratto originariamente intervenuto con la Italgas s.p.a. non consentiva la continuazione dei rapporti originati dalla concessione oltre la scadenza prevista se non in presenza di espressa e formale indicazione legislativa e che (secondo punto) la proroga legislativa era sì intervenuta ma solamente per il rapporto di distribuzione del gas e non anche per il rapporto di titolarità della proprietà della rete del quale l’art. 23, comma 4, d.l. 30 dicembre 2005 n. 273 conv. in l. 23 febbraio 2006 n. 51, come anche la precedente disposizione legislativa del 2000, non si occupava. Solo in questi limiti, dunque, aveva operato la eterointegrazione normativa richiamata dal giudice d’appello (terzo punto).

Il ricorrente (al quarto punto) assume, poi, il contrasto della sentenza impugnata con il precedente giudicato costituito proprio dal lodo arbitrale che aveva definitivamente disposto l’acquisizione della proprietà dell’impianto a favore del Comune alla data del 31 dicembre 2005: la successiva proroga dell’art. 23, comma 4, d.l. 273 cit., se anche avesse disciplinato la proprietà della rete, non avrebbe potuto incidere in via retroattiva su di un rapporto orami consacrato dal giudicato anche perché (quinto punto) l’art. 23, comma 4, d.l. 273 cit. deve interpretarsi secondo il noto brocardo per il quale ubi lex voluit dicuit, ubi noluit tacuit , per cui se in una disposizione normativa non è stata prevista una certa fattispecie o non è stato disciplinato un certo effetto – il riferimento è al profilo della proprietà della rete – si deve ritenere che il legislatore non abbia inteso occuparsene e che non si possa procedere ad interpretazioni estensive del dato normativo.

Infine, il Comune (al sesto punto) sostiene che la sentenza impugnata avrebbe completamente travisato i fatti per aver escluso che l’amministrazione comunale, con il servizio di distribuzione del gas in proroga, non fosse interessato dalle nuove gare di ambito;
era vero, invece, che al tempo dell’adozione degli atti impugnati, il Comune di Andria aveva il servizio di distribuzione del gas ed era interessato alla nuova gara;
esso, dunque, poteva disporre l’incremento del canone concessorio ai sensi dell’art. 46bis comma 4, d.l. 1 ottobre 2007 n. 159 conv. in l. 29 novembre 2007, n. 222.

8. Il ricorso per revocazione proposto dal Comune di Andria è inammissibile.

8.1. L’errore di fatto di cui all’art. 395, comma 4, cod. proc. civ. – il c.d. errore revocatorio – consiste nell’erronea percezione del contenuto materiale degli atti del processo (ovvero in una svista, in un errore di lettura, nell’ “ abbaglio dei sensi ”) per il quale il giudice abbia fondato il suo convincimento su di un falso presupposto di fatto (solo per limitarsi alle ultime pronunce cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 2018, n. 3478;
sez. VI, 17 maggio 2018, n. 2997;
sez. V, 3 aprile 2018, n. 2037;
sez. V, 2 marzo 2018, n. 1297;
sez. V, 7 febbraio 2018, n. 813).

8.2. L’errore attribuito dal Comune di Andria al giudice d’appello nella sentenza revocanda non è qualificabile come errore revocatorio in quanto consiste nell’errata interpretazione di una disposizione normativa, l’art. 23, comma 4, d.l. 273 cit., che, a dire del ricorrente, avrebbe disposto la sola proroga del rapporto di distribuzione del gas senza incidere sul diverso profilo della concessione di servizio pubblico relativo all’acquisizione della titolarità degli impianti all’amministrazione pubblica.

8.3. L’errore sul contenuto della norma (e non sul contenuto degli atti del giudizio) non costituisce un errore revocatorio (salvo che il giudice abbia “ letto ” la disposizione in modo diversa da come redatta, onde si possa parlare di vera e propria “ svista ”) in quanto coinvolge non l’attività di interpretazione ma quella di lettura e percezione degli atti;
esso è, dunque, un errore di giudizio, come tale non suscettibile di comportare la revocazione della sentenza (in generale, sull’impossibilità che l’errore revocatorio riguardi l’attività di interpretazione e di valutazione, anche del materiale acquisito al processo, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 2018, n. 1687).

8.4. In conclusione sui primi tre punti nel quale si articola l’unico motivo di ricorso per revocazione, il Comune di Andria, sotto forma di errore di fatto, rivolge una critica al ragionamento svolto nella sentenza impugnata e alla ritenuta eterointegrazione della convenzione con Italgas s.p.a. ad opera delle disposizioni normative intervenute successivamente alla scadenza del termine di durata ivi previsto. Le censure esposte si pongono, pertanto, oltre i limiti del ricorso per revocazione.

9. Del pari sono inammissibili le censure, contenute nei due punti successivi, rivolte a far valere il vizio revocatorio di cui all’art. 395, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. per contrasto della sentenza impugnata con il precedente giudicato costituito dal lodo arbitrale.

