Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-18, n. 202307040

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-07-18, n. 202307040
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307040
Data del deposito : 18 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/07/2023

N. 07040/2023REG.PROV.COLL.

N. 04617/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4617 del 2022, proposto dal signor G A G, rappresentato e difeso dagli avvocati M G e P A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio P A in Roma, via Prati Fiscali, n. 221;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato P L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

dei signori A detto T L, A D F e S C, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. Seconda bis, n. 3158/2022, pubblicata il 18 marzo 2022, resa tra le parti, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso n. RG n. 11639/2021 proposto dall’odierno appellante.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2023 il consigliere G C P e uditi per le parti gli avvocati M G e P L P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor Gabriele Aracangelo G ha impugnato la sentenza in epigrafe, con la quale il T.a.r. per il Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso dal medesimo proposto avverso gli esiti della consultazione elettorale tenutasi nei giorni 3 e 4 ottobre 2021 per il Comune di Roma, Municipio V, per la quale era candidato nella lista 18 avente contrassegno PD Partito Democratico, collocandosi tra i non eletti al 13° posto dopo, tra gli altri, i controinteressati.

L’appellante, in particolare, lamentava in quella sede che gli erano state riconosciute 161 preferenze a fronte delle 168 asseritamente spettanti e di dover essere in realtà eletto al posto del signor A L detto Tonino, classificatosi al 10° posto con 178 preferenze anziché 141 asseritamente reali, avendo ricevuto nella sezione 428 n. 4 voti in luogo dei n. 41 voti (erroneamente) assegnatigli.

Nel medesimo contesto il signor G lamentava, altresì, che:

- avrebbe ricevuto nel seggio n. 416 n. 1 voto e nel seggio n. 583 n. 2 voti (per un totale, quindi, di n. 3 preferenze) anziché “0”, come risultante dalle dichiarazioni dei rispettivi rappresentanti di lista;

- avrebbe, ancora, ricevuto nel seggio n. 412 n. 1 voto, nel seggio n. 432 n. 2 voti, nel seggio n. 670 n. 1 voto (per un totale, quindi, di ulteriori n. 4 preferenze) in luogo di “0” voti anche in questo caso accordati, come risulterebbe da dichiarazioni di singoli elettori meglio precisati in atti.

Alla luce di tali affermazioni l’appellante chiedeva in primo grado il riconteggio delle preferenze effettivamente espresse a suo vantaggio nei seggi n. 412, 416, 432, 583 e 670, nonché la verifica delle preferenze espresse a favore del signor L nel seggio n. 428.

2. Il Tribunale adìto dichiarava il gravame inammissibile, ritenendo che non ricorressero nella fattispecie i presupposti per procedere alle richieste operazioni di riconteggio non avendo il ricorrente adeguatamente assolto all’onere probatorio a tal fine necessario.

3. Avverso detta pronuncia ha proposto appello il signor G, soffermandosi in particolare sulle asseritamente errate preferenze accordate al signor L nel seggio n. 428 e riproponendo, in estrema sintesi, le doglianze già dedotte in primo grado.

In maggior dettaglio, l’interessato ha evidenziato che l’Amministrazione capitolina avrebbe omesso “ artatamente di depositare sia l’estratto della sezione ‘contestata’ la n. 428 sia il prospetto ufficiale dei voti di preferenza della sezione n. 428 ”, producendo i dati relativi ad altre sezioni ma “ omettendo deliberatamente di produrre i dati complessivi relativi a tutte le sezioni, tra cui la 428 ” e si affidava ai seguenti motivi:

I. “ violazione artt. 53, 64 e 65 c.p.a .”, sostenendo che il T.a.r., sulla base della documentazione prodotta dal medesimo (comprendente anche i verbali delle operazioni dell’Ufficio elettorale da cui risultavano le n. 4 – anziché 41 – preferenze espresse a favore del signor L), avrebbe dovuto esercitare il potere acquisitivo disponendo il deposito da parte di Roma Capitale anche, tra gli altri, del prospetto relativo alla sezione n. 428;

