Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-17, n. 201205345

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-17, n. 201205345
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205345
Data del deposito : 17 ottobre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05355/2010 REG.RIC.

N. 05345/2012REG.PROV.COLL.

N. 05355/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5355 del 2010, proposto da:
C M, rappresentato e difeso dall'avv. M A, con domicilio eletto presso M A in Roma, piazza Gondar, 22;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

A E, M S, F Z;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 07998/2010, resa tra le parti, concernente mancato avanzamento al grado di generale di divisione - anno 2006


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Cons. O F e uditi per le parti gli avvocati Giancarlo Viglione in sostituzione di M A e Giovanni Palatiello (avv.St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame, il generale C M impugna la sentenza 22 aprile 2010, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I-bis, ha respinto il suo ricorso, avverso l’esito del giudizio di avanzamento al grado di generale di divisione per il 2006, di cui al provvedimento del Ministero della Difesa del 15 febbraio 2006.

Il gen. M, in tale sede di valutazione, è stato ritenuto idoneo, ma, in quanto collocato all’8° posto della graduatoria di merito, è stato escluso dal numero di quattro posti, corrispondente a quello delle promozioni stabilite per l’annualità in oggetto.

La sentenza appellata, richiamata la giurisprudenza sull’ambito di sindacabilità in sede giurisdizionale dei giudizi espressi in tema di avanzamento ufficiali, afferma in particolare:

- “la promozione a scelta (è) caratterizzata non dalla comparazione fra gli scrutinandi ma da una valutazione in assoluto per ciascuno di essi;
a tanto segue che l’iscrizione nel quadro di avanzamento è determinata dalla posizione conseguita da ciascuno nella graduatoria, sulla base del punteggio attribuitogli”;

- nel caso di specie, la Commissione ha proceduto “all’esame di due ufficiali superiori, tutti e due dotati di ottimi precedenti di carriera e dunque idonei all’avanzamento”, i quali hanno svolto incarichi “quantomeno di pari livello”. Ne consegue che non trova riscontro “il profilo di un distorto uso di metro valutativo, in quanto i pure pregevoli precedenti di carriera posseduti senza dubbio dal ricorrente, non sono tali da sovrastare senz’altro . . . quelli del parigrado, risultando le rispettive personalità sostanzialmente equivalenti quanto a percorso di carriera ed ai risultati ottenuti nel corso della stessa”;

- né vi è stato uno “scavalcamento” che il gen. M avrebbe subito da parte del gen. B, posto che “la migliore posizione del ricorrente nella graduatoria del 2000 è la diretta conseguenza della rinnovazione dello scrutinio”, operata a seguito di decisione del Consiglio di Stato, e dunque il miglior posizionamento in graduatoria del gen. M “è scaturito non dal confronto diretto con il parigrado B, ma dalla rinnovazione postuma dello scrutinio operata ora per allora con altri ufficiali”.

Avverso tale sentenza, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

apoditticità della motivazione;
travisamento dei fatti;
erronea valutazione dei presupposti fattuali e giuridici;
disparità di trattamento;
scavalcamento e/o ingiustificato sconvolgimento;
contraddittorietà;
violazione e falsa applicazione degli artt. 1 – 23 e 26 l. n. 1137/1955;
del D.M. 2 novembre 1993 n. 571 nonché del d. lgs. n. 490/1997. Ciò in quanto:

a) appaiono “alquanto singolari le affermazioni dei giudici di prime cure circa la sindacabilità delle scelte della P.A. solo nelle ipotesi di valutazioni “macroscopicamente” incoerenti o irragionevoli o di “palesi aberrazioni” o di “abnormità” della valutazione”, laddove, al contrario, “il giudice della legittimità ha il dovere di esaminare la documentazione caratteristica dei parigrado”, onde verificare se “dietro la tanto invocata discrezionalità”, l’amministrazione militare non abbia “operato delle scelte non informate a parametri di omogeneità”;

