Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-08-03, n. 201204434

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-08-03, n. 201204434
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204434
Data del deposito : 3 agosto 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00874/2012 REG.RIC.

N. 04434/2012REG.PROV.COLL.

N. 00874/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 874 del 2012, proposto da:
V D R, rappresentato e difeso dagli avv. F E F e P G, con domicilio eletto presso Michele Centrone in Roma, via Tibullo, n. 10;

contro

Comune di Milano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. M R S, R M, I M e R I, con domicilio eletto presso l’avv. R I in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 07397/2010, resa tra le parti, concernente rilascio alloggio comunale occupato abusivamente;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 luglio 2012 il Cons. C Sardi e uditi per le parti gli avvocati Orazio Castellana, su delega degli avv.ti F E F e Pietro Gorgolione, nonché Diego Vaiano, su delega dell'avv. R I;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Milano, in data 16.4.2008, notificava al sig. V D R il decreto di rilascio dell’alloggio E.R.P. n. 99 di via Rizzardi n. 22, sul presupposto che l’immobile sarebbe stato occupato senza titolo.

Avverso tale provvedimento il sig. D R proponeva ricorso al T.A.R. per la Lombardia deducendo con il primo motivo di censura la violazione dell’art. 20 del Regolamento Regionale n. 1/2004 e con il secondo motivo il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

Il sig. D R premetteva di essere residente nell’alloggio E.R.P. del Comune di Milano sin dal 1991, insieme al sig. Vincenzo Lubrano, legittimo assegnatario dell’immobile, per dare assistenza morale e materiale alla sig.ra Rosa Russo (moglie del Lubrano) affetta da una seria patologia renale.

Nel 1991 il sig. Lubrano comunicava al Comune di Milano che per motivi di lavoro si sarebbe trasferito nella Provincia di Napoli, lasciando, pertanto, l’alloggio assegnatogli nel quale avrebbero però continuato a risiedere la moglie sig. Rosa Russo e il sig. V D R insieme alla sua famiglia.

Il sig. D R conseguentemente stabiliva la propria residenza nel predetto immobile accollandosi peraltro il pagamento dell’affitto mensile.

Il T.A.R. per la Lombardia, con sentenza n. 7397 del 10.11. 2010, rigettava il ricorso proposto ritenendo l’occupazione del ricorrente, in mancanza di un atto di autorizzazione al subentro, abusiva.

In ordine al provvedimento adottato dall’Amministrazione i giudici di prime cure ritenevano che esso fosse “un atto strettamente vincolato” e che pertanto non fosse necessaria una “particolare motivazione se non quella che dà atto della sussistenza del suo presupposto applicativo, dato dall’occupazione dell’immobile da parte di un soggetto privo di titolo idoneo”.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto appello in data 10.1.2012 il sig. V D R, lamentando la violazione dell’art. 20 del Regolamento Regionale della Lombardia del 10.2.2004, n. 1 e la violazione ed erronea interpretazione dell’art. 2 l. n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, violazione dei principi di celerità, immediatezza, ragionevolezza, tutela dell’affidamento e mancata ponderazione degli interessi.

L’appellante, in via cautelare, ha chiesto altresì la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza gravata.

Si è costituito in giudizio il Comune di Milano che ha chiesto, in via preliminare, che fosse dichiarata l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 101 c.p.a. e nel merito il rigetto per infondatezza della domanda.

Con la memoria del 23.2.2012 il Comune ha altresì chiesto, in via pregiudiziale ed assorbente, che fosse dichiarata l’irricevibilità del ricorso proposto dal sig. D R, in quanto notificato fuori termine.

2. Si prescinde dall’esame delle pregiudiziali sollevate dal Comune di Milano in ordine alla eccezione di irricevibilità dell’appello proposto dal sig. V D R perché notificato fuori termine, atteso che lo stesso è infondato nel merito.

Con il primo motivo l’appellante censura la ricostruzione dei fatti operata nella sentenza gravata, contestando le informazioni assunte in sede di istruttoria, secondo cui non sarebbe vero che la moglie del Lubrano continuava a risiedere a Milano nell’alloggio ERP n. 99, circostanza che sarebbe stata confermata successivamente anche dalla Polizia Municipale di Calvizzano a seguito di appositi accertamenti.

L’appellante deduce che nella comunicazione della Polizia Municipale non viene spiegato in base a quali elementi gli operatori di Polizia siano giunti alla conclusione che la sig.ra Russo, moglie del Lubrano, abitasse a Calvizzano sin dal gennaio 1992, mentre da un certificato rilasciato dal Comune di Milano nel novembre 1992 la stessa risultava al contrario residente in Milano alla via Rizzardi, n. 22.

