Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-27, n. 202306252
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Pubblicato il 27/06/2023
N. 06252/2023REG.PROV.COLL.
N. 01868/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1868 del 2020, proposto da
Interminal s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall’avvocato A Z d’Aulisio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F C in Roma, viale P.L. da Palestrina, 47;
contro
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del legale rappresentante
pro
tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabrizio Losco e Gabriella Giacomantonio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
S.E. Port s.r.l., Pmt Ecologia s.r.l., non costituite in giudizio;
nei confronti
Annasped s.r.l., Lellimar s.r.l., Associazione Operatori Porto di Gaeta, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00495/2019, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 giugno 2023 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Cardarelli, in dichiarata delega dell’Avv. Zaza d’Aulisio, e Giacomantonio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso in primo grado la Interminal s.r.l., la Annasped s.r.l., la Lellimar s.r.l. e l’Associazione Operatori Porto di Gaeta, in qualità di titolari di autorizzazioni per esercitare nel porto di Gaeta operazioni e servizi portuali, ovvero di imprenditori operanti in loco in forza dell’indotto determinato dalle attività portuali, impugnavano il decreto n. 245 del 23 agosto 2018 con cui il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale aveva stabilito, per quanto di rilievo, la fissazione di un corrispettivo (cd. “tariffa”, pari a € 0,16541/ton. di merce sbarcata/imbarcata) per i servizi di gestione e manutenzione degli impianti fognari e di depurazione asserviti alle strutture portuali del porto di Gaeta, da imputarsi agli utilizzatori (cioè ai clienti degli stessi ricorrenti), ponendo a carico degli operatori portuali l’obbligo di provvedere alla riscossione di tale tariffa (da considerarsi quale una delle voci delle tariffe applicate dalle imprese portuali ai propri clienti) e al successivo suo riversamento all’Autorità.
Si dolevano i ricorrenti, in sintesi, sul piano procedurale, dell’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento agli operatori portuali, nonché dell’assenza dei necessari pareri del Comitato di gestione portuale di cui all’art. 9 l. n. 84 del 1994 e dell’Organismo di partenariato delle risorse del mare di cui all’art. 11- bis , comma 3, l. n. 84 del 1994;sul piano sostanziale, del fatto che le tariffe erano state determinate a prescindere dall’effettivo uso dei servizi fognario e di depurazione, bensì in proporzione della sola quantità di merce sbarcata e imbarcata, sicché si trattava in realtà di tasse, introdotte in violazione della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. e dell’art. 2 d.l. n. 47 del 1974, oltreché delle competenze degli Uffici doganali in materia di riscossione;in tale contesto, i ricorrenti rilevavano inoltre come le Autorità di Sistema Portuale siano enti pubblici non economici, privi di autonomia tale da consentire di pretendere controprestazioni per l’erogazione di servizi indivisibili.
2. Il Tribunale amministrativo adito, nella resistenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, respingeva il ricorso ritenendo, in sintesi, che la tariffa prevista trovasse giustificazione nella concessione del servizio di gestione della rete fognaria e di depurazione portuale, da porre a carico del fruitore in base al peso della merce sbarcata e imbarcata, e perciò ragionevolmente da riscuotere a cura dell’operatore che svolge la pesa della merce;sul piano procedurale, rilevava la non necessità della comunicazione di avvio del procedimento, venendo in rilievo un atto generale non soggetto al detto regime partecipativo, e la non necessità degli invocati pareri, non dovuti dai suddetti organi in relazione alla materia in rilievo.
3. Avverso la sentenza ha proposto appello la sola Interminal deducendo:
I) erroneità del pronunciamento impugnato: violazione della riserva di legge a favore dello Stato per l’istituzione di nuove tasse;violazione del principio di liberalizzazione delle tariffe praticate dalle imprese portuali;
II) erroneità della sentenza impugnata sui principi partecipativi;
III) erroneità del pronunciamento impugnato sulla mancata acquisizione di pareri obbligatori.
