Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-05-26, n. 201502611

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-05-26, n. 201502611
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502611
Data del deposito : 26 maggio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06458/2014 REG.RIC.

N. 02611/2015REG.PROV.COLL.

N. 06458/2014 REG.RIC.

N. 07001/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6458 del 2014, proposto da Italia Nostra Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A P e A F, con domicilio eletto presso l’avvocato A P in Roma, cia degli Scipioni, n. 268;

contro

la Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L B e F C, con domicilio eletto presso l’avvocato M C in Roma, via Antonio Mordini, n. 14;

nei confronti di

la s.p.a. Enel Green Power, in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Grassi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Barberini, n. 12;
WWF Italia - Associazione Italiana per il World Wild Fund for Nature Onlus, Associazione Forum Ambientalista, Comunità Dzogchen;



sul ricorso numero di registro generale 7001 del 2014, proposto da Wwf Italia - Associazione Italiana per il World Wild Fund for Nature Onlus, nonché dalla Associazione Forum Ambientalista, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Sergio Nunzi, con domicilio eletto presso l’Onlus Wwf Italia in Roma, via Po, n. 25/C;

contro

La Regione Toscana, rappresentata, difesa e domiciliata come sopra;

nei confronti di

La s.p.a. Enel Green Power, rappresentata, difesa e domiciliata come sopra;
Italia Nostra Onlus e i signori Gaetano Bruno e Franca Franchini;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Toscana, Sezione II, n. 107/2014, resa tra le parti, concernente una pronuncia di compatibilità ambientale e una autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di una centrale geotermoelettrica.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana e della s.p.a. Enel Green Power;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 marzo 2015 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati A F, F C, Stefano Grassi e Sergio Nunzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 La s.p.a. Enel Green Power inoltrava alla Regione Toscana in data 25 novembre 2005 un’istanza di pronuncia sulla compatibilità ambientale del progetto per la costruzione e l’esercizio di una centrale geotermica denominata Bagnore 4 (di seguito, «la Centrale»), nell’ambito della concessione di coltivazione Bagnore sita nei comuni di Santa Fiora e Arcidosso, depositando il progetto definitivo e lo studio di impatto ambientale.

All’esito della complessa istruttoria procedimentale, la Giunta regionale, con la deliberazione n. 810 del 10 settembre 2012, ritenendo di condividere le conclusioni raggiunte nel verbale della conferenza di servizi, esprimeva la pronuncia positiva di compatibilità ambientale sul progetto della Centrale.

2 Avverso tale atto proponevano ricorso al T.A.R. per la Toscana gli enti WWF Italia - Associazione Italiana per il World Wild Fund For Nature - Onlus, Italia Nostra Onlus e Associazione Forum Ambientalista, chiedendone l'annullamento.

Il ricorso era affidato a dodici motivi, così sunteggiati dal Giudice di prime cure.

« 1. Violazione dell'art. 3 della Direttiva 85/337CE, dell'art. 2, comma 2, della l. reg. n. 79/1998, dell’art. 2, l. n. 36 / 1994, dell’art. 3, l. 183/1989, dell’art. 144 d.lgs. n. 152/2006 e del protocollo d'intesa per la definizione del bilancio idrico dell'acquifero dell’Amiata. Eccesso di potere per carente istruttoria derivante dalla persistente assenza della definizione del bilancio idrico ora ricordato.

2. Eccesso di potere per carente, contraddittoria e perplessa istruttoria e conseguente difetto di motivazione sulla mancata contrazione del possibile collegamento tra la falda acquifera e quella sottostante del bacino geotermico. Violazione dell’art. 301 d.lgs. n. 152/2006.

3. Violazione dell'art. 3 della Direttiva 85/337CE, dell'art. 2, della l. reg. n. 79/1998, e dell'allegato C punti a) ed e), nonché dell'art. 32 della Costituzione. Eccesso di potere per carente, perplessa e contraddittoria istruttoria sulla valutazione di impatto del progetto sulla salute dei cittadini.

4. Violazione dell'art. 3 della Direttiva 85/337CE, della nota 1 al num. 4 dell'allegato IV della medesima direttiva e del num. 5 della lettera g) dell'allegato C, della l. reg. n. 79/1998. Eccesso di potere per carente istruttoria in punto di valutazione cumulativa dell'impatto ambientale del progetto.

