Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-11-22, n. 202309990

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-11-22, n. 202309990
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309990
Data del deposito : 22 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/11/2023

N. 09990/2023REG.PROV.COLL.

N. 01287/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1287 del 2018, proposto da
C P, P F, quest’ultima in proprio e quale erede unitamente alla prima di R F, rappresentate e difese dagli avvocati D V, F D M e T B, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Bazzoni 3;

contro

Ente Parco nazionale delle Cinque terre, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi 12;

nei confronti

Comune di Monterosso al Mare, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Liguria n. 579/2017


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ente Parco nazionale delle Cinque terre;

Viste le ordinanze di interruzione del processo del 28 ottobre 2022, n. 9522, e 22 marzo 2023, n. 3292, e le successive istanze di fissazione dell’udienza del processo interrotto;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza straordinaria ex art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm. del giorno 10 novembre 2023 il consigliere F F e udito per la parte appellante l’avvocato F D M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1, Le appellanti indicate in epigrafe agiscono nel presente giudizio, la prima quale erede del signor R F e la seconda anche in proprio, per l’annullamento del diniego di nulla osta al rilascio del permesso di costruire con accertamento di conformità, reso dall’Ente Parco nazionale delle Cinque terre, sull’istanza presentata dai signori Paola e R F al Comune di Monterosso al Mare per il posizionamento di un deposito di attrezzi agricoli delle dimensioni di 3,60x2,50 metri, appoggiato al terreno, sul terreno di loro proprietà censito a catasto al foglio 11, mappale 23, e situato in località Carmo.

2. Il diniego di nulla osta impugnato (provvedimento di prot. n. 7982 del 12 agosto 2015) era motivato innanzitutto sul presupposto che gli istanti non avevano prodotto documentazione (« alcun atto e/o aerofotogrammetria ») che potesse attestare l’esistenza del manufatto « ante 1967 », e nemmeno l’« estratto cartografico catastale di impianto », per cui l’intervento da sanare doveva essere qualificato « come nuova costruzione »;
ed inoltre sul fatto che esso era stato eseguito « con materiali non tipici dei luoghi, in contrasto con gli artt. 5 e 7 dell’Allegato A del DPR 6/10/99 » (ovvero il regolamento istitutivo del Parco nazionale delle Cinque terre).

3. Il ricorso successivamente proposto nella presente sede giurisdizionale era respinto in primo grado dall’adito Tribunale amministrativo regionale per la Liguria con la sentenza indicata in epigrafe. Questa ha giudicato legittime le ragioni di diniego di nulla osta sopra richiamate, ed in apice escluso che sull’istanza di nulla osta si fosse formato il silenzio-assenso ai sensi dell’art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 ( Legge quadro sulle aree protette ), come invece dedotto in ricorso.

4. Per la riforma della sentenza di primo grado i signori R e P F hanno proposto appello, recante le censure già formulate con il ricorso. In seguito al decesso del primo (e quello di C O, a sua volta erede del signor R F e costituitasi in giudizio dopo il decesso di quest’ultimo) l’appello è stato poi proseguito ex art. 80, comma 2, cod. proc. amm. dalle signore C P e R F.

5. Si è costituito in resistenza all’appello l’Ente Parco nazionale delle Cinque terre.

DIRITTO

1. L’appello ripropone le censure con cui si sostiene che il diniego di nulla sarebbe illegittimo:

a) innanzitutto sul piano procedimentale;

- sarebbe infatti intervenuto dopo lo spirare del termine di 60 giorni previsto dal citato art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, per la formazione del silenzio-assenso;
il termine si sostiene già spirato alla data del 12 agosto 2015, quando è stato emesso il provvedimento impugnato, a fronte del fatto che l’istanza di nulla osta è pervenuta all’Ente Parco delle Cinque terre il 31 marzo 2014, e che dopo la sospensione conseguente alla richiesta di quest’ultimo di integrazione documentale, con nota in data 10 aprile 2014 (prot. n. 3159), ha continuato a riprendere il 14 aprile 2015, quando gli istanti hanno riscontrato la richiesta dell’amministrazione, per poi giungere a compimento il successivo 3 giugno;

- la sentenza avrebbe errato sul punto nello statuire che il silenzio-assenso presupporrebbe la completezza dell’istanza, che ha nel caso di specie considerato smentita dall’integrazione documentale richiesta dall’Ente Parco, in seguito al cui riscontro quest’ultimo si è poi determinato in modo espresso con il diniego di nulla osta;

b) in secondo luogo sul piano sostanziale;

- l’intervento oggetto di domanda di sanatoria non sarebbe consistito in una nuova costruzione ma nella sostituzione della copertura e del rivestimento dell’edificio preesistente - « in legno anziché in lamiera » - come documentato dal punto a mezzo di relazione tecnica depositata in sede procedimentale e nel presente giudizio con le foto prodotte in allegato al ricorso di primo grado;

- l’Ente Parco dapprima e poi la sentenza non avrebbero tenuto conto che l’intervento è assistito dalla conformità urbanistica e alla disciplina di salvaguardia della zona protetta, posto che sotto il primo profilo nella zona agricola di preminente interesse paesaggistico (E1) in cui è ubicato il terreno su cui sorge il deposito la normativa tecnica di piano regolatore generale consente la costruzione di fabbricati rurali « quali depositi per attrezzi o simili » (art. 23), mentre le norme di salvaguardia dell’Ente Parco vietano per la zona 2 ( di interesse naturalistico, paesaggistico e culturale con maggior grado di antropizzazione ), in cui parimenti ricade l’intervento contestato, la costruzione di nuovi edifici dopo il 1999, anno di relativa istituzione (art. 5 dell’allegato A del citato DPR 6 ottobre 1999), ma non anche il mantenimento e la manutenzione di quelli preesistenti (autorizzabili ex art. 7, comma 1, lett. g, del medesimo allegato);

- inoltre, nel porre a fondamento del diniego di nulla osta la pretesa non conformità urbanistica del manufatto l’Ente Parco si sarebbe sostituito alla competenza riservata al Comune di Monterosso al Mare sull’istanza di sanatoria, ed avrebbe ulteriormente errato nel qualificare l’intervento quale nuova costruzione, quando invece si tratterebbe di opera di « natura precaria ed ancor prima pertinenziale »;

- il rilievo concernente la non conformità dei materiali impiegati sarebbe infine illegittimo perché nessuna delle disposizioni regolamentari concernenti la zona 2 del Parco nazionale delle Cinque terre richiede l’impiego di determinati materiali.

