Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-23, n. 202306169
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Pubblicato il 23/06/2023
N. 06169/2023REG.PROV.COLL.
N. 02857/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2857 del 2023, proposto da
-OMISSIS- in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dagli avvocati E C, M C e M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M C in Roma, via Giovanni Antonelli 49;
contro
Comune -OMISSIS- in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato R O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Condominio il -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. -OMISSIS- pubblicata il 20/01/2023, non notificata.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune -OMISSIS-
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2023 il Cons. Maria Stella Boscarino e uditi per le parti gli avvocati Lorenzo Coleine in delega dell'avv. Colarizi e R O;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società ricorrente appellante ha realizzato nel Comune -OMISSIS- un edificio residenziale, in virtù di concessione edilizia n.237 del 5 dicembre 1998 e variante n.28 del 15 febbraio 2001.
2. Ultimata la costruzione, il Comune, a seguito di una serie di sopralluoghi, riscontrava che lo spazio a parcheggio era stato di fatto incluso nell’area di pertinenza di uno dei fabbricati.
3. Di conseguenza, con ordinanza del 15 marzo 2002 n.20, prot. n. 3121, il Comune -OMISSIS- ingiungeva la demolizione di tali opere in quanto abusive, pronunciandosi altresì circa l’obbligo di realizzazione delle aree di parcheggio privato di uso pubblico.
4. Con sentenza -OMISSIS-, il T.A.R. Emilia Romagna adito dichiarava improcedibile il ricorso proposto contro l’ordinanza citata, essendo stata presentata da parte dei proprietari un’istanza di sanatoria per la recinzione abusiva.
5. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. -OMISSIS- accoglieva l’appello, avendo ritenuto sussistente l’interesse al ricorso e fondato il terzo motivo, relativo all’ordine di realizzare i parcheggi ingiunto con l’ordinanza di demolizione.
6. Nel frattempo, con ricorso avanti al T.A.R. per l’Emilia Romagna, sezione di Parma, il Comune -OMISSIS- agiva nei confronti della -OMISSIS-quali aventi causa della stessa società, per vedersi accertato il diritto dell’Ente locale alla realizzazione delle aree di parcheggio privato ad uso pubblico, della superficie di mq. 232,70, ed alla costituzione sulle stesse di una servitù permanente di uso pubblico.
7. Con sentenza n. -OMISSIS- il T.A.R. adito accoglieva la domanda di adempimento dell’obbligazione avente ad oggetto la costruzione delle aree di parcheggio privato ad uso pubblico come da tavola/planimetria richiamata dalla concessione edilizia in sanatoria n. 28 del 15 febbraio 2001, accertando il diritto dell’Amministrazione comunale all’esecuzione della relativa prestazione con conseguente condanna dei sigg. -OMISSIS-a provvedervi;il T.A.R., inoltre, disponeva, ai sensi dell’art. 2932 c.c., la costituzione sulla stessa area di una servitù di uso pubblico.
8. La decisione veniva confermata in appello con decisione n. -OMISSIS-, avverso la quale veniva proposto ricorso per revocazione.
9. Nelle more, gli odierni ricorrenti hanno proposto avanti a questo Consiglio ricorso per l’esecuzione della sentenza della Sez. VI, 9 dicembre 2020 n. 7794;premettendo di aver apposto sui due pilastri posti all’ingresso della loro proprietà dei cartelli contenenti l’invito a non parcheggiare nell’area e di aver ricevuto dal Comune -OMISSIS- ordinanze n. 31/2021 e n. 43/2021, volte alla rimozione dei cartelli, hanno chiesto a questo Consiglio l’(esatta) esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 dicembre 2020 n. 7794, asseritamente violata dalle ordinanze comunali n. 31/202 e n. 43/2021 citate.
10. Il Consiglio di Stato, VI Sezione, con la sentenza n. -OMISSIS-, oggetto del ricorso per revocazione in epigrafe, ha respinto il ricorso per ottemperanza e dichiarato improcedibile il ricorso incidentale proposto dal comune -OMISSIS-.
