Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-11-17, n. 202007153

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-11-17, n. 202007153
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202007153
Data del deposito : 17 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/11/2020

N. 07153/2020REG.PROV.COLL.

N. 07849/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7849 del 2019, proposto da
Autorita' per Le Garanzie Nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Soc. La Television Broadcasting System S.p.A. non costituito in giudizio;
S.R.L. Tbs (Già S.p.A. Tbs), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G B, M I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G B in Roma, via Panama,77;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 06511/2019, resa tra le parti, concernente per l’annullamento e la riforma della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione III ter, 27 maggio 2019 n.6511, resa fra le parti, che ha accolto il ricorso n9951/2009 R.G., proposto per l’annullamento:a) della deliberazione 9 luglio 2009 n. 385/09/CSP, notificata il giorno 4 settembre 2009, con la quale l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - AGCOM ha ordinato alla TBS S.p.a. quale gerente della rete televisiva Retecapri il pagamento di una sanzione amministrativa di euro 50.000 per la violazione dell’art. 1, comma 26, della l. 23 dicembre 1996, n. 650, per aver messo in onda immagini e scritte pubblicitarie a contenuto erotico in un programma promozionale di servizi telefonici, in data 18 luglio 2008 e di tutti gli altri atti ad essa connessi e consequenziali, in particolare:b) della contestazione n. 178/08/DICAM, notificata il giorno 24 dicembre 2008;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di S.R.L. Tbs (Già S.p.A. Tbs);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2020 il Cons. D P. L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, decreto-legge 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, co.2, del decreto-legge 137 del 28 ottobre 2020 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’ordinanza di cui alla delibera n. 385/09/CONS, notificata in data 9 settembre 2009 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ingiungeva alla società originaria ricorrente il pagamento della sanzione amministrativa di euro 50.000,00 e di tutti gli altri atti ad essa connessi e consequenziali, e in particolare la contestazione n. 178/08/DICAM notificata in data 24 dicembre 2008.

In particolare, oggetto di contestazione era "la messa in onda, sugli schermi di Retecapri in data 18 luglio 2008 sulle sole frequenze del canale CH 53/UHF operante in località Maiella (CH) un presunto ''programma promozionale di servizi telefonici recante l'immagine fissa di una ragazza a seno scoperto con scritte pubblicitarie in sovrimpressione aventi contenuto erotico".

Con la sentenza oggetto del presente gravame il Tar Lazio accoglieva il ricorso proposto dalla stessa società odierna appellata, annullando la sanzione irrogata;
in particolare venivano reputate fondata la censura dedotta in termini di illegittimità del provvedimento impugnato per tardività della conclusione del procedimento.

Avverso tale sentenza l’Autorità propone l’appello in esame, deducendo i seguenti motivi:

- error in iudicando, erroneità, illogicità e contraddittorietà della sentenza, violazione degli artt. 5 e 6 della delibera 136/06/CONS recante il regolamento in materia di procedure sanzionatorie.

La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo le censure di prime cure.

Con ordinanza n. 5635 del 2019 veniva respinta la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2020 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

2. Va premesso, come ancora evidenziato di recente dalla sezione (cfr. ad es. sentenza n. 512 del 2020), che le norme di principio, relative ad una immediatezza della contestazione o comunque ad una non irragionevole dilatazione dei suoi tempi, contenute nel Capo I della legge 24 novembre 1981 n. 689, sono dotate di applicazione generale dal momento che, in base all’art. 12, le stesse devono essere osservate con riguardo a tutte le violazioni aventi natura amministrativa per le quali è applicata la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di danaro.

2.1 L’intento del Legislatore è stato quello di assoggettare ad un statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative, sia che siano attinenti a reati depenalizzati sia che conseguano ad illeciti qualificati “ab origine” come amministrativi, con la sola eccezione delle violazioni disciplinari e di quelle comportanti sanzioni non pecuniarie. La preventiva comunicazione e descrizione sommaria del fatto contestato con l’indicazione delle circostanze di tempo e di luogo (idonee ad assicurare, già nella fase del procedimento amministrativo anteriore all’emissione dell’ordinanza-ingiunzione, la tempestiva difesa dell'interessato), attiene ai principi del contraddittorio ed è garantito dalla legge 689 del 1981, attraverso la prescrizione di una tempestiva contestazione la cui l’osservanza è assicurata mediante la previsione espressa dell’inapplicabilità della sanzione.

2.2 Il termine per la contestazione delle violazioni amministrative ha infatti pacificamente natura perentoria avendo la precisa funzione di garanzia di consentire un tempestivo esercizio del diritto di difesa.

L’ampia portata precettiva è esclusa soltanto dalla presenza di una diversa regolamentazione da parte di fonte normativa, pari ordinata, che per il suo carattere di specialità si configuri idonea ad introdurre deroga alla norma generale e di principio.

2.3 Analoghe considerazioni non possono che essere estese con riferimento al termine di durata del procedimento sanzionatorio ed in particolari alle relative regole procedurali.