5. Violazione ed errata applicazione dell'art. 13 e della lettera a) dell'allegato C, della l. reg. n. 79/1998. Eccesso di potere per carente istruttoria derivata dall'assenza di descrizione delle condizioni iniziali dell'ambiente per alcuni fattori.

6. Violazione dell'art. 6 della Direttiva 94/43/CEE e dell'art. 5 del d.p.r. n. 157/1997 in relazione all'allegato G. Assenza della valutazione di incidenza. Eccesso di potere per carente istruttoria e carente motivazione sulla valutazione di incidenza.

7. Violazione dell'art. 3 della Direttiva 85/337CE, e degli artt. 2, 16 e 18 della l. reg. n. 79/1998. Eccesso di potere per carente istruttoria per il rinvio, a dichiarazione di compatibilità ambientale già adottata, degli accertamenti o monitoraggi necessari alla valutazione di impatto ambientale.

8. Violazione ed errata applicazione della deliberazione di Giunta regionale 22 marzo 2010 n. 244 ed in particolare della tabella 4.3 sui limiti di emissione dell'ammoniaca e del mercurio. Violazione e mancata applicazione del protocollo ENEL - Regione Toscana del 2007 e dell'accordo volontario attuativo del 2009. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione.

9. Violazione degli artt. 6 e 8 della Direttiva 85/337/CE, dell'art. 10 della legge n. 241/1990 e dell'art. 24 d.lgs. n. 152/2006. Eccesso di potere che carenza di istruttoria e di motivazione per omessa risposta alle osservazioni presentate dai cittadini e dalle associazioni. Violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990.

10. Violazione dell'art. 14, co. 2, della legge n. 241/1990 e dell'art. 8, co. 2 della l. reg. n. 79/1998. Eccesso di potere che carenza di istruttoria per l'assenza nella conferenza di servizi dell'Autorità di bacino del Fiume Tevere e illegittimità derivata della deliberazione n. 810.

11. Eccesso di potere per carente, perplessa e contraddittoria istruttoria sulla migliore tecnologia per abbattere le emissioni pericolose.

12. Violazione ed errata applicazione dell'art. 2 con riferimento all'art. 13 della l. reg. n. 79/1998 e all'allegato C, lett. c). Eccesso di potere per carente istruttoria ».

Si costituivano in giudizio, in resistenza all’impugnativa, la Regione Toscana ed Enel Green Power.

3 Nelle more la stessa Regione, dopo una conferenza di servizi per la verifica dell'ottemperanza alle prescrizioni imposte con la delibera n. 810/2012 da adempiere prima del rilascio dell'autorizzazione, con la determinazione dirigenziale 21 dicembre 2012, n. 6066, rilasciava l'autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio della Centrale.

Le ricorrenti con motivi aggiunti depositati il 21 marzo 2013 impugnavano quindi anche tale atto, deducendo i seguenti mezzi.

a) la violazione dell'art. 7 d.lgs. n. 22/2010, eccesso di potere per errore su un presupposto di fatto, difetto di istruttoria e sviamento, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento;

b) illegittimità derivata da quella della pronuncia favorevole di VIA di cui alla delibera della Giunta regionale 10 settembre 2012, n. 810;

c) violazione dell’art. 18, co. 3, l. reg. n. 79/1998 e della deliberazione di Giunta regionale 2 aprile 2001, n. 356, incompetenza, eccesso di potere per difetto di presupposti, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, sviamento, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento.

Sui vizi propri della determinazione dirigenziale 21 dicembre 2002, n. 6066:

aa) violazione dell’art. 18, co. 3, l. reg. n. 79/1998 e della deliberazione di Giunta regionale 2 aprile 2001, n. 356, incompetenza, eccesso di potere per difetto di presupposti, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, sviamento, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento, dell’art. 12 d.lgs. n. 387/2003, degli artt. 11, 12 e 13 della l. reg. n. 39/2005 e degli artt. 14 e segg. della legge n. 241/1990.

