Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-28, n. 201902050
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Testo completo
Pubblicato il 28/03/2019
N. 02050/2019REG.PROV.COLL.
N. 04759/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4759 del 2011, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F M, I G e L F V, con domicilio eletto presso lo studio Silvia Villani in Roma, via Asiago, 8,
contro
il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Liguria, Sez. II, n. 640 del 19 aprile 2011, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare della perdita del grado.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2019 il Cons. L L e uditi per le parti l’avvocato Silvia Villani su delega di I G e l’avvocato dello Stato Giancarlo Pampanelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, all’epoca dei fatti -OMISSIS-, ha impugnato avanti il T.a.r. per la Liguria il d.m. 27 aprile 2010 con cui è stata disposta a suo carico la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.
Il ricorrente ha svolto una serie di censure, che possono sintetizzarsi come segue:
- superamento dei termini procedimentali fissati dalla legge;
- incompetenza dell’organo;
- acritica assunzione a fini disciplinari del contenuto di sentenza ex art. 444 c.p.p.;
- violazione del principio di irretroattività della sanzione disciplinare.
2. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. ha rigettato le prime tre censure ed accolto la quarta, annullando pertanto l’atto impugnato nella parte in cui stabilisce che la sanzione disciplinare abbia efficacia ex tunc sin dal momento dell’applicazione della misura della sospensione cautelare dal servizio (disposta in data 6 aprile 2009).
2.1. Quanto, in particolare, al primo gruppo di censure, il Tribunale ha osservato che il termine complessivo di 270 giorni per la definizione del procedimento disciplinare stabilito dall’art. 9, comma 2, l. n. 19 del 1990 avrebbe come dies ad quem l’emanazione del provvedimento, non anche la sua successiva comunicazione all’interessato: la specialità della disciplina in subiecta materia , infatti, osterebbe all’applicazione dell’art. 21- bis, l. n. 241 del 1990.
Con riferimento all’assunta violazione dei termini endo-procedimentali fissati dall’art. 111 d.p.r. n. 3 del 1957, il Tribunale ha sostenuto che “ la giurisprudenza (cfr., Cons. St., ad. plen., 25 gennaio 2000 n. 4) ha chiarito che detti termini seguono il criterio della “idoneità allo scopo” nel senso che, garantita la piena ed effettiva difesa dell’incolpato, l’amministrazione al fine di concludere il procedimento nel termine (esso sì) perentorio di 270 giorni, può ridurre, a sua discrezione, i termini concernenti gli atti interni … Sicché la riduzione del termine ordinatorio di preavviso della convocazione della Commissione di disciplinare non integra alcuna violazione attesoché il ricorrente ha potuto comunque esercitare il diritto di difesa ”.
2.2. Quanto al secondo gruppo di censure, il Tribunale ha osservato che “ -OMISSIS-, presso la quale il ricorrente prestava servizio, è presidio militare d’interforze. È alle dipendenze del Capo di Stato maggiore della Difesa, che ha delegato il controllo disciplinare e tecnico-amministrativo allo Stato maggiore della Marina Militare: correttamente quindi il Capo del dipartimento della marina Militare, ossia il Comandante, ha deferito il ricorrente, ai sensi dell’art. 69, comma 10, l. 599/1954, alla commissione disciplinare ”.
Il Tribunale ha, inoltre, aggiunto che “ ancorché cessato dal servizio permanente per infermità ”, il ricorrente “ era ed è (comunque) assoggettabile, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 21 e 48 l. n. 599/1954, a procedimento disciplinare, per fatti addebitati in costanza di servizio ”.
2.3. Quanto al terzo gruppo di censure, il Tribunale ha sostenuto che l’Amministrazione non abbia “ acriticamente assunto i fatti posti a fondamento della sanzione penale inflitta al ricorrente ”.
Invero, da un lato “ gli organi procedenti hanno evidenziato il nocumento recato al corpo militare d’appartenenza dal comportamento delittuoso del ricorrente ”, dall’altro “ la pronuncia della Corte costituzionale n. 336 del 2009 … ha precisato che la sentenza patteggiata è pur sempre espressione dell’ammissione dei fatti da parte dell’imputato: quei fatti, come “negozialmente accertati”, non sono più suscettibili di essere rimessi in discussione … nemmeno nel procedimento disciplinare ad essi conseguente ”; inoltre, “ costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato a cui va dato continuità non sussistendo ragioni per qui discostarsi, che la valutazione della gravità dei fatti esercitata dall’amministrazione nella fase di irrogazione e quantificazione della sanzione è espressione di discrezionalità riservata, immune dal sindacato di legittimità ad eccezione delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere per travisamento dei fatto o illogicità manifesta ”.
2.4. Quanto, invece, alla quarta censura, il Tribunale ha osservato che il provvedimento recante la sospensione cautelare dal servizio del ricorrente con decorrenza 6 aprile 2009 “ è stato annullato dal Tar, sez. II, con sentenza 5 marzo 2010 n. 973: sicché, allo stato degli atti, salvo gli effetti dell’eventuale pronuncia d’appello (di cui è parola nella memoria depositata in giudizio dall’amministrazione resistente), la destituzione non dispiega i propri effetti ex tunc ossia fin dal momento della disposta misura cautelare. Conseguentemente va annullato l’atto, limitatamente, in parte qua, nonché la conseguente richiesta di restituzione di 9.719,67 euro ”.
3. Il ricorrente ha interposto appello avverso le statuizioni di rigetto delle proprie doglianze, lamentando che:
- il Tribunale non si sarebbe pronunciato sulla censura di estinzione del procedimento per superamento del termine (disposto dall’art. 120 d.p.r. n. 3 del 1957) di 90 giorni fra la definizione dell’inchiesta formale ad opera dell’ufficiale inquirente (27 ottobre 2009) e la decisione del Comandante del Dipartimento Militare dell’Alto Tirreno di deferire l’interessato alla commissione di disciplina (16 febbraio 2010);
- il procedimento disciplinare avrebbe ecceduto il termine massimo di 270 giorni previsto dalla legge n. 19 del 1990, che dovrebbe computarsi sino alla comunicazione del provvedimento all’interessato: secondo il ricorrente, in particolare, l’Amministrazione