Il Collegio condivide la posizione della prevalente giurisprudenza amministrativa, orientata nel senso che, in materia di sanzioni amministrative, il termine fissato per l’adozione del provvedimento finale abbia natura perentoria, a prescindere da una espressa qualificazione in tal senso nella legge o nel regolamento che lo preveda. La giurisprudenza del giudice ordinario formatasi in tema di sanzioni irrogate ai sensi della legge n. 689 del 1981 si è orientata nel senso di ritenere perentorio il termine fissato dall’art. 18 all’autorità competente per l’adozione della ordinanza-ingiunzione, dopo che le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno rilevato il carattere perentorio o comunque la natura decadenziale del termine fissato all’autorità amministrativa per l’adozione del provvedimento sanzionatorio conclusivo (cfr. in termini ad es. Consiglio di Stato , sez. VI , 23/03/2016 , n. 1199).

3. Ebbene, con specifico riferimento alla disciplina della potestà sanzionatoria dell’Autorità odierna parte appellante non emergono le condizioni per derogare al sistema di repressione degli illeciti amministrativi per mezzo di sanzione pecuniaria ivi delineato, quantomeno con riferimento ai principi fondamentali.

Tale interpretazione è preferibile anche in quanto orientata dalla sicura ascendenza costituzionale del principio di tempestività della contestazione, posto a tutela del diritto di difesa.

3.1 In relazione alla disciplina in materia dettata dalla stessa Autorità, vanno condivise le ricostruzioni formulate dalla sentenza impugnata. Al riguardo, è noto che la delibera Agcom n. 136/06, recante Regolamento in materia di procedure sanzionatorie (modificato con le delibere n. 173/07/CONS e n. 54/08 /CONS), dispone: all’art. 5, comma 2, che “L'atto deve altresì contenere l'indicazione dei termini di conclusione del procedimento sanzionatorio decorrenti dalla notifica dell'atto di contestazione. L'atto di contestazione deve essere notificato al trasgressore, entro novanta giorni dal completo accertamento del fatto ai sensi dell'art. 4, comma 6, con le modalità di cui all'art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689”;
all’art. 6 che: “il termine per l'adozione del provvedimento finale è di 150 giorni decorrenti dalla data di notifica della contestazione di cui all'articolo 5” (comma 1);
“Entro il termine di 120 giorni il responsabile del procedimento conclude l'attività istruttoria relativa ai fatti oggetto di contestazione e trasmette gli atti di cui al successivo art. 10, comma 1, all'organo collegiale competente per l'irrogazione della sanzione” (comma 2);
all’art. 10 che: “Il direttore trasmette all'organo collegiale competente per l'irrogazione della sanzione la proposta di schema di provvedimento unitamente alla dettagliata relazione relativa all'istruttoria redatta dal responsabile del procedimento” (comma 1);
“l'organo collegiale, esaminata la relazione e valutata la proposta di provvedimento, adotta il provvedimento sanzionatorio previsto ovvero dispone l'archiviazione del procedimento” (comma 2);
“Il provvedimento sanzionatorio, adeguatamente motivato, deve contenere l'espressa indicazione del termine per ricorrere e dell'autorità giurisdizionale a cui è possibile proporre ricorso e deve essere notificato, a cura del responsabile del procedimento, ai soggetti destinatari con le forme di cui all'art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689” (comma 4).

Dal quadro normativo sin qui esposto, interpretato alla luce dei suddetti principi di cui alla legge 689 cit. e l. 241 del 1990 (, in specie ex art. 21 bis, su cui infra), si ricava, dunque, in primo luogo che l’atto di contestazione deve essere notificato nel termine di 90 giorni dall’accertamento della violazione, ed in secondo luogo che, entro il termine di 150 giorni dalla notifica della contestazione degli addebiti, va altresì notificato l'atto sanzionatorio eventualmente adottato.

3.2 Correttamente, sulla scorta delle indicazioni di principio sopra richiamate, il Giudice di prime cure ha reputato che tali termini – in quanto riferiti allo svolgimento di procedure sanzionatorie – devono considerarsi perentori, posto che, altrimenti, il privato si troverebbe esposto ad un potere sanzionatorio sine die, in contrasto con i principi di buon andamento dell’azione amministrativa e di affidamento.

3.3 Su queste basi, deve però precisarsi che, secondo la stessa giurisprudenza della Sezione, il decorso del termine massimo del procedimento va collegato, come dettato in via legislativa e di principio a dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981, non già alla data di commissione della violazione, bensì al tempo di accertamento dell’infrazione. Si fa riferimento non alla mera notizia del fatto ipoteticamente sanzionabile nella sua materialità, ma all’acquisizione della piena conoscenza della condotta illecita implicante il riscontro (allo scopo di una corretta formulazione della contestazione) della sussistenza e della consistenza dell’infrazione e dei suoi effetti.