bb) violazione dell’art. 18, co. 3, l. reg. n. 79/1998 e della deliberazione di Giunta regionale 2 aprile 2001, n. 356, incompetenza, eccesso di potere per difetto di presupposti, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, sviamento, violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento, degli artt. 14 e segg. della legge n. 241/1990, dell’art. 3 ter d.lgs. n. 152/2006, dei principi di precauzione e prevenzione dei danni alla salute e all'ambiente;

cc) violazione dell’art. 12 d.lgs. n. 387/2003 e del decreto ministeriale 10 settembre 2010 recante linee guida nazionali sull'autorizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché degli artt. 14 e segg. della legge n. 241/1990, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. violazione dei principi di correttezza e imparzialità dell'azione amministrativa, dell’art. 17 del d.P.R. 26 novembre 2007, n. 233, dell’art. 12 del Piano di assetto idrogeologico del Fiume Flora, dell’art. 4 della legge n. 1684 del 25 novembre 1962, dell’art. 107 d.lgs. n. 267/2000, dell’art. 2 del d.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37, e dell’art. 3 del d.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, dell’art. 84 del d.lgs. n. 624/1996;

dd) eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione dei principi di correttezza imparzialità dell'azione amministrativa, violazione, sotto ulteriori profili, dell’art. 12 d.lgs. n. 387/2003, dell’art. 12 della l. reg. n. 39/2005, dell’art. 14 bis della legge n. 241/1990, dell’art. 18 della l. reg. n. 79/1998 e dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 3 ter d.lgs. n. 152/2006, dei principi di precauzione e prevenzione dei danni alla salute e all’ambiente;

ee) violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, violazione dei principi di correttezza imparzialità dell'azione amministrativa, dell’art. 3 ter d.lgs. n. 152/2006, dei principi di precauzione e prevenzione dei danni alla salute e all’ambiente;

ff) violazione dell’art. 12, comma 8, della l. reg. n. 39/2005, della delibera GRT 10 marzo 2008, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, violazione dei principi di correttezza imparzialità dell'azione amministrativa, dell’art. 3 ter d.lgs. n. 152/2006, dei principi di precauzione e prevenzione dei danni alla salute e all’ambiente;

gg) violazione dell’art. 3, co. 11, d.lgs. n. 22/2010, dell’art. 33 l. reg. n. 78/1998, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, violazione dei principi di correttezza imparzialità dell'azione amministrativa, dell’art. 3 ter d.lgs. n. 152/2006, dei principi di precauzione e prevenzione dei danni alla salute e all’ambiente;

hh) violazione degli artt. 22 e segg. della legge n. 241/1990, dell’art. 7, l. reg. n. 40/2009, del d.lgs. n. 195/2005, dell’art. 71 d.P.R. 7 maggio 1991, n. 195, dell’art. 39 l. n. 613/1967, eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria.

Intervenivano ad adiuvandum a sostegno delle ragioni delle ricorrenti la Comunità Dzogchen, nonché i sigg. V A, M P, L G, S B, E S, A G, C G, M P, A C, C M, N N e M C R.

4 All’esito del giudizio il T.A.R. adìto, con la sentenza n. 107/2014 in epigrafe, dopo avere disatteso le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle resistenti difese, nel merito di causa così statuiva: respingeva l’originario ricorso introduttivo avverso la pronuncia di compatibilità ambientale, ritenendone infondati i motivi;
accoglieva invece uno dei motivi aggiunti, assorbendo i residui, e per l’effetto annullava la determinazione dirigenziale n. 6066 del 2012 di autorizzazione unica alla costruzione ed esercizio della Centrale.

Il provvedimento autorizzatorio veniva difatti ritenuto viziato sotto il profilo dell’eccesso di potere per difetto di presupposti e di motivazione, « mancando le condizioni normativamente prescritte per il rilascio dell’autorizzazione unica, senza che siano state esternate le ragioni per le quali si è ritenuto di prescindere dalla puntuale verifica dell’ottemperanza delle prescrizioni impartite in sede di VIA, con un evidente sconfinamento dei poteri attribuiti dalla legge all’autorità amministrativa ».

5 Seguiva la proposizione avverso tale sentenza dei due separati appelli in epigrafe da parte delle associazioni Italia Nostra, da un lato, e WWF Italia, nonché Associazione Forum Ambientalista, dall’altro, le quali riproponevano le loro iniziali doglianze e sottoponevano a critica gli argomenti con cui il Tribunale le aveva disattese. Le appellanti reiteravano, inoltre, i motivi aggiunti che il primo Giudice aveva assorbito. L’associazione Italia Nostra, infine, insisteva sulla pregressa impugnativa del diniego di accesso, dolendosi che su di essa il T.A.R. non si è pronunciato.

Resistevano agli appelli Enel Green Power e la Regione Toscana.

