Consiglio di Stato, sez. C, parere interlocutorio 2018-05-30, n. 201801432
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Numero 01432/2018 e data 30/05/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Adunanza della Commissione speciale del 17 maggio 2018
NUMERO AFFARE 00731/2018
OGGETTO:
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Ufficio Legislativo.
Richiesta di parere, ai sensi dell’articolo 20, comma 3, lettera a) della legge 15 marzo 1997, n. 59, sullo schema di decreto legislativo recante "Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117, recante Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”.
LA COMMISSIONE SPECIALE del 17 maggio 2018
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 29/2766 in data 16/04/2018 con la quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 52 del 23 aprile 2018, che ha istituito la Commissione speciale per la trattazione dell’affare in oggetto;
Considerato che nell’adunanza del 17 maggio 2018 la Commissione speciale ha esaminato gli atti e udito i consiglieri relatori Stefania Santoleri e Italo Volpe;
PREMESSO E CONSIDERATO
1 – LA RICHIESTA DI PARERE
1.1 - Con nota del 16 aprile 2018 prot. 29/2766 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha trasmesso lo schema di decreto recante “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117, recante Codice del terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lett. b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”, per l’espressione del parere previsto dall’articolo 20, comma 3, lett. a) della legge 15 marzo 1997 n. 59 su tale provvedimento.
Lo schema di decreto è accompagnato da una relazione illustrativa e tecnica, dalla relazione concernente l’analisi tecnico-normativa e dalla relazione dell’analisi di impatto della regolamentazione che descrive, accanto al quadro normativo di interesse, le ragioni e gli obiettivi dell’intervento regolatorio e gli indicatori individuati per la verifica del raggiungimento di questi ultimi, il procedimento di consultazione pubblica e la valutazione delle opzioni alternative.
Tale schema di decreto, che si compone di 35 articoli, è stato predisposto in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, comma 7, della L. 6 giugno 2016, n. 106, il quale prevede che, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al medesimo art.1, il Governo possa adottare, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e della procedura previsti per l’esercizio della delega, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.
Nella Relazione illustrativa il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha precisato che l’intervento integrativo e correttivo sul decreto legislativo n. 117 del 2017 discende dai giudizi di legittimità costituzionale instaurati dalle Regioni Lombardia e Veneto in ordine a talune disposizioni del medesimo decreto, nonché da esigenze di correzione sistematica e tiene conto, altresì, delle proposte formulate dagli stakeholders di riferimento.
Nella relazione dell’analisi di impatto della regolamentazione il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha indicato in modo specifico le criticità che hanno reso necessario l’intervento normativo integrativo e correttivo, che vengono di seguito riportate:
• il contenzioso costituzionale instaurato dalle Regioni Veneto e Lombardia;
• la ridotta partecipazione dei rappresentanti degli enti del Terzo settore all’interno del Consiglio nazionale del Terzo settore;
• la mancata previsione tra le attività di interesse generale di quella relativa alla tutela degli animali;
• l’eccessiva onerosità amministrativa, per gli enti di piccole dimensioni, in tema di obblighi di pubblicità, e, per la generalità degli enti, in tema di contemporanea iscrizione al registro delle persone giuridiche e al registro unico nazionale del Terzo settore;
• la mancata previsione di una disciplina normativa in caso di sopravvenuto venir meno del numero minimo di associati richiesto ai fini della costituzione di un’associazione di promozione sociale o di un’organizzazione di volontariato;
• la poca chiarezza in tema di competenze dell’organo di controllo interno dell’ente del Terzo settore e il revisore legale dei conti;
• la mancata previsione dell’accessibilità al contributo statale per l’ acquisto di ambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni strumentali, nel caso di donazione di tali bene alle strutture sanitarie pubbliche da parte delle organizzazioni di volontariato;
• la limitazione dell’applicazione dei titoli di solidarietà agli enti del Terzo settore non commerciali;
• la rigidità dei criteri di determinazione della commercialità delle attività di interesse generale, pur in presenza di lievi scostamenti tra costi e ricavi;
• la mancata previsione, per le organizzazioni di volontariato, dell’esenzione dall’imposta di registro sugli atti costitutivi e su quelli connessi allo svolgimento delle attività statutarie ( misura, peraltro, già prevista, nelle previgenti disposizioni);
• la mancata previsione di benefici fiscali per gli enti filantropici (nuova figura organizzativa introdotta dal decreto legislativo n.117 del 2017);
• relativamente alle disposizioni fiscali, la loro ridotta chiarezza o l’incompleto coordinamento normativo con l’ordinamento tributario, anche per effetto di disposizioni sopravvenute;
• l’eccessiva latitudine della clausola di adeguamento degli statuti delle imprese sociali, in assenza di un esplicito collegamento all’azionabilità della stessa esclusivamente per le modifiche necessitate dalla novella legislativa.
L’intervento correttivo, che si articola come già rilevato in 35 articoli, investe i titoli II, III, IV,V, VIII, IX, X, XI e XII.
Prima di procedere alla disamina delle singole disposizioni contenute nello schema di decreto correttivo, ritiene la Sezione di dover svolgere alcune considerazioni di ordine generale, precisando fin d’ora che il parere reso sarà di tipo interlocutorio, per le ragioni in seguito esplicitate.
2. – CONSIDERAZIONI DI ORDINE GENERALE
2.1 - Lo schema di decreto legislativo sottoposto al parere del Consiglio di Stato figura non munito del tradizionale timbro (c.d. bollino) attestante l’avvenuta verificazione positiva del testo di articolato da parte del competente Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze.
La mancanza non è affatto marginale – specie in relazione ad articoli dei Titoli IX, X e XI del Codice del terzo settore, dichiaratamente implicanti nuove e maggiori spese a carico della finanza pubblica – e giustificherebbe di per sé, e senz’altro, la restituzione dell’intero schema di articolato all’Amministrazione richiedente per ragioni preliminari che attengono alla stessa regolarità dell’avvio della procedura di acquisizione del parere.