10.1. La decisione, dopo aver richiamato la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 5 maggio 2016 n. 1794 (ove si è affermato, testualmente, che “ l’omessa realizzazione del parcheggio costituisce una palese violazione del titolo abilitativo e costituisce un abuso edilizio insuscettibile di condono, perché impedisce la realizzazione di determinate opere di urbanizzazione primaria ”), ha rilevato che nella sentenza della Sezione n. -OMISSIS-non è stato escluso in assoluto l’obbligo di realizzazione del parcheggio, ma è stato sancito che lo stesso doveva avvenire attraverso l’utilizzo di strumenti diversi rispetto all’ordinanza di demolizione.
Nel caso di specie il ridetto obbligo è stato già imposto e soddisfatto con la realizzazione del parcheggio in conseguenza dell’accoglimento della domanda di accertamento da parte del T.A.R. per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, con la sentenza n. -OMISSIS- confermata in grado di appello con sentenza della Seconda Sezione del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, sicché “ l’ordine di rimozione adottato dal comune non contrasta con il giudicato afferente alla sentenza della Sezione n. -OMISSIS-, in quanto la statuizione in essa contenuta ha effetto limitato e perimetrato alla illegittimità dell’ordinanza di demolizione 15 marzo 2002 n. 20 e alla mancata definizione della successiva richiesta di sanatoria, peraltro riferiti ad una vicenda superata dagli eventi successivi. D’altronde, per ulteriore completezza, va sottolineato che il giudicato formatosi sulla sentenza della Seconda sezione del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- è (anche) successivo a quello formatosi sulla sentenza della Sesta Sezione del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-, di cui qui si chiede l’esecuzione. Infatti, la detta sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con ricorso per revocazione dichiarato inammissibile dalla Sezione seconda del Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS-;così che il relativo giudicato è comunque successivo a quello di cui alla citata sentenza n. -OMISSIS- ”.
11. Avverso la decisione sul giudizio di ottemperanza è stato proposto ricorso per revocazione.
11.1. Parte ricorrente anzitutto lamenta che la sentenza revocanda, in motivazione, richiama la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V del 5 maggio 2016 n. 1794, “ non pertinente con la fattispecie, in quanto ad altro si riferisce ”.
11.2. Vi sarebbe, poi, contrasto tra giudicati;le sentenze richiamate nella pronuncia revocanda sarebbero riferite a processi distinti.
11.3. La sentenza n. -OMISSIS-ha ritenuto che l’ordine di realizzare i parcheggi non sia consentito, sulla base del principio generalissimo di cui all’art. 23 della Costituzione, per cui non è vero, come obietta la pronuncia n. -OMISSIS-, che la statuizione contenuta nella sentenza n. -OMISSIS-“ ha effetto perimetrato alla illegittimità dell’ordinanza di demolizione 15 marzo 2002 n. 20 e alla mancata successiva richiesta di sanatoria ”, avendo invece affermato la inesistenza di una norma, che imponga d’imperio una siffatta specifica prestazione di fare.
Inoltre, non si comprenderebbe il richiamo alla richiesta di sanatoria, visto che l’ordinanza comunale non ne fa alcun cenno.
11.4. Il Comune si sarebbe anche sottratto all’ordine, “ nel riesaminare l’affare, di riconsiderare la fattispecie ”;riesame effettuato dalla sentenza revocanda, mentre il Comune non avrebbe tenuto un comportamento conforme a quello imposto dal giudicato.
11.5. Ove non si ritenesse sussistente il lamentato contrasto tra giudicati riferibile all’art. 395, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., si dovrebbe ritenere, comunque, presente l’ipotesi di errore di fatto di cui al n. 4 dell’art. 395 c.p.c.
La sentenza n.-OMISSIS-ha dedicato la sua assorbente attenzione al tema dei parcheggi;solo di riflesso facendo un accenno alla demolizione ingiunta con l’ordinanza del 15 marzo 2002. L’errore, dunque, sull’oggetto e portata della sentenza -OMISSIS-sarebbe evidente, finendo per essere un errore di fatto.
12. Il Comune intimato, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità delle censure revocatorie, non sussistendo alcun contrasto tra giudicati, data la prevalenza del giudicato che impone di realizzare il parcheggio, mentre il giudicato discendente dalla decisione n.-OMISSIS-è limitato alla ordinanza di demolizione del 2002.
Comunque, anche se vi fosse contrasto tra giudicati, prevarrebbe quello favorevole al Comune (n. 4829/2019) perché successivo.