4. Resistono al gravame il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centro Settentrionale, chiedendone la reiezione.
5. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 6 giugno 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni e questioni preliminari sollevate dagli appellati, stante il rigetto nel merito dell’appello.
2. Col primo motivo di gravame l’appellante si duole dell’errore commesso dal giudice di primo grado nel trascurare che, sebbene sia legittimo in sé l’affidamento in concessione dei servizi di gestione della rete fognaria e depurazione del porto, non altrettanto lo è la previsione di un recupero degli oneri dovuti ai concessionari con loro messa a carico dell’utenza portuale e riscossione da parte delle imprese portuali.
Sotto il primo profilo, l’appellante osserva come la tariffa contestata sia nella specie posta a carico degli utenti a prescindere da un loro rapporto contrattuale con l’Autorità e dall’effettivo utilizzo dei servizi fognari e di depurazione, bensì esclusivamente in ragione dei quantitativi di merce imbarcata e sbarcata, risolvendosi dunque in una vera e propria tassa, introdotta in violazione della riserva di legge ex art. 23 Cost. e dell’art. 2 d.l. n. 47 del 1974.
In tale contesto, la natura delle Autorità di Sistema Portuale quali enti pubblici non economici esclude che possa essere loro riconosciuta un’autonomia economico-imprenditoriale idonea a fondarne la pretesa di tassazioni, per l’erogazione di servizi indivisibili, ulteriori o modificative rispetto a quelle di legge.
In ogni caso, sotto l’altro concorrente profilo, sarebbe illegittima la messa a carico delle imprese portuali della riscossione della tariffa, con suo inserimento fra quelle praticate in regime di libero mercato da tali imprese: ne risulterebbe così violata la norma di liberalizzazione delle tariffe portuali, di cui all’art. 16, comma 2 e 5, l. n. 84 del 1994, con interferenza sulla libera autonomia imprenditoriale degli operatori portuali e posizione deteriore loro imposta rispetto alle imprese operanti presso gli altri porti, con conseguente effetto distorsivo sulla concorrenza;tutto ciò in un contesto in cui peraltro le imprese portuali non rappresentano gli utenti, né assumono responsabilità per loro conto.
Trattandosi di una tassa, poi, il relativo regime contrasterebbe anche con l’art. 1, comma 987, l. n. 296 del 2006 che attribuisce all’esclusiva competenza degli Uffici doganali la riscossione delle tasse portuali.
2.1. Il motivo non è condivisibile.
2.1.1. Occorre premettere che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, lett. c) , l. n. 84 del 1994, l’Autorità di sistema portuale svolge, fra gli altri compiti ad essa assegnati dalla legge, quello relativo all’« affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all’articolo 16, comma 1 ».
Si tratta, in particolare, di attività demandata all’Autorità in relazione a servizi di interesse generale che esorbitano dalle operazioni e servizi portuali stricto sensu (come definiti dall’art. 16, comma 1, l. n. 84 del 1994 e soggetti allo specifico regime autorizzatorio e tariffario di cui ai successivi commi 3 e 5), e su cui perciò la stessa Autorità si occupa, precipuamente, dell’attività di « affidamento » e « controllo ».
Rientra senz’altro nel perimetro di tali servizi (in passato individuati dal Ministero delle Infrastrutture, ai sensi dello stesso art. 6, comma 4, lett. c) nel testo anteriore alle modifiche dovute all’art. 2, comma 1, lett. e) , d.lgs. n. 232 del 2017;cfr., per la detta individuazione, il d.m. 14 novembre 1994, anch’esso abrogato;in ordine a tali modifiche, cfr. Cons. Stato, Comm. spec., 24 ottobre 2017, parere n. 2199) quello di gestione e manutenzione degli impianti della rete fognaria e di depurazione asserviti alle banchine ad uso pubblico, quali sedi esclusive di operazioni portuali (declinato in particolare, nella specie, nell’attività di depurazione delle acque di prima pioggia e rete di drenaggio delle acque meteoriche, con servizi accessori di lava-ruote e spazzamento: cfr. la concessione stipulata al riguardo dall’Autorità, in atti).