Invero, l’assenza di tale preliminare e positiva verificazione rende del tutto relativa l’attendibilità dello schema di articolato e della sua (in particolare) relazione tecnica e, di conseguenza, sostanzialmente superfluo allo stato il suo esame, per carenza di un fondamentale e pregiudiziale requisito del documento sottoposto alla valutazione consultiva del Consiglio di Stato.
Tuttavia, essendo comunque nel frattempo pervenuto il documento a questa Sezione, ancorchè privo del c.d. bollino, la restituzione dello stesso per le ragioni anzidette, con contestuale sospensione al momento dell’espressione del richiesto parere, consente in ogni caso di formulare sin d’ora alcune considerazioni che possono tornare utili per gli approfondimenti che l’Amministrazione vorrà successivamente effettuare e, soprattutto, per le maggiori delucidazioni che la stessa – ove non rinunci ad alcune significative proposte di novità, di cui tra breve verrà detto – dovrà dare a questa Sezione in occasione dell’eventuale reinoltro del documento in questione.
2.2 – Sempre in via preliminare è opportuno ricordare che il Consiglio di Stato, nel quadro delle sue funzioni di “consulenza giuridico amministrativa” (articolo 100, comma 1, Cost.) è organo tecnico di ausilio, in posizione di indipendenza, nell’attività di regolazione. La “qualità” dei testi normativi viene da questo Istituto apprezzata sia in termini formali che sostanziali: le disposizioni devono essere chiare, coerenti, intelligibili e accessibili ma anche tradursi in regole “buone” e capaci di trovare concreta attuazione (cfr. per tutti, il parere sez. norm. 24 febbraio 2016, n. 515).
2.3 - In merito alle tecniche di redazione degli atti normativi è opportuno richiamare, sempre in via preliminare, i principi espressi nella circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001 n. 1/1.1.26/10888/9.92, contenente la “Guida alla redazione dei testi normativi” con specifico riferimento, per quanto di interesse, all’ordine di citazione della legge e ai casi di rinvio c.d. “dinamico” ad un altro testo normativo.
3. – PROBLEMATICA RELATIVA AI LIMITI DELL’ESERCIZIO DELLA POTESTA’ LEGISLATIVA ‘INTEGRATIVA E CORRETTIVA’.
3.1 - Particolarmente rilevante è la questione relativa all’ambito di intervento consentito attraverso un decreto legislativo di mera ‘integrazione e correzione’ di un decreto legislativo già entrato in vigore e, per di più, allorquando i termini di primo e principale esercizio della delega legislativa, che lo ha generato, risulterebbero altresì scaduti.
Il tema, come noto, è stato affrontato da tempo a livello di giurisprudenza della Corte Costituzionale, partendo da un lontano precedente costituito dalla sentenza n. 38 del 1959 e sviluppandosi poi, con maggiore ripetitività, nei successivi decenni degli anni ’70, ’80, ’90 dello scorso secolo, oltre che nei primi anni di quello corrente (tra le ultime può ricordarsi, significativamente, la sentenza n. 206 del 2001).
Il tema risulta trattato anche in un precedente delle Sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 733 del 1989) e dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato (parere 6 giugno 2007, n. 1750).
Data la necessaria sintesi cui in questa sede occorre attenersi (anche per il fatto che, come detto, questo parere non può che essere interlocutorio, in attesa delle spiegazioni che l’Amministrazione dovrà fornire), può ricordarsi in sintesi che un’attenzione progressivamente maggiore è stata dedicata agli effettivi limiti all’esercizio della potestà legislativa ‘integrativa e correttiva’ che si incontrano in occasione dell’emendamento (sempre attraverso potestà legislativa delegata, in forza della medesima presupposta legge di delegazione) di un decreto legislativo emanato (in attuazione della relativa delegazione legislativa) da poco e, soprattutto (come risulterebbe nella specie), senza che le sue disposizioni abbiano ancora avuto modo di esplicarsi applicativamente e, in tal guisa, almeno parzialmente sedimentarsi ovvero di avere l’agio di dimostrare se e quali lacune od imperfezioni esse effettivamente denotano.
Si può ad esempio rammentare, a tal proposito, che la citata sentenza della Corte di Cassazione – certamente legata ad una ‘sensibilità’ in argomento più tipica dei tempi in cui la decisione fu resa – ebbe modo, in sostanza, di affermare che una disposizione ‘integrativa’ avrebbe dovuto avere il compito di rendere esplicito l’implicito (recato dalla norma del decreto delegato già entrato in vigore sul quale si fosse voluto intervenire), modificando il significante ma non il significato, mentre quella ‘correttiva’ avrebbe dovuto semmai operare una reductio ad legitimitatem (delle norme corrette).
La Corte Costituzionale (sentenza n. 206 del 2001) a propria volta, peraltro ancorata ad una ‘sensibilità’ certamente più recente e nondimeno ampiamente riecheggiante quella dei tempi in cui si espresse la Corte di Cassazione nell’occasione ricordata, premesso che “Siffatta procedura [i.e., quella del riesercizio della potestà delegata a fini correttivi] si presta ad essere utilizzata soprattutto in occasione di deleghe complesse, il cui esercizio può postulare un periodo di verifica, dopo la prima attuazione, e dunque la possibilità di apportare modifiche di dettaglio al corpo delle norme delegate, sulla base anche dell'esperienza o di rilievi ed esigenze avanzate dopo la loro emanazione, senza la necessità di far ricorso ad un nuovo procedimento legislativo parlamentare, quale si renderebbe necessario se la delega fosse ormai completamente esaurita e il relativo termine scaduto.”, ha nell’occasione aggiunto pure che “Nulla induce a far ritenere che siffatta potestà delegata possa essere esercitata solo per “fatti sopravvenuti”: ciò che conta, invece, è che si intervenga solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega “principale”;e che si rispettino pienamente i medesimi principi e criteri direttivi già imposti per l'esercizio della medesima delega “principale””.
