Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-02-15, n. 202101295

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-02-15, n. 202101295
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101295
Data del deposito : 15 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2021

N. 01295/2021REG.PROV.COLL.

N. 06401/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6401 del 2020, proposto dalle Dott.sse C V, D S, in proprio e n.q. di socie e legali rappresentanti della Farmacia San Marco S.r.l., rappresentate e difese dagli Avvocati A M A, A C, F V e A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato A C in Roma, piazza San Bernardo, n. 101;

contro

Dott.ssa L M M, in proprio e n.q. di legale rappresentante della Farmacia San Rocco s.n.c. di M dott.ssa L M e C., rappresentata e difesa dall'Avvocato Emanuela Beacco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, Piazza Capo di Ferro, 13;

per la riforma

la sentenza del Tar Liguria, sez. II, n. 470 dell'8 luglio 2020, che ha dichiarato l'illegittimità della cessione della titolarità della Farmacia comunale “degli Ingauni” in applicazione del diritto di prelazione ex art. 12 della legge n. 362/1991.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dalla dott.ssa L M M;

Visto l'atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto dal Comune di Albenga;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2021, svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, D.L. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli Avvocati F V, A C e Luigi Piscitelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al TAR per la Liguria r.g. n. 61 del 2019, la Dott.ssa M Laura Maria, legale rappresentante della S.n.c. Farmacia San Rocco, impugnava la determinazione n. 3096 del 19.12.2018, del Comune di Albenga con cui veniva aggiudicata la Farmacia comunale “degli Ingauni” alle dott.sse V Cettina e S Daniela, farmaciste comunali, in virtù dell’esercitato diritto di prelazione ex art. 12 della legge n. 362 dell’8.11.1991 e art. 10 della lex specialis , in esito alla gara pubblica indetta, dapprima, con la deliberazione consiliare n. 38 del 13.4.2018 e, successivamente, essendo rimasta deserta la gara, con determina dirigenziale n. 1886 del 6.8.2018.

2.- Si costituivano in giudizio le controinteressate ed il Comune che eccepivano l’irricevibilità del ricorso, per mancata immediata impugnazione della clausola immediatamente lesiva dell’avviso di vendita concernente la prelazione, e anche l’irricevibilità per mancata impugnazione dell’avviso predetto, dopo l’adozione del provvedimento dirigenziale 31.10.2018, n. 2551, che dispose l’apertura della fase procedimentale per l’esercizio della prelazione.

I resistenti chiedevano, in ogni caso, il rigetto nel merito del ricorso.

3.- La sentenza in epigrafe, respinte le preliminari eccezioni, accoglieva il ricorso e compensava le spese di giudizio.

Il TAR riteneva fondata la censura di contrarietà dell’art. 12 della legge n. 362 dell’8.11.1991 con i principi comunitari sulla concorrenza, come dichiarato dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 19 dicembre 2019 C- 465/18, ritenuta applicabile al caso di specie, e, conseguentemente, annullava gli atti impugnati successivi all’aggiudicazione, dichiarava l’illegittimità del contratto stipulato dal Comune di Albenga con le controinteressate e condannava l’ente locale a stipulare una nuova pattuizione con la ricorrente.

4.- Con l’appello in esame, le controinteressate soccombenti lamentano l’erroneità e ingiustizia della sentenza di cui chiedono la riforma.

Le appellanti rappresentano di aver legittimamente costituito la società Farmacia San Marco S.r.l. e acquistato la proprietà della farmacia di cui sono risultate aggiudicatarie (dopo l’esercizio della prelazione) con contratto di cessione di ramo d’azienda del 25 febbraio 2019, per scrittura privata autenticata dal Notaio, e infine, di aver conseguito la titolarità della farmacia per effetto del provvedimento adottato dal Comune di Albenga in data 7 marzo 2019.

