Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-06-17, n. 201403050

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-06-17, n. 201403050
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403050
Data del deposito : 17 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07280/2013 REG.RIC.

N. 03050/2014REG.PROV.COLL.

N. 07280/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7280 del 2013, proposto da:
A S, rappresentato difeso dal’'avvocato G I, con domicilio eletto presso G I in Roma, via Cardinal De Luca, 1;

contro

Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca, Ufficio Regionale Scolastico per il Lazio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

S C, P C, C F, Giuseppdi Vico, F T, C C, L R Villani, Paolo Pedullà, Maria Rosaria S, V S, A S, C G, D P, F D S, V L, V F, R M, T U, F A M, A M, B M, I P, C S, E P, V S, P N, P M, L D T, Emilia D'Aponte, F D R, S G, M G, C S E C, M S L, L D A, A S, P D N, E S, I P, P S, P G, L D, C Z, D G, L C, F I R, A M R, M G, L P, E P, P B, P V, R M, C D, L D M, S D S, F D L, E G, C C, rappresentati difesi dagli avv. Salvatore Dettori, Mario Bruto Gaggioli Santini, con domicilio eletto presso Salvatore Dettori in Roma, piazza Ss.Apostoli N.66;
Sandra Tetti, Antonella Arnaboldi, Lorella Iaccarelli, Giuseppa Tomao, Mara Bufalini, Irene Baldriga, Angela De Angelis, Roberta Venditti, Fabio Cannatà, Carla Parolari, Anna Toraldo, Vera Tripiciano, Giuliana Atzeni, Francesco Cornacchia, Anna Maria De Luca, Maurizio Durante, Silvia Mezzanzani, Giulia Ponsiglione, Marina Campitelli, Cristina Battezzati, Elena Stefania, Viviana Bombonati, Fabiola Pagnanelli, Antonio Sansotta, Raffaella Carrubba, Monica Logozzo, Gianluca Consoli, Rosaria Faina, Laura Micocci, Annarita Tiberio, Maria Antonietta Biaggioli, Vincenzo Iannace, Rossana Piera Guglielmi, Rosa Apa, Valeria Defina, Maria Teresa Massimetti, Giuliana Vazza, Giuseppina Frappetta, Antonio Palcich, Anna Proietti, Isabella Pinto, Angela Gadaleta, Maria Rosaria Autiero, Claudia Scipioni, Vito Triolo, Stefania Aureli, Enrico Fard;
Casa Editrice La Scuola s.p.a.;
, I.S.Me.D.A. s.r.l., Istituto Superiore Metodologidirezione Aziendale, M A;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Giuseppe Russo, Carolina Guardiani, Anna Maria De Luca, Paola Testa, Paola Giagnoli, Maria Pia Foresta, Irendi Marco, Francesca Natali, rappresentati difesi dagli avv. Mario Bruto Gaggioli Santini, Salvatore Dettori, con domicilio eletto presso Salvatore Dettori in Roma, piazza Ss.Apostoli n.66;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III BIS n. 02709/2013, resa tra le parti, concernente mancata ammissione alle prove orali del concorso per il reclutamento di n. 2386 dirigenti scolastici;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca, dell’Ufficio Regionale Scolastico per il Lazio, di S C, P C, C F, G d V, F T, C C, L R, V P, P M R, S, V S, A S, C G, D P, F D S, V L, V F, R M, T U, F A M, A M, B M, I P, C S, E P, V S, P N, P M, L D T, Emilia D’Aponte, F D R, S G, M G, C S E C, M S L, L D A, A S, P D N, E S, I P, P S, P G, L D, C Z, D G, L C, F I R, A M R, M G, L P, E P, P B, P V, R M, C D, L D M, S D S, F D L, E G, C C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 marzo 2014 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato G I, l'avvocato dello Stato Biagini e gli avvocati Dettori e Gaggioli Santini;

Ritenuto e considerato in fatto diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto da A S per ottenere la riforma della sentenza, di estremi indicati in epigrafe, con la quale il T.a.r. Lazio, sede di Roma, ha respinto il ricorso per l’annullamento degli atti del concorso, per titoli ed esami, per il reclutamento di 2386 dirigenti scolastici indetto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (di seguito anche solo MIUR) con bando pubblicato sulla G.U. n. 16 5 del 15 luglio 2011.