Questo insegnamento del Giudice delle leggi risulta significativo nel caso di specie ove si consideri che, al momento, salvo che l’Amministrazione non riesca a fornire diversi e puntuali riscontri al riguardo, il Codice del terzo settore non risulta ancora aver avuto una sua ‘prima attuazione’, idonea come tale ad offrire una quadro di riflessioni ‘sulla base anche dell'esperienza o di rilievi ed esigenze avanzate dopo la loro [i.e., le norme del decreto legislativo n. 117 del 2017] emanazione’. E, d’altro canto, risulta oggi pure esaurita, per intervenuta scadenza del relativo termine, la delega (c.d. principale) che ha legittimato l’emanazione del Codice del terzo settore.
A sua volta il Consiglio di Stato (parere 6 giugno 2007, n. 1750) ha avuto modo di aggiungere in argomento che dovendo l’intervento legislativo correttivo ed integrativo essere finalizzato a rimediare ad eventuali difetti che siano emergersi in sede di sperimentazione attuativa della c.d. delega principale, è necessario che tale fase di sperimentazione risulti essersi effettivamente realizzata.
E’ stato inoltre aggiunto che la “possibilità di attribuire una efficacia estensiva del potere del Governo all’endiadi “correzione e integrazione”, non sembra che (...) possa andare oltre al semplice ampliamento dell’oggetto del primo decreto legislativo [per, n.d.r.] quei profili della materia delegata – come individuato nei criteri base – trascurati in prima attuazione”.
Questa specifica problematica, come verrà più compiutamente esposto in seguito, assume particolare rilievo con riferimento agli articoli 77, 79, 80, 83, 89, 101 del Codice del terzo settore, nonché agli articoli 33 e 34 dello schema di decreto in questione, oggetto di successiva disamina.
4. – PROBLEMATICA RELATIVA AL COORDINAMENTO DELLA DISCIPLINA RELATIVA ALL’ACQUISTO DELLA PERSONALITA’ GIURIDICA
4.1 - Di particolare importanza è la problematica relativa al necessario coordinamento della disciplina relativa all’acquisto della personalità giuridica da parte degli enti del terzo settore, con la disciplina generale che riguarda ogni singola categoria di tali enti.
Ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo n. 117 del 2017 “Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.
Tali enti possono essere titolari di personalità giuridica ed essere iscritti in specifici registri a seconda della loro tipologia (registri prefettizi o regionali, registro delle imprese).
Per essere riconosciuti come enti del terzo settore devono, però, essere iscritti anche nel registro unico nazionale del terzo settore e possono acquistare la personalità giuridica anche mediante l’iscrizione presso quest’ultimo registro, ai sensi dell’art. 22 del decreto legislativo n. 117 del 2017.
Ritiene la Commissione di dover segnalare l’opportunità di provvedere al coordinamento della disciplina normativa relativa ai registri che attribuiscono, ai diversi enti, la personalità giuridica: Terzo settore, Prefettura, registro delle imprese con la conseguente necessità di ottenere il concerto dei Ministeri delle attività produttive, dell’interno e della giustizia.
5. - OSSERVAZIONI SUI SINGOLI ARTICOLI
5.1 - Seguendo l’ordine degli articoli dello schema di decreto, si esprimeranno, ove occorra, talune osservazioni.
5.2 - L’art. 4 dello schema di decreto apporta modifiche all’articolo 13 del decreto legislativo n. 117 del 2017, ai commi 1, 2 e 6.
Con riferimento alla lett. c) dell’articolo 4 sopra citato, che modifica il comma 6 dell’art. 13 del decreto legislativo n. 117 del 2017, si propone una correzione formale consistente o nella soppressione della congiunzione disgiuntiva “o” dopo “a seconda dei casi”, oppure nell’inserimento di tale congiunzione disgiuntiva dopo “relazione di missione”.
5.3 – L’art. 6 dello schema di decreto integra l’art. 16, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017, attraverso l’inserimento delle parole “fatto salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 3, lettera b)” dopo le parole “da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda”.
Dalla disamina della relazione illustrativa si evince che per effetto di tale modifica il limite di 1:8 previsto quale differenza retributiva tra lavoratori dipendenti, non è computato per le particolari categorie di lavoratori che abbiamo specifiche competenze, ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’art. 5, comma 1, lett. b), g) o h).
A tale fine la norma dell’art. 16, comma 1, del Codice del Terzo Settore è stata quindi integrata con l’inserimento, dopo le parole “da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda”, delle parole “fatto salvo quanto previsto dall’articolo 8, comma 3, lettera b)”.
Innanzitutto questa Commissione consiglia una modifica formale, consistente nella sostituzione delle parole “fatto salvo” con “fermo restando”, in modo da rendere il significato della disposizione più chiaro.
La disposizione, comunque, non risulta sufficientemente chiara, potendo prestarsi ad interpretazioni non univoche.
L’art. 8, comma 3, lett. b) del decreto legislativo n. 117 del 2017, prevede, infatti, che non si considerano distribuzione indiretta di utili “la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all'articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h)”.
Essa, pertanto, contiene una disposizione generale e una di deroga: ne deriva che il rimando alla norma dell’art. 8, comma 3, lett. b) del decreto legislativo n. 117 del 2017, può dare origine a dubbi in sede interpretativa.
E’ dunque necessario acquisire chiarimenti in merito, tenuto conto che, neppure dalla relazione illustrativa, è possibile desumere quale sia il senso di tale disposizione.
5.4 - In relazione all’art. 7 dello schema di decreto, che apporta modificazioni all’art. 17 del decreto legislativo n. 117 del 2017, si segnala che – secondo quanto indicato nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 maggio 2001 n. 1/1.1.26/10888/9.92 già citata, nel caso di rinvio recettizio dinamico la norma deve sempre riportare “e successive sostituzioni, modificazioni e integrazioni”.
Inoltre, la norma rimanda agli articoli 76 della legge provinciale 5 marzo 2001 n. 7 e 55-bis della legge provinciale 19 luglio 1990 n. 23, senza indicare le Province cui si riferiscono le rispettive leggi.
Si segnala, dunque, l’opportunità di integrare il testo normativo con l’indicazione delle Province.
5.5 - La disposizione dell’art. 8 dello schema di decreto apporta modifiche all’art. 22 del decreto legislativo n. 117 del 2017.
