Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-09-06, n. 202407457
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Pubblicato il 06/09/2024
N. 07457/2024REG.PROV.COLL.
N. 08880/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8880 del 2023, proposto da
S A in proprio e in qualità di titolare dell’impresa Somma Point, rappresentato e difeso dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune Castellammare di Stabia, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato M A V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Terza), 16 ottobre 2024, n. 5636, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Castellammare di Stabia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2024 il Cons. G M e uditi per le parti gli avvocati Mascolo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in trattazione, la ditta Somma Point chiede la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, 16 ottobre 2024, n. 5636, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Castellammare di Stabia, n. 306 del 20 settembre 2022, con cui è stata dichiarata l’inefficacia della s.c.i.a. commerciale presentata dall’impresa ed è stata disposta la cessazione dell’attività di autocarrozzeria per la non conformità alla normativa urbanistico-edilizia degli immobili utilizzati. In particolare, i locali sarebbero stati oggetto, prima della s.c.i.a. di subingresso nell’attività, di diverse ordinanze di demolizione (peraltro mai eseguite), trattandosi tra l’altro di zona sottoposta a vincoli paesaggistici.
2. L’ordinanza è stata impugnata – oltre che per vizi procedimentali (omesso preavviso di rigetto, mancata confutazione delle osservazioni formulate ex art. 10-bis della legge n. 241 del 1990) - essenzialmente per la violazione dell’art. 19, comma 3, e dell’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990, perché adottata quando il termine perentorio di 18 mesi dalla presentazione della segnalazione certificata, previsto per l’annullamento d’ufficio, era ormai decorso (la segnalazione certifica sarebbe stata presentata nel gennaio 2017 mentre l’ordinanza di annullamento degli effetti è del 20 settembre 2022).
3. Il Tribunale amministrativo ha respinto tutte le censure rilevando, sulla questione fondamentale del termine di cui al citato art. 21- nonies , che l’amministrazione, nonostante abbia fatto improprio riferimento all’annullamento d’ufficio e abbia testualmente disposto l’inefficacia della SCIA commerciale, ha in effetti inteso disporre la revoca-decadenza di detto titolo abilitativo (all’esercizio dell’attività commerciale) per l’acclarata abusività degli immobili adibiti ad esercizio dell’attività di autocarrozzeria, come chiaramente si evince dalla motivazione dell’ordinanza. Il legittimo esercizio di un’attività commerciale è ancorato, sia in sede di rilascio del titolo abilitativo che per l’intera sua durata di svolgimento, all’iniziale e perdurante regolarità, sotto il profilo urbanistico-edilizio, dei locali in cui essa viene espletata, con conseguente potere-dovere dell’autorità amministrativa di inibire l’attività esercitata in locali rispetto ai quali siano stati adottati, come nella specie, provvedimenti repressivi di abusi edilizi.
4. La ditta Somma Point , rimasta soccombente, ha proposto appello essenzialmente riproponendo i motivi del ricorso di primo grado, in chiave critica della sentenza di cui chiede la riforma.
5. Nella resistenza del Comune di Castellamare di Stabia, all’udienza del 6 giugno 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Con il primo motivo, l’appellante deduce l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondate le censure basate sulla illegittimità dell’ordinanza impugnata per effetto dell’inutile decorso del termine di sessanta giorni per inibire l’attività, o di 12 o 18 mesi per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio. Il primo giudice, al fine di superare le censure della ditta ricorrente, avrebbe erroneamente riqualificato l’ordinanza come provvedimento con il quale il Comune ha inteso disporre la revoca-decadenza del titolo abilitativo «per l’acclarata abusività degli immobili adibiti ad esercizio dell’attività di autocarrozzeria, come chiaramente si evince dal contenuto motivazionale della gravata ordinanza» .
Ad avviso dell’appellante, l’operazione compiuta dal giudice di prime cure integrerebbe la violazione dell’art. 34, comma 2, del c.p.a. (divieto di pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati), posto che l’amministrazione non ha inteso revocare alcunché e, d’altronde, il potere di revoca è stato espressamente espunto dall’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990 (a far data dall’11 novembre 2014). Si confermerebbe, pertanto, l’inefficacia della inibitoria disposta con l’ordinanza impugnata.
6.1. Il motivo è manifestamente infondato, considerato che è sempre consentita al giudice la autonoma qualificazione del provvedimento amministrativo, al di là del nomen iuris utilizzato dall’autorità amministrativa (Consiglio di Stato, V, 20 marzo 2023, n. 2801;3 agosto 2022, n. 6821;VI, 26 novembre 2021, n. 7913;V, 4 ottobre 2021, n. 6606);potere ufficioso che non è vincolato né dell'intitolazione dell'atto né tanto meno dalle deduzioni delle parti in causa (Consiglio di Stato, V, 5 giugno 2018, n. 3387), dovendo l'esatta qualificazione di un provvedimento essere effettuata solo alla luce del suo effettivo contenuto e della sua causa, con la conseguenza che l'apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell'atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanza, e inoltre neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell'atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato (Consiglio di Stato, V, 28 agosto 2019, n. 5921;IV, 18 settembre 2012, n. 4942).
6.2. E nemmeno rileva, come noto, la inesatta indicazione delle norme poste a base del provvedimento impugnato (per cui, secondo un costante orientamento della giurisprudenza, «il mancato richiamo alle norme di legge o di regolamento cui si collega la statuizione adottata non integra il vizio di difetto di motivazione, ove sia agevole l'identificazione del potere esercitato e non sussistano ostacoli al controllo giurisdizionale, in funzione della legittimità sostanziale dell'atto» : cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 7 luglio 2008, n. 3351).
7. Con il secondo motivo, l’appellante censura la sentenza per aver ritenuto inammissibile la censura di nullità dell’ordinanza comunale per difetto assoluto di attribuzione, per il contrasto con l’art. 2 del d.lgs. n. 222 del 2016, il quale avrebbe inteso porre un preciso limite al potere di inibire l’attività segnalata, predeterminando i requisiti e presupposti, la cui – sola – specifica carenza legittima l’intervento inibitorio dell’amministrazione, fra i quali non rientrerebbe la conformità edilizia e urbanistica. Secondo il primo giudice, il motivo sarebbe stato proposto per la prima volta nelle memorie di discussione non notificate alla controparte, non ricollegabile ad argomentazioni espresse nel corpo del ricorso e quindi inammissibile.
Secondo l’appellante, ciò sarebbe frutto di una inadeguata lettura del ricorso, nel quale la violazione del d.lgs. n. 222 del 2016 sarebbe stata dedotta come secondo motivo (come si leggerebbe anche nella rubrica dello stesso), evidenziando come il sistema attuativo della segnalazione certificata (c.d.