Trattasi infatti di servizio non coincidente con le operazioni e servizi portuali stricto sensu - connotate da competenze specialistiche per la loro natura nautica ovvero inserite nel ciclo produttivo integrato del servizio di traporto o alle stesse serventi (Cons. Stato, VI, 7 febbraio 2014, n. 586) - e che tuttavia riveste interesse generale, in connessione con le dette operazioni portuali, e presenta natura essenzialmente indivisibile e rilevanza economica (cfr., in precedenza, l’art. 1, lett. B) , d.m. 14 novembre 1994, che riconduceva espressamente ai servizi di cui all’art. 6, comma 4, lett. c) , l. n. 84 del 1994 i « Servizi di pulizia e raccolta rifiuti », comprensivi della « Pulizia, raccolta dei rifiuti e sversamento a discarica relativa agli spazi, ai locali e alle infrastrutture comuni e presso i soggetti terzi (concessionari, utenti, imprese portuali, navi). Derattizzazione, disinfestazione e simili. Gestione della rete fognaria. Pulizia e disinquinamento degli specchi acquei portuali »;cfr., al riguardo, anche Cons. Stato, n. 586 del 2014, cit., che qualifica i servizi di tal natura come “ condominiali ”;cfr. peraltro oggi, in termini generali, per la definizione dei servizi d’interesse economico generale di livello locale, l’art. 2, comma 1, lett. c) , d.lgs. n. 201 del 2022).
Tale servizio, come emerge dagli atti, è stato affidato dall’Autorità in regime di concessione, giusta atto del 30 novembre 2015 (concessione relativa, in particolare, al servizio di gestione degli impianti di depurazione delle acque di prima pioggia e rete di drenaggio delle acque meteoriche, con servizi accessori di lava-ruote e spazzamento), con previsione di una tariffa a carico degli utenti del servizio, espressamente parametrata al peso della merce imbarcata o sbarcata dall’utente.
Come è normale nei regimi concessori, infatti, la remunerazione della prestazione è posta a carico dell’utenza, venendo dunque concepita in termini di tariffa applicata alla stessa (cfr. l’art. 7 della concessione, in atti), al di là delle previsioni che vedono l’Autorità coinvolta nella materiale corresponsione delle somme dovute al concessionario.
Proprio con riferimento a tali importi il decreto qui impugnato ha previsto il pagamento a carico degli utenti finali e la riscossione a cura degli operatori portuali.
Conseguono da ciò alcune specifiche conseguenze, che conducono al rigetto del motivo di censura.
2.1.2. Sotto un primo profilo, va escluso che le somme così regolate costituiscano una forma di prelievo tributario, sub specie di tassa , come ritenuto dall’appellante;si tratta, piuttosto, di corrispettivi per la fruizione di servizi indivisibili affidati in concessione, e dunque di tariffe , come tali esulanti dal novero delle tasse o imposte e dal relativo regime, anzitutto costituzionale (cfr. ancora Cons. Stato, n. 586 del 2014, cit.).
Sotto altro profilo, proprio in quanto corrispettivi richiesti all’utenza per la fruizione di servizi indivisibili, tali somme sono in sé ben legittime ed esenti dai vizi e dalle criticità addotte dall’appellante.
Va osservato, al riguardo, che la tariffa prevista dal decreto impugnato ( i.e. , € 0,16541/ton. di merce imbarcata/sbarcata, ai sensi dell’art. 3, comma 3) coincide perfettamente con quella stabilita nel contratto di concessione quale corrispettivo del servizio a carico dell’utenza (cfr. l’art. 7 della concessione), e dunque sostanzia la remunerazione in favore del concessionario, e non consiste - al di là delle modalità materiali di regolazione - in una somma dovuta tout court all’Autorità, né sic et simpliciter da quest’ultima al concessionario, bensì invera appunto il quantum tariffario a carico dei beneficiari del servizio in favore del suo prestatore.
In tale prospettiva, la parametrazione della tariffa in funzione del quantitativo di merce imbarcata e sbarcata vale, in perfetta coincidenza con il corrispettivo tariffario previsto nella concessione (art. 7, cit.), a individuare e quantificare il grado di fruizione dei servizi (indivisibili) da parte dei singoli utenti, ciò che non risulta in sé illegittimo o irragionevole (cfr., similmente, Cons. Stato, n. 586 del 2014, cit., pur relativa ad altra fattispecie).
2.1.3. Allo stesso modo, infondate sono le doglianze espresse dall’appellante in ordine agli obblighi di riscossione posti in capo agli operatori portuali.
A carico di questi ultimi, come emerge da quanto suesposto, non è posta infatti alcuna obbligazione di pagamento in relazione alle tariffe, ma solo un obbligo di riscossione;il quale ben può essere previsto dall’Autorità nel quadro dei poteri regolamentari alla stessa attribuiti e delle funzioni regolatorie che le spettano ai sensi, rispettivamente, dell’art. 6, comma 5 e comma 4, lett. a) , l. n. 84 del 1994.
Né, sul piano sostanziale, la previsione risulta illegittima o irragionevole, tenuto conto appunto che la tariffa è ancorata al quantitativo di merce imbarcata e sbarcata, e rispetto alle relative operazioni portuali l’operatore versa in effetti in una posizione qualificata che bene e ragionevolmente gli consente di curare la riscossione, in un contesto in cui peraltro lo stesso operatore beneficia così del sostanziale esonero dalle operazioni di pulizia che altrimenti gli incomberebbero ai sensi dell’art. 82 d.P.R. n. 328 del 1952 (cfr. ancora, similmente, Cons. Stato, n. 586 del 2014, cit.).
Per le stesse ragioni, alcuna interferenza tali somme hanno con le tariffe (e relativo regime liberalizzato) per le operazioni portuali stricto sensu , di cui all’art. 16, comma 2 e 5, l. n. 84 del 1994, che riguardano le suddette operazioni in sé, e il cui importo è del resto chiaramente definito e pubblicizzato ai sensi dell’art. 16, comma 5, l. n. 84 del 1994, sicché anche i profili di trasparenza e intellegibilità dei relativi oneri ne risultano salvaguardati.
2.1.4. Una volta chiarita la natura squisitamente tariffaria delle somme così previste, anche le doglianze incentrate sulla violazione delle competenze sulla riscossione in capo agli Uffici doganali ex art. 1, comma 987, l. n. 296 del 2006 vengono in via assorbente meno, essendo dette competenze specificamente indirizzate e circoscritte alle tasse sulle merci sbarcate e imbarcate, tasse erariali e di ancoraggio, nonché addizionali per compiti di vigilanza e servizi di sicurezza portuali richiamate dalla norma.
Per tali ragioni, il motivo di gravame non è condivisibile.
3. Col secondo motivo, proposto in via subordinata, l’appellante si duole dell’erronea obliterazione dei principi sulla partecipazione procedimentale, avendo il giudice di primo grado trascurato che il decreto impugnato ha natura di atto non regolamentare (bensì diretto nei confronti di destinatari determinati, i cui profitti risultano peraltro incisi dalla misura adottata) nella parte in cui impone l’obbligo di riscossione a carico delle imprese portuali operanti nel porto di Gaeta, ponendo il conseguente obbligo di inserire la tariffa fra le voci applicate dagli operatori in regime di libero mercato.