Quest’ultima disposizione, relativa all’acquisto della personalità giuridica da parte degli enti del terzo settore mediante l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore, è stata integrata mediante l’inserimento, al comma 1, delle parole “ai sensi del presente articolo” e con l’introduzione di un nuovo comma, denominato comma 1-bis.
Quest’ultima disposizione prevede che “Le associazioni e le fondazioni del Terzo settore già iscritte nei registri delle persone giuridiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000, che ottengono l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi del presente articolo, sono cancellate dai registri delle persone giuridiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000 senza che ciò comporti estinzione della persona giuridica. Dell’avvenuta iscrizione al registro unico nazionale del Terzo settore è data comunicazione alla competente Prefettura”
Dalla disamina della relazione illustrativa si evince che la ratio delle modifiche risponde all’esigenza di evitare la sovrapposizione di funzioni e competenze, derivanti dalla doppia iscrizione degli enti del terzo settore nei registri delle persone giuridiche, di cui al d.P.R. n. 361 del 2000 (tenuti da prefetture e regioni), e nel registro unico nazionale del terzo settore, problematica di specie rispetto a quella più generale richiamata al punto 4.4, con la quale andrà coordinata.
Nella relazione si precisa che la nuova disciplina riguarda le sole associazioni e fondazioni del terzo settore, già iscritte nei registri delle prefetture e delle regioni di cui al d.P.R. n. 361 del 2000, che abbiano chiesto ed ottenuto l’iscrizione al registro unico nazionale del terzo settore, ai sensi dell’art. 22, perché in caso contrario permane la doppia iscrizione degli enti in entrambi i registri, quello di cui al d.P.R. n. 361 del 2000, presso il quale l’ente si è iscritto per conseguire la personalità giuridica, ed il registro unico nazionale del terzo settore presso cui si è iscritto per poter ottenere il riconoscimento come ente del terzo settore.
La norma dello schema di decreto presenta due criticità: innanzitutto l’inserimento nel primo comma delle parole “ai sensi del presente articolo” non risulta idoneo a far comprendere che l’acquisto della personalità giuridica è possibile solo se l’ente che chiede l’iscrizione segue lo specifico procedimento e dispone dei requisiti indicati nello stesso articolo 22 (in particolare, si avvale di un notaio, dispone di un certo patrimonio): in sostanza, dovrebbe emergere in modo ancora più chiaro, che il ricorso alla procedura di iscrizione “ordinaria”, di cui all’art. 47 del decreto legislativo n. 117 del 2017, non comporta l’acquisto della personalità giuridica.
Maggiori criticità presenta, invece, il comma 1-bis dello schema di decreto: la norma, infatti, non disciplina gli effetti dell’eventuale cancellazione, dal registro unico nazionale del terzo settore, di quegli enti che erano in origine iscritti presso i registri prefettizi o regionali, in quanto già titolari di personalità giuridica, e che da essi sono stati da essi cancellati per effetto dell’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore: in altre parole, non si evince dalla disposizione integrativa (e nemmeno dalla relazione illustrativa) se, in tal caso, riviva la precedente iscrizione presso i registri prefettizi e regionali e l’ente conservi la personalità giuridica che aveva in origine acquistato, ovvero se l’ente sia tenuto ad attivare ex novo il procedimento per riacquistarla.
Poiché la stessa disposizione prevede che la cancellazione dal registro delle persone giuridiche di cui al d.P.R. n. 361 del 2000 non comporta l’estinzione della persona giuridica, potrebbe ritenersi che a seguito della cancellazione dal registro unico nazionale del terzo settore, riviva l’iscrizione presso quello prefettizio o regionale.
La disposizione, però, non è sufficientemente chiara.
La questione è rilevante, tenuto conto della diversità dei presupposti che disciplinano le due fattispecie (acquisto della personalità giuridica in base al d.P.R. n. 361 del 2000 ed in base al decreto legislativo n. 117 del 2017) tanto da potersi ragionevolmente ipotizzare che possano venir meno i presupposti per l’iscrizione presso il registro unico nazionale del terzo settore con il mantenimento, nel contempo, dei requisiti per l’iscrizione presso i registri prefettizi e regionali.
La Commissione ritiene necessario, pertanto, acquisire chiarimenti in merito.
5.6 - L’art. 11 dello schema di decreto modifica il dettato dell’art. 32, comma 1, del decreto legislativo n. 117 del 2017, nella sola parte in cui sostituisce le parole “delle prestazioni dei volontari associati” con le parole “dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone associate agli enti associati”.
Nella relazione illustrativa si chiarisce la ratio della modifica: le organizzazioni di volontariato possono essere, infatti, di secondo livello, cioè partecipate da altre organizzazioni di volontariato (minimo tre). Ciò ha comportato la necessità di sostituire il precedente testo normativo prevedendo che le organizzazioni di volontariato di secondo livello devono avvalersi in modo prevalente dell’attività di volontariato delle persone fisiche associate alle organizzazioni di primo livello.
La norma non desta problemi di ordine interpretativo, la Commissione sottolinea, soltanto, l’opportunità di eliminare la cacofonia derivante dalla ripetizione della parola “associati” (nella versione al maschile e al femminile) che compare tre volte nella stessa frase.
5.6.1 - Maggiore attenzione merita l’introduzione del comma 1-bis secondo cui: “Se successivamente alla costituzione il numero degli associati diviene inferiore a quello stabilito nel comma 1, esso deve essere integrato entro un anno, trascorso il quale l’organizzazione di volontariato è cancellata dal Registro unico nazionale del Terzo settore se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del medesimo”.
Nella relazione illustrativa si precisa che tale integrazione normativa è stata introdotta al fine di prevedere una fase transitoria di un anno entro la quale, l’organizzazione di volontariato che ha subito una riduzione del numero dei soci al di sotto del limite minimo richiesto dalla legge (sette persone fisiche o tre organizzazioni di volontariato), può reintegrare il numero dei soci o degli enti associati evitando così la cancellazione dal registro nazionale del terzo settore.