Infatti, la sentenza n. -OMISSIS-(di cui la revocanda sentenza ha negato l’esecuzione del giudicato) è stata notificata al Comune il 17.12.2020 ed è passata in giudicato 60 giorni dopo;la sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con ricorso per revocazione dichiarato inammissibile dalla Sezione seconda del Consiglio di Stato con sentenza n. -OMISSIS- ed è passata in giudicato 6 mesi dopo, cioè il 19.7.2021, data dalla quale (art 107 c.p.a) non è più possibile alcuna impugnazione;così che il relativo giudicato è comunque successivo a quello di cui alla citata sentenza n. -OMISSIS-
12.1. Non sussisterebbe, inoltre, alcun errore di fatto.
In realtà la parte ricorrente tenta di contestare l'interpretazione data dalla sentenza agli atti causa, di fatto cercando di instaurare un terzo grado di giudizio.
13. Con memoria i ricorrenti hanno insistito nella propria prospettazione, adducendo che la sentenza n.-OMISSIS-ha affermato l’illegittimità dell’ordine di realizzare i parcheggi, mentre i motivi di gravame riferiti alla recinzione, oggetto anch’essa dell’originaria ordinanza demolitoria del 2002, non sono stati ritenuti suscettibili di considerazione autonoma.
Il Comune, inoltre, nel riesaminare l’affare avrebbe dovuto “riconsiderare l’intera vicenda”, ma tale riesame, nonostante la sua doverosità, non è stato effettuato.
Non potrebbe essere condivisa la tesi che il giudicato su una sentenza sia privo di definitività, perché suscettibile di essere azzerato nei suoi effetti da una sentenza successiva, che, nella fattispecie, non avrebbe, comunque, inciso sul principio di diritto affermato nella pregressa pronuncia.
14. Con memoria di replica i ricorrenti hanno insistito nelle proprie deduzioni, lamentando che la sentenza revocanda avrebbe ignorato il giudicato, cui avrebbe dovuto attenersi, e ne avrebbe travisato il contenuto, a discapito del principio di effettività della tutela giurisdizionale.
15. Anche il Comune ha presentato una memoria, insistendo nelle proprie deduzioni e chiedendo una congrua condanna alle spese legali.
16. Nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2023, esaurita la discussione orale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
17. Il Collegio ritiene il ricorso inammissibile.
17.1. In primo luogo, occorre ricordare che costituisce motivo di revocazione ai sensi dell'art. 395 n. 5 c.p.c. la circostanza che la sentenza (ovviamente quella oggetto di revocazione) sia “ contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione ".
Infatti, la giurisprudenza ha precisato come il motivo di revocazione previsto dall'art. 395 n. 5 c.p.c. sia configurabile solo quando, prima dell'emanazione della sentenza impugnata per revocazione, sia intervenuta un'altra sentenza che abbia deciso in senso contrario, con efficacia di giudicato, tra le stesse parti e sullo stesso punto oggetto della decisione adottata nella pronuncia successiva, sempreché quest'ultima non abbia pronunciato sull'eccezione di giudicato ( ex multis Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 09/07/2012, n.579).
Il che rende di per sé inammissibile il ricorso in epigrafe, laddove, a ben vedere, il denunciato contrasto tra giudicati, secondo la prospettazione della parte, sussiste non tanto tra la decisione oggetto di revocazione e la decisione n.-OMISSIS-, quanto, piuttosto, tra quest’ultima e la n. -OMISSIS-, posto che, come sostanzialmente lamenta parte ricorrente, quest’ultima ha affermato l’obbligo di realizzazione dei parcheggi escluso (in tesi) dalla n.-OMISSIS-in quanto contrario al principio generalissimo di cui all’art. 23 della Costituzione.
17.2. Il che, peraltro, non è.
17.2.1. L’ordinanza del 15 marzo 2002 n.20 aveva previsto, subito dopo l’ordine di demolizione delle opere, l’obbligo di realizzazione delle aree di parcheggio privato di uso pubblico e il relativo spazio di manovra;pertanto, ponendo a carico dei privati una specifica prestazione di fare.
