Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-02-13, n. 202001155

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-02-13, n. 202001155
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001155
Data del deposito : 13 febbraio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/02/2020

N. 01155/2020REG.PROV.COLL.

N. 06858/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6858 del 2019, proposto da
L T, G L, V S, A P, A P, rappresentati e difesi dagli avvocati A B, L F, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Viale G. Mazzini 134 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Unità Sanitaria Locale Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato L C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Po 25/B e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fiammetta Fusco, presso cui domicilia ex lege in Roma, via Marcantonio Colonna 27 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 01553/2019, resa tra le parti, concernente l’esclusione dei ricorrenti dalla procedura di stabilizzazione indetta dalla AUSL di Viterbo con deliberazione n. 1186 del 10 luglio 2018.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Viterbo e della Regione Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli avvocati A B, L C e Fiammetta Fusco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con deliberazione n. 1186 del 10 luglio 2018 la ASL di Viterbo ha avviato la ricognizione del personale potenzialmente interessato dalle procedure di stabilizzazione del comparto e della dirigenza, nella duplice variante dell’assunzione diretta, ai sensi del comma 1 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, ovvero della riserva del 50% dei posti messi a concorso, ai sensi del comma 2 dell’art. 20.

2. Gli attuali appellanti hanno presentato domanda di partecipazione alla stabilizzazione indiretta, per essere inquadrati quali dirigenti medici di primo livello nella disciplina Medicina e Chirurgia d'accettazione e d'urgenza, pur essendo privi del pertinente diploma di specializzazione. Nella domanda si sono limitati ad allegare i diversi anni di servizio prestati presso la ASL di Viterbo nel settore della medicina e chirurgia di accettazione ed urgenza, con contratti di natura flessibile (collaborazione coordinata e continuativa) stipulati in assenza di una previa procedura selettiva.

3. Con determinazione n. 1388 del 30 luglio 2018 gli odierni appellanti sono stati esclusi dall’elenco dei soggetti ammessi, esclusione poi confermata nella successiva delibera n. 1836 del 18 ottobre 2018.

4. Nel frattempo, con deliberazione n. 1582 in data 11 settembre 2018 è stato indetto un pubblico concorso – integralmente aperto all’esterno e senza riserva di posti per eventuali stabilizzandi – per la copertura di n. 7 posti di dirigente medico nella disciplina medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza.

5. In primo grado, gli odierni appellanti hanno impugnato sia il provvedimento di esclusione dalla procedura di stabilizzazione, sia il provvedimento di indizione del pubblico concorso.

6. Il Tar per il Lazio, affermata la propria giurisdizione in virtù del carattere concorsuale della selezione in oggetto, ha respinto nel merito le tre censure veicolate nel ricorso.

7. La pronuncia di primo grado è stata impugnata attraverso la reiterazione delle doglianze di primo grado, arricchita da una rivisitazione critica delle conclusioni accolte dal primo giudice.

8. Si sono costituti nel presente giudizio la Regione Lazio e la ASL di Viterbo, la prima eccependo la propria carenza di legittimazione passiva;
la seconda replicando agli assunti avversari e richiamando le eccezioni assorbite in primo grado.

9. La causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 6 febbraio 2020.

DIRITTO

1. La prima questione di merito prospettata dai ricorrenti impone di stabilire se, ai fini della ammissione alla stabilizzazione mediante riserva dei posti da mettere a concorso, siano sufficienti i soli requisiti prescritti dall’art. 20, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 (anzianità triennale e titolarità di contratti flessibili con la pubblica amministrazione) - come sostenuto dalla difesa di parte appellante;
oppure se sia necessario anche il titolo di specializzazione nella disciplina per cui si concorre, previsto dal d.P.R. n. 483 del 1997 ai fini dell’accesso ai ruoli della dirigenza medica - come sostenuto dalla difesa dell’amministrazione sanitaria.

Di tale specializzazione, o di un titolo ad essa equivalente, sono pacificamente sprovvisti tutti gli odierni ricorrenti.

1.1. Sul punto il giudice di primo grado - dopo aver premesso che la regola di accesso al pubblico impiego non può che essere rappresentata dal concorso;
che non esiste alcun diritto di ottenere la stabilizzazione, trattandosi di mera aspettativa di fatto;
e che i requisiti elencati dall’art. 20, comma 2 cit. sono unicamente preordinati ad avere titolo alla c.d. riserva di posti e non anche ad assorbire gli altri requisiti di carattere generale che devono essere posseduti da coloro che intendono accedere alla procedura concorsuale per il reclutamento di Dirigenti di primo livello del S.S.N. - ha affermato la necessità del diploma di specializzazione in Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza, sostenendo trattarsi di titolo previsto dal d.P.R. n. 483/1997, a sua volta richiamato nella circolare della Regione Lazio n. 322059 del 2018 e nella deliberazione n. 1186/2018.