La stessa norma prevede, inoltre, che l’organizzazione può evitare la cancellazione chiedendo l’iscrizione in un’altra sezione del registro unico nazionale del terzo settore, corrispondente ad una forma organizzativa per la quale non è previsto un numero minimo di associati (nella relazione si fa espresso riferimento alla sezione “altri enti del terzo settore”).
Si riproducono con riferimento a questa norma le stesse problematiche che si sono poste con riferimento all’articolo 8 dello schema di decreto: dal testo normativo non emerge quali siano le conseguenze in caso di cancellazione dell’associazione di volontariato, dotata di personalità giuridica, dal registro unico nazionale del terzo settore per insufficienza del numero degli associati.
Anche in questo caso non è possibile desumere dalla norma se la cancellazione dell’associazione dal registro unico nazionale del terzo settore comporti la perdita della personalità giuridica e, conseguentemente, la necessità per l’ente di dar corso al procedimento dinanzi alla Prefettura per riottenerla, con altri presupposti e ad altri fini.
5.7 - L’art. 13 dello schema di decreto, che modifica ed integra l’art. 35 del decreto legislativo n. 117 del 2017, riproduce con riferimento, agli enti di promozione sociale, la medesima disposizione prevista per gli enti di volontariato.
Valgono, quindi, le medesime osservazioni in precedenza svolte con riferimento all’art. 11 dello schema di decreto oggetto di parere.
6. Affrontando l’esame delle modificazioni che si propongono di apportare ad articoli dei Titoli IX, X e XI del Codice del terzo settore devono richiamarsi le osservazioni introduttive indicate nei paragrafi 2.1 e 3.1 con riferimento, rispettivamente, alla mancanza del c.d. bollino e alla problematica relativa ai limiti dell’esercizio della potestà legislativa ‘integrativa e correttiva’.
6.1 - Attirano significativamente l’attenzione le proposte di modifica riguardanti, in particolare, gli articoli 77, 79, 80, 83, 89, 101 del Codice del terzo settore, nonché gli articoli 33 e 34 dello schema di decreto legislativo sottoposto ad esame.
6.2 - Segnatamente le espunzioni che si intendono effettuare all’articolo 77, comma 1 (“non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5”), e all’articolo 83, comma 1 (“non commerciali”), specie in relazione ai conseguenti effetti applicativi (dal punto di vista del relativo ambito soggettivo) che paiono derivarne in rapporto agli articoli 79, 82 e allo stesso articolo 83 del Codice del terzo settore, risultano imprimere all’iniziativa che l’Amministrazione si accingerebbe a promuovere una svolta null’affatto secondaria.
Per effetto di tali (apparentemente minimi) interventi, invero, risulterebbe in prospettiva spostata non di poco, ed ampliativamente, la linea di confine tra gli enti settoriali che, ad oggi, figurano meritevoli di fruire di forme di ausilio (alla loro esistenza e funzione) particolarmente significative, anche dal punto di vista tributario, in eminente ragione della ‘non commercialità’ delle loro attività, e quelli che invece, sempre ad oggi, non ne godono in rapporto proprio alla natura o componente ‘commerciale’ della loro attività.
Cosa questa che pone pregiudizialmente un tema che di necessità occorre approfondire: se tale intervento (e la retrostante volontà, che risultano esulare alquanto dagli stretti confini del semplice adeguamento migliorativo tecnico-giuridico di un testo legislativo di attuazione di una delega legislativa, connotandosi piuttosto quale nuova ed autonoma scelta primariamente politica) possa essere legittimamente effettuato attraverso un decreto legislativo di mera ‘integrazione e correzione’ di un decreto legislativo già entrato in vigore e, per di più, allorquando i termini di primo e principale esercizio della delega legislativa, che lo ha generato, risulterebbero altresì scaduti.
6.3. Non è del resto di poco conto prefigurare – come emerge dalle prospettate correzioni legislative – una ipotetica estensione dei benefici già previsti dal Codice del terzo settore per le attività core ‘non commerciali’ degli enti del terzo settore anche al novero delle attività invece ‘commerciali’ che agli stessi pure non vengono ordinariamente inibite, purché peraltro ancillarmente e quale strumento di sostentamento e sussidio rispetto a quelle principali ‘non commerciali’.
L’inversione di traiettoria della disciplina settoriale che si determinerebbe per effetto delle proposte modificazioni non risulta prima facie frutto della mera esigenza – di per sé legittima – di effettuare ‘correzioni ed integrazioni’ al testo del decreto legislativo n. 117 del 2017 quanto piuttosto di una nuova, autonoma scelta innanzi tutto politica la quale però, sebbene altrettanto legittima di per se stessa, deve nondimeno misurarsi – alla luce degli insegnamenti sopra ricordati – con gli spazi di possibile ed effettivo intervento garantiti dal ‘veicolo legislativo’ cui in concreto si intenderebbe ricorrere (ossia un mero decreto delegato ‘correttivo ed integrativo’).
La relazione illustrativa allo schema di provvedimento sottoposto al parere nulla dice, però, a questo riguardo, onde non può che essere necessitata l’opzione di rimette all’Amministrazione richiedente l’opportunità di fornire ogni più appropriato chiarimento in funzione dei rilievi critici che potrebbero derivare dalle considerazioni sopra riepilogate.
6.4. Infine, che le scelte in discorso costituiscano – dal punto di vista della proposta sottoposta al parere – novità assolute è fatto sufficientemente certo, come è testimoniato anche dalla circostanza che le stesse determinano, dichiaratamente, nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica, come dimostra altresì l’esigenza avvertita di darvi copertura con l’altrettanto nuovo articolo 33 dello schema di decreto legislativo in esame.
7. Scendendo ad un maggior grado di dettaglio, l’occasione di chiarimento offerta all’Amministrazione potrà valere anche per approfondire le ulteriori questioni che vengono di seguito segnalate, anche in relazione alle quali s’avverte l’esigenza di appropriate delucidazioni.