5.- Si è costituito in giudizio il Comune di Albenga che chiede l’accoglimento dell’appello e con ricorso incidentale ripropone le eccezioni preliminari disattese dal primo Giudice, deducendo, altresì, l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha accolto il secondo motivo del ricorso introduttivo di primo grado, per illogicità, contraddittorietà e difetto della motivazione e per omessa pronuncia in merito alle argomentazioni svolte dal Comune.

6.- La dott.ssa M, originaria ricorrente, si è costituita in giudizio ed ha proposto ricorso incidentale chiedendo la parziale riforma della sentenza, nella parte in cui ha respinto il primo motivo del ricorso introduttivo e dichiarato assorbito il terzo.

7.- Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è infondato, pur con le precisazioni che seguono.

1.1.- Le appellanti censurano la sentenza, innanzitutto, per aver respinto l’eccezione preliminare di tardività dell’impugnazione del bando e disatteso le argomentazioni svolte in primo grado tendenti a dimostrare l’inapplicabilità della sentenza comunitaria al caso di specie.

La sentenza della Corte di Giustizia del 19 dicembre 2019 C- 465/18 sarebbe stata “resa in un contesto normativo profondamente diverso da quello vigente all’epoca dell’indizione della gara” e per di più in un caso in cui il prelazionario, a differenza delle appellanti, non aveva partecipato alla gara, sostenendone il relativo onere.

Inoltre, la Corte di Giustizia avrebbe lasciato “intendere che un diritto di prelazione sarebbe “compatibile”, se non fosse, per così dire, “assoluto”, ma limitato da criteri di valorizzazione dell’esperienza dei dipendenti comunali in sede di gara.

In ogni caso, nella fattispecie, andrebbero tutelati il principio di affidamento e di certezza del diritto, garantiti a livello comunitario al pari della libertà di stabilimento.

Le appellanti hanno chiesto, quindi, in via subordinata, la riedizione della gara per l’assegnazione della farmacia, “nel rispetto” dei principi sanciti dalla richiamata sentenza della Corte di Giustizia circa la compatibilità con l’ordinamento comunitario di una prelazione “non incondizionata”.

2.- La sentenza impugnata ha disapplicato la norma di cui all’art. 12 della legge n. 362/1991 per contrarietà con i principi comunitari sulla concorrenza, in conformità alla citata decisione della Corte di giustizia, non essendo il rapporto controverso ancora definito con il giudicato.

La sentenza del giudice comunitario ha dichiarato che «l’art. 49 del TFUE deve essere interpretato nel senso che osta ad una misura nazionale che concede un diritto di prelazione incondizionato in favore dei farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest’ultima mediante gara”.

Il TAR ha ritenuto che, nella specie, il diritto di prelazione avesse natura incondizionata in quanto “ dopo la conclusione della fase economica della selezione, i dipendenti comunali laureati in farmacia e o in C.T.F. non avevano limiti nell’esercizio del diritto di prelazione, se non nel caso previsto dall’avviso di vendita in cui un numero superiore ad uno di essi avesse deciso di esercitarlo;
tuttavia quest’ultima evenienza non ricorre.”.

Ne deriva “la pertinenza alla specie della pronuncia 465/2019 della CGE, e la necessità di non tener conto delle norme interne denunciate.”.

3 .- Il Comune lamenta che erroneamente i principi enunciati dalla Corte di Giustizia sono stati retroattivamente applicati alla vicenda.

Nulla viene detto nella sentenza appellata in merito al rapporto controverso oggetto del giudizio: il Tribunale avrebbe completamente omesso di verificare se, nella fattispecie, l’esercizio della prelazione abbia effettivamente compromesso la “libertà di stabilimento” della dott.ssa M, nei termini prospettati dalla decisione della Corte.

La vertenza aveva carattere puramente “interno”, nel senso che l’esercizio della prelazione da parte delle dott.sse V e S non aveva di fatto compromesso la “ libertà di stabilimento della dott.sa M in qualsiasi Stato membro… e (questa) non ha nemmeno dedotto in giudizio una discriminazione riconducibile al principio di cui all’art. 49 TFUE.”.