Quanto alle diverse fonti integrate nel quadro normativo di riferimento, il primo giudice ha affermato che « … i requisiti specificamente previsti dal comma 2 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 (ossia titolarità di contratti flessibili e anzianità minima di servizio, requisiti nel caso di specie pacificamente posseduti) sono unicamente preordinati ad avere titolo alla c.d. “riserva di posti” e non anche ad assorbire o superare gli altri requisiti di carattere generale che debbono pur sempre essere posseduti da tutti coloro che – a titolo di riserva o meno – intendono comunque accedere alla procedura concorsuale per il reclutamento di dirigenti di primo livello del servizio sanitario. E tanto in ragione della assenza di una espressa deroga in ordine ai predetti requisiti di ordine generale, in favore dei medesimi stabilizzandi, ad opera della citata disposizione di cui all’art. 20 ».

Sempre secondo il primo giudice occorre « distinguere tra presupposti specifici per accedere alla stabilizzazione mediata (titolarità e anzianità minima di servizio), la sussistenza dei quali comporta la sola idoneità ad aspirare alla quota di riserva, e presupposti generali per accedere al concorso nel cui ambito si sviluppa altresì il procedimento di stabilizzazione (requisiti generali ex art. 1 del DPR n. 483) la sussistenza dei quali costituisce in ogni caso elemento indefettibile che deve essere presente in capo a tutti i partecipanti (riservatari o meno) ». Tra i requisiti ordinari o generali di accesso alla procedura concorsuale per il reclutamento di Dirigenti di primo livello del S.S.N. rientra, appunto, il possesso dello specifico titolo di studio costituito dal diploma di specializzazione nella disciplina medica di riferimento, come previsto dal d.P.R. n. 483/1997.

1.2. Per gli appellanti, la decisione rileva una contraddizione di fondo tra premesse logiche e valutazioni conclusive.

Se si ammette, infatti, come ritenuto dal Tar, che la stabilizzazione costituisce istituto di carattere eccezionale e derogatorio delle ordinarie modalità di accesso al pubblico impiego, non può sostenersi che ad essa si applichi la disciplina ordinaria di cui al d.P.R. n. 483/1997.

La procedura di cui all’art. 20 comma 2 deve infatti essere intesa non già come una procedura concorsuale pubblica con “riserva di posti”, ma come una procedura concorsuale interamente dedicata ai precari suoi destinatari, sicché i presupposti per potervi accedere non possono essere altri che quelli previsti dalla legge (art. 20 comma 2), così come del resto si evince dalle circolari n. 3/2017 del Dipartimento della Funzione Pubblica e n. 322059/2018 della Regione Lazio, oltre che dalla delibera ASL n. 1186 del 2018, le quali fanno tutte esclusivo riferimento ai soli requisiti di cui all’art. 20 d.lgs. n. 75/2017.

1.3. Il Collegio ritiene che il motivo non possa essere accolto.

La procedura attivata ai sensi dell’art. 20 comma 2 del d.lgs. n. 75/2017 prevede una riserva di posti nell’ambito di una più ampia procedura concorsuale alla quale accedono soggetti precari e soggetti esterni, questi ultimi privi di un rapporto di lavoro (in essere o pregresso) con la pubblica amministrazione.

La specialità della procedura è quindi insita nella quota di riserva, percentualmente contingentata, destinata ai lavoratori non stabili.

1.4. Dalla disposizione di legge non si evince, al contrario, alcun elemento di specialità in relazione ai requisiti di accesso alla posizione di ruolo da ricoprire. Con riferimento al caso di specie, il possesso dei requisiti di cui all’art. 20, comma 2, cit. certamente permette l’accesso alla riserva di posti ma non esime i concorrenti dal munirsi degli ulteriori e più specifici titoli di ammissione che la normativa generale prevede per l’ottenimento di un posto a tempo indeterminato di Dirigente Medico.

