Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-12-02, n. 201305731
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N. 05731/2013REG.PROV.COLL.
N. 06019/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6019 del 2010, proposto da:
Comune di Montevarchi, rappresentato e difeso dall'avv. R G, con domicilio eletto presso Francesco Caso in Roma, via Savoia, 72;
contro
M T, S T, P G, rappresentati e difesi dagli avv. A P, M L, con domicilio eletto presso Associati Srl Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;Pasqualina Ermini, Libero Tommasi;
nei confronti di
L T, rappresentato e difeso dall'avv. F M G, con domicilio eletto presso Cons. di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro, 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III n. 00656/2010, resa tra le parti, concernente autorizzazione edilizia per ristrutturazione e cambio destinazione uso di un fabbricato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di M T, S T e P G, nonché di L T;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Alessio Petretti (su delega di A P) e Federico Gualandi (su delega di R G);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame il Comune di Montevarchi impugna la sentenza con cui è stata annullata l'autorizzazione edilizia n. 72/01 dell'8.2.2001, prot. n. 1296/01, rilasciata al sig. Tommasi Lido e relativa a " ristrutturazione con cambio d'uso e divisione di unità immobiliare al piano terra e al piano primo in fabbricato posto in Montevarchi via Chiantigiana n. 47 " situata nel medesimo fabbricato in cui i ricorrenti hanno la loro abitazione.
L’appello è affidato alla denuncia di quattro profili di gravame relativi all’errore in giudicando, sui presupposti e contraddittorietà.
Si sono costituiti in giudizio i ricorrenti in primo grado signori Toscano, Tommasi e Gabbrielli chiedendo il rigetto dell’appello.
A sua volta il sig. L T si è costituito in giudizio con nota per la camera di consiglio.
Con ordinanza n. 3661/2010 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare in relazione all’esaurimento dei lavori ed alla loro occupazione abitativa.
Con memoria per la discussione gli appellati Toscano, Tommasi e Gabbrielli hanno confutato analiticamente le tesi dell’appellante, insistendo nelle proprie conclusioni.
Con memoria di replica l’Amministrazione appellante ha confutato le tesi di controparte, concludendo per l’accoglimento dell’appello.
Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
___1. Con il primo motivo il Comune appellante assume l’erroneità della sentenza per la mancata declaratoria dell’inammissibilità del ricorso, sull’assunto che la sola vicinitas non basterebbe a far identificare una lesione giuridicamente tutelabile causata loro dal provvedimento impugnato.
Il motivo è infondato.
Del tutto esattamente il TAR ha rilevato che sono legittimati ad impugnare il titolo edilizio “ …coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento, derivante dalla titolarità di un diritto reale o da un rapporto obbligatorio, con la zona in cui ricade l’intervento edilizio assentito, purchè facciano valere un interesse di tipo urbanistico o ambientale, quale quello all’osservanza della normativa urbanistica o delle prescrizioni paesaggistiche ” e … nel caso di specie “… rileva la posizione dei ricorrenti quali condomini nello stesso stabile in cui si trova l’unità immobiliare” ad impugnare l’ “… edificazione, che incide sull’aspetto esteriore dell’edificio, rispettosa delle regole che presiedono all’ordinato ed armonico assetto del territorio in zona di interesse paesaggistico”.
Come la Sezione ha più volte avuto modo di precisare, i proprietari di immobili in zone confinanti o limitrofe con quelle interessate da un permesso di costruzione sono sempre legittimati ad impugnare i titoli edilizi che, incidendo sulle condizioni dell'area, possono pregiudicare la loro proprietà e, più in generale, possono modificare l’assetto edilizio, urbanistico ed ambientale della zona. Né è necessaria la prova di un danno specifico, in quanto il danno a tutti i membri di quella collettività è insito nella violazione edilizia (cfr. Consiglio Stato sez. IV 23 gennaio 2012 n. 284;Consiglio Stato sez. IV 13 gennaio 2010 n. 72).
Infatti, se l'art. 31 comma 9 L. 17 agosto 1942 n. 1150 (come modificato dall'art. 10 L. 6 agosto 1967 n. 765) non ha introdotto un'azione popolare, nondimeno ha riconosciuto una posizione qualificata e differenziata in favore dei proprietari di immobili siti nella zona in cui la costruzione è ubicata e a coloro che si trovano in una situazione di “stabile collegamento” con la zona stessa.