9.1. L’art. 395, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., precisando che il contrasto con precedente sentenza avente autorità di giudicato comporta la revocazione della sentenza “ purchè non abbia pronunciato sulla relativa eccezione ” consente l’esperimento del rimedio revocatorio solamente se in cui il giudice non ha tenuto conto del precedente giudicato nella sua decisione, per averne ignorato l’esistenza.

Il presupposto è stato ribadito con chiarezza di recente dall’Adunanza plenaria, 6 aprile 2017, n. 1, per la quale: “ Va preliminarmente rilevato, in linea di diritto, che ai fini dell'integrazione del motivo revocatorio di cui all'art. 395, n. 5), cod. proc. civ. devono concorrere, in via cumulativa, i seguenti presupposti: (i) il contrasto della sentenza revocanda con un'altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata sostanziale;
(ii) la mancata pronuncia sulla relativa eccezione da parte del giudice della sentenza revocanda
. (…).

Ha aggiunto, poi, l’Adunanza plenaria: “ Il presupposto sub 6.1.(ii) richiede che il precedente giudicato formatosi sulle sentenze, con le quali la sentenza revocanda si assume essere in contrasto, sia rimasto del tutto estraneo al thema decidendum su cui si sia pronunciata la sentenza revocanda. Se sull'esistenza e sulla portata del giudicato preesistente ci sia stato dibattito processuale e il giudice abbia ritenuto che la causa non sia pregiudicata dalla precedente decisione, si potrà essere verificato un eventuale errore di giudizio, il quale resta tuttavia sottratto al rimedio della revocazione, a pena di introdurre un ulteriore 'ordinario' mezzo di impugnazione a critica illimitata. ”.

9.2. Il contenuto del precedente lodo arbitrale ha costituito proprio il thema decidendum della sentenza della quale il Comune di Andria chiede la revocazione con l’odierno ricorso.

Il Consiglio di Stato, infatti, ha esaminato il lodo ed ha verificato che gli arbitri avevano accertato l’esistenza di un meccanismo convenzionale per il quale il passaggio della proprietà degli impianti era fissato al momento della scadenza della concessione, onde prorogata per via legislativa quest’ultima non si era ancora realizzato il primo al momento dell’adozione degli atti impugnati.

Tale statuizione contiene anche la risposta alla critica rivolta dal ricorrente alla sentenza impugnata nel quinto punto del motivo di ricorso, di non aver tenuto conto che l’art. 23, comma 4, d.l. 30 dicembre 2005 n. 273 conv. in l. 23 febbraio 2006 n. 51, stabilendo l’ulteriore proroga della concessione, non avrebbe potuto intaccare il giudicato formatosi a seguito del lodo arbitrale con il quale, a dire del ricorrente, veniva definito il passaggio della proprietà degli impianti al momento della scadenza della concessione come fissata nella convenzione.

L’acclarata, in entrambi i gradi del giudizio amministrativo, esistenza di un meccanismo convenzionale di correlazione del passaggio di proprietà degli impianti alla scadenza della concessione, ha condotto il giudice d’appello a riconoscere la possibilità di dilazionare nel tempo l’acquisizione degli impianti al Comune in conseguenza delle proroghe intervenute per via legislativa.

9.3. In conclusione sul punto, le censure esposte sono inammissibili per insussistenza del presupposto dell’omessa pronuncia nella decisione revocanda sul precedente giudicato, restando incerto anche il secondo presupposto, vale a dire l’identità soggettiva ed oggettiva dei giudizi, poiché, pur essendo stato pronunciato tra le stesse parti, il lodo aveva ad oggetto la questione degli effetti degli interventi legislativi più volte richiamati sulle previsioni della convenzione, e non, evidentemente, la legittimità dei provvedimenti adottati dal Comune sul presupposto di essere proprietario degli impianti di distribuzione del gas, oggetto del giudizio dinanzi al giudice amministrativo.

10. Inammissibile, infine, è anche la censura esposta nel sesto punto del motivo di ricorso e rivolta a far valere l’errore di cui all’art. 395, comma 1, n. 4) cod. proc. civ. per aver ritenuto condizione necessaria all’esercizio della facoltà di aumento del canone concessorio l’intervenuta scadenza della concessione di distribuzione del gas, laddove, invece, la disposizione normativa richiede solamente che i Comuni siano “ interessati dalle nuove gare di cui al comma 3 ” vale a dire alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas nell’ambito del bacino ottimale di utenza.

10.1. La ragione di inammissibilità consiste nell’aver inteso far valere quale errore revocatorio un presunto errore di interpretazione del dato normativo: il Comune ricorrente, infatti, asserisce che l’art. 46 bis, comma 4, d.l. n. 159 cit. consenta l’aumento del canone concessorio alla sola condizione dell’aver il Comune interesse alla gara per l’affidamento del servizio di gas senza considerare l’intervenuta scadenza della concessione in atto come invece ritenuto dal giudice d’appello.

Si tratta, all’evidenza, di una diversa interpretazione del dato normativo che, se può dar luogo ad un errore di giudizio, certo non consente di pervenire alla revocazione della sentenza.

11. In conclusione, il ricorso per revocazione proposto dal Comune di Andria è inammissibile.

12. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi