Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-08, n. 202308222
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Testo completo
Pubblicato il 08/09/2023
N. 08222/2023REG.PROV.COLL.
N. 08796/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8796 del 2018, proposto da
ATER – Azienda Territoriale Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C R, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;
contro
L M, rappresentata e difesa dall'avvocato F P, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via Marco Fulvio Nobiliore, n. 50;
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato F L, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via del Tempio di Giove, n. 21;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, sez. III, n. 3954/2018, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di L M e di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Russo e Trivelloni, in sostituzione dell'avvocato Perrotti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con sentenza n. 2354 del 28 febbraio 2014, il TAR del Lazio – sez. III quater , in accoglimento, per quanto di ritenuta ragione, del ricorso proposto dalla L M nei confronti di Roma Capitale e dell’A di Roma, annullava il provvedimento comunale, assunto in data 4 gennaio 2012, con cui era stato intimato il rilascio dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica sito in Roma, alla piazza San Saturnino n. 5, sc. A, int. 6, e ciò in ragione del rilievo che l’impugnata determinazione non avesse tenuto nella (doverosa) considerazione la (sopravvenuta) determinazione di sanatoria dell’occupazione senza titolo a favore della stessa M (ancorché non immediatamente operativa, in quanto dichiaratamente condizionata all’esito positivo dei residui accertamenti istruttori).
2.- Con ricorso in ottemperanza, notificato a Roma Capitale e all’A in data 26 aprile 2016, l’interessata sollecitava, dinanzi allo stesso TAR, l’esecuzione della ridetta sentenza (nelle more passata in giudicato, in difetto di rituale impugnazione), con condanna, previa effettuazione degli accertamenti e delle verifiche di competenza, alla stipula, in proprio favore, di formale contratto di locazione relativamente all’alloggio oggetto di giudizio.
2.1.- Nel costituirsi in resistenza, Roma Capitale rappresentava:
a ) che effettivamente, con determinazione dirigenziale prot. n. 528 del 14 dicembre 2009, aveva recepito – come puntualmente accertato dalla sentenza ottemperanda – il parere favorevole all’assegnazione in regolarizzazione dell’alloggio in favore della M, rilasciato dalla commissione tecnica all’uopo costituita: tuttavia, tale assegnazione era, in ogni caso, subordinata alla sussistenza degli ulteriori requisiti di cui ai punti 3, 3 ter e 5 dell’art. 53 della L.R. n. 27/2006, nonché degli ulteriori requisiti previsti dalle disposizioni vigenti, la verifica dei quali era demandata all’A di Roma, ente gestore e proprietario dell’immobile;
b ) che, nelle more, l’A aveva, per l’appunto, effettuato gli accertamenti di propria competenza, riscontrando, in concreto, la sussistenza, in capo all’interessata, di redditi da lavoro dipendente e da fabbricati di importo complessivo superiore al limite (di € 18.000) fissato per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica (art. 50 e 53 della L.R. 27/2006; art. 21 l. 457/1978);
c ) che, in ragione di ciò, la stessa A aveva sollecitato Roma Capitale a disporre, in via di autotutela, all’annullamento (e/o, comunque, alla rimodulazione) della misura di sanatoria: annullamento concretamente disposto con determinazione dirigenziale n. 187 del 2 febbraio 2017;
d ) che, per l’effetto, il giudizio di ottemperanza doveva ritenersi ormai improcedibile.
2.2.- A fronte di ciò, L M formalizzava, con atto depositato in data 17.05.2017, motivi aggiunti, con i quali invocava l’annullamento della sopravvenuta determinazione, lamentandone l’illegittimità in concorrente ragione: a ) della asserita violazione e/o elusione di giudicato, una a carenza di potere; b ) della prospettata violazione di legge, in relazione a quanto disposto dall’art. 53 L.R. Lazio n. 27/2006; c ) del denunziato eccesso di potere, sotto il profilo del difetto di istruttoria, della intrinseca contraddittorietà e della manifesta illogicità.
3.- Con sentenza n. 9273 del 9 agosto 2017, resa nel rituale contraddittorio delle parti, il TAR: a ) dichiarava, in premessa, improcedibile il ricorso in ottemperanza, in ragione della sopravvenuta determinazione dirigenziale n. 187/2017, impugnata, nei rammentati sensi, per aggiunzione di motivi; b ) disponeva, in relazione a questi ultimi, la conversione del rito, ex art. 32, comma 2 cod. proc. amm., trattenendo, per tal via, la causa in decisione con il rito ordinario; c ) accoglieva, in parte e per quanto di ritenuta ragione, le formulate doglianze, per l’effetto disponendo l’annullamento del decreto n. 187/2017.
4.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di