7.1. Dell’articolo 21 dello schema di articolato desta attenzione anche la parte che punta a novellare, introducendovi un nuovo periodo finale, l’articolo 77, comma 4, del Codice del terzo settore.
La relazione illustrativa, in proposito, dice che “Tale modifica completa la disposizione, evitando il ricorso ad un successivo decreto attuativo per la precisazione e rendendo la disposizione immediatamente operativa, con conseguente abrogazione del successivo comma 15” del predetto articolo 77.
La relazione però non affronta le ragioni che:
- da un lato, indurrebbero a favorire gli emittenti concedendo loro, in totale assenza di parametri regolatori di secondo od ulteriore livello rispetto alla fonte primaria, la piena libertà di determinarsi circa la scelta in ordine al possibile ‘tasso inferiore’ di cui all’attuale ultimo periodo del comma 4 in esame;
- da un altro lato, spingerebbero ad elidere la vigente previsione di future disposizioni attuative dell’intero articolo 77 (e non del suo solo comma 4, come la relazione illustrativa lascerebbe sottintendere) da parte del Ministro dell’economia e delle finanze, in tal guisa determinando, per un verso, la definitiva scomparsa di possibili ed utili disposizioni di attuazione dell’intero articolo (non solo di una sua parte) e soprattutto, per altro verso, una non indifferente sottrazione al detto Ministro del potere di esercizio di sue istituzionali attribuzioni in tema di regolazione generale, monitoraggio e controlli in materia.
Le sottese intenzioni – emergenti dal ricordato, minimo brano della relazione illustrativa – di semplificazione ed accelerazione dei tempi attuazione delle norme in discorso non rendono merito all’importanza e alla delicatezza del tema (pur sempre vertendosi in materia di sollecitazione del risparmio privato).
Il nuovo periodo proposto, inoltre, risulta alquanto vago in ordine all’ubi, al quomodo e al quando della (mera) ‘evidenza’ della cui fornitura la proposta emendativa porrebbe l’onere a carico degli emittenti.
Per questi diversi motivi, dunque, è opportuno che l’Amministrazione richiedente fornisca in argomento adeguate delucidazioni, che in ogni caso dovrebbero poi trovare posto all’interno della relazione illustrativa.
7.1.1 - Non meno significativa, inoltre, la proposta emendativa al comma 6 dell’articolo 77 del Codice del terzo settore che, ove varata, determinerebbe la possibilità di impiegare le risorse raccolte dagli emittenti i titoli di solidarietà non soltanto per il finanziamento delle attività loro ‘non commerciali’ – come previsto dalla norma vigente – ma anche ovvero anche soltanto – cosa che di per sé risulterebbe ancora più innovativa – per il finanziamento delle sole attività ‘commerciali’ degli emittenti stessi.
Questa prospettiva rende ancora più incisive le conseguenze della prospettata innovazione di cui sopra s’è detto e, pertanto, ancor più importanti le richieste valutazioni, da parte dell’Amministrazione, in ordine alla praticabilità dal punto di vista costituzionale delle sue proposte modificative attraverso il veicolo di un decreto legislativo ‘correttivo ed integrativo’.
7.2. Deve spingere a riflessioni anche la proposta introduzione di un comma 2-bis all’interno dell’articolo 79 del Codice del terzo settore.
Invero, attraverso la stessa, nella sostanza si assoggetterebbe la possibile ricorrenza della qualificazione di ‘non commercialità’ delle attività di cui al comma 2 del predetto articolo a scelte imprenditoriali assolutamente unilaterali e di pura convenienza soggettiva tenuto conto, per comune esperienza, della ben nota capacità per un soggetto che esercita attività suscettibili di generare ricavi di pianificare – e quindi di prevederne le dinamiche nel tempo – l’individuale politica dei costi e delle correlative spese, dal cui voluto andamento di conseguenza non sarebbe difficile ‘governare’ la ricorrenza o meno della soglia del dieci per cento che pure verrebbe introdotta mediante la proposta in discorso.
In proposito la relazione illustrativa giustifica la prefigurata novità con l’avvertita esigenza “di evitare una applicazione rigida dei criteri (… che altrimenti opererebbero per la qualificazione ‘non commerciale’ delle attività d’interesse) tenendo conto della esigenza di mantenere la qualifica non commerciale dell’attività anche in presenza di lievi scostamenti tra costi e ricavi”.
La proposta emendativa e la relativa relazione illustrativa, però, non si fanno assolutamente carico della contrapposta eventualità di una predeterminazione soggettiva di detti criteri, cosa che per vero meriterebbe invece, di per se stessa, una più attenta ponderazione, specie alla luce delle ancor più rilevanti novità – di cui s’è detto – che conseguirebbero alle prefigurate modificazioni dell’articolo 77.
Le riflessioni che si sollecitano non riguardano, evidentemente, il profilo della rilevanza comunitaria dell’eventuale innovazione, di per se stessa assistita dal prefigurato moderamen costituito dalla menzione (frutto di altro apposito emendamento proposto) anche dell’articolo in discorso fra quelli già contemplati all’interno dell’articolo 101 del Codice del terzo settore (v. articolo 31, comma 1, lettera b), dello schema di decreto legislativo sottoposto all’esame).
7.3. In relazione alla proposta modificazione dell’articolo 80, comma 1, del Codice del terzo settore (ossia, in sostanza, inclusione – per la prima volta – dell’attività di raccolta fondi tra quelle per le quali opererebbe il beneficio del regime forfetario di imposizione dei relativi ricavi) la relazione illustrativa dice che “Si tratta di una modifica meramente formale, con cui non si fa che esplicitare quanto già desumibile dal precedente articolo 79, comma 4, lettera a).”.
La motivazione data non appare tuttavia soddisfacente se solo si considera che le raccolte di cui al predetto articolo 79, comma 4, lettera a), sono quelle meramente ‘occasionali’ in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione mentre il semplice richiamo dell’articolo 7 – e non già del predetto 79, comma 4, lettera a – nell’articolo 80, comma 1, mostra di avere l’effetto di richiamare l’attività di raccolta fondi tout court, comunque espletata e dunque anche non ‘occasionalmente’.