II. “ violazione e falsa applicazione del DPR 445/2000 – erronea applicazione dell’art. 48 Cost .”, in quanto il primo giudice avrebbe erroneamente liquidato come non attendibili tutte le dichiarazioni prodotte dal ricorrente volte a dimostrare la mancata assegnazione delle ulteriori n. 7 preferenze innanzi citate, dal momento che le dichiarazioni rese dai rappresentanti di lista risultavano “ rese su fogli precompilati e riempiti a penna, senza le formalità di cui al DPR 445/2000, sebbene corredate da copie dei documenti di identità ”, mentre “ le dichiarazioni aventi ad oggetto le preferenze di voto che i rispettivi elettori affermano di aver espresso per il ricorrente sono intrinsecamente inattendibili a prescindere dalla forma (…) essendo rese in violazione del segreto elettorale ”;
al contrario, secondo la tesi dell’appellante le dichiarazioni sostitutive di atto notorio in quanto comprensive di documento di identificazione avrebbero i requisiti richiesti dal d.P.R. n. 445/2000, mentre per quanto concerne le dichiarazioni dei singoli elettori il voto è segreto nel momento in cui viene espresso ma non sarebbe più tale “ nello spazio temporale che lo precede e/o che lo segue ”, rientrando “ nella libera disponibilità dell’elettore esprimere pubblicamente la propria preferenza di voto al termine dell’operazione di voto ” ai sensi dell’art. 48 Cost., di talché si dovrebbe procedere al riconteggio dei voti espressi nei seggi innanzi indicati;

III. “ omessa valutazione delle prove documentali prodotte – omessa valutazione ”, avendo il giudice di prime cure omesso di valutare sia le prove offerte dal ricorrente sia gli atti prodotti dall’Amministrazione, che avrebbe omesso di depositare proprio quei documenti dai quali si sarebbe potuta evincere l’effettivo andamento della consultazione, risultando omessa, tra l’altro, proprio il prospetto delle preferenze della “ sezione contestata, ossia la n. 428 ”.

In conclusione, l’appellante ha chiesto l’annullamento della sentenza gravata e, previa verificazione dei voti validamente espressi, l’annullamento del verbale delle operazioni elettorali con il quale sono stati proclamati gli eletti e tutti gli atti precedenti e susseguenti e comunque connessi con l’atto di proclamazione degli eletti e, di conseguenza, procedere alla correzione con la proclamazione della sua elezione “ al posto del signor L A detto Tonino che ha ottenuto 141 voti e non 178 ”.

4. Roma Capitale si è costituita in giudizio sostenendo in via preliminare la tardività dell’appello ai sensi dell’art. 131, comma 1, c.p.a. – avendo la segreteria del T.a.r. Lazio comunicato ai difensori delle parti la sentenza gravata in data 18 marzo 2022 ed essendo stata la pronuncia, inoltre, pubblicata all’albo pretorio di Roma Capitale dal 21 marzo 2022 al 4 aprile 2022 – e, nel merito, la sua infondatezza.

5. Con ordinanza n. 6554/2022 in considerazione delle non univoche risultanze in atti in ordine al numero dei voti effettivamente ricevuti ed attribuiti al candidato A detto T L nella Sezione n. 428, la Sezione ha disposto una verificazione, al cui esito – come risulta dalla relazione del verificatore in data 28 novembre 2022 e dal relativo verbale in pari data – è risultato che effettivamente erano state espresse a favore di detto candidato n. 4 (e non n. 41, come in un primo tempo attribuite) preferenze valide.

6. Sulla scorta di quanto dichiarato dalle parti nel corso dell’udienza pubblica del 21 marzo 2023 la Sezione ha, inoltre, ritenuto necessario ai fini della decisione necessario approfondire, altresì, l’esatta consistenza numerica delle preferenze espresse a favore del signor G e di tutti i diretti controinteressati, ivi compresi quelli in ipotesi non evocati nel presente giudizio, onde acquisire maggiori e più puntuali elementi di valutazione in ordine alla sussistenza in capo all’appellante di un effettivo ed attuale interesse ad agire.

Alla luce di tali emergenze, con ordinanza n. 2933/2023 è stato disposto che Roma Capitale predisponesse una sintetica relazione in ordine ai risultati della consultazione elettorale oggetto della presente controversia, precisando l’esatto numero delle preferenze utili complessivamente espresse nei confronti dell’appellante e dei controinteressati (ivi compresi quelli, ove esistenti, eventualmente non evocati in giudizio), allegando il verbale di proclamazione degli eletti ed ogni ulteriore documento comunque ritenuto a tal fine utile.

In esito a tale incombente Roma Capitale ha depositato in data 26 aprile 2023 le delibere di interesse, alcune note ed una relazione del V Municipio, dalle quali, tra l’altro, risulta che il signor L ha rassegnato in data 30 marzo 2023 le proprie dimissioni dalla carica di Consigliere municipale e che in surrogazione del medesimo il relativo seggio è stato attribuito alla signora A D F, che nella consultazione in argomento risultava la prima dei non eletti nella lista n. 18 PD Partito Democratico avendo conseguito n. 166 preferenze (a fronte delle n. 161 riconosciute all’appellante);
nel medesimo contesto risulta, inoltre, che l’ulteriore candidata nella medesima lista signora S C aveva a sua volta conseguito n. 164 preferenze.