Secondo la tesi del Comune, la decisione della Corte di Giustizia ha censurato la prelazione «incondizionata», ovvero legata al fatto che il dipendente potesse esercitarla «senza neppure partecipare a detta procedura », e dunque senza assumere «l’investimento in termini di tempo e di denaro richiesto per la partecipazione a una procedura di gara»;
viceversa, le dott.sse S e V hanno partecipato alla gara, assumendone gli oneri, al pari della ricorrente, ragione per cui, anche da questo punto di vista, la decisione della Corte non avrebbe potuto assumere automatica rilevanza nel giudizio in corso.

L’esigenza di assicurare il principio della libertà di stabilimento, non dovrebbe prescindere dalla considerazione di altri principi fondamentali dell’ordinamento europeo, come la tutela dell’affidamento e la certezza del diritto, che vanno contrapposti alla teorica retroattività che deriva dal carattere interpretativo delle sentenze della Corte.

Infine, il Comune deduce la contraddittorietà delle statuizioni della sentenza in ordine al tema della sorte del contratto.

L’ordinamento non attribuisce alla parte di un accordo, neanche all’Amministrazione, il potere di annullare un contratto di diritto civile;
semmai all’annullamento degli atti della procedura di evidenza pubblica conseguirebbe l’inefficacia del contratto che andrebbe dichiarata dal giudice.

Il Comune invoca, quindi, l’applicazione dell’art. 122 c.p.a..

4.- Col ricorso incidentale, l’originaria ricorrente impugna la sentenza nella parte in cui ha rigettato il primo motivo e assorbito il terzo motivo del ricorso introduttivo, deducendo che le dott.sse S e V non possono vantare alcun interesse alla riedizione della gara, né ad ottenere un nuovo bando che “ne valorizzi l’esperienza professionale pregressa”.

Come evidenziato nel ricorso al TAR, la partecipazione del titolare del diritto al confronto competitivo comporta necessariamente un’implicita rinuncia al diritto di prelazione all’acquisto per il prezzo risultante da una gara, alla quale, invece, il prelazionario non deve partecipare, per preservare il proprio diritto.

In caso contrario, verrebbe attribuito un “cumulo di posizioni” e il riconoscimento di una doppia possibilità di aggiudicazione.

Sulla base di tali argomenti, con il primo motivo di ricorso, la dott.ssa M aveva rilevato anche la sopravvenuta carenza di interesse delle dott.sse S e V all’esercizio del diritto di prelazione.

5.- Il Collegio ritiene che, preliminarmente, vadano esaminati i motivi di appello e del ricorso incidentale del Comune concernenti la tempestività del ricorso introduttivo di primo grado.

Sul punto, il Collegio condivide le considerazioni svolte dal primo giudice.

La clausola sulla prelazione non era immediatamente escludente in quanto gli effetti lesivi della stessa si sarebbero potuti manifestare solo nel caso in cui una prelazione fosse stata concretamente esercitata, ipotesi questa non certa al momento in cui la gara è stata bandita.

Analogamente, la dott.ssa M non veniva lesa immediatamente dalla determina dirigenziale del 31 ottobre 2018, con la quale il Comune ha avviato la procedura per l’esercizio del diritto di prelazione dei dipendenti comunali;
ragion per cui, correttamente, ha atteso l’aggiudicazione e l’avvenuto esercizio della prelazione per proporre il ricorso.

Neppure è decisivo l’argomento secondo cui, a fronte di questione pregiudiziale già pendente alla Corte di Giustizia nel momento della pubblicazione del bando medesimo, l’interesse all’impugnazione sarebbe sorto immediatamente e non all’esito dell’esercizio della prelazione.

La circostanza della pendenza della questione pregiudiziale di interpretazione dinanzi alla Corte di giustizia non modifica i termini della questione: solo l’effettivo esercizio della prelazione è idoneo a determinare la lesione dell’interesse all’aggiudicazione e ad attualizzare l’interesse al ricorso.