La legittimazione alla proposizione del ricorso in materia edilizia discende sempre da una situazione giuridica di collegamento stabile del ricorrente con la zona oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato. Il che esime da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o meno un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione, atteso che l'esistenza della suddetta posizione legittimante abilita il soggetto ad agire per il rispetto delle norme urbanistiche, che assuma violate, a prescindere da qualsiasi esame sul tipo di lesione, che i lavori in concreto gli potrebbero arrecare (cfr. Consiglio Stato sez. IV n. 284 del 23/01/2012;Consiglio Stato, sez. IV, 05 gennaio 2011, n. 18;Consiglio Stato Sez. VI 15 giugno 2010 n. 3744).
In materia d'impugnazione del permesso di costruire, è, dunque, sufficiente la cd. Vicinitas, quale elemento che distingue la posizione giuridica del ricorrente da quella della generalità dei consociati, sicchè è corretto riconoscere a chi si trovi in tale situazione un interesse tutelato a che il provvedimento dell'Amministrazione sia procedimentalmente e sostanzialmente rispettoso delle norme vigenti in materia (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 25 giugno 2013 n. 3456).
Inoltre nel caso di specie, essendo i ricorrenti condomini dell’appellato, è evidente il loro diretto interesse ad evitare che l’incremento residenziale del loro edificio determini un ulteriore aumento della densità abitativa con i conseguenti rumori, fumi, difficoltà di parcheggio nel cortile, ecc. ecc. .
Il motivo va dunque respinto.
___ 2. Per ragioni di economia espositiva possono essere confutati unitariamente i tre restanti capi di doglianza che attengono a profili essenzialmente unitari..
___ 2.1. Con il secondo motivo si censura la sentenza nella parte in cui si è limitata ad affermare che l’autorizzazione edilizia impugnata avrebbe dovuto essere preceduta dall’assenso paesaggistico, riguardando un immobile ricadente in zona vincolata ai sensi della legge n.431/1985.
Il TAR non solo avrebbe ignorato che, con atto istruttorio non impugnato, il responsabile aveva ritenuto non necessario acquisire il parere della CEI ed avrebbe altresì affermato l’incompetenza del responsabile in assenza di una specifica censura di incompetenza, con conseguente grave vizio di ultrapetizione. Inoltre il TAR, nell’affermare che sarebbe stato sempre necessario l’autorizzazione paesaggistica, non avrebbe tenuto conto che si sarebbe trattato di un intervento di minima entità.
Sotto altro profilo poi, si lamenta che si sarebbe trattato di una valutazione attinente allo stretto merito amministrato, come tale insuscettibile di sindacato giurisdizionale.
___ 2.2. Con il terzo motivo si lamenta che secondo il nuovo Testo Unico dei Beni Culturali, di cui al d.lgs. n. 42/2004, il profilo paesaggistico ed il profilo edilizio dovrebbero essere considerati del tutto autonomi. L'autorizzazione paesaggistica costituirebbe dunque una condizione di efficacia che poteva intervenire anche dopo l'esaurimento della procedura relativa al rilascio dell'autorizzazione, così come stabilito anche dalla Cassazione.
Il provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere annullato, perché in difetto di nulla osta non sarebbe stato illegittimo, ma semplicemente inefficace, con la conseguenza della mera irregolarità dell’attività edilizia eventualmente messa in essere.
Nonostante l'amministrazione avesse prospettato del giudizio tale soluzione, la sentenza, in violazione dell'articolo 112 c.p.c., non l'avrebbe minimamente presa in considerazione.
___ 2.3. Con il quarto motivo si assume che l'autorizzazione paesaggistica non sarebbe stata comunque necessaria, trattandosi di opere interne, per cui il titolo edilizio avrebbe potuto essere annullato solo in parte, limitatamente ai lavori alle finestre della facciata posteriore esterna.
Anche a voler accoglie le tesi del giudice di prime cure, l'annullamento del titolo edilizio sarebbe dovuto essere limitato ai soli lavori esterni.
___ 2.4. Tutti questi ulteriori motivi vanno respinti..
Quanto al secondo motivo, si deve condividere la tesi del TAR circa la non conducenza della valutazione secondo cui sarebbe “irrilevante l’intervento e non idoneo ad incidere sulle finalità del vincolo”, in quanto tale provvedimento sarebbe dovuto essere adottato “… in via esclusiva dall’autorità preposta alla tutela del vincolo, senza possibilità alcuna di supplenza da parte dell’organo burocratico chiamato all’emissione dell’autorizzazione edilizia o del responsabile del servizio edilizio, il parere del quale è stato assunto a presupposto del gravato provvedimento in assenza del giudizio di compatibilità paesaggistica riservato alla competenza della commissione edilizia integrata”.