1.5. Ne consegue che tanto gli esterni quanto i precari stabilizzandi devono osservare le medesimi condizioni di ammissione, pena, altrimenti, una evidente e immotivata sperequazione per effetto della quale la procedura riservata risulterebbe doppiamente derogatoria ai parametri di legge, assommando in favore dei suoi destinatari privilegiati un duplice vantaggio connesso, oltre che alla riserva dei posti, anche alla semplificazione dei titoli professionali di partecipazione.

Chiara è l’illegittima disparità di trattamento che verrebbe dunque a determinarsi tra coloro che possono partecipare al concorso, in quanto in possesso dei requisiti previsti dall’art. 20, comma 2, del d. lgs. 75/2017, e coloro che vi accedono dall’esterno.

1.6. L’impostazione perorata dai ricorrenti appare contrastante sia con i principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione;
sia con le regole di interpretazione restrittiva alle quali - per opinione unanime - deve soggiacere la lettura delle disposizioni in materia di procedure di stabilizzazione, stanti gli eccezionali elementi derogatori che le differenziano dal modello concorsuale ordinario.

1.7. La sola circostanza, poi, che l’indizione del concorso abbia fatto riferimento all’art. 20 comma 2 d.lgs. n. 75/2017 e quindi alle condizioni ivi riportate, non consente di ritenere che la ASL abbia inteso decampare dai requisiti ordinari previsti dalla legge per accedere ai ruoli dirigenziali di primo livello.

È evidente, infatti, che l’art. 20 individua uno schema minimo sulla cui base è possibile attivare la stabilizzazione, censendo categorie tipologiche generali di lavoratori precari che ad essa possono prendere parte, ed individuando generali condizioni minime di partecipazione da parte dei potenziali aspiranti. La disposizione, applicabile nei più diversificati ambiti del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, non ha (né può avere) invece la funzione di individuare i requisiti settoriali e specialistici richiesti nei diversi ruoli professionali suscettibili di stabilizzazione. Ne consegue che lo schema generale ricavabile dall’art. 20 deve essere integrato con le disposizioni normative di settore, imprescindibili ai fini delle individuazione dei requisiti di ingresso nei variegati ambiti lavorativi di interesse.

2. Le considerazioni sin qui svolte consentono di esaminare e respingere anche le deduzioni veicolate con il secondo e terzo motivo di appello.

2.1. Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno lamentato violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, per non essere state in alcun modo specificate dall’Azienda le ragioni della loro esclusione dalla procedura di stabilizzazione.

2.2. Il Tar ha respinto la censura osservando che “ la successiva delibera n. 1388 del 30 luglio 2018, nell’approvare l’allegato elenco degli ammessi alla procedura di stabilizzazione, richiama la predetta circolare regionale n. 322059 del 2018 nonché il DPR n. 483 del 1997 anche ai fini dei requisiti più generali da possedere onde accedere al suddetto meccanismo di stabilizzazione ”.

Secondo il Tar, il richiamo alla nota di indirizzo regionale ed al dPR del 1997 costituisce “ un sufficiente, seppure sintetico ed evincibile per relationem, substrato motivazionale, atteso che i richiami normativi sopra detti risultavano già idonei a sostenere la esclusione dei medesimi ricorrenti per carenza del prescritto titolo di studio (specializzazione in medicina e chirurgia d’urgenza ”.

2.3. Assumono al contrario gli appellanti, richiamando analoghe considerazioni già svolte nel primo motivo di appello, che lo stesso schema rinvenibile nella circolare regionale - pedissequamente applicato dall’Azienda anche nella successiva deliberazione n. 1388 del 30 luglio 2018 - fa riferimento al d.P.R. n. 483/1997 solo ed esclusivamente quanto a “ modalità e criteri di valutazione ”;
dal che si desume che i requisiti di accesso alla selezione riservata sono solo quelli elencati all’art. 20 del d.lgs. n. 75/2017.

Comunque, anche a voler diversamente opinare, il richiamo al d.P.R. citato non potrebbe in ogni caso costituire una motivazione della esclusione, neppure sintetica ed evincibile per relationem , in quanto la molteplicità di previsioni contenute nel testo normativo è tale che in alcun modo da un loro generico richiamo potrebbero comprendersi le ragioni per le quali l’Azienda è addivenuta alle determinazioni qui contestate.

