Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-10, n. 202300302
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Pubblicato il 10/01/2023
N. 00302/2023REG.PROV.COLL.
N. 03601/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3601 del 2016, proposto da
Agroalimentare Pugliese s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi D'Ambrosio, con domicilio eletto presso lo studio s.r.l. Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;
contro
Regione Puglia, in persona del Presidente
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 01340/2015, resa tra le parti, concernente la domanda di risarcimento dei danni subiti a seguito della determinazione del Dirigente dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura della Regione Puglia n. 33 del 22 marzo 1999, recante revoca parziale del contributo concesso in attuazione del P.O.P. 1994 – 1999 Fondo Feoga Obiettivo 5° Sottoasse 4.4. misura 4.4.2..
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Vista la memoria del 13 settembre 2022 con cui l’appellante dichiara di non avere più intesse alla decisione;
Viste le memorie delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 35, comma primo lett. c), 38 e 85, comma 9, cod. proc. amm.;
Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 18 ottobre 2022 il Cons. A F e, ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a. e dell’art. 13-quater disp. att. c.p.a. (articolo aggiunto dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113), preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, è data la presenza degli avvocati D'Ambrosio e Panizzolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.La società Agroalimentare Pugliese s.r.l. proponeva dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ricorso per riassunzione del giudizio originariamente incardinato dinanzi al Tribunale di Bari, conclusosi con sentenza n. 4469 del 19 dicembre 2013, di declaratoria del difetto di giurisdizione del g.o. La ricorrente chiedeva al Tribunale adito disporsi la condanna della Regione Puglia al risarcimento, ex art. 2043 c.c., dei danni da essa subiti a seguito della determinazione n. 33 del 22 marzo 1999 del Dirigente dell’Ispettorato Provinciale all’Agricoltura della Regione Puglia, con cui era stato revocato parzialmente il contributo concessole in attuazione del P.O.P. 1994 – 1999 – Fondo Feoga –Obiettivo 5° - Sottoasse 4.4.- misura 4.4.2.
2. Il T.A.R. per la Puglia, con sentenza n. 1340/2015, accogliendo l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposto dalla Regione Puglia, lo dichiarava inammissibile per violazione del principio del ne bis in idem.
Il Collegio rilevava che, con il ricorso introduttivo del giudizio in riassunzione concluso con sentenza n. 324/2010, la ricorrente, oltre a chiedere l’annullamento della determinazione recante revoca parziale del contributo (Determinazione n. 33 del 1999), aveva anche spiegato espressa domanda risarcitoria, al fine di conseguire la condanna della Regione Puglia al risarcimento dei danni subiti e subendi in conseguenza dell’illegittima adozione di detto provvedimento. Pertanto, la domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. presupponeva lo stesso petitum e causa petendi di quella formulata e decisa con sentenza n. 324/2010, in quanto avente ad oggetto i medesimi pregiudizi già lamentati come conseguenza diretta dell’illegittima attività provvedimentale posta in essere dalla Regione Puglia, per avere applicato una normativa ormai abrogata.
3. La società Agroalimentare Pugliese s.r.l. ha appellato la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma, assumendo che, diversamente da quanto statuito dal giudice di prima istanza, “… le due originarie citazioni e di due conseguenti giudizi riassunti innanzi al T.A.R. Bari hanno oggetti completamente diversi, attenendo il primo l’annullamento del provvedimento di revoca parziale del contributo (e la manleva da eventuali pretese di terzi) e il secondo l’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c., con la conseguenza che non v’è identità tra la domanda risarcitoria formulata ex art. 2043 con l’odierno ricorso e quella già formulata ex art. 2043 con l’odierno ricorso e quella già formulato con ricorso n. 334/2009 “.
4. Si è costituita in resistenza la Regione Puglia, chiedendo il rigetto dell’appello.
5.Nelle more del giudizio, la società appellante ha depositato istanza di declaratoria di improcedibilità dell’appello per sopravvenuto difetto di interesse con compensazione delle spese di lite, assumendo che, con recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 21041 del 1.7.2022, è stato respinto il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte di Appello di rigetto della domanda di declaratoria di illegittimità della successiva revoca totale del contributo, disposta con determinazione dirigenziale n. 9 del 9 aprile 2002 per asseriti inadempimenti della società Agroalimentare Pugliese. L’appellante precisa che l’ordinanza della Corte di Cassazione (e il giudicato formatosi sulla legittimità della revoca totale del contributo) non consente di coltivare la domanda risarcitoria (riferita alla revoca parziale in precedenza adottata e annullata dal giudice amministrativo), rigettata in primo grado con la sentenza impugnata con l’appello per cui si procede.
