Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-21, n. 201604849

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-21, n. 201604849
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201604849
Data del deposito : 21 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/11/2016

N. 04849/2016REG.PROV.COLL.

N. 01859/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1859 del 2014, proposto da:
V M, rappresentato e difeso dagli avvocati M D e P F M, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Mordini, 14;

contro

Comune di Castelnuovo di Porto, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato P P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere dei Mellini, 24;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Rossella S, rappresentato e difeso dagli avvocati Alvise Vergerio Di Cesana e Federico Mazzella, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 1;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione I- quater .


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castelnuovo di Porto e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Rossella S;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 settembre 2016 il Cons. V L e uditi per le parti gli avvocati Damiani, Pittori, Mazzella e l’avvocato dello Stato Pucciariello.


FATTO e DIRITTO

1.– Il Comune di Castelnuovo di Porto, con ordinanza n. 6850 del 2013, ha accertato la realizzazione di talune opere abusive in un immobile, individuando come destinatari dell’ordine « la sig. V M nella qualità di proprietaria;
la sig. Serena Molli in qualità di proprietaria;
la sig. Rossella S nella qualità di occupante compromissaria dell’immobile
».

Nell’inerzia delle proprietarie, la sig. S ha ottemperato al predetto ordine, ripristinando lo stato dei luoghi.

La sig. Molli Veronica, in data 13 agosto, ha presentato ricorso straordinario al capo dello Stato, impugnando l’atto di demolizione e facendo valere motivi di illegittimità riproposti in sede di appello e riportati nei successivi punti.

Il Comune, in data 18 ottobre 2013, ha irrogato, alle destinatarie dell’ordinanza di demolizione, una sanzione pecuniaria di euro 6.500,00, in relazione a talune opere per le quali la sig. S aveva fatto presente la oggettiva impossibilità di riduzione in pristino.

A seguito di opposizione il suddetto ricorso è trasposto in sede giurisdizionale innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 24 gennaio 2014, n. 9410, ha dichiarato il ricorso inammissibile per mancato avviso di deposito dell’avvenuta costituzione nel termine perentorio di sessanta giorni previsto dall’art. 10 del d.p.r. n. 1199 del 1971.

3.– La ricorrente in primo grado ha proposto appello.

3.1.– Si sono costituite in giudizio le parti intimate, chiedendo il rigetto dell’appello.

3.2.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica di trattazione del 29 settembre 2016.

4.– L’appello non è fondato.

5.– Con un primo motivo, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto inammissibile l’atto di trasposizione del ricorso straordinario. In particolare, si è affermato che la norma non contemplerebbe un autonomo obbligo di comunicazione dell’avviso di deposito.

Il motivo è fondato.

L’art. 10 del d.p.r. n. 1199 del 1971 prevede che: « I controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale. In tal caso, il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai controinteressati e il giudizio segue in sede giurisdizionale ».

Questo Consiglio, con orientamento che la Sezione condivide, ha ritenuto che: « secondo un’interpretazione non rigidamente ancorata al dato testuale, ma rispettosa della ratio dell’art. 48 c.p.a., deve ritenersi che il deposito in segreteria, nel termine perentorio di sessanta giorni, dell’atto di riassunzione in giudizio della parte ricorrente (cui è stato notificato l’atto di opposizione), che richiama nel suo integrale contenuto il ricorso straordinario e da cui si evinca chiaramente la volontà di insistere nell’impugnazione in sede giurisdizionale, debba ritenersi rituale, essendo rispettati i termini e, nella sostanza, gli adempimenti richiesti, anche se non nella stretta sequenza prevista dalla norma processuale, ovvero deposito e notifica di “avviso” alla controparte” » (Cons. Stato, sez. III, 21 aprile 2016, n. 2830).

Nella fattispecie in esame, risulta che entrambi gli adempimenti (notificazione e deposito) sono stati posti in essere nel termine perentorio di sessanta giorni, con conseguente erroneità della sentenza che ha dichiarato inammissibile il ricorso.

6.– Con ulteriore motivo, non esaminato dal primo giudice, l’appellante ha rilevato l’illegittimità dell’ordine di demolizione nella parte in cui esso ha incluso tra i suoi destinatari anche la promissaria acquirente dell’immobile, nella sua qualità di « occupante compromissaria dell’immobile ». In particolare, si è dedotto che tale non consentita individuazione del destinatario dell’atto amministrativo avrebbe legittimato la sig. S a presentare un progetto e ad effettuare interventi di trasformazione edilizia dell’immobile con « scelte architettoniche e strutturali di esclusiva spettanza del titolare ».

Il motivo non è fondato.

L’art. 31 del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) prevede che, nel caso in cui, tra l’altro, sono stati eseguiti interventi edilizi senza la prescritta autorizzazione, l’amministrazione ingiunge « al proprietario e al responsabile dell’abuso » la demolizione dell’opera eseguita.

La giurisprudenza amministrativa ha già avuto modo di affermare che nella nozione di « responsabile dell’abuso » rientri non solo chi ha posto in essere materialmente la violazione contestata ma anche chi ha la disponibilità dell’immobile e che, pertanto, « quale detentore e utilizzatore, deve provvedere alla demolizione restaurando così l'ordine violato » (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 ottobre 2015, n. 4880, sia pure con riferimento ad una fattispecie diversa da quella in esame).

Alla luce di quanto esposto, essendo incontestato che la sig. S, al momento della comunicazione dell’ordine di demolizione, avesse la disponibilità dell’immobile, in ragione della stipula di un contratto preliminare, la stessa è stata legittimamente inclusa tra i destinatari del provvedimento impugnato.

Né varrebbe rilevare, come ha fatto l’appellante, che la promissaria acquirente ha effettuato interventi diversi da quelli prescritti dall’autorità pubblica, trattandosi di una deduzione genericamente prospettata e comunque rilevante nei rapporti di diritto privato tra le parti del contratto preliminare ovvero, sul piano pubblicistico, ai fini dell’accertamento dell’esatta esecuzione dell’ordine di demolizione.

7.– Con l’ultimo motivo, l’appellante ha dedotto che la determinazione 18 ottobre 2013, n. 15206 sarebbe illegittima, in quanto non sarebbero chiari i presupposti di fatto e di diritto che legittimerebbero la sua adozione e, in particolare, non sarebbe dato sapere « quali opere sono state autorizzate in sanatoria, (…) quali sono state riconosciute conformi, (…) né in relazione a quali opere abusive è stato determinato l’ammontare della sanzione ».

Il motivo è inammissibile per genericità. Non si comprende, inoltre, quale sia l’interesse dell’appellante a contestare una parte del provvedimento impugnato che ha irrogato una sanzione pecuniaria che è stata corrisposta dalla compromissaria acquirente. In ogni caso, dall’analisi del contenuto dell’atto emerge, con sufficiente chiarezza, la volontà dispositiva dell’amministrazione in relazione ad interventi espressamente indicati.

8.– Per le ragioni sin qui esposte l’appello è infondato, con conseguente rigetto del ricorso di primo grado sia pure per ragioni diverse da quelle sostenute dal primo giudice.

9.– La natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

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