2.4. In premessa va chiarito che il richiamo alla circolare regionale n. 322059 del 2018 è ripetuto sia nella deliberazione n. 1186/2018 di avvio della procedura di stabilizzazione (alla cui pag. 3 si legge: “ la circolare della Regione Lazio – Assessorato Sanità ed Integrazione Socio – Sanitaria prot. n. 0322059/2018, citata in precedenza, riporta i requisiti che il personale precario deve possedere al fine della stabilizzazione di cui al D.lgs. 75/2017 ”);
sia nella deliberazione n. 1388 del 30 luglio 2018 (alla cui pag. 3 si ribadisce che il personale precario deve possedere “ tutti i requisiti previsti dall’art. 20, co. 2, del D.Lgs. n. 75/2017 e dalla Circolare regionale prot. n. 0322059 del 31.05.2018 ”).

In entrambe le previsioni si fa riferimento ai “requisiti” necessari ai fini della stabilizzazione, dal che si desume trattarsi di condizioni di accesso alla procedura riservata.

A sua volta, la menzionata circolare, al punto 4.b, lett. e), in relazione alle procedure concorsuali da espletare in applicazione dell’art. 20, comma 2, del d. lgs. 75/2017, così recita: “ le procedure concorsuali riservate dovranno attenersi alle modalità ed ai criteri di valutazione previsti dal D.P.R. n. 220/2001 per il personale del comparto e dal D.P.R. n. 483/1997 per la Dirigenza ”.

Stesso duplice richiamo al d.P.R. n. 220/2001 e al d.P.R. n. 483/1997 figura alla pag. 3 della delibera n. 1388 del 30 luglio 2018.

2.5. Dall’insieme di tali disposizioni, appare chiaro che i requisiti elencati nel d.P.R. n. 483/1997 per l’ammissione alla qualifica dirigenziale, ivi incluso tra questi il diploma di specializzazione in medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza (o altro equivalente), sono stati integrati nel corpo dei titoli necessari ai fini dell’ammissione alla selezione. Trattandosi di una selezione per titoli, le ragioni delle esclusioni sono evincibili dal raffronto tra i titoli allegati e quelli elencati nel d.P.R. n. 483/1997, sicché non paiono apprezzabili i profili di carenza motivazionale lamentati dai ricorrenti.

2.6. Neppure degne di pregio appaiono le ulteriori deduzioni secondo cui il richiamo al d.P.R 483/1997 contenuto nella circolare della Regione Lazio n. 322059/2018 e conseguentemente nelle deliberazioni n. 1186/2018 e 1388/2018, si riferirebbe solo alle modalità ed ai criteri di valutazione contenuti in tale normativa e non anche ai requisiti previsti per l’accesso alla procedura concorsuale.

Si è già esposto che l’affermazione non trova pieno riscontro nel dato testuale delle due delibere, posto che esse fanno entrambe menzione dei “ requisiti che il personale precario deve possedere al fine della stabilizzazione ”.

In ogni caso, pur volendo accedere – come mera ipotesi di lavoro - alla tesi secondo cui il richiamo al d.P.R. 483/1997 contenuto nella circolare regionale sarebbe circoscritto alle modalità ed ai criteri di valutazione, rimarrebbe comunque ferma la necessità del requisito del possesso della specializzazione in Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza, posto che i parametri di valutazione espressamente richiamati all’art. 11 del medesimo d.P.R. presuppongono in primis la valutazione dei “ titoli di carriera ” che gli aspiranti Dirigenti del S.S.N. devono obbligatoriamente possedere;
e tra i requisiti previsti dall’art. 1 del d.P.R. 483/1997 è incluso il “ titolo di studio per l’accesso alle rispettive carriere ”.

Dunque, i requisiti refluiscono sui parametri di valutazione, che ai primi fanno riferimento.

2.7. In conclusione, la censura del difetto di motivazione del provvedimento di esclusione deve ritenersi infondata in relazione all'orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 2080/201) secondo il quale " il provvedimento di esclusione da un concorso per difetto di un requisito di ammissione ha natura di atto vincolato sia nell'an che nel quid e non richiede, quindi, una particolare motivazione se non l'indicazione del requisito mancante ", indicazione che, nel caso di specie, dal complessivo tenore del provvedimento impugnato (valutato in relazione agli atti presupposti) era chiaramente evincibile dai ricorrenti.

3. Il terzo motivo verte sul vizio di eccesso di potere che, sotto il profilo della contraddittorietà, affliggerebbe gli atti impugnati, per avere l’amministrazione in un prima fase (con la delibera n. 1186 del 10 luglio 2018) dato avvio alle procedure di stabilizzazione per “ tutto il personale precario ” senza distinzione alcuna, così autovincolandosi nei riguardi di tutti coloro che risultavano in possesso dei requisiti a tal fine prescritti (e tra questi anche gli odierni appellanti);
e per essere, successivamente, ritornata sui propri passi senza tuttavia esplicitare le motivazioni di questo cambio di indirizzo.