6. All’udienza straordinaria del 18 ottobre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. Il Collegio rileva che, in pendenza del presente giudizio, l’appellante ha depositato memoria con cui ha chiesto che l’appello sia dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, con compensazione delle spese di lite. La società Agroalimentare Pugliese s.r.l. ha reso noto che, con recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 21041 del 1.7.2022, è stato respinto il ricorso proposto avverso la sentenza della Corte di appello di rigetto della domanda di declaratoria di illegittimità della successiva revoca totale del contributo, disposta con determinazione dirigenziale n. 9 del 9 aprile 2022 per asseriti inadempimenti dell’appellante. Tale ordinanza (e il giudicato formatosi sulla legittimità della revoca totale del contributo) non consente all’appellante di coltivare la domanda risarcitoria proposta in questo giudizio e respinta in primo grado con la sentenza impugnata in appello.
La Regione Puglia, con memoria depositata il 14 ottobre 2022, ha chiesto a questo Collegio di prendere atto della dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse alla decisione e di dichiarare l’improcedibilità dell’appello.
8. In ragione di siffatti rilievi, l’appello va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, ex art. 35, comma 1, lett. c) cod. proc. amm., atteso che l’eventuale accoglimento del gravame non potrebbe più produrre alcuna utilità, facendo venire meno la condizione dell’azione dell’interesse a ricorrere (Cons. Stato, IV, 24 luglio 2017, n. 3658;V, 9 luglio 2018, n. 4191).
Ai sensi dell’art. 34 Cod. proc. amm., “ qualora nel corso del giudizio la pretesa del ricorrente risulti pienamente soddisfatta, il giudice dichiara cessata la materia del contendere” (comma 5).
Il successivo art. 35 dispone invece che il ricorso è dichiarato “ improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione ” (comma 1, lett.c).
La differente natura tra le sentenze in esame discende dal diverso accertamento sotteso alla loro adozione: “ i) la cessazione della materia del contendere postula la realizzazione piena dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere il bene della vita agognato, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo;
ii) l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse risulta, invece, riscontrabile qualora sopravvenga un assetto di interesse ostativo alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso, anche in tal caso rendendo inutile la prosecuzione del giudizio – anziché per l’ottenimento – per l’impossibilità sopravvenuta del conseguimento del bene della vita ambito dal ricorrente ” ( ex multis , Cons. Stato, VI, 15 marzo 2021, n. 2224).
La cessazione della materia del contendere presuppone invero il pieno soddisfacimento dell’interesse fatto valere in giudizio, laddove la sopravvenuta carenza di interesse presuppone, invece, la mancanza di interesse alla decisione.
La diversità tra le due tipologie di sentenze rileva anche ai fini della definizione del perimetro del giudicato. La sentenza che dichiara cessata la materia del contendere, in quanto pronuncia di merito, è “ idonea al giudicato sostanziale, accertando in maniera incontrovertibile l’attuazione di un assetto sostanziale di interessi favorevole al ricorrente, sopravvenuto in pendenza del giudizio, interamente satisfattivo della pretesa azionata in sede giurisdizionale, come tale non più revocabile in dubbio” (Cons. Stato, VI, n. 2224 del 2021 cit.).
9. In definitiva, deve concludersi per una carenza di interesse della società Agroalimentare Pugliese s.r.l. alla pronuncia giudiziale, con la conseguenza che l’appello va dichiarato improcedibile, non essendo neppure rilevabile, dalla vicenda processuale, un interesse morale alla decisione (Cons. Stato, V, 15 giugno 2015, n. 2952).
10. Tenuto conto delle ragioni della decisione e della peculiarità della vicenda processuale, le spese di lite del grado vanno interamente compensate tra le parti.