7. Con memoria depositata il 9 giugno 2023 l’appellante – dopo aver preliminarmente richiamato l’esito della citata verificazione dalla quale è emersa l’effettiva attribuzione al signor L di n. 37 voti in più di quelli effettivamente espressi, evidenziando che le dimissioni dal medesimo rassegnate “ sono state occasionate da quanto emerso in sede giudiziale nel presente giudizio ” – ha, in sintesi, lamentato l’asserita incompletezza da parte di Roma Capitale dell’adempimento istruttorio disposto con l’ordinanza n. 2933/2023 ed ha chiesto che venga disposta una nuova verificazione con riferimento ai voti effettivamente ricevuti dall’appellante medesimo negli ulteriori seggi n. 412, 416, 432, 485, 583 e 670.

8. Con memoria del 28 giugno 2023 Roma Capitale ha rivendicato la correttezza del proprio operato in sede di adempimento dell’incombente istruttorio ed ha ribadito le proprie richieste in ordine all’esito del presente appello.

9. All’udienza pubblica dell’11 luglio 2023 la causa è stata ritualmente discussa e trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. Deve essere in primo luogo esaminata l’eccezione di irricevibilità dell’appello dedotta da Roma Capitale.

Ai fini del corretto inquadramento della questione, vale rilevare che, ai sensi dell’art. 131, comma 1, c.p.a. L’appello avverso le sentenze di cui all’art. 130 è proposto entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica;
per gli altri candidati o elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell’albo pretorio del comune
”.

Il medesimo articolo prevede al comma 3, secondo periodo, che “ Al giudizio si applicano le norme che regolano il processo di appello innanzi al Consiglio di Stato, e i relativi termini sono dimezzati rispetto a quelli del giudizio ordinario ”.

Ciò posto, Roma Capitale sostiene che l’appello sarebbe tardivo in quanto la segreteria del T.a.r. ha comunicato la sentenza ai difensori delle parti in data 18 marzo 2022 e la pronuncia è stata in ogni caso pubblicata all’albo pretorio dal 21 marzo 2022 al 4 aprile 2022.

Giova tuttavia ricordare che, come osservato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, che il Collegio condivide e dalla quale non si ha ragione di discostarsi, “ l’art. 131, comma 1, del predetto Codice (…) si interpreta nel senso che nel giudizio sulle operazioni elettorali di cui al precedente art. 130, ai diretti interessati – considerando tali coloro che sono stati parti nel giudizio di primo grado – la sentenza va notificata e per costoro il termine di venti giorni per proporre appello decorre dalla notifica stessa ” (Cons. Stato, Sez. III, n. 4282/2020).

Nel caso di specie l’Amministrazione capitolina non ha fornito prova dell’avvenuta notifica della sentenza gravata all’appellante, di talché – stante l’applicabilità nella fattispecie del termine dimidiato rispetto a quello ordinariamente previsto, che l’art. 92, comma 3, c.p.a. stabilisce come noto per il caso di mancata notifica in sei mesi dalla pubblicazione – non può che concludersi per la tempestività dell’appello, che risulta depositato il 9 giugno 2023 a fronte della pubblicazione della sentenza del 18 marzo 2023.

L’eccezione è, pertanto infondata.

11. Ciò posto, deve sempre in via preliminare approfondirsi l’effettivo interesse ad agire dell’appellante ai fini dell’ammissibilità del gravame, esigenza emersa, come innanzi ricordato, sulla scorta delle dichiarazioni dei difensori delle parti nell’udienza pubblica del 21 marzo 2023 che hanno dato luogo all’incombente istruttorio disposto con la richiamata ordinanza n. 2933/2023.

Giova sul punto ricordare che sulla scorta dell’adempimento affidato a Roma Capitale è ora emerso che il signor L si è dimesso in data 30 marzo 2023 dalla carica di Consigliere municipale e che in sua surrogazione il relativo seggio è stato attribuito alla signora A D F, prima dei non eletti nella medesima consultazione nella lista n. 18 PD Partito Democratico con n. 166 preferenze (a fronte delle n. 161 riconosciute all’appellante).

Al riguardo il Collegio ritiene che possa astrattamente ritenersi sussistente l’interesse ad agire dell’appellante, il quale lamenta la mancata attribuzione di un numero complessivo di preferenze che, ove confermate, gli consentirebbero, in ipotesi, di sopravanzare quelle conseguite dalla signora D F e dalla signora C e di essere, quindi, proclamato eletto in surrogazione del signor L (al posto, quindi, della proclamata signora D F).