Il giudice d’appello, con la decisione n.-OMISSIS-, richiamando il principio generalissimo di cui all’art. 23 della Costituzione, ha ritenuto che non si rinvenga nel sistema delle leggi urbanistiche una norma che consenta tale tipo di operazione, precisando però che “ Ciò non significa che ciò sia impossibile, ovvero non consentito dall’ordinamento;significa soltanto che per raggiungere tale risultato si devono impiegare strumenti diversi, di tipo contrattuale, ovvero quelli della convenzione urbanistica ovvero del titolo convenzionato: si conclude un accordo, di natura contrattuale, con il quale il privato si obbliga con l’amministrazione a realizzare le opere di interesse, tipicamente opere di urbanizzazione come i parcheggi per cui è causa;dell’obbligo assunto, è poi possibile ottenere l’adempimento coattivo con un’azione in tal senso, proposta in sede di giurisdizione esclusiva.
Nel caso di specie, però, il Comune ha invece emanato un’ordinanza, e un titolo convenzionato di questo tipo non si rinviene ”.
Risulta quindi evidente come la decisione abbia escluso la possibilità di imporre detta prestazione in via autoritativa mediante un’ordinanza di demolizione, lasciando impregiudicata la possibilità per l’Ente locale di dotarsi di un titolo idoneo all’ottenimento dell’opus.
17.2.2. E appunto con ricorso avanti al T.A.R. per l’Emilia Romagna, sezione di Parma, il Comune -OMISSIS-, nelle more, aveva agito nei confronti della -OMISSIS-quali aventi causa della stessa società, per l’accertamento del suo diritto alla realizzazione delle aree di parcheggio privato ad uso pubblico, della superficie di mq. 232,70, ed alla costituzione sulle stesse di una servitù permanente di uso pubblico;ciò a seguito dell’impegno all’effettuazione dei relativi lavori, giusta descrizione dei parcheggi nelle tavole progettuali, che la Italcasa Costruzioni Edili aveva assunto in occasione del rilascio dei titoli edilizi (concessione edilizia n. 237 del 5 dicembre 1998 e concessione edilizia in sanatoria n. 28 del 15 febbraio 2001).
Al riguardo, il Comune richiamava anche quanto previsto in materia di opere di urbanizzazione dall’art. 31 della legge n. 1150/1942 e dall’art. 12 del d.P.R. n. 380/2001, oltre che dalla normativa di piano in materia di parcheggi, e chiedeva la condanna di Italcasa Costruzioni Edili S.r.l. e dei suoi aventi causa all’esecuzione delle opere, l’adozione di una sentenza costitutiva della servitù e la condanna degli intimati al risarcimento dei danni.
Con sentenza n. -OMISSIS- il T.A.R. adito, ritenuta la giurisdizione, accoglieva la domanda di adempimento dell’obbligazione avente ad oggetto la costruzione delle aree di parcheggio privato ad uso pubblico come da tavola/planimetria richiamata dalla concessione edilizia in sanatoria n. 28 del 15 febbraio 2001, con conseguente accertamento del diritto dell’Amministrazione comunale all’esecuzione della relativa prestazione e conseguente condanna dei sigg. -OMISSIS-a provvedervi;disponeva, ai sensi dell’art. 2932 c.c., la costituzione sulla stessa area di una servitù di uso pubblico.
L’appello veniva respinto con decisione n. -OMISSIS- sulla base della seguente argomentazione:
“ pur in assenza della formalizzazione di una convenzione urbanistica, la manifestazione della volontà del privato di assumere un determinato impegno correlato al rilascio del titolo edilizio, sia pure consegnata agli allegati alla domanda di rilascio del titolo stesso, vincola il suo autore e fonda il nascere di una corrispondente obbligazione in capo al medesimo tutte le volte in cui l’amministrazione, in accoglimento della domanda, adotti il provvedimento richiesto conformemente, e subordinatamente, a quell’impegno ” precisando altresì che “ il progetto allegato alla domanda di rilascio di un titolo edilizio è inscindibilmente connesso alla domanda medesima perché ne definisce in concreto il contenuto, essendo il progetto l’atto documentale essenziale sul quale l’autorità è chiamata ad assumere le sue determinazioni ”.
17.3. Risulta, quindi, evidente che l’ambito di perimetrazione dei giudizi non sia sovrapponibile, poiché la sentenza n.-OMISSIS-si è pronunciata su un’ordinanza di demolizione che aveva anche imposto l’obbligo di realizzazione del parcheggio, statuendo che, in mancanza di un titolo, non fosse possibile adottare detto ordine mediante un provvedimento unilaterale.