Le appellate eccepivano l’inammissibilità e l’improcedibilità della riproposizione avversaria dei motivi aggiunti avverso l’autorizzazione unica del 21 dicembre 2012, in quanto tale atto ormai è stato definitivamente annullato dal T.A.R. e, oltretutto, sostituito dalla nuova autorizzazione unica rilasciata per la Centrale con provvedimento n. 570 del 20 febbraio 2014.

Enel Green Power, inoltre, proprio sul rilievo che nelle more la Regione aveva emesso la nuova autorizzazione unica n. 570/2014, e questa era rimasta inoppugnata, eccepiva più ampiamente l’integrale improcedibilità degli appelli.

La Regione eccepiva, infine, l’inammissibilità di taluni singoli motivi degli appelli (l’ottavo e il decimo del WWF – Forum Ambientalista;
il primo di Italia Nostra), come pure quella delle nuove produzioni documentali avversarie, siccome effettuate in violazione del divieto di nova vigente per il secondo grado di giudizio.

La appellate deducevano altresì in modo analitico l’infondatezza nel merito dei motivi di appello.

Nel prosieguo la difesa del WWF riduceva i motivi a base della propria impugnazione, riformulandone alcuni e rinunziando ai residui, e la difesa dell’altra appellante presentava uno scritto di sintesi.

Le appellanti replicavano inoltre alle eccezioni ed alle deduzioni avversarie, insistendo sulle proprie censure per l’accoglimento dei rispettivi gravami.

Anche le appellate depositavano degli scritti di replica.

Alla pubblica udienza del 10 marzo 2015 le cause sono state congiuntamente discusse e trattenute in decisione.

6 Osserva in via preliminare la Sezione che occorre disporre la riunione degli appelli in esame, siccome proposti avverso la stessa sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 96, comma 1, CPA.

7 Gli appelli risultano improcedibili, come è stato eccepito dalla difesa della soc. Enel Green Power, per essere rimasta inoppugnata la rinnovata autorizzazione unica rilasciata per la Centrale con provvedimento n. 570 del 20 febbraio 2014 dopo l’annullamento, da parte del T.A.R., del precedente titolo autorizzatorio n. 6066 del 2012.

7a L’autorizzazione del 2012 è stata integralmente annullata dalla sentenza in epigrafe (che non ha formato oggetto di gravame quanto alla statuizione di annullamento) a seguito dell’accoglimento del motivo aggiunto con il quale le attuali appellanti avevano censurato il fatto che alcune delle ‘prescrizioni’ imposte dalla pronuncia di VIA (in particolare, le nn. 17, 18 e 19) fossero state di fatto disapplicate al fine di consentire il rilascio dell’autorizzazione, assentita senza una puntuale verifica preventiva dell’avvenuta ottemperanza alle prescrizioni stesse.

Dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, la soc. Enel Green Power ha fatto, tuttavia, una sollecita istanza di rilascio di una nuova autorizzazione unica, allegando che le ‘prescrizioni’ della VIA nel frattempo erano state comunque ottemperate.

La Regione Toscana, rilevando che il procedimento autorizzatorio pregresso poteva essere rinnovato con la correzione del vizio riscontrato dal T.A.R., mentre sotto ogni altro profilo si poteva ritenere ancora rilevante la precedente istruttoria, dopo la conferenza di servizi del 7 febbraio 2014 ha appunto rilasciato, con determinazione del successivo 20 febbraio 2014, la successiva autorizzazione unica, sulla cui base la nuova Centrale è stata, infine, effettivamente costruita.

7b A fondamento dell’eccezione in esame la soc. Enel Green Power si richiama, in primo luogo, al principio per cui l’avvenuta impugnazione di un atto presupposto (quale nella specie la VIA) permette di soprassedere al gravame contro l’atto a valle unicamente quando questo secondo abbia carattere meramente esecutivo del primo, sì che l’eventuale annullamento dell’atto presupposto sia in grado di provocare una caducazione automatica dell’atto consequenziale.

Nel caso in cui, invece, quest’ultimo non costituisca una conseguenza inevitabile dell’atto precedente, ma la sua adozione implichi nuove valutazioni di interessi, mancano le condizioni per un effetto c.d. caducante, e perciò l’avvenuta impugnazione dell’atto presupposto non esime dall’onere di impugnare anche l’atto successivo.