3.1. Secondo il Tar, non sussiste alcuna contraddittorietà nel modus agendi della ASL visto che, “ seppure in via implicita ed indiretta, il requisito dello specifico titolo di studio (specializzazione medicina d’urgenza) era comunque stato tenuto ben presente dalla intimata amministrazione sanitaria sin dalle prime battute, a partire ossia dalla adozione della delibera n. 1186 del 10 luglio 2018 ”, e ciò in quanto detta delibera “ prevedeva sì l’avvio delle procedure di stabilizzazione ma pur sempre nel rispetto di quanto previsto dalla richiamata circolare n. 322059 del 2018 nonché dal DPR n. 483 del 1997, quanto agli ulteriori requisiti di partecipazione (e dunque anche con riguardo al titolo specialistico in argomento) ”.

3.2. Sul punto, gli appellanti tornano a ribadire che la delibera n. 1186 cit. e tutti gli atti successivi dell’azienda (come pure la circolare regionale presupposta) hanno richiamato il d.P.R. n. 483/1997 limitatamente a modalità, tempi e criteri di valutazione, mentre, quanto ai requisiti di ammissione, sono stati richiamati solo quelli espressamente previsti dall’art. 20 cit..

3.3. L’affermazione trova confutazione nelle considerazioni svolte in relazione al secondo motivo di appello, alle quali per dovere di sintesi è qui sufficiente fare richiamo.

4. Il Tar, infine, ha dichiarato inammissibili le argomentazioni prospettate nella memoria depositata nell’interesse dei medici ricorrenti il 22.12.2018 per l’udienza di discussione del merito della causa fissata per il 15.1.2019.

4.1. Con esse si lamentava la violazione dell’art. 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 per avere l’ASL preteso il possesso della specializzazione nella specifica disciplina (medicina e chirurgia d’urgenza), nonostante esso non fosse previsto dalla legge. Si lamentava altresì l’irragionevolezza di una tale pretesa in quanto, essendo stato avviato il corso quinquennale di specializzazione soltanto nel 2009/2010, per i ricorrenti non sarebbe comunque stato possibile acquisire il titolo richiesto.

4.2. Secondo il giudice di primo grado, la deduzione avrebbe dovuto essere veicolata attraverso uno specifico mezzo di impugnazione, eventualmente esteso anche al contenuto della circolare regionale, rivelandosi, in difetto, inammissibile.

4.3. Obiettano gli appellanti che le argomentazioni esposte dalla difesa della ASL, dalle quali hanno tratto spunto le deduzioni testé riportate, non si configurano come un atto suscettibile di impugnazione, in quanto non costituiscono espressione di poteri di natura pubblicistica, ma mero esercizio del diritto di difesa.

Sarebbe giustificata anche la mancata impugnazione della circolare regionale, trattandosi di documento privo di un contenuto lesivo degli interessi degli odierni appellanti.

4.4. Il motivo non può essere accolto.

Per quanto si è esposto nei precedenti paragrafi, la chiara previsione evincibile dagli atti della selezione - nel senso dell’obbligo del possesso dei requisiti di cui al d.P.R. n. 483, e dunque anche del titolo specialistico, già a partire dalla delibera in data 10 luglio 2018 - avrebbe comunque imposto la formulazione di una apposita censura sin dall’atto introduttivo del primo grado di giudizio.

4.5. In ogni caso, la tesi svolta dagli appellanti non pare condivisibile neppure nel merito. Con essa si sostiene che il termine “ carriere ” indicato nell’art. 1 del d.P.R. cit. farebbe riferimento ai diversi “ ruoli ” presenti nel SSN (e quindi alle funzioni di tipo amministrativo, sanitario o tecnico a ciascuno di essi pertinenti) e non anche alle “discipline” (che caratterizzano le diverse tipologie dei reparti ospedalieri).

Dunque, nel richiedere il “ possesso del titolo di studio per l’accesso alle rispettive carriere ”, l’art. 1 intenderebbe riferirsi al diploma di laurea necessario per accedere ad ognuno dei diversi ruoli (quindi al diploma di laurea in Giurisprudenza per il ruolo amministrativo, ovvero al diploma di laurea in Medicina per il ruolo sanitario). Sarebbe invece improprio imporre - per l’accesso alla qualifica dirigenziale nel ruolo sanitario - il requisito del diploma di specializzazione, essendo a ciò sufficiente il diploma di laurea.