Anche questo possibile effetto della novella, dunque, frutto altresì della sua formulazione che viene proposta, rincara il ventaglio degli aspetti problematici riguardanti la possibilità di intervenire in argomento, e per la prima volta, con un decreto legislativo meramente ‘correttivo ed integrativo’.
7.4. Della proposta novella all’articolo 83, comma 1, del Codice del terzo settore s’è già in parte detto.
Qui può aggiungersi che un’ulteriore aggravante – in termini di novità degli effetti che paiono voler essere perseguiti attraverso ciò che non sembra limitarsi ad essere una mera ‘correzione ed integrazione’ – risulta essere legata alla proposta sostituzione dell’originario novero di soggetti di cui all’articolo 79, comma 5, con quello – ben più significativo, dal punto di vista imprenditoriale – di cui all’articolo 82, comma 1.
Non può tralasciarsi, in proposito, il fatto che neppure un rigo di spiegazione risulta speso, al riguardo, nella relazione illustrativa.
Tra l’altro, nell’occasione neppure sovviene il moderamen (sopra ricordato) costituito dall’inclusione anche di questa nuova prospettata fattispecie tra quelle menzionate all’articolo 101 del Codice del terzo settore.
7.4.1 - Analoghe considerazioni possono svolgersi relativamente alla proposta modificazione del comma 2 dell’articolo in esame.
7.4.2 - Severi – in chiave negativa – paiono poi gli effetti della proposta espunzione dell’intero comma 3 dell’articolo in discorso, giustificata dalla relazione illustrativa con mere “esigenze di coordinamento normativo”.
Che non si tratti di un puro coordinamento normativo lo si desume invece dal fatto che, del tutto innovativamente rispetto alla delega c.d. principale già in vigore, verrebbe in tal guisa fatto scomparire il precetto (niente affatto secondario, ove si consideri anche la portata conoscitiva e di pubblica fede connessa all’operatività del Registro unico nazionale del terzo settore) relativo al dovere di comunicazione della perdita della natura non commerciale di uno degli enti di tale settore ivi iscritto, nonché alla connessa sanzione per il caso di inadempimento al dovere.
Questa vigente disposizione, per la verità, meriterebbe (anche al di là del tema dei limiti d’innovazione consentititi ai decreti legislativi meramente ‘correttivi ed integrativi’) piuttosto di essere conservata, in ragione della sua importante funzione, anche deterrente.
Non si può inoltre sottacere – da un punto di vista più generale – una segnalazione di avviso contrario con riferimento alle modifiche proposte con l’articolo 26, lettere a), b) e c), dello schema di decreto delegato sottoposto ad esame, in quanto l’eliminazione del riferimento agli “enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5” e la sostituzione con quello agli “enti di cui all’articolo 82, comma 1” prefigura, come conseguenza, l’applicazione del regime agevolativo anche in relazione ad erogazioni liberali effettuate in favore di enti del terzo settore di natura commerciale, comprese le cooperative sociali e le imprese sociali diverse da quelle costituite in forma di società.
Al riguardo, si rileva che l’operatività delle disposizioni che riconoscono il beneficio fiscale della detrazione o della deduzione dovrebbe essere riservato alle sole erogazioni liberali in favore degli enti che non rivestono natura commerciale e ciò al fine di evitare che detto flusso finanziario (i.e., quello delle erogazioni liberali) possa essere destinato allo svolgimento di attività commerciali da parte degli stessi enti, configurando in tal modo un aiuto indiretto al funzionamento incompatibile con i principi europei in materia di aiuti di stato. La valutazione non sembra poter mutare per il solo fatto che l’attività venga svolta per finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale in base, in quanto il fatto che si tratti di attività di pubblico interesse non esclude la possibilità che il loro svolgimento sia assunto da soggetti commerciali.
Nuovamente rileva anche la mancata menzione di siffatta proposta di modifica tra quelle rientranti nell’ambito applicativo dell’articolo 101 del Codice del terzo settore.
Si deve infine segnalare l’inopportunità della previsione (che è stata proposta) che consente di usufruire delle agevolazioni in discorso per le erogazioni in natura, in quanto al ricorrere di tali fattispecie è noto che non risulta facilmente determinabile il valore normale dei beni donati (che potrebbero anche essere usati), non risulta possibile tracciare le erogazioni suddette e risulta, peraltro, difficilmente verificabile ‘l’inerenza’ del bene con l’attività esercitata dall’ente del terzo settore, con conseguente rischio di abusi.
7.5. Anche le proposte di modificazione contemplate dall’articolo 30 dello schema di decreto legislativo sottoposto ad esame – almeno per la parte che qui viene presa in considerazione – suscitano dubbi quanto al fatto che le stesse esprimerebbero il frutto di un mero coordinamento normativo.
In proposito dunque, nuovamente, occorrerà una riflessione attenta da parte dell’Amministrazione richiedente.
Più in dettaglio, si osserva che parte di tali proposte puntano a determinare un ampliamento del perimetro di applicazione dell’articolo 148, comma 3, del TUIR, nonché delle disposizioni in materia di IVA e di deduzioni IRPEF relative alle erogazioni liberali a favore delle organizzazioni di volontariato, dal quale potrebbero derivare effetti negativi sotto l'aspetto finanziario.
La relazione tecnica, in proposito, afferma il contrario. Un approfondimento, però, parrebbe opportuno.
7.5.1 - Inoltre, il comma 2 del citato articolo 30 è volto a modificare l’articolo 148, comma 3, del TUIR al fine di includere le attività assistenziali di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a) (i.e., quelle poste in essere dagli enti di derivazione negoziale e, di regola, sottoposti a ‘direzione e coordinamento’ di organizzazioni sindacali o di associazioni di datori di lavoro) nonché quelle di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), del TUIR medesimo (i.e., quelle poste in essere dai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, che erogano prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministro della salute) tra quelle per le quali è previsto che non si considerano comunque commerciali se “svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali”.