3.1. Il motivo non è suscettibile di favorevole considerazione.
3.1.1. Al di là della natura generale del provvedimento impugnato, sottratto come tale al regime di partecipazione procedimentale ex art. 13 l. n. 241 del 1990, è assorbente rilevare come l’appellante non adduca utili elementi conoscitivi od istruttori che avrebbe potuto offrire in caso di sua partecipazione al procedimento, considerato d’altra parte che le doglianze qui proposte sono infondate.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha infatti chiarito che spetta al ricorrente il quale lamenti l’omessa comunicazione di avvio del procedimento indicare gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto in sede procedimentale in grado d’incidere sulla determinazione dell’amministrazione ( inter multis , cfr. Cons. Stato, V, 8 marzo 2022, n. 1664;CGA, 11 ottobre 2021, n. 845;Cons. Stato, VI, 10 maggio 2021, n. 3641;V, 20 ottobre 2020, n. 6333;VI, 28 febbraio 2019, n. 1405;26 aprile 2018, n. 2526;12 maggio 2017, n. 2218;4 aprile 2015, n. 1060;V, 20 agosto 2013, n. 4192;IV, 15 luglio 2013, n. 3861);“ solo dopo che la parte ha adempiuto a questo onere l’amministrazione ‘ sarà gravata dal ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato ’ [...]” (Cons. Stato, n. 1405 del 2019, cit., che richiama Cons. Stato, n. 1060 del 2015, cit., e altre).
Di qui il rigetto della doglianza.
4. Col terzo motivo di gravame, proposto in via ulteriormente subordinata, l’appellante si duole del rigetto della doglianza con cui aveva censurato in primo grado l’omessa acquisizione dei pareri del Comitato di gestione e dell’Organismo di partenariato della risorsa del mare.
Avrebbe trascurato in specie il giudice di primo grado che l’introduzione della tariffa ha determinato una variazione in aumento di quelle portuali, la quale poteva essere attuata solo previa necessaria interlocuzione col Comitato di gestione.
D’altra parte, incidendo la variazione delle tariffe sulla gestione contabile e finanziaria dell’Autorità, il cui piano operativo, bilancio e regolamento è deliberato dal Comitato di gestione, parimenti occorreva il parere di quest’ultimo, nella specie mancante.
Lo stesso è a dirsi per il parere del suddetto Organismo di partenariato, che ha funzioni consultive sui servizi resi all’interno dell’ambito portuale e sul bilancio dell’Autorità;tanto più che lo stesso è costituito dai rappresentanti di tutti gli operatori portuali, che avrebbero in tal modo potuto interloquire sulla misura, quali categorie interessate.
4.1. Il motivo, peraltro non passibile di subordinazione in quanto vertente sull’omessa acquisizione di pareri (assunti come) necessari (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5), non è condivisibile.
4.1.1. Quanto alle invocate competenze del Comitato di gestione (che, ai sensi dell’art. 9, comma 5, lett. f) , l. n. 84 del 1994 « esprime i pareri di cui all’articolo 8, comma 3, lettere f), m), n) e q) e di cui all’articolo 6-bis, lettera c-bis »), le stesse non hanno rilievo rispetto all’oggetto del provvedimento qui impugnato, né quest’ultimo riguarda operazioni portuali stricto sensu di cui all’art. 16 l. n. 84 del 1994, o (direttamente) documenti di bilancio dell’Autorità nei termini dedotti dall’appellante, vertendo lo stesso provvedimento esclusivamente sulla regolazione dei corrispettivi di un servizio generale di natura non portuale.
Lo stesso è a dirsi per la mancata acquisizione del parere dell’Organismo di partenariato della risorsa del mare, le cui competenze consultive ex art. 11- bis l. n. 84 del 1994 esulano dall’oggetto del provvedimento impugnato, considerato appunto che alla luce di quanto sinora osservato non viene qui in rilievo, direttamente, né la determinazione dei « livelli » dei servizi resi nell’ambito del sistema portuale suscettibili di incidere sulla complessiva funzionalità ed operatività del porto (cfr. il suddetto art. 11- bis , comma 3, lett. c) ), né il richiamato « progetto di bilancio preventivo e consuntivo » (successiva lett. d) ), ma la sola regolazione e modalità di riscossione dei corrispettivi dovuti dall’utenza per i servizi extraportuali suindicati.
5. In conclusione, per le suesposte ragioni l’appello va respinto.
5.1. La peculiarità della fattispecie e la complessità di alcune delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.