11.1. A tal riguardo l’appellante, come pure ricordato, chiede che venga disposta una ulteriore verificazione sui seggi n. 412, 416, 432, 485, 583 e 670 richiamandosi all’atto di appello laddove si evidenzia che, sulla base delle dichiarazioni dei rappresentanti di lista, avrebbe ricevuto nel seggio n. 416 n. 1 voto e nel seggio n. 583 n. 2 voti (per un totale, quindi, di n. 3 preferenze) anziché “0” e che, sulla scorta di dichiarazioni di singoli elettori, avrebbe, ancora, ricevuto nel seggio n. 412 n. 1 voto, nel seggio n. 432 n. 2 voti, nel seggio n. 670 n. 1 voto (per un totale, quindi, di ulteriori n. 4 preferenze) in luogo di “0” voti anche in questo caso accordati.

11.2. Vale ricordare, sulla base degli insegnamenti della sentenza n. 32/2014 dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio, le dichiarazioni dei rappresentanti di lista possono costituire principio di prova idoneo soltanto a legittimare l’esercizio dei poteri istruttori del giudice e possono prescindere da contestazioni svolte in sede di spoglio delle schede, dal momento che tali soggetti possono “ non percepire nell’immediatezza la rilevanza determinante dell’errore, che può invece manifestarsi solo alla conclusione delle operazioni ”;
in ogni caso, si deve anche evidenziare che tali dichiarazioni devono pur sempre essere assistite dalle forme previste dal d.P.R. n. 445/2000, stante le eventuali responsabilità penali previste dall’art. 76, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 445/2000 nell’ipotesi di attestazioni non corrispondenti al vero.

Ebbene, in disparte quanto osservato dal primo giudice in ordine alla natura delle dichiarazioni dei rappresentanti di lista depositate dall’appellante, deve rilevarsi che dette dichiarazioni riferite ai seggi n. 416 (a firma della signora A) e n. 583 (a firma del signor M), rispettivamente relative a n. 1 voto e a n. 2 voti che sarebbero stati espressi a favore del signor G ma non sarebbero stati al medesimo attribuiti, non rispondono ai requisiti di cui al d.P.R. n. 445/2000 in quanto non recano alcun riferimento a detta disposizione normativa ed alla consapevolezza delle connesse responsabilità penali, e ciò a prescindere dall’allegazione dei rispettivi documenti di identità.

11.3. Venendo a considerare le dichiarazioni dei singoli elettori pure allegate dall’appellante non possono che condividersi le conclusioni cui è prevenuto il primo giudice dal momento che, sulla base della giurisprudenza di questo Consiglio, “ le dichiarazioni dei terzi elettori (di aver votato scheda bianca o nulla o di aver dato questa o quella preferenza), non possono ritenersi ammissibili perché violative del valore costituzionale della segretezza del voto ex art. 48, co. 2, Cost .” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 5203/2020 e Sez. V, n. 2805/2015;
in termini cfr. anche più di recente, di questa Sezione, n. 5819/2022).

11.4. Alla luce di tali complessive considerazioni e diversamente da quanto la Sezione aveva ritenuto con riferimento ai distinti – ed in quel caso utili – principi di prova forniti dall’appellante in ordine alle operazioni di voto relative alla Sezione n. 428, non sussistono i presupposti per disporre una nuova verificazione finalizzata al riconteggio dei voti espressi negli ulteriori seggi indicati dall’appellante medesimo.

12. In considerazione di tali presupposti e considerati gli esiti della consultazione elettorale oggetto della controversia, quali emergono dalla documentazione depositata da Roma Capitale in esito all’adempimento istruttorio innanzi richiamato, deve concludersi per l’infondatezza dell’appello, dal momento che l’interessato risulta aver conseguito un numero di preferenze inferiore a quello ottenuto dalle candidate nella medesima lista signore D F e C e non ha fornito principi di prova utili a disporre una nuova verificazione per le ulteriori Sezioni innanzi richiamate.

13. L’appello deve, pertanto, essere respinto.

14. Sussistono valide ragioni, anche alla luce degli esiti della verificazione a suo tempo disposta con ordinanza n. 6554/2022, per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

15. In considerazione dei richiamati esiti della verificazione a suo tempo disposta in ordine agli esiti delle operazioni di voto nella Sezione n. 428, si dispone che il compenso del verificatore, come liquidato con la citata ordinanza n. 2933/2023, resti definitivamente a carico sia dell’appellante sia di Roma Capitale, nella misura di metà per ciascuna delle parti.

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