Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-09-17, n. 201805440

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-09-17, n. 201805440
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201805440
Data del deposito : 17 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/09/2018

N. 05440/2018REG.PROV.COLL.

N. 02393/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in opposizione di terzo iscritto al numero di registro generale 2393 del 2017, proposto da:
S s.c.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F F in Roma, largo della Gancia, 5;

contro

Comune di Genzano di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L F, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
A s.r.l., non costituito in giudizio;

per la riforma:

della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 05440/2016, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Genzano di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2018 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti l’avvocato Stefano Mosillo, su delega dell’avvocato L F;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Consiglio di Stato, Sezione V, ha respinto l’appello di A- Società a supporto della Pubblica Amministrazione s.r.l. (di seguito “A” ), la quale aveva impugnato in primo grado i seguenti atti: a) deliberazione della Giunta Comunale di Genzano di Roma n. 58 del 26 febbraio 2014 ;
b)
determinazione del dirigente della II Area Economico-finanziaria del Comune di Genzano di Roma n. 74 del 28 febbraio 2014 ;
c)
deliberazione della Giunta Comunale del Comune di Genzano di Roma n. 30 del 30 gennaio 2014; d) deliberazione della Giunta Comunale n. 63 del 3 marzo 2014.

2. Il Comune di Genzano di Roma (nel prosieguo “il Comune” ) aveva deliberato di risolvere i contratti di concessione stipulati con A per l’affidamento del servizio di accertamento e di riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità, pubbliche affissioni e tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche e per l’attività di riscossione coattiva tramite ingiunzione fiscale dei ruoli ICI e TARSU (nonché dell’attività di accertamento per infedele o omessa dichiarazione della tassa su RSU/TARSU), stipulati rispettivamente in data 27 maggio 2011 e 6 dicembre 2013: ciò in quanto il Comune aveva ritenuto sussistenti i presupposti per avvalersi della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 17 del secondo contratto, ove era prevista la decadenza dalla concessione nei casi di “inosservanza degli obblighi previsti dall’atto dell’affidamento” e di “gravi abusi e irregolarità nella gestione”, per avere la concessionaria disatteso quanto concordato nell’Allegato A del contratto circa le modalità tecniche di svolgimento del servizio.

2.1. In particolare, il Comune contestava la violazione degli obblighi derivanti in capo alla società concessionaria dal citato Allegato A, che stabiliva sia la redazione di un manuale operativo per la predeterminazione dei criteri di tassazione, esenzione e sanzione da sottoporre all’ufficio tributi del Comune (che, previe eventuali e necessarie integrazioni e correzioni, lo avrebbe approvato e reso esecutivo), sia la compilazione degli atti di accertamento su modelli preventivamente verificati e approvati dal predetto ufficio e da consegnare a quest’ultimo per la sottoscrizione ai fini della notificazione.

2.3. L’Amministrazione comunale lamentava che la concessionaria, contravvenendo ai suddetti obblighi, avesse provveduto, autonomamente e in assenza del previsto manuale operativo e di una preventiva autorizzazione all’utilizzo di moduli concordati, alla predisposizione, sottoscrizione e notificazione degli atti di accertamento direttamente nei confronti degli utenti, commettendo altresì gravi errori negli accertamenti illegittimamente compiuti.

3. Nel confermare la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, II- bis , 15 dicembre 2015 n. 14036 (che aveva respinto il ricorso della società per l’annullamento degli atti adottati dal Comune), il giudice di appello ha ritenuto l’infondatezza dei motivi di gravame con cui A aveva dedotto: I) il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo; II) l’assenza di valore vincolante dell’Allegato A richiamato dall’art. 7 del contratto di concessione e contenente le modalità tecniche di svolgimento del servizio; III) la violazione degli artt. 48 e 107 del d.lgs. n. 267 del 2000 per l’asserita inosservanza del principio di separazione tra atti di indirizzo politico e atti di gestione con riguardo agli atti con cui era stata disposta la risoluzione del contratto di concessione;
IV) la sussistenza nella fattispecie in esame dell’obbligo di astensione ex art. 78 del d.lgs. n. 267 del 2000 e la violazione della relativa disciplina.

4. S s.c.r.l. (di seguito “S” ), società che collabora con concessionarie private di pubblici servizi nel campo fiscale e tributario, ha proposto ricorso per opposizione di terzo avverso tale sentenza, assumendo di essere pregiudicata, nell’attività imprenditoriale esercitata, dalle statuizioni ivi contenute e chiedendone pertanto la riforma alla stregua di tre motivi di diritto così rubricati: “I) Error in iudicando;
error in procedendo;
errore di motivazione;
omessa pronuncia;
travisamento con riferimento all’art. 74 del d.lgs. 15.11.1993, n. 507;
all’art. 1, comma 161, L.n. 296;
agli artt. 1, 2, 3, 7, 9,17, 18, 26 del contratto;
II) error in iudicando;
error in procedendo;
erroneità della motivazione con riferimento agli artt. 48 e 107 commi 1 e 2 del d.lgs. 18.8.2000, n. 267 T.U.E.L.;
III) error in iudicando;
error in procedendo, omessa pronuncia ed erroneità della motivazione con riferimento agli artt. 78 del d.lgs. 18.8.2000, n. 267.”