Al riguardo, occorre rammentare che il Codice del terzo settore ha delineato le categorie degli enti del terzo settore e le attività da questi esercitabili nonché le agevolazioni dagli stessi fruibili, ridefinendo, nel contempo, l’ambito applicativo delle disposizioni previgenti in favore degli enti non commerciali, al fine di garantire una applicazione delle misure coerente con i principi europei in materia di aiuti di Stato.
Di conseguenza, è opportuno avvertire di un possibile avviso contrario alla proposta in discorso atteso che la stessa – in quanto rivolta esclusivamente in favore di determinati soggetti – rischia di presentare aspetti censurabili sotto il profilo della disciplina europea in materia di concorrenza.
Anche al riguardo è necessaria una attenta valutazione da parte dell’Amministrazione richiedente, anche perché pure la proposta emendativa in commento parrebbe esulare dal perimetro di quelle praticabili con un mero decreto legislativo ‘correttivo ed integrativo’ e, ancor più, dal concetto di semplice coordinamento normativo.
Peraltro, in proposito la relazione illustrativa – che invece dovrebbe dare conto di tutte le riflessioni effettuate, onde escludere ogni possibile, residuo dubbio – risulta alquanto deficitaria.
7.6. A proposito dell’articolo 101 del Codice del terzo settore, in disparte quanto già detto, occorre osservare che nel suo comma 2 risulta essere stato lasciato immutato il termine di diciotto mesi per l’adeguamento da parte dei soggetti destinatari alle disposizioni del decreto legislativo n. 117 del 2017 (che peraltro adesso, per effetto di un’apposita proposta di modificazione, s’intenderebbe qualificare come “inderogabili”).
A tale riguardo, considerato che neppure risulta essere ancora decollata l’applicazione delle disposizioni in materia di Registro unico nazionale del terzo settore, si chiede all’Amministrazione richiedente di voler valutare se sia opportuno lasciare intatta la ricordata previsione del termine di diciotto mesi.
7.7. Quanto all’articolo 33 dello schema di provvedimento sottoposto al parere, l’Amministrazione richiedente deve fornire più diffuse spiegazioni rispetto a quanto ora emerge, per la verità laconicamente, dalla relazione illustrativa e tecnica.
Non consta diffusa la prassi di dotare uno schema di decreto legislativo meramente ‘correttivo ed integrativo’ di una propria, autonoma norma di copertura finanziaria.
Già questo dovrebbe formare oggetto di spiegazione, con riferimento alle ragioni per cui una mera ‘correzione ed integrazione’ ad una normativa vigente, frutto dell’esercizio di una delega c.d. primaria, possa generare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Sotto altro e pur connesso profilo, poi, la spiegazione deve estendersi al tema sopra trattato, dei limiti di effettivo intervento consentiti con un decreto ‘correttivo ed integrativo’, dando conto del perché – di contro – la proposta modificazione non sarebbe nuova, autonoma eppertanto non consentita rispetto ad una delega i cui termini di primo esercizio sono già spirati.
Sotto altro aspetto, poi, la spiegazione dovrebbe estendersi al merito della proposta novità riguardante la copertura finanziaria che viene offerta.
Se non si erra, s’ipotizza ora la rimodulazione dei fondi già utilizzati a fini di copertura in occasione dell’esercizio della delega c.d. primaria e questo – negli intenti – per poter invocare il non superamento delle risorse complessivamente già stanziate a copertura dei nuovi e maggiori oneri connessi all’attuazione della delegazione legislativa riguardante il riordino del terzo settore.
Tuttavia, l’attuale, ipotizzata rimodulazione – se si deve assumerne l’effettiva praticabilità – lascia suppore che le stime degli oneri originariamente effettuate in occasione dell’emanazione del decreto legislativo n. 117 del 2017 siano state eccedentarie (col rischio riflesso della loro postuma inattendibilità) ovvero che, emanato tale decreto, per qualche fatto sopravvenuto esse (originariamente attendibili) siano divenute poi in qualche punto eccedentarie, al punto tale da poter consentire la ipotizzata rimodulazione che, liberando risorse, consentirebbero allora – a parità di effetti complessivi – di poter dare copertura ai nuovi o maggiori oneri connessi alle proposte emendative che si vorrebbero adesso varare.
Ebbene, è evidente che le riflessioni che vengono sollecitate dalla redazione dell’articolo in commento necessitano di spiegazioni ben più diffuse ed illustrative del merito delle valutazioni e delle proiezioni effettuate di quanto non fatto con le relazioni illustrative e tecniche allegate allo schema di documento sottoposto al parere.
7.8. Alquanto misterioso, poi, risulta l’articolo 34 dello schema di decreto delegato in rassegna secondo il quale “Sono fatti salvi gli effetti già prodotti dal decreto legislativo n. 117 del 2017.”.
La norma proposta non è invero tipica degli schemi di provvedimento legislativo meramente ‘correttivi ed integrativi’, anche per la loro implicita e connaturale portata sostanzialmente retroattiva (delle correzioni ed integrazioni apportate).
Al riguardo, dunque, occorrono delucidazioni da parte dell’Amministrazione richiedente.
7.9. Da ultimo occorre segnalare che la tecnica redazionale utilizzata per la compilazione dello schema di decreto delegato in discorso risulta assai imperfetta.
A mero titolo di mero esempio (particolarmente vistoso), tra i tanti possibili, ci si limita qui ad indicare le proposte emendative di cui all’articolo 30, commi 3 e 5, del predetto schema di decreto delegato, la cui eventuale, futura collocazione all’interno dell’articolo 89 del Codice del terzo settore rimane priva di ogni sicura indicazione.
Per il resto, tenuto conto dell’effettiva natura e portata del presente parere interlocutorio e del fatto che lo schema di articolato sottoposto ad esame neppure può considerarsi quello definitivo, in quanto non assistito – come già detto – dal prescritto timbro di positiva verificazione, si omette in questa sede di dilungarsi in ulteriori segnalazioni delle correzioni di drafting che occorre apportare, potendovisi dedicare direttamente l’Amministrazione richiedente in attesa dell’eventuale reinoltro dello schema di articolato rivisto alla luce delle considerazioni ed osservazioni che precedono.