E il Collegio deve dare atto, invero, che il consolidato insegnamento giurisprudenziale è proprio nel senso che in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto deve distinguersi tra invalidità a effetto caducante e invalidità a effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto consequenziale, anche quando questo non sia stato impugnato, mentre nel secondo caso l'atto conseguenziale è affetto solo da illegittimità derivata, e pertanto resta efficace ove non impugnato nel termine di rito.

La prima ipotesi, quella appunto dell’effetto caducante, ricorre nella sola evenienza in cui l'atto successivo venga a porsi nell'ambito della medesima sequenza procedimentale quale inevitabile conseguenza dell'atto anteriore, senza necessità di ulteriori valutazioni, il che comporta, dunque, la necessità di verificare l'intensità del rapporto di conseguenzialità tra l'atto presupposto e l'atto successivo, con riconoscimento dell'effetto caducante qualora tale rapporto sia immediato, diretto e necessario, nel senso che l'atto successivo si ponga, nell'ambito dello stesso contesto procedimentale, come conseguenza ineluttabile rispetto all'atto precedente, senza necessità di nuove valutazioni di interessi (cfr., tra le tante: C.d.S., Sez. V, 20 gennaio 2015, n. 163;
IV, 6 dicembre 2013, n. 5813, 13 giugno 2013, n. 3272, e 24 maggio 2013, n. 2823;
VI, 27 novembre 2012, n. 5986;
VI, 5 settembre 2011, n. 4998;
V, 25 novembre 2010, n. 8243).

7c La società appellata, applicando lo schema astratto così delineato, deduce come i rapporti tra la VIA e l’autorizzazione unica siano disciplinati in modo tale che l’esito della prima non determina in modo assoluto la seconda, ma assume valore se e in quanto questa a seguito di un’ulteriore istruttoria lo abbia recepito. Da qui l’insussistenza dei presupposti per rinvenire nella fattispecie concreta la possibilità di un effetto caducante a carico dell’autorizzazione rimasta inoppugnata.

Anche questo passaggio logico è meritevole di adesione.

In effetti si deve osservare che tanto l’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 (cfr. in particolare il suo comma 4) quanto gli artt. 12 (v. specialmente il comma 6) e 13 della L.R. n. 39/2005 fanno della valutazione di impatto ambientale solo, in pratica, un contributo, per quanto importante, nell’ambito della più ampia prospettiva valutativa del “procedimento unico” destinato a sfociare nel conferente titolo autorizzatorio (si veda anche il punto 14.13 delle Linee guida del D.M. 10 settembre 2010, che indica che gli esiti delle procedure di verifica di assoggettabilità o di valutazione di impatto ambientale sono contenuti in provvedimenti che “ confluiscono nella conferenza dei servizi ”).

Poiché, quindi, la pronuncia sulla compatibilità ambientale non esaurisce le valutazioni cui la Regione è chiamata ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica, si conferma l’insussistenza dei presupposti di un ipotetico effetto caducante a carico del titolo autorizzatorio non impugnato.

La difesa del WWF, per la verità, contesta questa conclusione, assumendo l’applicabilità nel caso di specie proprio del modello del travolgimento automatico degli atti a valle che è tipico dell’invalidità c.d. caducante. L’unico dato normativo allegato a supporto di tale tesi, l’art. 12 d.lgs. n. 387/2003, si rivela però inidoneo a sostenere tale deduzione, in quanto la previsione richiamata dall’associazione si limita a prevedere che l’autorizzazione unica debba essere preceduta –quando del caso- da una VIA, senza però supportare in alcun modo l’idea che tra i due atti intercorra un nesso di derivazione diretta e necessitata.

Questa Sezione, con la decisione 17 ottobre 2012, n. 5294, ha del resto già escluso che l'annullamento del provvedimento attestante la compatibilità ambientale di un'attività mineraria abbia effetti automaticamente caducanti sulla concessione assentita per lo svolgimento dell'attività stessa.

7d La società appellata a sostegno della propria eccezione aggiunge, inoltre, che, pur essendo il provvedimento recante la VIA un atto impugnabile, esso non è idoneo ad esprimere un giudizio definitivo sul relativo progetto, la cui concreta realizzabilità scaturisce solo dal rilascio della successiva autorizzazione finale. E’ questa, quindi, a costituire l’atto lesivo di qualsiasi posizione di interesse contraria all’intervento.

Anche questo passaggio logico è corroborato dalla giurisprudenza di questo Consiglio, che nella materia con la decisione della sez. VI 22 novembre 2006, n. 6831, ha espresso le seguenti condivisibili considerazioni.