Il giudizio conclusosi con la sentenza n. -OMISSIS- invece si è appunto occupato della costituzione in sede giurisdizionale di un titolo per la realizzazione coattiva dei parcheggi, ravvisando un preciso obbligo assunto dai richiedenti la concessione edilizia attraverso la previsione progettuale allegata alla domanda di concessione edilizia, e provvedendo alla costituzione di servitù.
Attività affatto esclusa dall’ambito operativo della sentenza n.-OMISSIS-
17.4. Oltre a non ravvisarsi un contrasto tra giudicati, per le ragioni sopra individuate, deve ulteriormente trarsi, da quanto fin qui precisato, una ulteriore ragione di inammissibilità dell’azione, in quanto il contrasto tra giudicati postula, per concorde giurisprudenza civile e amministrativa, l'identità di petitum e di causa petendi tra i due giudizi (cfr. Consiglio di Stato sez. II, 28/10/2022, n.9322;sez. VI, 23 agosto 2021, n. 5988: " occorre che tra i due giudizi vi sia perfetta identità, oltre che di soggetti, anche di oggetto, di modo che possa ritenersi sussistente una ontologica e strutturale concordanza fra gli estremi su cui debba esprimersi il secondo giudice e gli elementi distintivi della decisione emessa per prima, avendo questa accertato lo stesso fatto od un fatto ad esso antitetico (così, ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 19/04/2017, n. 1844;Cons. St., sez. IV, 24.9.2013, n. 4712 e 5 marzo 2015, n. 1124;Cons. St., VI, 26 maggio 2015, n. 2646) ";Cass., sez. II, ord. 3 dicembre 2021, n. 38230: " perché una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, e, quindi, essere oggetto di revocazione, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio, rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima, nel senso che la precedente sentenza deve avere ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad esso antitetico, non anche un fatto costituente un possibile antecedente logico, restando poi la contrarietà con la sentenza avente autorità di cosa giudicata ipotizzabile solo in relazione all'oggetto degli accertamenti in essa racchiusi ").
17.5. Identità che, per quanto fin qui esposto, non sussiste né tra le decisioni n. -OMISSIS- e n.-OMISSIS-(il cui ipotetico contrasto non sarebbe comunque denunciabile in questa sede) né tra quest’ultima e la decisione resa nel giudizio di ottemperanza oggetto di domanda di revocazione.
18. Infine, deve rilevarsi che, non essendo stato denunciato con il prescritto rimedio del ricorso per revocazione il lamentato contrasto tra le decisioni n. -OMISSIS- e n.-OMISSIS-, è la n. -OMISSIS- a prevalere, in quanto, come ricostruito dal Comune e dato atto nella stessa decisione n. -OMISSIS-, passata in giudicato successivamente.
19. Deve, parimenti, escludersi l’esistenza di alcun errore di fatto revocatorio.
19.1. Come recentemente riaffermato dalla Sezione (sentenze 15/5/2023, n.4838 e 2/2/2023, n. 1162), ai sensi degli artt. 106, comma 1, c.p.a. e 395, comma 1, n. 4), c.p.c., la revocazione è proponibile " se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa ".
Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e, in entrambi i casi, se il fatto non ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza di cui si chiede la revocazione si è pronunciata.
L'errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dalla norma richiamata pertanto deve: a) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l'esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile;b) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa;c) non cadere su di un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato;d) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, così da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;e) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo (cfr., e plurimis, Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2020, n. 434;sez. II, 24 settembre 2020, n. 5586;sez. III, 6 novembre 2020, n. 6842).
19.2. Infine, il rimedio revocatorio per errore di fatto risulta utilizzabile anche a fronte di un'omessa pronuncia su domande o eccezioni costituenti il thema decidendum . La condizione, tuttavia, perché possa ritenersi sussistente tale fattispecie deve conseguire all'esame della motivazione della sentenza nel suo complesso, senza privilegiare gli aspetti formali, cosicché essa è riferibile soltanto all'ipotesi in cui risulti non essere stato esaminato il punto controverso e non a quella in cui, al contrario, la decisione sul motivo d'impugnazione risulti implicitamente da un'affermazione decisoria di segno contrario ed incompatibile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2020 n. 225).
20. Applicando tali consolidati principi al caso di specie, il ricorso per revocazione risulta inammissibile, non essendo stato evidenziato dalla parte alcun errore revocatorio che rispetti i sopra richiamati indici.