b) risulta di per sé illogica l’assegnazione di punteggi differenti laddove si sostiene la sostanziale equivalenza dei titoli posseduti da due ufficiali scrutinandi. Nel caso di specie, i punteggi sono stati attribuiti con “criteri palesemente riduttivi” nei confronti del M e “ampiamente concessivi” nei riguardo dei parigrado;

c) non è stato considerato che nel precedente avanzamento a scelta nell’anno 2000 il M è stato promosso e collocato in posizione antecedente a quella del parigrado B;
né può essere imputato al M di possedere incarichi nel grado di generale di brigata per un tempo inferiore a quelli del gen. B, poiché ciò è conseguenza di una attività illegittima dell’amministrazione, tale riscontrata dal giudice amministrativo. In caso contrario, la conseguita vittoria giudiziaria verrebbe limitata nei suoi effetti ripristinatori, senza che sia stata assicurata all’interessato quella stessa posizione che avrebbe raggiunto se non fosse intervenuto l’illegittimo provvedimento dell’amministrazione;

d) non vi è “sostanziale equivalenza” tra i curricula dei generali M e B (pagg. 17 – 38).

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, che ha concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, rendendosi di conseguenza superfluo l’esame delle eccezioni di inammissibilità proposte dall’appellato.

Occorre, innanzi tutto, rilevare come la sentenza appellata abbia puntualmente richiamato i principi costantemente espressi dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, in tema di giudizio di avanzamento degli ufficiali.

Questo Consiglio di Stato (si veda, tra le altre, sez. IV, 9 luglio 2011 n. 4137), con considerazioni che in questa sede si ribadiscono, ha avuto modo di affermare che le valutazioni compiute dalle Commissioni Superiori di Avanzamento in sede di giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali sono caratterizzate da un’amplissima discrezionalità, essendo per lo più riferite ad ufficiali dotati di ottimi profili di carriera, le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito che non sono la mera risultanza aritmetica dei titolo e dei requisiti degli scrutinandi, ma implicano una complessiva ponderazione delle loro qualità (Cons. Stato, Sez. IV 19 marzo 2001 n.1617;
16 ottobre 2002 n.5688;
4 febbraio 2003 n.556;
2 aprile 2004 n.1827;
7 giugno 2004 n.3591).

E’ stato inoltre evidenziato che l’attività valutativa è precipuamente caratterizzata da un approfondito esame collegiale delle qualità e capacità dei valutandi, riscontrandosi in essa l’esercizio da parte dell’Amministrazione militare di una discrezionalità tecnica non sindacabile in sede giurisdizionale, se non in presenza di valutazioni incoerenti o irragionevoli così da comportare un vizio della funzione (Cons. Stato, Sez. IV, 18 dicembre 2006 n.7610;
7 dicembre 2004 n.8207;
25 maggio 2010 n. 3709).

Infine, il sistema della promozione a scelta è caratterizzato non dalla comparazione fra gli scrutinandi ma da una valutazione in assoluto per ciascuno di essi , di talchè l’iscrizione nel quadro di avanzamento è determinata dalla posizione conseguita da ciascuno nella graduatoria, sulla base del punteggio.

La sentenza appellata, oltre ad averli espressamente richiamati, ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati.

Ed infatti, per un verso, il primo giudice non ha affatto preteso di sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione (rilievo che non è mosso, peraltro, nei motivi di appello);
per altro verso, non ha affatto trascurato il quadro complessivo degli elementi curriculari degli scrutinandi, in particolare del ricorrente in I grado e del suo collega parigrado, giungendo anzi ad affermare – con ciò dando conferma di avere appieno considerato il lavoro di valutazione svolto dalla CSA – che non può essere riscontrato “il profilo di un distorto uso di metro valutativo, in quanto i pure pregevoli precedenti di carriera posseduti senza dubbio dal ricorrente, non sono tali da sovrastare senz’altro . . . quelli del parigrado, risultando le rispettive personalità sostanzialmente equivalenti quanto a percorso di carriera ed ai risultati ottenuti nel corso della stessa”

Questo Collegio intende affermare – a fronte della specifica censura avanzata dall’appellante – che non è una dimensione, per così dire “quantitativa” della illogicità della valutazione a costituire l’unica possibile occasione di sindacato giurisdizionale di questa.