Al riguardo si deve rilevare che non vi è stato alcun vizio di ultrapetizione, in quanto il TAR ha semplicemente -- ma esattamente -- rilevato l’oggettiva mancanza dell’autorizzazione paesaggistica ed in conseguenza ha concluso per l’illegittimità del permesso edilizio del Comune.
L’opinione del responsabile del procedimento, infatti, non poteva equivalere ad un nulla-osta paesaggistico e comunque non aveva alcuna rilevanza esterna in tale materia.
Al massimo poteva essere qualificato come un atto genericamente istruttorio, che quindi, come tale, non necessitava assolutamente di alcuna specifica impugnazione.
Contrariamente a quanto singolarmente afferma l’Amministrazione, il procedimento per il rilascio del permesso di costruire e quello per il nulla osta di compatibilità paesaggistica dell'intervento, ancorché connessi, sono procedimenti ontologicamente e logicamente distinti, perché hanno per oggetto la tutela di beni diversi, sulla base di competenze diverse e di normative differenti.
Per questo, tutti i pareri e nulla osta edilizi endoprocedimentali diretti al rilascio del permesso di costruire, non possono estendersi ad un'autorizzazione -- che è una cosa diversa ed esterna rispetto a tale procedimento -- quale è l'autorizzazione paesaggistica all'esecuzione dell'intervento (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 9 maggio 2013 n. 2513).
In tale prospettiva, va respinta la tesi di cui alla terza censura -- introdotta solo in sede di giudizio d’appello in contrasto peraltro con le stesse attività istruttorie di cui sopra -- circa la pretesa mera “inefficacia” della mancanza di autorizzazione paesaggistica.
L’assunto è del tutto errato sotto il profilo giuridico, in quanto, al contrario, proprio l’autonomia dei due procedimenti comporta la necessità di conseguire entrambi i provvedimenti autorizzativi. Deve al riguardo escludersi, per ragioni sistematiche e normative, che, in assenza di un’espressa qualificazione legislativa, il nulla osta paesaggistico possa essere considerato una semplice condizione integrativa dell’efficacia del provvedimento edilizio.
L’intervento progettato ricadeva infatti in zona vincolata ai sensi della legge n.431/1985 ed il d.lgs. n. 490/1999, per cui per la legittimità delle opere oggetto dell’intervento era in ogni caso assolutamente necessaria anche l’autorizzazione paesaggistica.
Ha dunque ragione il TAR quando ricorda che “ …qualsiasi modifica edilizia visibile dall’esterno interferisce sull’originario assetto paesaggistico, e quindi può avere ripercussioni negative sul valore paesaggistico tutelato, a prescindere dall’esistenza o meno di un vincolo sull’edificio oggetto dei lavori .”..
Del resto gli interventi di ristrutturazione edilizia necessitano sempre del preventivo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, quando comportano alterazione dello stato dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici (cfr. Cassazione penale sez. III 21 gennaio 2010 n. 8739).
Nel caso si trattava comunque di un intervento con cui:
-- in primo luogo si modificava la destinazione d’uso da cantina a residenziale degli immobili interessati;
-- in secondo luogo si mutava la pavimentazione del cortile con l’apposizione di blocchi in porfido e con l’interramento di una fossa biologica;
-- in terzo luogo si modificava la facciata dell’edificio sul retro, con la creazione di una porta finestra e, sul lato anteriore, con l’istallazione un infisso in un materiale del tutto incongruo con i restanti infissi del fabbricato, quale l’alluminio verniciato, e l’ingrandimento dell’originaria apertura.
Al riguardo resta del tutto inconferente l’asserita modesta entità dell’intervento, il quale, contrariamente a quanto vorrebbe l’appellante con il quarto motivo, non poteva che essere considerato unitariamente ai fini della valutazione della sua legittimità. Il cambio di destinazione poi impediva anche che potessero essere considerate autonomamente le opere interne.
Il caso in esame peraltro non rientrava in alcuna delle ipotesi di interventi non soggetti ad autorizzazione di cui all’art. 152 lett. a) del D.Lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 (applicabile ratione temporis ed oggi abrogato dal D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42), che comprendeva solo ed esclusivamente i casi di “ manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici ”.
L’intervento non poteva essere ricondotto a nessuna delle predette ipotesi, in quanto il complesso delle opere -- per la presenza dalla modifica dell’esterno del fabbricato e del relativo cortile, nonché per il mutamento di destinazione -- integravano una vera e propria ristrutturazione edilizia, come tale necessitante di autorizzazione paesaggistica.
___ 3. In definitiva l’appello è infondato e deve essere respinto.
Per l’effetto la sentenza impugnata deve essere integralmente confermata.
Le spese, in ragione alla particolarità della fattispecie, tuttavia possono essere integralmente compensate tra le parti.