« L'omessa impugnazione del citato decreto di autorizzazione priva la provincia dell'interesse a coltivare un giudizio promosso avverso la sola valutazione di impatto ambientale.

La valutazione di impatto ambientale ha il fine di sensibilizzare l'autorità decidente, attraverso l'apporto di elementi tecnico scientifici, idonei ad evidenziare le ricadute sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di una determinata opera.

Si tratta di un forte vincolo procedimentale, che non determina però l'automatico diniego di autorizzazione in caso di valutazione negativa, che può essere superata con determinate procedure e con adeguata motivazione (v., ora, l'art. 36, comma 9, del D. Lgs. n. 152/2006). Parimenti, l'autorizzazione potrebbe essere negata in ipotesi di V.I.A. favorevole.

Ciò comporta che la positiva valutazione di impatto ambientale non è idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull'intervento, reso possibile solo dal rilascio dell'autorizzazione.

La mancata impugnazione dell'autorizzazione finale preclude ogni contestazione sulla realizzabilità dell'intervento, anche sotto il profilo dell'impatto ambientale (in senso conforme Cons. Stato, VI, n. 2696/2002).

Del resto, nel procedimento disciplinato dall'art. 14 ter della legge n. 241/90 sono previste specifiche forme di pubblicazione del provvedimento finale concernente opere sottoposte a VIA (Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino regionale in caso di VIA regionale e in un quotidiano a diffusione nazionale) ed è stabilito che dalla data della pubblicazione decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte dei soggetti interessati.

Tale disposizione conferma che il provvedimento lesivo, e quindi impugnabile, è il provvedimento finale di autorizzazione e non la precedente valutazione di impatto ambientale e che, comunque, l'omessa impugnazione dell'autorizzazione conclusiva priva il ricorrente dell'interesse a coltivare il ricorso avverso la V.I.A ..” (sentenza n. 6831/2006 cit.;
in senso conforme cfr. anche la sentenza della stessa Sezione 14 luglio 2011 n. 4290).

7e All’eccezione in esame l’ass. Italia Nostra muove delle obiezioni che non risultano, per contro, condivisibili.

7e1 Essa rileva che nello specifico la dicotomia effetto caducante/effetto viziante sarebbe fuorviante, giacché il problema sollevato sarebbe direttamente risolto dal principio processualcivilistico dell’effetto espansivo ‘esterno’ della pronuncia d’appello espresso dall’art. 336 c.p.c., il quale permetterebbe alla sentenza di appello ipoteticamente favorevole alle appellanti di estendere i propri effetti sull’atto meramente esecutivo della sentenza di primo grado annullata o riformata.

In contrario si deve però osservare che la regola dell’effetto espansivo esterno della pronuncia d’appello di cui all’art. 336 c.p.c. deve essere pur sempre coordinata, nel processo amministrativo, con il principio generale di settore concernente l’onere di impugnazione dei provvedimenti amministrativi autoritativi.

Non sembra possibile dubitare che l’Amministrazione con il proprio provvedimento del 20 febbraio 2014 abbia esercitato nuovamente i propri poteri pubblicistici.

Essa ha dato seguito all’annullamento del proprio atto autorizzatorio n. 6066 del 2012, sostituendolo integralmente con un nuovo titolo, rinnovando per quanto necessario l’ iter procedimentale e, per il resto, scegliendo di considerare ancora rilevanti ed utilizzabili le risultanze istruttorie già acquisite nel corso del procedimento.

La nuova autorizzazione così emessa ha perciò definitivamente sostituito la precedente, caducata da una sentenza la cui statuizione annullatoria si è deciso di non contestare.

Ed è sulla base del provvedimento sopravvenuto che la Centrale è stata realizzata.

L’atto medesimo non costituisce, quindi, sotto alcun profilo qualificato un atto « dipendente » dalla sentenza del T.A.R., la quale integra semmai solo un suo semplice antecedente.

Il nuovo provvedimento è piuttosto diretta espressione del potere autoritativo di cui l’Amministrazione è titolare, sicché l’art. 336 c.p.c. si rivela irrilevante, e per il nuovo atto, alla luce delle considerazioni già svolte nei paragrr. 7b, 7c e 7d, vale la regola generale dell’onere di impugnazione, dal momento che ci si trova di fronte ad un provvedimento che, non costituendo una conseguenza necessitata del proprio atto presupposto, richiedeva la proposizione di un’impugnativa.