4.6. La tesi non persuade. Innanzitutto, il concetto di “ carriera ” è ampio e inclusivo di qualunque percorso professionale che si dipani dal primo accesso sino alle successive progressioni all’interno di un determinato ruolo del SSN.

4.7. In secondo luogo, l’argomentazione è in sé involuta in quanto, anche a voler intendere che le nozioni di “ carriera ” vada intesa nel senso restrittivo proposto dai ricorrenti, non si vede come da tale accezione possa trarsi l’ulteriore conseguenza della sufficienza del solo diploma di laurea per l’accesso ai ruoli dirigenziali;
né si spiega perché per “ titolo di studio ” dovrebbe intendersi solo ed esclusivamente il diploma di laurea.

4.8. Infine, è lo stesso d.P.R. n. 483/1997, all’art. 24 (curiosamente trascurato dalla parte appellante) a prevedere che costituiscono requisiti specifici di ammissione al concorso per il primo livello dirigenziale medico: a) la laurea in medicina e chirurgia; b) la specializzazione nella disciplina oggetto del concorso; c) l’iscrizione all'albo dell'ordine dei medici-chirurghi, attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto a quella di scadenza del bando.

Dunque, ogni eventuale dubbio sulla esatta interpretazione dell’art. 1 è superato dal chiaro e inequivocabile disposto dell’art. 24.

4.9. Nello stesso senso va inteso il comma 2 dell’art. 56 del medesimo d.P.R. (pure richiamato dalle parti in causa), il quale, nell’esentare dal possesso del titolo di specializzazione il solo “ personale del ruolo sanitario in servizio di ruolo alla data di entrata in vigore del presente decreto ”, indirettamente conferma la regola generale della necessità, in via ordinaria, di tale titolo di specializzazione.

4.10. In relazione ai temi di che trattasi, infine, non presenta rilevanza la previsione di cui all’art. 5 del d.P.R. n. 484/1997, richiamata dagli appellanti nella parte in cui equipara alla specializzazione disciplinare l’anzianità di servizio di una certa durata, così introducendo la possibilità di un requisito alternativo al possesso del diploma di specializzazione.

Si tratta, infatti, di disciplina riferita alle procedure di accesso al secondo livello dirigenziale, quindi ad ipotesi non pertinente al caso di specie sia perché connotata da natura non concorsuale ( ex multis , Cass. Sez. Unite, n. 3025/2017;
Cons. Stato, sez. III, n. 3025/2017), mentre è pacifico che la selezione alla quale hanno preso parte i ricorrenti è di tipo concorsuale;
sia perché riferita ad una tipologia di incarico dirigenziale diversa da quella qui controversa.

5. Quanto alla peculiarità della posizione dei Dirigenti Medici assegnati al Pronto Soccorso, data dal fatto che la specializzazione in Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza è stata istituzionalizzata in ambito universitario solo dall’anno accademico 2009/2010, occorre considerare che nulla impediva ai ricorrenti di munirsi, sia prima di iniziare a lavorare presso la ASL di Viterbo sia in concomitanza con i contratti di collaborazione, di un titolo equipollente a quello di specializzazione in Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza (si veda in tal senso la Tabella valevole per la verifica e la valutazione delle specializzazioni equipollenti per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale medico del servizio sanitario nazionale).

A fronte di ciò, non sussistono ragioni di peculiarità della posizione considerata tali da consentire di ritagliare su di essa, in via meramente interpretativa, un varco di esenzione dall’applicazione delle regole ordinarie;
né, per quanto sin qui esposto, può essere accolta la lettura del quadro regolativo della procedura avanzata dalla parte appellante, in quanto orientata nel senso, non accettabile in quanto contra legem , di rendere inutile, in termini generali o per una categoria specifica di soggetti, il possesso del titolo di specializzazione ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato nei ruoli della dirigenza medica.

6. In conclusione, l’appello è infondato e va respinto, il che consente di prescindere dalle eccezioni di inammissibilità del ricorso di primo grado riproposte dalla ASL.

7. Va invece estromessa la Regione Lazio, in quanto priva di legittimazione passiva rispetto agli atti gravati, estranei al suo raggio di competenza.

8. La peculiarità e la novità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.

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