In ordine poi ai requisiti richiesti dall’art. 20, commi 4 e 7, del Regolamento Regionale della Lombardia del 10.2.2004, n. 1, l’appellante osserva che gli stessi erano già da lui posseduti al momento della notifica del provvedimento di rilascio intervenuta il 16.4.2008, in quanto si era stabilito già nel 1991 nell’appartamento de quo per ragioni di assistenza morale e materiale della signora Russo, era in possesso dei requisiti reddituali previsti dalle norme e risiedeva da più di tre anni nello stesso appartamento.

Il motivo di censura non è fondato.

L’art. 24, comma 1, del Regolamento Regionale n. 1/2004, considera occupante senza titolo chiunque occupi un alloggio senza essere legittimato da un provvedimento di assegnazione.

Nel caso di specie non v’è dubbio che l’alloggio in questione sia stato occupato abusivamente dal sig. D R Vincenzo atteso che egli non è mai stato autorizzato dall’ente proprietario o dall’ente gestore a permanervi.

A ciò peraltro deve aggiungersi che già in data 12.10.1992 risulta notificato all’appellante un provvedimento del Settore Demanio e Patrimonio del comune di Milano, con il quale gli era stato ingiunto di liberare l’alloggio in quanto non aveva alcun diritto al subentro, non potendo giovarsi delle previsioni di cui agli artt. 6 della Legge n. 392/1978 e 14 della Legge Regionale n. 91/1983.

Le modalità di subentro nell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono infatti disciplinate dai commi 3 e 4 dell’art. 20 del Regolamento regionale della Lombardia n. 1/2004 che, peraltro, nel giugno 2011 ha subito delle modifiche che hanno determinato una riduzione rilevante dei casi di subentro ammessi, consentendo tale possibilità soltanto a coloro che hanno convissuto continuativamente con l’assegnatario o ad ascendenti e discendenti di I grado, rientranti nel suo nucleo familiare per motivi di assistenza o a seguito di separazione legale.

In base a tale disciplina, per poter subentrare nell’assegnazione di un alloggio, coloro che non facciano parte del nucleo familiare assegnatario devono rispondere a due requisiti: essere autorizzati dall’ente proprietario o gestore a permanere nell’alloggio e avervi dimorato, convivendo stabilmente con i legittimi assegnatari per almeno tre anni (comma 4, art. 20), o un anno in caso di assistenza a persona anziana o disabile (comma 3 art. 20), a decorrere dalla data di autorizzazione.

E’ del tutto evidente che nel caso in esame difettano entrambi i requisiti, in quanto non è mai stata concessa al signor D R una autorizzazione nei sensi suddetti dall’Ente preposto e, conseguentemente, come correttamente ritenuto dai giudici di prime cure, la mancanza di un atto autorizzativo al subentro, qualifica come abusiva l’occupazione dell’alloggio da parte dell’appellante.

Legittimamente dunque l’Amministrazione comunale, non sussistendo alcuno dei requisiti richiesti, ha prima diffidato l’appellante signor D R al rilascio dell’immobile ai sensi del comma 2 dell’art. 20 del cit. Regolamento ed in seguito, non essendo pervenute deduzioni scritte da parte dell’interessato, ha notificato il provvedimento di rilascio oggetto dell’originario gravame.

Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto che il provvedimento di rilascio sarebbe stato adottato dal Comune di Milano senza alcuna ponderazione degli interessi coinvolti e che egli aveva maturato una situazione di legittimo affidamento sulla regolarità della situazione alloggiativa e sul suo diritto al subentro nell’assegnazione dell’alloggio, avendo la residenza anagrafica da più di venti anni nello stesso.

Il provvedimento impugnato, a parere del D R, non sarebbe inoltre adeguatamente motivato e quindi risulterebbe viziato da eccesso di potere.

Anche tale censura non è fondata.

Sul punto non può che confermarsi quanto già rilevato dai giudici di primo grado e cioè che il tempo trascorso, oltre a non esaurire il potere dell’Amministrazione di procedere all’adozione di un provvedimento di rilascio, ove sia stata accertata la mancanza nell’interessato dei requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia, non può avere ingenerato nell’appellante alcun “legittimo affidamento” come asserito, atteso che egli doveva certamente conoscere quali fossero i requisiti necessari al subentro nell’alloggio di E.R.P. e, in ogni caso, la sua posizione di “occupante abusivo” era a lui già nota per averne ricevuto informativa e preavviso direttamente dall’Amministrazione.

L’Amministrazione comunale, in presenza di una occupazione di alloggio di edilizia popolare da parte di un soggetto privo di titolo autorizzativo, è invero obbligata ad adottare provvedimenti sanzionatori, fermo restando che la prevalenza dell’interesse pubblico rispetto a quello privato, nella fattispecie de quo è sussistente in re ipsa.

Conclusivamente l’appello è integralmente infondato e va rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in E. 3000,00 (tremila/00), in favore della parte appellata.

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