Né vale invocare in senso contrario la decisione dell’Adunanza Plenaria 3 dicembre 1982, n. 18, stante la profonda diversità della specie da questa decisa rispetto alla materia dell’attuale contendere.

Nel caso sottoposto all’Adunanza Plenaria si era già formato un giudicato sulla sentenza d’appello. E al peculiare quesito se il giudicato potesse vedersi negata ab origine ogni autorità dalla presenza dell’atto inoppugnato della P.A. che era stato emesso, a suo tempo, in esecuzione della sentenza del T.A.R., l’Adunanza ha dato risposta negativa, in omaggio alla valenza retroattiva del giudicato stesso.

Nella relativa vicenda, pertanto, il problema della configurabilità, o meno, di un onere di impugnativa dell’atto sopravvenuto dell’Amministrazione era stato esaminato essenzialmente ai meri fini dell’ammissibilità del giudizio di ottemperanza.

Va altresì rilevato che l’atto che nella presente vicenda è sopravvenuto al giudizio di primo grado (ossia la seconda autorizzazione unica) non potrebbe essere riguardato, come invece lo è stato il nuovo atto della fattispecie decisa dall’Adunanza Plenaria, quale atto ottemperativo di un giudicato, giacché l’interesse fatto valere dalle associazioni qui ricorrenti si configura di natura oppositiva, e pertanto la pronuncia di annullamento resa dal T.A.R. si atteggiava come già autoesecutiva.

I profili differenziali esposti non permettono, dunque, di ritenere applicabile al caso concreto il richiamato precedente dell’Adunanza Plenaria.

7e2 La medesima associazione Italia Nostra nel proprio atto di appello (pag. 12) deduce, inoltre, che il proprio interesse alla decisione permarrebbe anche ai fini della proposizione di una domanda di risarcimento del danno ingiusto prodotto dall’azione amministrativa.

Se si ha riguardo, però, alla disciplina dettata in tema di danno ambientale dal d.lgs. n. 152/2006 (artt. 298 ter e segg.), che non risulta contemplare spazio per una legittimazione risarcitoria in proprio delle associazioni di settore in quanto tali (l’azione risarcitoria in forma specifica o per equivalente patrimoniale compete, giusta l’art. 311 del decreto, al Ministero dell’ambiente), è agevole comprendere come la vaga e generica riserva formulata all’uopo dall’associazione non possa reputarsi sufficiente a radicare l’effettività del suo interesse nemmeno sul piano risarcitorio.

D’altra parte la sussistenza di una legittimazione ex lege all’impugnazione degli atti, in assenza di un personale interesse a ricorrere, non comporta in linea di principio anche l’ammissibilità di una domanda risarcitoria.

7e3 Rileva il Collegio infine, per completezza, che un ipotetico profilo di interesse non potrebbe essere individuato nemmeno nella circostanza che, pur in difetto di impugnativa della nuova autorizzazione unica, un accertamento di invalidità a carico della sottostante valutazione di impatto ambientale potrebbe teoricamente indurre la Regione a un intervento in autotutela mediante annullamento d'ufficio dell’autorizzazione ex art. 21 nonies della l. n. 241/1990.

Come questa Sezione ha già rilevato in fattispecie del tutto analoga con la sentenza n. 5294/2012, infatti, « l'attività connessa all'esercizio dell'autotutela è espressione di ampia discrezionalità ed è rimessa a una lata valutazione di merito dell'Amministrazione con particolare riguardo alla sussistenza delle ragioni di interesse pubblico richieste dal citato art. 21 nonies ».

8 In conclusione, poiché l’autorizzazione unica n. 6066 del 2012 è stata definitivamente annullata, e in sua vece è stata rilasciata la nuova autorizzazione del 20 febbraio 2014, rimasta inoppugnata, si deve escludere la possibilità di conoscere utilmente delle doglianze che hanno investito a suo tempo la sola primitiva autorizzazione.

La mancata impugnativa della nuova autorizzazione unica, inoltre, rendendo la medesima inattaccabile, fa venire meno l’interesse a coltivare il gravame avverso la sola, sottostante VIA, il cui ipotetico annullamento non comporterebbe comunque la caducazione del nuovo titolo autorizzatorio.

In accoglimento dell’eccezione della società appellata, va pertanto dichiarata l’improcedibilità degli appelli.

Si rinvengono, tuttavia, ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del presente grado di giudizio.

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