2. Le censure così sintetizzate sono fondate.

3. Sotto il primo profilo il silenzio-assenso previsto dal più volte richiamato art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, risulta formatosi in conseguenza del decorso dei 60 giorni previsti dalla medesima disposizione normativa senza che sia intervenuto il diniego nulla osta. Escluso il periodo in cui il procedimento è stato sospeso per necessità di integrazione documentale, dal 10 aprile 2014 al 14 aprile 2015, rispetto alla data del 31 marzo 2014, in cui all’Ente Parco è pervenuta l’istanza di nulla osta, il termine risulta spirato 4 giugno 2015. Ai 9 giorni di aprile 2014, dalla presentazione dell’istanza fino alla richiesta di integrazione istruttoria, vanno infatti aggiunti 16 giorni di aprile 2015, successivi al riscontro della richiesta, ed ancora 31 giorni dell’intero mese di maggio, per un totale di 56 giorni (9 + 16 + 31), ai quali devono essere sommati altri 4 giorni. Il diniego reso dall’amministrazione resistente il 12 agosto successivo è dunque pacificamente tardivo, perché intervenuto quando a favore degli istanti si era formato il titolo per silentium , secondo i principi affermati in materia dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella sentenza del 27 luglio 2016, n. 17.

4. La sentenza di primo grado ha sul punto errato nell’escludere la formazione del titolo tacito in ragione dell’incompletezza documentale della domanda di nulla osta, sanata la quale ad iniziativa degli istanti l’amministrazione si è poi determinata in modo espresso sull’istanza. Nell’emettere il diniego una volta che l’istruttoria era completa l’Ente Parco avrebbe infatti dovuto comunque rispettare il termine di legge, tenuto conto di quello già decorso prima della richiesta e di quello residuante in seguito al suo riscontro.

5. Alla pur assorbente fondatezza della censura di violazione dell’art. 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, finora esaminata, si aggiunge quella delle ulteriori censure, dirette alle ragioni del diniego tardivamente emesso.

6. A questo riguardo, risulta innanzitutto dimostrato da parte ricorrente che l’intervento contestato nel presente giudizio non è consistito in una nuova costruzione, come erroneamente ritenuto dall’Ente parco nel provvedimento impugnato, ma nella sostituzione dei materiali di rivestimento e copertura del preesistente deposito. Nello specifico, alla lamiera di cui era formato il manufatto è stato sostituito il legno, che come si sottolinea risulta maggiormente conforme alle caratteristiche del luogo e alle esigenze di protezione delle sue caratteristiche naturali, poste a fondamento del regime vincolistico per esso vigenti. La prova del fatto che il deposito fosse preesistente si ricava dalla documentazione fotografica prodotta sin dal primo grado di giudizio da parte ricorrente, in cui è chiaramente raffigurato il deposito in allora in lamiera. La medesima documentazione consente quindi di ricavare aliunde la prova che nel caso di specie non si è trattato di una nuova costruzione, che invece il provvedimento impugnato ha escluso in base alla mancanza di foto e dell’accatastamento.

7. Risulta così infirmato il primo presupposto del diniego di nulla osta impugnato, che ha invece qualificato l’intervento come nuova costruzione, senza peraltro considerare che secondo la disciplina urbanistica della zona in cui ricade il terreno su cui sorge il deposito questa sarebbe stata comunque consentita. Come infatti dedotto da parte ricorrente, in base all’art. 23 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale del Comune di Monterosso al Mare, applicabile anche nel Parco Nazionale delle Cinque terre, nella « zona agricola di preminente interesse paesistico » in cui il medesimo intervento è stato realizzato è « vietata l’edificazione di costruzioni di qualsiasi tipo, fatta eccezione per la costruzione di rustici non abitabili (depositi per attrezzi o simili) per l’esercizio dell’agricoltura ». A fortiori è dunque consenta la manutenzione dei manufatti preesistenti rientranti nelle ipotesi di costruzione consentita.

8. Del pari non sono ravvisabili profili di contrasto con la disciplina di salvaguardia del parco, poiché come del pari rilevato dalle ricorrenti ai sensi del sopra richiamato art. 7, comma 1, lett. g), dell’allegato A al decreto istitutivo dell’Ente Parco nazionale delle Cinque terre è tra l’altro permessa, previa autorizzazione, la realizzazione di « interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria ».

9. Quanto infine alla pretesa non conformità dei materiali utilizzati, e cioè il legno, non si riscontrano nel regime di salvaguardia definito dall’allegato A ora menzionati indicazioni particolari sul punto, per cui anche l’ulteriore ragione addotta a fondamento del diniego di nulla osta si palesa illegittima.

10. L’appello deve pertanto essere accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado va accolto il ricorso e annullato il diniego di nulla osta con esso impugnato. Le spese del doppio grado di giudizio sono regolate secondo soccombenza e liquidate in dispositivo.

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