Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-07-13, n. 202105297
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Pubblicato il 13/07/2021
N. 05297/2021REG.PROV.COLL.
N. 00264/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 264 del 2021, proposto da
M M e P T, rappresentati e difesi dall'avvocato V S, con domicilio digitale di pec come da registri di giustizia;
contro
Ministero dell'Istruzione e Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, (Sezione Terza) n. 10218/2020, resa tra le parti, concernente ottemperanza della sentenza n. 10905/2018.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Cons. Alessandro Maggio nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2021 svoltasi ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I sig.ri M M e P T, ambedue insegnanti, hanno impugnato, davanti al T.A.R. Lazio – Roma, unitamente a numerosissimi altri docenti, il Decreto del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca 19/6/2018, n. 506, nella parte in cui preclude il reinserimento nelle graduatorie a esaurimento (GAE) di coloro i quali, già iscritti in passato, ne sono stati cancellati per la mancata presentazione della domanda di permanenza in occasione di un precedente aggiornamento.
L’adito Tribunale con sentenza 13/11/2018, n. 10905, ha accolto
il ricorso, annullando gli atti e i provvedimenti impugnati e disponendo l’inserimento dei ricorrenti nelle GAE.
Stante l’inerzia dell’amministrazione nel dare esecuzione alla sentenza i sig.ri M e T, previa diffida rimasta inevasa, hanno proposto ricorso in ottemperanza.
Con ordinanza 30/4/2020 n. 4458 il Tribunale ha ravvisato “ la necessità di ottenere chiarimenti dalle parti del giudizio in ordine alla posizione di parte ricorrente e, in particolare, se la stessa anteriormente alla sentenza oggetto di ottemperanza è stata depennata dalle graduatorie ovvero non era inserita nelle stesse graduatorie anteriormente alla medesima sentenza (e, quindi, la sua posizione consiste in un inserimento e non in un reinserimento) ”.
In esecuzione dell’incombete i sig.ri M e T hanno depositato il ricorso da cui è scaturita la sentenza da ottemperare dal quale emergerebbe la loro situazione di docenti depennati dalle GAE.
Giudicando la situazione ancora incerta il Tribunale ha sottoposto la questione al contraddittorio tra le parti ai sensi dell’art. 73 c.p.a. (ordinanza 8/6/2020, n. 6166).
Acquisita la memoria dei ricorrenti, nella quale costoro hanno ribadito la propria posizione di depennati, il Tribunale ha emesso la sentenza 8/10/2020, n. 10218, con cui ha dichiarato il ricorso improcedibile in quanto “ L’unico reinserimento dovuto, sulla base della sentenza in oggetto, è quindi quello dei depennati, mentre l’amministrazione è chiaramente libera di valutare la mancanza di presupposti o condizioni di iscrizione dei ricorrenti differenti da quelle espressamente descritte nella sentenza. Nel caso di specie, il ricorrente non risulta essere un depennato sulla base del provvedimento impugnato, nel quale si precisa che la ricorrente non risulta essere mai stata inserita nelle Gae di alcuna provincia e che pertanto si tratta di un nuovo inserimento e non di un docente depennato ”.
Avverso la sentenza i sig.ri M e T hanno proposto appello.
Alla camera di consiglio telematica del 1/7/2021 la causa è passata in decisione.
Con un unico motivo gli appellanti lamentano che il giudice di prime cure avrebbe:
a) erroneamente valutato il materiale probatorio disponibile atteso che egli avrebbe tratto la convinzione che i ricorrenti non fossero mai stati inseriti nelle GAE dal provvedimento impugnato, benché nel giudizio di ottemperanza non risulti prodotto alcun provvedimento, né a quest’ultimo si farebbe cenno nelle ordinanze istruttorie emesse nel corso del medesimo giudizio;
b) esorbitato dai propri poteri, avendo posto a fondamento della decisione una questione (quella relativa alla situazione di depennati dei ricorrenti) già coperta dal giudicato della sentenza da ottemperare, e sulla quale, pertanto, non sarebbe stato consentito ritornare.
La doglianza è infondata.
Occorre premettere che, in virtù dell’effetto devolutivo dell’appello, eventuali errori compiuti dal giudice di prime cure nel motivare la sentenza possono essere corretti dal giudice di secondo grado senza conseguenze invalidanti sulla sentenza gravata.
Per cui, la circostanza che il Tribunale abbia tratto la convinzione che gli istanti non rientrassero nella categoria dei depennati dalle GAE dal provvedimento impugnato, che sul punto nulla dice, non vizia la pronuncia e la relativa censura resta assorbita dal suddetto effetto devolutivo.
Diversamente da quanto parte appellante deduce il Tribunale non ha nemmeno esorbitato dai propri poteri.
Come più sopra anticipato, costituiva oggetto del ricorso definito con la sentenza 10905/2018, il D.M. n. 506/2018, nella parte in cui precludeva il reinserimento nelle GAE di coloro i quali, già iscritti in passato, ne erano stati cancellati per la mancata presentazione della domanda di permanenza in occasione di un precedente aggiornamento.