Ne discende la non computabilità del periodo ragionevolmente occorso, in relazione alla complessità delle singole fattispecie, ai fini dell’acquisizione e della delibazione degli elementi necessari per una matura e legittima formulazione della contestazione.

3.4 In termini di inquadramento, nel contesto dei principi sin qui richiamati l’art. 14 assume i contorni di un principio generale che impone la tempestività della contestazione, senza una formale né concreta distinzione fra attività istruttoria e pre-istruttoria.

Altrimenti opinando, in assenza di una tale formale distinzione fra istruttoria e pre-istruttoria, la formalizzazione della stessa in via di mera prassi rischierebbe di costituire unicamente una forma di aggiramento degli obblighi dettati dal legislatore, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, fra il perseguimento degli interessi connessi all’applicazione delle sanzioni in gioco e la tutela del diritto di difesa.

4. Anche applicando tali coordinate ermeneutiche la fattispecie non trova soluzione diversa da quanto delibato dal Giudice di prime cure.

Nel caso di specie, infatti, la contestazione risultava riferita alla condotta irregolare rilevata sulla scorta dell’acquisizione dei supporti audiovisivi. Né può rilevare una autonoma determinazione di sospensione del termine perentorio per presunti approfondimenti procedimentali, invocata in appello, peraltro neppure riferita direttamente al procedimento in questione.

Risulta quindi confermato il mancato rispetto del termine di 150 giorni perché la contestazione risale al 24 dicembre 2008, mentre l’ordinanza ingiunzione risulta emessa il 9 luglio 2009 e notificata il 9 settembre 2009, derivandone pertanto la violazione del termine procedimentali previsto dalla legislazione vigente in mancanza di adeguata prova e allegazione dell’esistenza di un provvedimento di proroga.

5. Ai fini di causa è irrilevante la nota di presunta sospensione, datata 9 aprile, a causa della assoluta genericità delle indicate ragioni, costituenti un evidente mero escamotage teso ad allungare il termine perentorio.

5.1 In base alla stessa disciplina invocata dall’Autorità, l’art. 6 comma 3 statuisce quanto segue: “I termini sono sospesi nel caso in cui sia necessario svolgere ulteriori approfondimenti istruttori ai sensi dell’articolo 7”.

A propria volta il successivo articolo 7, rubricato attività istruttoria, statuisce quanto segue:

1. Qualora sia necessario acquisire informazioni o ulteriori elementi di valutazione, il responsabile del procedimento può proporre al direttore di affidare al competente Servizio lo svolgimento delle attività di cui alla delibera 63/06/CONS e può disporre perizie ovvero chiedere ai soggetti che ne siano in possesso informazioni e documenti utili all’istruttoria.

2. La richiesta deve indicare:

a) i fatti e le circostanze in ordine ai quali si chiedono i chiarimenti;

b) lo scopo della richiesta;

c) il termine entro il quale deve pervenire la risposta o essere trasmesso il documento;

d) le modalità attraverso cui fornire le informazioni;

e) le sanzioni eventualmente applicabili.

3. La sospensione dei termini di cui al comma 3 dell’articolo 6, che in ogni caso non può essere superiore a sessanta giorni, opera:

a) dalla data di protocollo della richiesta alla data di protocollo in cui l’Autorità riceve le informazioni o gli ulteriori elementi di valutazione;

b) dalla data di protocollo relativa al conferimento dell’incarico al perito alla data di protocollo in cui l’Autorità riceve la relazione peritale ”.

5.2 Orbene, dall’analisi della nota datata 9 aprile emerge la totale assenza dei necessari elementi richiesti dalla norma, necessari all’evidente fine di scongiurare che tale eccezionale potere (sconosciuto alla norma generale di principio e quindi non estendibile analogicamente) possa essere utilizzato a meri fini dilatori.

La nota datata 9 aprile, di cui non è neppure fornita prova di adeguata notificazione, è accompagnata da una mera formula di stile, utilizzabile genericamente per ogni procedimento e senza alcun riferimento concreto al procedimento in essere e, soprattutto, ai necessari punti da approfondire, nei termini chiaramente imposti dalla stessa norma regolamentare invocata, in specie per quanto concerne a) i fatti e le circostanze in ordine ai quali si chiedono i chiarimenti;
b) lo scopo della richiesta.

6. In ogni caso, il carattere sanzionatorio del provvedimento impugnato rende applicabile il principio a mente del quale è illegittimo il provvedimento di tale natura nella parte in cui attribuisce allo stesso efficacia immediata e non dalla data di comunicazione del relativo provvedimento, atteso che tale previsione contrasta con il principio di cui all'art. 21 bis della legge n. 241 del 1990, secondo cui “il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal codice di procedura civile” (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. IV, 2 novembre 2012, n. 5582).

Nel caso di specie è pacifica la notifica avvenuta ben oltre il termine perentorio dei 150 quindi anche volendo reputarsi applicabile l’invocata sospensione di sessanta giorni.

7. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

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