2. L’appellante, in sintesi, ripropone in appello le censure giù mosse in primo grado, criticando la sentenza del T.a.r. che le ha ritenute infondate.

In sintesi:

a ) la Commissione avrebbe approvato criteri di valutazione talmente generici da non permettere di correggere i compiti della Commissione in maniera oggettiva;

b ) la valutazione degli elaborati, avvenuta attraverso il solo voto numerico, sarebbe priva di motivazione;

c ) la valutazione delle prova scritte del ricorrente sarebbe comunque affetta da vizi evidente di travisamento di fatti e si caratterizzerebbe per essere superficiale, incompleta e contraddittoria;

d ) per lo svolgimento delle prove sarebbero stati utilizzati fogli totalmente privi del timbro dell’ufficio, in contrasto con quanto previsto dall’art. 13 d.P.R. n. 487/1994;

e ) gli atti impugnati sarebbero illegittimi per la mancanza del verbale attestante l’attività di correzione delle prove scritte dei singoli candidati e per la mancata indicazione del voto numerico conseguito sullo stesso verbale.

f ) la Commissione avrebbe violato le stesse linee di indirizzo cui si era vincolata nel senso che, mentre nella riunione del 20 dicembre 2011 la commissione aveva determinato, tre indicatori e sei livelli di giudizio in base ai quali formulare un modello di scheda di valutazione delle prove scritte dei ricorrenti, avrebbe successivamente impiegato un modello di scheda di valutazione con cinque livelli di giudizio (anziché sei).

g ) sarebbe illegittima sotto diversi profili la composizione della commissione esaminatrice atteso che:

g1 ) i componenti sarebbero stati nominati senza l’autorizzazione delle Amministrazioni di appartenenza;

g2 ) il presidente della Commissione, prof. G G non avrebbe posseduto i requisiti prescritti dalla legge per poter essere nominato componente della Commissione, non vantando alcuna specifica competenza nelle materie di concorso indicate dall’articolo 8, comma 9 del bando.

g3 ) la professoressa S non avrebbe potuto essere nominata in quanto incompatibile perché componente del Consiglio generale della CISL di Roma, in qualità di delegato rappresentante della

CISL

Scuola;

g4 ) il prof. M A era componente del Comitato tecnico dell’ISMEDA, società di formazione, consulenza e selezione per strutture pubbliche e private, nell’ambito scolastico, che ha fornito i pacchetti per la preparazione dei candidati al concorso di cui si tratta;

h ) la sentenza di primo grado sarebbe, infine, erronea nella parte in cui ha giudicato inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse a ricorrere, le doglianze dirette a contestare la manifesta illogicità e irragionevolezza nella correzione degli elaborati degli altri concorrenti, stante la presenza di carenze ed errori di tipo formale;
palesi carenze ed errori di tipo contenutistico;
la presenza di segni di riconoscimento.

3. Si sono costituiti in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso, sia il MIUR, sia i controinteressati, meglio nominativamente specificati in epigrafe, vincitori o idonei della procedura concorsuale. Altri controinteressati (sempre nominativamente indicati in epigrafe) hanno spiegato intervento ad opponendum .

4. All’esito della camera di consiglio del 5 novembre 2013, questa Sezione del Consiglio di Stato, preso atto della rinuncia all’istanza cautelare da parte dell’appellante, fissava l’udienza pubblica del 4 marzo 2014, riservandosi di decidere, all’esito della predetta udienza, sulle istanze istruttorie formulate dall’appellante.

Le istanze istruttorie riguardano in particolare l’acquisizione dei documenti comprovanti la circostanza che il dott. M A abbia svolto corsi di preparazione al concorso per cui è causa, tanto per la casa editrice La Scuola, quanto per l’ISMEDA, e che abbia anche ricoperto l’incarico di componente del comitato scientifico di tale ultimo ente che avrebbe curato l ala preparazione dei candidati che avrebbero partecipato al concorso.

5. Alla pubblica udienza del 4 marzo 2014, la causa è passata in decisione.

6. L’appello non merita accoglimento.

7. Non sono fondate in primo luogo le censure relative ai criteri di valutazione degli elaborati.

I criteri contestati sono i seguenti: a) prima prova scritta chiarezza e correttezza della forma espressiva, articolazione del contenuto proposto e delle relative argomentazioni;
padronanza dei temi affrontati;
b) seconda prova scritta: chiarezza e correttezza della forma espressiva, analisi del contesto;
articolazione ed efficacia delle azioni proposte.

Tale criteri non sono affatto generici, ma risultano pertinenti con le prove da svolgere e dunque idonei alla valutazione degli stessi. Essi, infatti, riguardano sia la forma espositiva sia il contenuto degli elaborati, differenziandosi in relazione al diverso carattere, teorico e pratico, delle prove e risultando perciò assolutamente specifici rispetto a ciascuna di esse.

Nella fissazione dei criteri di valutazione delle prove scritte, del resto, la Commissione gode di un’ampia discrezionalità, la quale, pur non precludendo in principio, il sindacato giurisdizionale, non consente, comunque, che nell’esercizio di questo il giudice possa sostituirsi all’Amministrazione compiendo valutazioni di merito o di opportunità, che devono, al contrario, senz’altro ritenersi riservate all’Amministrazione.

Né può condividersi la tesi dell’appellante secondo cui i criteri in questione avrebbero dovuto essere specifici rispetto alle singole materie del concorso, non essendo un simile obbligo previsto in alcuna previsione normativa.

8. Non è fondato il motivo con il quale si contesta la sufficienza e l’adeguatezza della motivazione con riferimento al giudizio negativo espresso dalla Commissione in sede di valutazione delle prove del ricorrente.

Il voto numerico, infatti, specie nell’ambito delle procedure concorsuali caratterizzate da un numero molto elevato di partecipanti, vale ad integrare, anche alla luce dei criteri di valutazione predeterminati dalla commissione, l’adempimento dell’obbligo motivazionale. Il voto numerico, infatti, esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionali delle commissioni esaminatrici, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti. La motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa, assicura infatti la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute e del potere amministrativo esercitato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2009, n. 5751).

Nel caso di specie, peraltro, oltre alla valutazione numerica, la Commissione ha espresso anche una valutazione per esteso , esplicativa della votazione numerica attribuita a ciascun candidato.

9. Non è fondato neanche il motivo con il quale si lamenta che la Commissione avrebbe rilasciato per lo svolgimento delle prove scritte fogli totalmente privi del timbro dell’ufficio.

Al riguardo risulta dirimente quanto si legge nella nota dell’Ufficio scolastico regionale per il Lazio, prot. n. 30802 dell’11 ottobre 2013, al punto II, ove si evidenzia che l’Amministrazione ha distribuito ai candidati fogli che “presentavano tutti la timbratura, della tipologia, a secco in rilievo, che non risulta visibile in caso di copia fotostatica (ottenuta dal ricorrente in sede di accesso agli atti) ma è chiaramente riscontrabile sugli elaborati in originale”.

L’appellante deduce che tale circostanza avrebbe dovuto essere evidenziata in primo grado. L’assunto, tuttavia, non ha pregio: si tratta, infatti, di una mera difesa, diretta a dimostrare l’infondatezza di uno dei motivi del ricorso introduttivo (già respinto per altre ragioni dal T.a.r.) che l’Amministrazione può far valere in qualsiasi momento (e che il giudice potrebbe anche rilevare d’ufficio, in quanto il thema decidendum del giudizio è delimitato dai motivi di ricorso fatti valere dal ricorrente, non dalle difese svolte dall’Amministrazione resistente, dovendosi, altrimenti, ammettersi la paradossale conclusione che il giudice dovrebbe accogliere un motivo, anche quando dagli atti risulta infondato, solo perché l’Amministrazione non ha svolto una adeguata difesa.

Del resto, è onere del privato fornire almeno un principio di prova a sostengo dei profili di illegittimità che fa valere e, pertanto, a fronte della puntuale replica dell’Amministrazione in ordine all’utilizzo del “timbro a secco in rilievo”, era onere del ricorrente (eventualmente mediante l’esibizione degli originali) dimostrare la falsità di tale circostanza.

Il motivo di ricorso, quindi, deve essere respinto.

Ugualmente infondata è la censura diretta a sostenere la mancanza, nei fogli utilizzati, delle firme del presidente della commissione e del segretario, nonché della votazione ottenuta, atteso che gli elaborati risultano tutti firmati da componenti della commissione e l’art. 13 d.P.R. n. 487 del 1994 non prevede affatto l’obbligatorietà delle firme del presidente o del segretario (è sufficiente quella di un qualsiasi componente della commissione) né della votazione ottenuta.

10. Infondato è anche il motivo di ricorso diretto a contestare la mancanza nel verbale delle attività di correzione delle prove scritte nonché del voto ottenuto dai singoli candidati e la mancata indicazione del voto numerico conseguito nello stesso verbale.

Il motivo è infondato in quanto nei verbali citati dallo stesso ricorrente risultano compiutamente descritte le attività e le modalità di valutazione compiute dalla commissione di concorso ed il risultato di tali valutazioni è riportato nelle schede di valutazioni alle quali si fa espresso rinvio nei verbali e che fanno parte integrante degli stessi, al di là della circostanza che ad essi non siano state materialmente allegate.

11. Ugualmente infondato è il motivo di ricorso diretto a sostenere che la Commissione sarebbe venuta meno alle linee di indirizzo e di giudizio cui si era vincolata.

L’appellante in particolare contesta che, dapprima la Commissione, nella riunione del 20 dicembre 2011, aveva individuato i criteri di valutazione delle due prove scritte prevedendo sei livelli di giudizi, in base ai quali formulare un modello di scheda di valutazione delle prove scritte dei concorrenti;
successivamente, invece, avrebbe di fatto impiegato per la valutazione solo cinque livelli di giudizio: gravemente insufficiente (fino a 3 punti);
insufficiente (da 4 a 6 punti);
sufficiente (7 punti);
buono (8-9 punti);
ottimo (10 punti).

A giudizio dell’appellante l’eliminazione di un livello intermedio di valutazione avrebbe inevitabilmente alterato i presupposti e lo stesso procedimento di valutazione.

Il motivo è infondato in fatto atteso che le schede di valutazione allegate ai verbali della seduta del 20 dicembre 2011 prevedono proprio i 5 livelli di giudizio che poi sono stati effettivamente utilizzati per la valutazione.

In ogni caso, la Commissione (a prescindere dal numero dei livelli di giudizio) ha utilizzato tutto il punteggio (da 1 a 10) di cui disponeva per la valutazione delle prove scritte. Non si vede, quindi, in che modo la ripartizione dei punteggi in cinque oppure sei livelli di giudizio possa aver pregiudicato il candidato, atteso che non risulta che, a livello numerico, nell’espressione dei voti, ci siano state conseguente concrete.

In altri termini, non vi è prova che, anche utilizzando un ulteriore livello di giudizio (quello intermedio di cui il ricorrente lamenta la mancanza), il voto numerico riportato dal ricorrente sarebbe mutato: la presenza di un ulteriore livello di giudizio avrebbe, infatti, solo ridotto, all’interno di ciascun livello, l’ampiezza della fascia di punteggio attribuibile dalla Commissione. E’ pertanto irrilevante che, valutato ad esempio un elaborato con il punteggio di 6, questo voto sia collocato nel livello di giudizio “insufficiente” o, ad esempio, ipotizzando un ulteriore livello di giudizio “lievemente insufficiente”.

12. Ugualmente infondata è la censura diretta a sostenere che i componenti della commissione esaminatrice non sarebbero stati autorizzati dalle Amministrazioni di appartenenza.

Il ricorrente non ha fornito alcun principio di prova a sostegno di quanto affermato e non può sotto questo profilo condividersi la tesi sostenuta dall’appello secondo cui sarebbe stato onere dell’Amministrazione provare il contrario o, comunque, del giudice, disporre d’ufficio l’acquisizione dei documenti comprovanti l’autorizzazione.

Nel processo amministrativo, infatti, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (art. 64, comma 2, c.p.a.) il sistema probatorio è retto dal c.d. principio dispositivo con metodo acquisitivo, ol quale comporta l'onere per il ricorrente di presentare almeno un indizio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori e ciò, per l'appunto, è contemplato dal “sistema” proprio in quanto il ricorrente, di per sé non ha la disponibilità delle prove, essendo queste nell'esclusivo possesso dell'amministrazione ed essendo quindi sufficiente che egli fornisca un principio di prova.
 Nel caso di specie, tuttavia, il ricorrente si è limitato a contestare genericamente l’assenza di autorizzazione senza allegare il minimo principio di prova, il minimo indizio a sostegno di tale censura.

La formulata richiesta istruttoria non può, dunque, essere accolta perché sarebbe meramente esplorativa. Deve, infatti, escludersi che i poteri officiosi del giudice possano essere utilizzati per sopperire ad una mancanza nella pur attenuta iniziativa probatoria di cui il ricorrente è comunque onerato (nei limiti del richiamato principio di prova) anche nel processo amministrativo.

13. Infondata è anche la censura diretta a contestare che il presidente della Commissione esaminatrice non possedesse i requisiti previsti dalla legge per farne parte, in quanto non vanterebbe alcuna competenza specifica sulle materie oggetto del concorso.

La censura è infondata, anzitutto, in fatto, in quanto il professore G, professore ordinario nell’università di Roma Tre, oltre ad essere stato, nell’ambito accademico, direttore del dipartimento di appartenenza, presidente del consiglio del corso di studi in ingegneria elettronica, membro del senato accademico, nonché coordinatore del comitato di ateneo per la valorizzazione dei risultati della ricerca, ha anche ricoperto, per quanto interessa maggiormente l’insegnamento secondario, i seguenti incarichi: per cinque anni è stato coordinatore dell’indirizzo tecnologico della scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario (SSIS), presiedendo in virtù di tale qualifica, le commissioni di esame per l’accesso e l’abilitazione all’insegnamento;
per altri cinque anni è stato direttore della SSIS;
è direttore del centro di Ateneo per la formazione e lo sviluppo professionale degli insegnanti della scuola secondaria (Cafis) dell’Università di Roma tre.

Del resto, al di là dell’assorbente considerazione secondo cui il curriculum del professore G dimostra il possesso di prova competenza nelle materie di concorso, vi è l’ulteriore considerazione che l’art. 10 d.P.R. n. 140 del 2008, regolamento recante la disciplina per il reclutamento dei dirigenti scolastici, ai sensi dell’art. 1, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si limita a prevedere che il presidente della commissione sia scelto tra professori di prima fascia di università statali o equiparate, magistrati amministrativo o contabili o avvocati dello Stato, dirigenti di amministrazioni pubbliche che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali, senza richiedere nessun ulteriore requisito di competenza specifica che viene evidentemente presunto negli appartenenti alle suddetta qualificate categoria.

Non può obiettarsi, come fa invece l’appellante, che tale previsione regolamentare dovrebbe ritenersi ormai superata alla luce di quanto previsto dall’art. 35, comma 3, lett. e) d.lgs. n. 165 del 2001 (che prevede che la composizione della commissione avvenga con esperti di provata competenza nelle materie oggetto del concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime).

La norma legislativa, da un lato, fa generico riferimento ai componenti, senza menzionare espressamente i presidenti, delle commissioni medesime, e, quindi, non contrasta con previsioni normative, quale quella in esame, che prevedano la scelta dei presidenti tra categorie particolarmente qualificate (da cui può desumersi in sé la sussistenza del possesso della comprovata competenza);
dall’altro, si tratta di una norma generale che, non esclude, con riferimento a particolari concorsi (come quello in oggetto) la vigenza di norme legislative o regolamentari fonte di una disciplina speciale.

14. Infondate sono anche le censure dirette a denunciare situazioni di incompatibilità, ai sensi dell’art. 35, comma 3, lett. e) nei confronti di alcuni componenti della commissione.

La ratio dell’art. 35, comma 1, lett. e), del d.lgs, n. 165 del 2001 è di evitare che siano componenti delle commissioni di concorso soggetti investiti di cariche comportanti il pericolo della deviazione del giudizio tecnico verso interessi di parte o comunque diversi da quelli propri del concorso. Al riguardo questo Consiglio di Stato ha sottolineato che: - l’interpretazione di questa normativa comporta la ponderazione dei due principi dell’imparzialità dell’azione amministrativa e della possibilità di accesso per tutti i cittadini agli uffici pubblici essendo necessario, perché il primo principio sia garantito senza sacrificio ingiustificato del secondo, il ricorso a criteri puntuali per l’applicazione dei divieti di partecipazione alle commissioni di concorso (Sez. VI, 1 giugno 2010, n. 3461;
Sez. V, 27 luglio 2002, n. 4056);
- occorre, di conseguenza, che ricorra un “qualche elemento di possibile incidenza fra l’attività esercitabile da colui che ricopre cariche, politiche, sindacali o professionali e l’attività dell’ente che indice il concorso, altrimenti la disposizione verrebbe a generalizzare in modo eccessivo e senza adeguata giustificazione il sospetto di imparzialità anche nei confronti di soggetti che non gestiscano alcun potere rilevante e perciò non siano comunque idonei, sia pure da un punto di vista astratto, a condizionare la vita dell’ente che indice la selezione ” (Sez. V, 21 ottobre 2003, n. 6526). In questo quadro la norma in esame presuppone che tale incidenza non sussiste per i soggetti “che non siano” titolari delle cariche incompatibili affermandosi con ciò, anzitutto, la necessità che tale titolarità sia in atto, cioè “con la piena attribuzione delle relative funzioni [….] poiché soltanto con tale effettività diviene possibile l’incidenza sull’attività concorsuale delle funzioni rivestite, essendo la volontà o l’effetto di condizionamento assistiti dalla concretezza dei poteri azionabili.” (Sez. VI, n. 3461 del 2010).