4.1. Si è costituito in giudizio il Comune e ha depositato memorie con cui ha illustrato le proprie tesi difensive, chiedendo di dichiarare il ricorso inammissibile o, comunque, di respingerlo per la sua infondatezza.

4.2. All’udienza del 14 giugno 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Viene in decisione il ricorso in opposizione proposto da S la quale assume che sarebbe pregiudicata nelle sue attività di supporto e di affiancamento alle concessionarie private di pubblici servizi tributari e fiscali (svolta mediante la predisposizione di documenti, format di natura tecnica, manuali operativi e compendi definiti “modalità tecniche di svolgimento dei servizi sostitutivi” da allegare ai contratti di concessione) ove si consolidasse “il principio della rilevanza centrale di un documento tecnico che non ha ex se alcun profilo di natura normativa”.

5.1. In particolare, la società opponente si duole delle statuizioni contenute nella sentenza impugnata in relazione alla ritenuta natura contrattuale vincolante delle “modalità tecniche di svolgimento dei servizi sostitutivi” costituente l’allegato A al contratto di concessione stipulato tra A e il Comune, da essa stessa elaborate, assumendo che il giudice di appello avrebbe travisato natura e funzione del c.d. manuale operativo e dell’allegato A al contratto e avrebbe, di conseguenza, male interpretato le fonti normative regolanti le fasi dell’attività tributaria di un ente locale.

5.2. Ad avviso di S, infatti, la sentenza opposta sarebbe erronea in quanto, per un verso, ha trascurato di considerare che tali documenti, per concorde volontà delle parti, non costituirebbero fonti di disciplina della concessione e del servizio, neppure ai fini di ripartizione delle competenze (già affidate al concessionario in base al bando originario e poi al contratto), ma assumerebbero mero valore tecnico;
per altro verso non ha tenuto conto dell’inesistenza, nel vigente ordinamento degli enti locali, di un’autonoma fase di liquidazione riservata al Comune (in quanto già ricompresa nell’accertamento ovvero nella rettifica), traendone pure l’erronea conseguenza di ritenere affidata alla concessionaria solo un limitato potere di mera proposta di liquidazione dell’imposta.

5.2. La sentenza impugnata si appaleserebbe, infine, erronea anche con riguardo alle statuizioni ivi contenute sia con riguardo alla dedotta violazione degli artt. 48 e 107 del T.U.E.L. (quanto alla competenza dell’organo che ha disposto l’effetto risolutivo e decadenziale della concessione), sia in relazione all’addotta violazione dell’art. 78 del medesimo Testo unico e dell’art. 6 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, quanto alla configurabilità dell’obbligo di astensione.

5.3. L’opposizione di terzo è inammissibile.

5.4. La proposizione dell’opposizione di terzo ordinaria contro una sentenza del giudice amministrativo, ancorché non passata in giudicato, è subordinata alla sussistenza di un pregiudizio, determinato dalla pronunzia impugnata, ai diritti o agli interessi legittimi del ricorrente. Il rimedio ha, infatti, il fine di tutelare il litisconsorte necessario pretermesso, ovvero il titolare di una situazione soggettiva autonoma e incompatibile con quella accertata nella sentenza e rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della pronunzia opposta (Cons. Stato, Ad. plen., 11 gennaio 2007, n. 2;
Cons. Stato, IV, 31 marzo 2010, n. 1833;
VI, 30 luglio 2008, n. 3812).

5.5. La legittimazione a proporre opposizione di terzo nei confronti di una sentenza del giudice amministrativo resa inter alios va, dunque, riconosciuta ai controinteressati pretermessi, nonché a quelli occulti (perché non facilmente identificabili) o sopravvenuti, non intervenuti nel processo, allorquando tale assenza non sia dipesa da una loro decisione, ma sia conseguenza di un’omissione dovuta alla controparte, alla mancata attivazione dei poteri di integrazione del contraddittorio del giudice o a vizi del procedimento amministrativo a monte, per mancanza di una corretta individuazione o di una espressa evocazione nella formalità degli atti. Tali soggetti, pur non avendo partecipato al relativo giudizio, sono nondimeno portatori di un interesse qualificato al mantenimento dell’atto impugnato: interesse che, di conseguenza, risulta travolto direttamente dall’annullamento dell’atto stesso;
sicché l’attuazione del comando contenuto nella sentenza sarebbe ontologicamente incompatibile rispetto ad una coesistenza, sul piano sostanziale, dei due ordini di interessi propri del ricorrente e dell’opponente (in tal senso cfr. Cons. Stato, III, 16 dicembre 2013, n. 6014;
V, 23 maggio 2013, n. 2390). Si deve invece escludere la legittimazione attiva all’opposizione di terzo ordinaria di coloro la cui situazione giuridica sia collegata da un rapporto di dipendenza o di derivazione con quella di altri soggetti parti in causa;
allo stesso modo va esclusa la legittimazione ad agire dei soggetti interessati solo di riflesso: rispetto a tali categorie difetta, infatti, il requisito dell’autonomia della posizione soggettiva stessa (Cons. Stato, VI, 29 gennaio 2008, n. 230). Pertanto, a differenza della parte necessaria pretermessa, il titolare della posizione secondaria, accessoria e riflessa, pur potendo intervenire nel giudizio, non è legittimato ad impugnare con opposizione di terzo ordinaria la sentenza lesiva per il titolare della posizione principale (Cfr., ex plurimis , Cons. Stato, V, 28 luglio 2014, n. 4014).