21. La decisione n. -OMISSIS- ha correttamente rilevato che nella sentenza n. -OMISSIS-non è stato escluso in assoluto l’obbligo di realizzazione del parcheggio, ma è stato sancito che lo stesso doveva avvenire attraverso l’utilizzo di strumenti diversi rispetto all’ordinanza di demolizione;strumento di cui il Comune si è dotato attraverso la decisione del T.A.R. per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, con la sentenza n. -OMISSIS- confermata in grado di appello con sentenza della Seconda Sezione del Consiglio di Stato n. -OMISSIS-.
Peraltro, quanto alla menzione (contenuta nella sentenza revocanda) della decisione della sez. V, 5/5/2016, n.1794, si tratta di citazione assolutamente pertinente: tale decisione era intervenuta tra le stesse parti e concerneva l’appello avverso la decisione di primo grado formatasi sull’impugnazione (sempre relativamente al medesimo intervento edilizio) del rigetto della domanda di condono relativa all'installazione di un cancello, istanza respinta per essere il cancello preclusivo dell'accesso ai parcheggi privati di uso pubblico ivi previsti dal titolo edilizio.
Pronunciandosi in appello sulla vicenda in questione, la Sez. V rilevava “ da un lato che l'installazione del cancello -oggetto di uno dei condoni- concreta un'indebita interdizione dell'accesso ai parcheggi di uso pubblico previsti dalla concessione edilizia, mentre la mancata realizzazione dei parcheggi - oggetto dell'altra richiesta di condono - lungi dal costituire un'attività meramente omissiva- determina la mancata ottemperanza alle prescrizioni del titolo edilizio originario ” e che “ l'omessa realizzazione del parcheggio costituisce una palese violazione del titolo abilitativo e costituisce un abuso edilizio insuscettibile di condono, perché impedisce la realizzazione di determinate opere di urbanizzazione primaria. La circostanza, quindi, che i previsti parcheggi non siano stati realizzati coinvolge il fabbricato oggetto della concessione edilizia, inficiandone la regolarità in ragione della carenza di una parte delle opere di urbanizzazione ad esso collegate;onde la domanda di condono, lungi dal limitarsi alle opere rimaste inattuate, avrebbe dovuto investire il complessivo intervento edilizio, di cui la parte mancante rappresenta un elemento costitutivo “.
Dunque, risulta evidente come la decisione del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- si ponga in linea con l’orientamento emerso nella statuizione n.1794/2016, nell’affermare la doverosità ed indispensabilità del rispetto dell’obbligo di realizzazione dei parcheggi, di guisa che il richiamo di tale ultima decisione nella sentenza n. -OMISSIS- appare del tutto pertinente, ed evidentemente volto a riaffermare il più volte sancito obbligo, cui la parte ricorrente insiste a tentare di sottrarsi.
D’altra parte, la giurisprudenza ha chiarito come sia inammissibile per difetto di interesse il ricorso per revocazione se l'errore in cui sarebbe incorso il giudice è contenuto in un obiter dictum , non essenziale ai fini della decisione resa in dispositivo, in quanto, quand'anche fosse confermata la sussistenza del dedotto errore revocatorio, ciò non potrebbe condurre a una riforma della sentenza in senso favorevole al ricorrente, attenendo ad un profilo non rilevante ai fini della decisione (Consiglio di Stato sez. III, 15/12/2021, n. 8377).
22. Per il resto, la parte non evidenzia alcun errore revocatorio secondo gli indici riconosciuti dalla giurisprudenza, mirando ad ottenere una revisione di terzo grado sulla sentenza emessa nel giudizio di ottemperanza.
In proposito, è consolidato l'indirizzo giurisprudenziale per cui non può giustificare la revocazione una contestazione sull'attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall'erronea percezione del contenuto dell'atto processuale, in cui si sostanzia l'errore di fatto;di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare l’errore di giudizio, investendo per sua natura l'attività valutativa e interpretativa del giudice.
In questo caso, il mezzo in esame sarebbe comunque sostanzialmente rivolto contro un’interpretazione giuridica (pretesa) errata (in ordine alla portata del giudicato oggetto del giudizio di ottemperanza ed in merito alla prevalenza del giudicato successivo rispetto il precedente), fattispecie del tutto estranea all'ambito dei vizi rilevanti nel giudizio di revocazione.
23. Per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
24. Le spese della presente fase di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.