Al contrario, ciò che caratterizza la distinzione tra verifica dell’eccesso di potere per illogicità e/o irragionevolezza nell’ambito del sindacato di legittimità e sostituzione del proprio giudizio (da parte del giudice) a quello dell’amministrazione (possibile solo in sede di giurisdizione di merito), è che:

- mentre in questo secondo caso il giudice prescinde dalla valutazione effettuata dall’amministrazione, confrontando direttamente il caso concreto con parametri di opportunità in relazione all’interesse pubblico tutelando (e quindi verificando la eventuale corrispondenza di quanto deciso dall’amministrazione con un giudizio autonomamente formulato);

- nel primo caso, invece, il giudice ripercorre il giudizio già effettuato dall’amministrazione (in esercizio di un potere del quale essa è l’unica titolare), valutandone – sempre in relazione all’oggetto del giudizio ed ai parametri normativi – la coerenza “interna”, giungendo a censurare tale giudizio laddove riscontri incoerenza con le premesse e con i fini afferenti all’interesse pubblico coltivato.

Alla luce di ciò, dunque, incoerenze o irragionevolezze “macroscopiche”, “palesi aberrazioni”, “abnormità”, lungi dal costituire il “limite” che, solo se superato, legittima l’intervento del giudice amministrativo, costituiscono altrettanti sintomi oggettivi di una incoerenza dell’iter valutativo seguito, in relazione alle proprie premesse argomentative, da parte della stessa amministrazione, risolvendosi in aspetti sintomatici dell’eccesso di potere.

Nel caso di specie – come si è già affermato . l’amministrazione ha correttamente valutato i curricula degli scrutinandi (in particolare, quelli dei generali M e B), non mostrando affatto di non considerare la intrinseca alta qualità di entrambi, ma attribuendo a ciascuno di essi valutazioni positive e non illogiche (nel riscontro tra dati oggettivi e loro ponderazione), risolvendosi tuttavia il complessivo giudizio in una attribuzione al secondo di una valutazione migliore, che non mostra ex se quelle “incoerenze” come sopra rappresentate.

La circostanza che due curricula vengano entrambi giudicati di alto livello, e che possano altresì essere ritenuti entrambi di sostanziale equivalenza, non esclude che i medesimi possano ricevere attribuzione di punteggi diversi, posto che – pur in una fascia di livello alto, se non eccellente – il giudicante ben può individuare differenze o profili che si traducono in migliore valutazione espressa in punteggio, senza che ciò debba di per sé costituire contraddizione o illogicità.

Né questo Collegio rileva nei dati riportati dall’appellante (pagg. 17 – 38 appello) – e nei limiti come sopra chiariti del proprio sindacato giurisdizionale - una illogica valutazione degli elementi curriculari del gen. M, a fronte del criterio valutativo utilizzato per i dati curriculari del gen. B.

Quanto al fatto (evidenziato come elemento di impugnazione) che il gen. M avrebbe svolto minori incarichi nel grado di generale di brigata, dovendosi ciò imputare non già al medesimo gen. M, bensì ad una illegittima attività dell’amministrazione, questo Collegio deve rilevare che, ferma restando la non attribuibilità di ciò ad un comportamento dell’appellante, resta il dato oggettivo dello svolgimento di incarichi da parte del gen. B, incarichi che, in quanto svolti da quest’ultimo, non possono non essere valutati in sede di scrutinio.

Né ciò limita gli “effetti ripristinatori” della sentenza (come invece sostenuto dall’appellante), posto che è del tutto evidente come ogni effetto ripristinatorio non può che incontrare un limite invalicabile in medio tempore intervenuti (e non più modificabili o ritrattabili) dati della realtà;
dati che peraltro, come nel caso di specie, non attengono alla posizione giuridica del ricorrente, bensì a quella di altri soggetti, per effetto del naturale procedere dell’attività amministrativa.

Per tutte le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

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