5.6. Alla luce della rammentata giurisprudenza , la Sezione qui rileva come la società opponente, che ha predisposto il manuale operativo recante gli obblighi violati dalla concessionaria, non possa solo ritenersi pregiudicata dalla sentenza che ha riconosciuto la legittimità degli atti di risoluzione contrattuale adottati dal Comune proprio sulla base della riconosciuta violazione di siffatte obbligazioni, non avendo quindi un interesse concreto e attuale alla sua impugnazione.

5.7. Invero, come ammesso dalla stessa opponente, le questioni oggetto della sentenza concernevano l’interpretazione della natura e del valore che “le parti hanno voluto concordemente e negozialmente assegnare” all’Allegato A del Contratto, denominato “modalità tecniche di svolgimento dei servizi sostitutivi” : si tratta, dunque, di profili attinenti esclusivamente al contratto di concessione stipulato tra il Comune ed A e alla risoluzione contrattuale disposta per l’inadempimento di obbligazioni contrattuali per lo più contenute nel manuale operativo predisposto da S (rimasto, dunque, inattuato in relazione a tali aspetti), e in definitiva ad un rapporto contrattuale improduttivo di effetti per soggetti terzi, quali la società opponente, in base al principio generale di relatività del rapporto giuridico negoziale intercorso tra altri ( res inter alios acta, tertio neque nocet neque prodest ).

5.8. La contestata natura vincolante del citato Allegato A al Contratto è stata, infatti, riconosciuta dalla sentenza opposta limitatamente a quel determinato rapporto concessorio, nel cui ambito sono stati adottati gli atti impugnati dispositivi dell’effetto risolutivo e decadenziale a ragione di ritenuti gravi e reiterati inadempimenti dalla concessionaria agli obblighi convenzionalmente assunti. Ma ciò non pare possa tradursi in un’affermazione generale sulla natura meramente tecnica o normativa e vincolante di un siffatto documento, valevole per tutti i manuali operativi redatti dall’opponente anche per altre concessionarie. Resta perciò impregiudicato il potere di altre parti contrattuali di regolare espressamente, con apposite clausole, una differente ragione ed efficacia di tale manuale nei futuri accordi da stipulare, aventi ad oggetto l’affidamento dei servizi tributari e fiscali.

5.9. Nella fattispecie in esame, S non ha, dunque, provato quale sia, in concreto, la posizione soggettiva ad essa riconducibile lesa da un eventuale consolidamento dell’affermata natura vincolante (peraltro riconosciuta tale solo inter partes ) di un documento tecnico da essa predisposto, non rinvenendosi, peraltro, nella pronunzia impugnata alcun argomento né traccia a favore della contestata attribuzione al documento in parola di un “profilo di natura normativa”, sicché le considerazioni dell’opponente restano affermazioni di mero dissenso rispetto alla decisione , senza una dimostrazione circa il concreto ed effettivo pregiudizio derivante all’opponente dalla decisione di “conferire natura centrale nell’ambito di un contratto ad un determinato documento tecnico” .

6. In definitiva, S non è legittimata a rimettere in discussione, mediante l’opposizione proposta, una sentenza attinente al solo specifico rapporto contrattuale tra le parti di quel giudizio, rispetto al quale essa era, è e rimane estranea, non potendo perciò subire dalla pronuncia impugnata alcun effetto neppure indiretto o riflesso (cfr. Cons. Stato, VI, 8 aprile 2015, n. 1778). Viene dunque qui in rilievo soltanto un interesse di fatto all’affermazione tra altri di un principio di diritto, concernente le sole parti in causa (anche in ragione dell’art. 2909 Cod. civ. e del principio dei limiti soggettivi del giudicato), non coinvolgente la concreta posizione di S.

6.1. L’opposizione di terzo va, dunque, dichiarata inammissibile.

7. Le spese di lite sono liquidate in dispositivo, secondo il principio della soccombenza.

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