Con l’appellata sentenza il Tribunale ha accolto il gravame, e per l’effetto ha annullato l’atto impugnato e disposto l’inserimento dei ricorrenti nelle graduatorie di merito, sulla base della seguente motivazione:
“ non è corretto ritenere che dalla trasformazione delle graduatorie permanenti in G.A.E. discenda la preclusione del reinserimento nelle stesse di coloro i quali, già iscritti in passato, ne sono stati cancellati per la mancata presentazione della domanda di permanenza in occasione di un aggiornamento precedente a quello per cui viene presentata istanza di reinserimento (Sez. VI, n. 3323 del 2017). La domanda di reinserimento è
fatta espressamente fatta salva dall’art. 1, comma 1-bis, della legge n. 143 del 2004 ‒ secondo cui: «dall’anno scolastico 2005-2006, la permanenza dei docenti nelle graduatorie permanenti di cui all’articolo 401 del testo unico avviene su domanda dell’interessato, da presentarsi entro il termine fissato per l’aggiornamento della graduatoria con apposito decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca. La mancata
presentazione della domanda comporta la cancellazione dalla graduatoria per gli anni scolastici successivi. A domanda dell’interessato, da presentarsi entro il medesimo termine, è consentito il reinserimento nella graduatoria, con il recupero del punteggio maturato all’atto della cancellazione» ‒, sempreché ovviamente la sua presentazione sia tempestiva (aspetto che qui non viene in discussione).
È vero che la mancata presentazione della domanda in occasione degli aggiornamenti delle graduatorie per il personale docente comporta, testualmente, sulla base di ciò che dispone l’art 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 97 del 2004, la cancellazione dalle G.A.E.
Nondimeno, tale conseguenza non è assoluta bensì temperata dalla riconosciuta possibilità di domandare, in occasione degli aggiornamenti successivi a quello in cui è stato disposto il depennamento ed entro il termine previsto per l’aggiornamento stesso, il reinserimento. Non
a caso l’interessato, una volta reinserito, recupera il «punteggio conseguito all’atto della cancellazione».
Tale impostazione ermeneutica non contrasta con la qualificazione “a esaurimento” delle graduatorie stesse, dal momento che il re-ingresso in graduatoria è permesso soltanto a coloro i quali già facevano parte delle graduatorie, pur essendone stati cancellati in occasione di un aggiornamento pregresso, e non anche a chi non abbia mai fatto parte di tale graduatoria, atteso che gli inserimenti “ex novo” sono da ritenersi ammessi solo nei casi particolari previsti dalla legge (e che qui non assumono rilievo). Se infatti la qualificazione “a esaurimento” comporta, al fine di contrastare il fenomeno del lavoro precario nella scuola, una chiusura all’inserimento di nuovi soggetti non inseriti in precedenza nelle graduatorie permanenti, la qualifica di “nuovo inserimento” non si concilia con la posizione del docente a suo tempo già inserito ma poi depennato e che chieda di essere reinserito nella graduatoria divenuta G.A.E., in una situazione nella quale il depennamento definitivo, lungi dal comportare una stabilizzazione lavorativa preclude invece la possibilità di un’occupazione, ancorché precaria ”.
Orbene, alla luce della trascritta motivazione, non può sussistere alcun dubbio circa il fatto che l’effetto conformativo nascente dal giudicato implicasse unicamente il dovere per l’amministrazione di reinserire nelle GAE, non già sic et simpliciter tutti i ricorrenti, bensì soltanto coloro i quali, già iscritti nelle stesse, ne fossero stati successivamente esclusi per non aver presentato domanda di permanenza in occasione di un precedente aggiornamento.
E’ pacifico, infatti, che contenuti e limiti dell’effetto conformativo della sentenza emessa dal giudice amministrativo debbano trarsi dalla motivazione posta a corredo della stessa (Cons. Stato, Sez. III, 10/9/2014, n. 4604;Sez. IV, 11/11/2014, n. 5513).
Per potersi giovare degli effetti del giudicato i ricorrenti avrebbero, allora, dovuto dimostrare di trovarsi nella condizione di docenti depennati dalle GAE, ma tale prova, nonostante il disposto incombente istruttorio con cui gli era stato specificamente chiesto di comprovare il dato, non è stata fornita.
Il descritto onere probatorio assumeva nella concreta fattispecie una particolare rilevanza tenuto conto del fatto che il ricorso definito con la sentenza da ottemperare era stato proposto da numerosissimi ricorrenti senza che ne risultassero differenziate le rispettive posizioni e, quindi, in contrasto col dovere di chiarezza di cui all’art. 3, comma 2, c.p.a.
Correttamente, quindi, il Tribunale ha respinto la domanda di esecuzione.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La mancata costituzione in giudizio dell’amministrazione appellata esonera il Collegio da ogni statuizione sulle spese.