Infatti, comportano l'onere dell’immediata impugnazione solo le clausole del bando considerate “immediatamente escludenti”, ovvero solo quelle che con assoluta e oggettiva certezza incidono direttamente sull'interesse dei concorrenti in quanto precludono, per ragioni oggettive e non di normale alea contrattuale, un'utile partecipazione alla gara (Consiglio di Stato, sez. V, 08/01/2021, n.284;
Ad. Plenaria, 26 aprile 2018, n. 4).

Si tratta di clausole riguardanti requisiti di partecipazione ex se ostativi all'ammissione dell'interessato o, al più, di clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, dovendo, invece, le rimanenti clausole essere impugnate insieme all'atto che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (tra le tante, Consiglio di Stato sez. V, 12/04/2019, n.2387;
sez. VI, 07/03/2018, n.1469;
sez. IV, 11/10/2016, n.4180).

5.1.- L’appello principale e gli altri motivi di ricorso incidentale sollevati dal Comune vertono essenzialmente sulla questione, prioritaria in ordine logico, concernente l’applicabilità della sentenza della Corte di Giustizia europea al caso di specie.

5.2.- Il Collegio osserva, innanzitutto che l’art. 12, comma 2, della legge n. 362/1991 dispone che, in caso di trasferimento della titolarità di farmacie in gestione comunale, i dipendenti hanno diritto di prelazione, ricorrendo determinati requisiti indicati dall’art. 7.

La norma introduce un vantaggio per il farmacista dipendente comunale ad essere preferito ad altri, a parità di condizioni da questi offerte, nell’assegnazione della titolarità della farmacia, subentrando nella posizione del soggetto che tale titolarità acquisisce in esito al confronto competitivo, sulla base della presunzione legale assoluta che l’esperienza professionale acquisita alle dipendenze della farmacia comunale garantisca un migliore assolvimento del servizio nell’interesse pubblico alla salute.

Con la sentenza n. 465/2019, la Corte Europea ha esaminato la questione di compatibilità della norma con riferimento all’articolo 49 TFUE, che tutela la libertà di stabilimento all’interno della Comunità europea, ed ha ritenuto che la norma del Trattato deve essere interpretata nel senso che osta ad una misura nazionale che concede un diritto di prelazione “incondizionato”, qual è quello contemplato dal citato art. 12 della L. n. 362/1991.

La Corte ha rilevato l’ammissibilità della questione interpretativa, sebbene tutti gli elementi della controversia portata al suo esame fossero circoscritti all’interno di un unico Stato membro, poiché non si può escludere che tale normativa, applicabile indistintamente ai cittadini nazionali come a quelli di altri Stati membri, possa produrre effetti che non sono limitati solo all’Italia.

Nella specie, ha rilevato anche che, se per il valore della farmacia la gara presenta un interesse transfrontaliero, è sicuramente decisiva e rilevante la questione interpretativa pregiudiziale.

La Corte ha considerato che “il diritto di prelazione incondizionato concesso ai farmacisti dipendenti di una farmacia comunale in caso di cessione di quest'ultima mediante gara, nella misura in cui è diretto ad assicurare una migliore gestione del servizio farmaceutico - supponendo che effettivamente persegua un obiettivo concernente la tutela della salute - non è idoneo a garantire la realizzazione di tale obiettivo e, in ogni caso, va oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso”.

Pertanto, tenuto conto dell’investimento in termini di tempo e di denaro richiesto dalla partecipazione a una procedura di gara, la prelazione così formulata è idonea a dissuadere i farmacisti provenienti da altri Stati membri dal partecipare alla procedura di evidenza pubblica.

La Corte ha, nel contempo, affermato però che, come rilevato dal giudice remittente, “l’obiettivo di valorizzazione dell'esperienza professionale può essere raggiunto mediante misure meno restrittive, come l'attribuzione di punteggi premiali, nell'ambito della procedura di gara, in favore dei partecipanti che apportino la prova di un'esperienza nella gestione di una farmacia”.

La pronuncia della Corte di Giustizia, come meglio si dirà di seguito, comporta l’obbligo di disapplicazione della norma incompatibile col Trattato non solo per il giudice a quo, ma per ogni altro giudice e per la pubblica amministrazione, posto che le sentenze della Corte di Giustizia vengono equiparate dalla giurisprudenza alle norme vigenti.

5.3.- Questo punto fondamentale, concernente l’efficacia delle pronunce della Corte di Giustizia, come meglio si dirà, conduce il Collegio ad escludere la fondatezza delle affermazioni delle appellanti secondo cui il disciplinare di gara non poteva ignorare l’esistenza dell’art. 12 della legge n. 362/1991 al momento della sua indizione, in quanto ancora vigente e applicabile nel nostro ordinamento, e che l’assegnazione della farmacia, mero atto applicativo della lex di gara, rimarrebbe disciplinata dalla norma in questione.

Neppure può convenirsi con le appellanti sull’affermazione che la pronuncia della Corte di Giustizia, in quanto intervenuta tra altre parti, non sarebbe vincolante in questo giudizio.

Il profilo fondamentale che va considerato, infatti, è che a differenza di quanto avviene per le pronunce di altro giudice interno (salvo che per le pronunce della Corte Costituzionale), le quali non producono un vincolo al rispetto del “precedente”, viceversa, per quanto riguarda le sentenze della Corte di Giustizia, la Corte costituzionale parla di “efficacia diretta” e di “immediata operatività”, utilizzando quindi la stessa terminologia con cui si riferisce alle fonti legislative comunitarie (Trattati, regolamenti e direttive) e la Corte di Cassazione e la Corte dei Conti non esitano a parlare di “valore normativo” delle sentenze della Corte di Giustizia europea (Corte Cost., Corte Cost., ord. 29 dicembre 1995, n. 536;
23 aprile 1985, n. 113;
8 giugno 1984, n. 170;
Cass., sez. I, 28 marzo 1997, n. 2787 Cass., SS.UU., 24 maggio 2007, n. 12067;
Corte Conti, sez. contr., 5 novembre 1991, n. 105).

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato afferma inequivocabilmente che “le sentenze pregiudiziali interpretative della Corte di Giustizia hanno la stessa efficacia vincolante delle disposizioni interpretate: la decisione della Corte resa in sede di rinvio pregiudiziale, dunque, oltre a vincolare il giudice che ha sollevato la questione, spiega i propri effetti anche rispetto a qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione della medesima disposizione di diritto.”( Consiglio di Stato Ad. Plen., 09/06/2016, n.11;
in tal senso è costante la giurisprudenza comunitaria: cfr. cfr. Corte Giust., 3 febbraio 1977, in causa C-52/76, Benedetti c. Munari F.lli sas, in Racc. 1977, 163 e 5 marzo 1986, in causa 69/85, Wünsche Handelgesellschaft Gmbh&
Co. c. Repubblica Federale della Germania, in Racc., 1986, 947).

La sentenza interpretativa della Corte di Giustizia emessa a seguito di rinvio pregiudiziale è equiparabile ad una sopravvenienza normativa, la quale, incidendo su un procedimento ancora in corso di svolgimento e su un interesse non coperto dal giudicato, è idonea a determinare non un conflitto ma una successione cronologica di regole che disciplinano la medesima situazione giuridica (Consiglio di Stato Ad. Plen. n. 11/2006).

In ossequio al principio di supremazia del diritto comunitario, riconosciuto da tutti gli Stati membri, con perdita a favore delle istituzioni comunitarie della propria sovranità legislativa, le sentenze della Corte di giustizia hanno effetti vincolanti per i giudici nazionali chiamati a pronunziarsi sulle singole fattispecie, recando norme integrative dell'ordinamento comunitario (Consiglio di Stato sez. III, 16/6/2015 n. 3027).

Il Collegio osserva, inoltre, che l'interpretazione del diritto comunitario adottata dalla Corte di Giustizia, l'unica Autorità giudiziaria deputata all'interpretazione delle norme comunitarie, ha efficacia non solo vincolante, ma anche "ultra partes", in quanto indica il significato ed i limiti di applicazione del diritto comunitario, sicché alle sentenze dalla stessa rese va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, con efficacia "erga omnes" nell'ambito della Comunità (Cass., 8 febbraio 2016, n.2468;
Cass. n. 17994/15; Cass. n. 1917/12; Cass. n. 4466/05; Cass. n. 857/95;
Cass. sez. trib. 11/12/2012, n.22577).

Le sentenze della Corte di Giustizia chiariscono e precisano il significato e la portata di una norma di diritto Ue sin dalla sua entrata in vigore;
da qui ne discende l'efficacia retroattiva e l’obbligo per il giudice di applicarla anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa, con il solo limite della intangibilità dei cd. rapporti esauriti, ipotizzabile allorché una qualsiasi situazione o rapporto giuridico diviene irretrattabile in presenza di determinati eventi, quali lo spirare di termini di prescrizione o decadenza, l'intervento di una sentenza passata in giudicato, o altri motivi previsti dalla legge, trattandosi di istituti posti a tutela del fondamentale principio, di preminente interesse costituzionale, della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche (Cass., sez. trib., 26/7/2019 n. 20342).

5.4.- La decisione della Corte si attaglia al caso in esame, in quanto la gara bandita dal Comune di Albenga presenta un valore tale da rivelare un carattere transfrontaliero (l’importo a base d’asta era pari a € 939.000,00) e sebbene nessun concorrente estero abbia presentato un’offerta, ben può configurarsi l’ipotesi considerata dalla Corte che l’esistenza del diritto di prelazione, così come previsto dalla norma interna censurata, abbia scoraggiato la partecipazione di concorrenti di altri Paesi europei e leso un diritto fondamentale tutelato dal Trattato.

5.5.- Non è rilevante la considerazione del diverso svolgimento della gara e del diverso quadro normativo su cui la Corte si è pronunciata, segnalata dalle appellanti.

Sostengono le appellanti che l’assegnataria della farmacia del Comune di Bernareggio nel caso esaminato dalla Corte di Giustizia, non aveva partecipato alla gara, a differenza delle dott.sse S e V che avevano presentato valida offerta, dimostrando in modo inequivoco il loro interesse alla acquisizione della farmacia (oltre che prestando acquiescenza alle disposizioni previste nel bando, ivi inclusa la prelazione).

Inoltre, vi sarebbe profonda diversità del contesto normativo nel quale si è svolta la gara per l’aggiudicazione della farmacia comunale di Albenga.

La questione pregiudiziale sollevata nella vicenda relativa alla cessione della farmacia comunale del Comune di Bernareggio evidenziava il fatto che l’essere farmacista dipendente non fosse in automatico indice di maggiore professionalità in un contesto professionale altamente qualificato, nel quale il trasferimento di farmacia poteva aver luogo solamente in favore di farmacisti, avente i requisiti di idoneità alla titolarità previsti dall’art. 12 l. n. 475/1968.

Per questo non vi era certezza che la pregressa esperienza lavorativa presso la farmacia comunale fosse indice di conduzione positiva dell’esercizio farmaceutico, non potendo pertanto costituire un apprezzabile titolo preferenziale.

Al contrario, oggi il vincolo dell’idoneità alla titolarità di farmacia è venuto meno per effetto della l. n. 124/2017 che ha esteso alle società di capitali e, quindi, anche a non farmacisti la possibilità di acquisire la titolarità delle farmacie e questo profilo, secondo le appellanti, deve essere necessariamente tenuto in considerazione, essendo evidente che il dipendente di farmacia comunale vanta certamente una maggiore esperienza rispetto ad un investitore privato, si da giustificare nell’interesse pubblico la previsione di una prelazione incondizionata.

Sul punto, deve rilevarsi, innanzitutto, che la decisione della Corte di Giustizia non esclude la rilevanza dell’interesse pubblico ad una gestione della farmacia che sia professionalmente garantita al meglio anche attraverso la valorizzazione della professionalità acquisita dal farmacista comunale, tanto che, anche nel precedente quadro normativo, riconosce la compatibilità col diritto comunitario, proprio in ragione dell’interesse pubblico alla salute, di una forma di prelazione che non sia “incondizionata” e frutto di una presunzione assoluta.

In tal senso, la Corte ammette che una prelazione possa essere prevista, purché in forme compatibili con la tutela di tutti gli interessi in gioco, per es. sotto forma di premialità aggiuntive attribuite in gara ai farmacisti che siano concretamente in grado di fornire prova di maggiore competenza professionale.

Nell’attuale mutato quadro normativo, peraltro, che consente la titolarità anche a società di capitali, il fatto che la farmacia debba comunque essere gestita da un direttore farmacista, non muta la configurazione dell’interesse pubblico a che sia garantito lo svolgimento del servizio pubblico da parte della migliore professionalità, da valutarsi in concreto, e che tale scopo possa essere realizzato attribuendo importanza, ora come allora, alla circostanza che chi esercita la prelazione abbia in concreto i titoli per essere preferito.

Pertanto non sembra che il mutamento del quadro normativo assuma significativa rilevanza al fine di sollevare nuovamente una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia.

5.6.- Infine, quanto al rilievo che l’estensione dell’efficacia della sentenza della Corte di Giustizia ai rapporti pregressi non possa avvenire in violazione del principio fondamentale della tutela dell’affidamento e della certezza del diritto, il Collegio osserva, innanzitutto, come già rilevato, che la pronuncia della Corte ha efficacia retroattiva e determina il venir meno della norma incompatibile sin dall’origine.

Sicchè, sebbene nell’arco del tempo si possano essere instaurate posizioni di affidamento e di buona fede, l’affidamento non è invocabile in giudizio rispetto a norme dichiarate incompatibili con l’ordinamento a seguito di un giudizio di compatibilità comunitaria della norma interna (così come avviene per i giudizi di costituzionalità), pena l’obliterazione della preminenza del fondamentale principio di ordine pubblico che vuole regolati i rapporti da norme vigenti immuni dal contrasto con norme sovraordinate fondamentali, quali quelle dettate dalla Costituzione e dall’Ordinamento comunitario, secondo i principi che regolano le fonti del diritto.

L’efficacia retroattiva della sentenza potrebbe, semmai, essere esclusa dalla stessa Corte che decida eccezionalmente di limitare "ex nunc" gli effetti della propria decisione, con la finalità di fare salvi, e, dunque, di non rimettere in discussione i rapporti giuridici costituiti in buona fede, nonché di salvaguardare il principio della certezza del diritto (Cass. 11/12/2012, n. 22577).

Nella giurisprudenza della Corte di giustizia la limitazione degli effetti temporali di un'interpretazione: 1) ha carattere dichiaratamente eccezionale (Corte di giustizia UE 12.2.2000, causa C-372/98, punto 42);
2) necessita che siano soddisfatti due criteri essenziali, e cioè la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti (Corte di giustizia UE 23.5.2000, causa C-104/98, Buchner e a., punto 39;
28.9.1994, causa C-57/93, Vroege, punto 21);
3) soprattutto, può essere ammessa solo nella sentenza stessa che statuisce sull'interpretazione richiesta (Corte di Giustizia UE 28.9.1994, causa C-57/93, Vroege, punto 31;
16.7.1992, causa C-163/90, Legros e a., punto 30).

Sicchè, nel caso in esame, deve farsi applicazione retroattiva della richiamata pronuncia della Corte, in mancanza di diverse statuizioni contenute nella stessa sentenza.

5.7. – Vanno, infine, rigettati per carenza di interesse i motivi del ricorso incidentale proposto dalla dott.ssa M, concernenti la non sussistenza in capo alle appellanti della titolarità del diritto di prelazione e la conservazione dello stesso nonostante la partecipazione alla gara, dovendosi ritenere, a suo avviso, che il prelazionario deve essere “un soggetto estraneo” alla gara.

La ricorrente incidentale ha, in effetti, per scrupolo difensivo riproposto la censura affermando che dovrà essere oggetto di disamina nella denegata e non sperata ipotesi in cui il Collegio dovesse condividere la tesi (prospettata dalle appellanti) della non immediata applicabilità della decisione della Corte di Giustizia.

6. - Va precisato, in conclusione, che il rigetto dell’appello in applicazione della sentenza della Corte di Giustizia comporta l’annullamento degli atti di assegnazione della farmacia alle appellanti per effetto dell’esercitato diritto di prelazione, ma non necessariamente l’assegnazione diretta della farmacia alla dott.ssa M, come erroneamente statuito dai giudici di primo grado.

Ad avviso del Collegio, alla luce delle argomentazioni rese dai giudici europei, la disapplicazione dell’art. 12 l. n. 362/1991 nell’attuale formulazione, o meglio l’interpretazione della norma che ne ha fornito la Corte di Giustizia nel senso che legittima la previsione di forme di prelazione “non incondizionata”, che ben possono essere rimesse alla discrezionalità dell’Amministrazione, deve condurre alla ripetizione della gara, con la previsione di un diritto di prelazione compatibile con l’art. 49 del Trattato.

L’attribuzione di punteggi premiali in gara, in favore dei dipendenti di farmacia comunale, cui la stessa sentenza della Corte di Giustizia riconosce espressamente “meritevolezza” come proporzionato mezzo di “valorizzazione” delle competenze acquisite, potrebbe rappresentare il mezzo idoneo, nel contemperamento degli interessi, alla soddisfazione dell’interesse pubblico alla salute.

7.- In conclusione, l’appello va respinto e, per effetto, va confermato l’annullamento della determinazione del Comune di Albenga n. 3096 del 2018, contenente l’aggiudicazione definitiva dell’esercizio in favore delle odierne appellanti.

7.1.- Ai sensi dell’art. 122 c.p.a., va, infine, dichiarata l’inefficacia del contratto (nel quale non potrebbe subentrare la ricorrente vittoriosa in primo grado), che la giurisprudenza ritiene obbligatoria allorchè il vizio riscontrato comporta il rinnovo della gara, secondo l’inciso contenuto nella parte finale della norma stessa ( Consiglio di Stato Ad. Plen. n. 13 del 28.7.2011;
IV sez., 21.3.2016, n. 1126).

Invero, l'inefficacia del contratto non è conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, ma costituisce oggetto di una specifica pronuncia giurisdizionale;
innovazione, questa, significativa rispetto alla logica sequenza procedimentale che vede la privazione degli effetti del contratto strettamente connessa all'annullamento dell'aggiudicazione, e da questa dipendente, anche nella prospettiva delle esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele ai fini della loro effettività (Cons. Stato, sez. III, 17/10/2017, n.4797 e 01/04/2016, n. 1308;
VI, 12 dicembre 2012, n. 6374;
sez. III, 25 giugno 2013, n. 3437;
sez. V, 26 settembre 2013, n. 4752).

7.2.- Infine, va ribadito che, a differenza di quanto statuito dal primo giudice, il Comune dovrà rinnovare la gara per la cessione della farmacia, nel rispetto delle statuizioni della Corte di Giustizia richiamate al punto 6.

8.- Le spese del presente grado di giudizio, in considerazione della particolarità della vicenda, vanno compensate tra le parti.

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