Nel caso in esame, alla luce degli esposti principi, deve escludersi la sussistenza della situazione di incompatibilità sia per la professoressa S, sia per il dottor R.

16. La professoressa S si è, infatti, dimessa dalla carica ricoperta nel Consiglio generale della C.I.S.L. Roma, in qualità di delegato rappresentante della C.I.S.L. scuola, con dimissioni inviate il 21 dicembre 2010 e protocollate il 3 gennaio 2011 (quindi la carica sindacale non era più attuale al momento del concorso).

A fronte delle dichiarazioni rese dalla C.I.S.L. Roma e dalla stessa professoressa S sulla data di cessazione della carica, non può assumere alcun rilievo, nemmeno allo scopo di sollecitare l’attivazione di poteri istruttori da parte del giudice, la circostanza che sul sito internet della C.I.S.L. la stessa fosse ancora indicata quale componente del Consiglio Generale della C.I.S.L., specie in considerazione del fatto che nel richiamato documento presente sul sito della C.I.S.L. del Laio vi è solo l’elenco dei membri del Consiglio del 2005, ma non viene fatto alcun riferimento alle cariche ricoperte negli anni successivi.

17. Ugualmente non sussiste alcuna situazione di incompatibilità nei confronti del dottor M R

In primo luogo, come già ha evidenziato il T.a.r. il dottor Arena ha dichiarato, assumendosene tutte le responsabilità, di aver collaborato con l’ISMEDA solo nel 2000, e di non aver aderito ad alcun comitato scientifico dell’ISMESA, né di aver autorizzato la stessa ISMEDA ad utilizzare il proprio nome per la pubblicità di corsi di preparazione al concorso.

In ogni caso, il mero svolgimento di attività didattica o scientifica, anche in vista della preparazione al concorso, in assenza della prova di una possibile non determina di per sé la prova di una possibile effettiva incidenza sullo svolgimento delle operazioni concorsuali. Può integrare al più un motivo di opportunità, che renderebbe l’astensione facoltativa, ma non una causa automatica ed obbligatoria di incompatibilità.

Anche sotto questo profilo, quindi, la richiesta istruttoria non può essere accolta, risultando irrilevante ai fini del decidere.

18. Infondato è, infine, l’ultimo motivo di appello diretto a censurare la sentenza di primo grado nella parte in cui ha dichiarato inammissibili per difetto di interesse i motivi volti a contestare i giudizi positivi riportati dai candidati vincitori o idonei.

Appare evidente, infatti, che rimasto fermo l’esito negativo del giudizio di non idoneità riportato dal ricorrente, questi non abbia più alcun interesse a contestare il giudizio positivo riportato dagli altri. Né si può sostenere che il suo interesse deriverebbe dalla volontà di dimostrare, attraverso l’evidenza di numerosissime presunte irregolarità sintattiche, grammatiche e formali, l’indice della trascuratezza della commissione nella compimento dell’attività di correzione. Quelle censure, infatti, anche se fossero fondate, comporterebbe la esclusione dal concorso di singoli candidati o una loro diversa loro collocazione in una graduatoria alla quale la parte ricorrente risulta estranea, ma non la caducazione generale del concorso.

19. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

20. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in € 2.000 a favore del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e in complessivi € 5.000 a favore di tutti i controinteressati e degli intervenienti ad opponendum .

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi