Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-12-28, n. 201605495

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-12-28, n. 201605495
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201605495
Data del deposito : 28 dicembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/12/2016

N. 05495/2016REG.PROV.COLL.

N. 04088/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4088 del 2006, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, lungotevere dei Mellini, 17;

contro

Ministero della difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per il Lazio, sezione I bis , n. 2217 dell’11 maggio 2006.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2016 il consigliere Giuseppe Castiglia;

Uditi per le parti l’avvocato G V e l’avvocato dello Stato Pio Marrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel 2005 il signor -OMISSIS- ha partecipato al concorso per l’arruolamento di 23.500 V.F.P.1 nell’Esercito italiano – secondo blocco.

2. Successivamente all’esito positivo della procedura selettiva e all’incorporazione, è stato dichiarato decaduto dalla ferma contratta con provvedimento ministeriale del 12 ottobre 2005.

3. Il signor -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento a lui avverso, proponendo un ricorso che il T.A.R. per il Lazio, sez. I bis , ha dichiarato inammissibile con sentenza in forma semplificata n. 2217 del 2006.

4. Il Tribunale regionale ha ritenuto che:

a) la determinazione avversata sancisse l’esclusione del ricorrente in ragione di una duplicità di presupposti, e cioè per la carenza dei requisiti previsti dall’art. 2, lett. f), del bando di concorso (assenza di sentenze penali di condanna o di procedimenti penali in corso), e dalla lett. i) dello stesso art. 2 (mancanza del possesso delle qualità morali e di condotta prescritte dall’art. 35, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001);

b) il signor -OMISSIS- avrebbe impugnato l’atto esclusivamente sotto il profilo della contestata sussistenza di procedimenti penali in corso;

c) procedimenti di tal genere sono risultati effettivamente inesistenti (ne è seguito l’annullamento parziale del provvedimento impugnato, disposto dall’Amministrazione in data 6 febbraio 2006, con provvedimento che ha confermato la decadenza per il difetto del requisito di moralità e condotta, accertata sulla base delle informazioni assunte dall’Arma dei Carabinieri);

d) non sarebbe stato gravato invece l’altro profilo di decadenza, se non con i motivi aggiunti, i quali però muoverebbero da una premessa infondata in punto di fatto, e cioè che l’esclusione ex lett. i) sarebbe stata disposta con distinto provvedimento;

e) da ciò, dunque, la declaratoria di inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti.

5. Il signor -OMISSIS- ha interposto appello contro la menzionata sentenza n. 2217/2006 sviluppando le censure che seguono:

a) quanto alla declaratoria di inammissibilità, l’Amministrazione avrebbe fondato il provvedimento espulsivo sulla sola base della pretesa pendenza di un procedimento penale, dalla quale discenderebbe anche l’affermata mancanza del requisito di moralità e di condotta;
venuta meno la prima clausola di esclusione, ne rimarrebbe automaticamente travolta anche l’altra, tanto è vero che l’Amministrazione avrebbe espressamente dettato un nuovo provvedimento, sostitutivo del precedente e fondato su nuove circostanze, tempestivamente impugnato con i motivi aggiunti;

b) nel merito, le circostanze fattuali esposte nel secondo provvedimento sarebbero insufficienti a sostenere la pronuncia di esclusione, per trattarsi di fatti antecedenti alla ferma (detenzione o uso di sostanze stupefacenti, guida sotto l’influenza dell’alcool) che avrebbero dato luogo a procedimenti conclusisi con l’archiviazione in sede penale o amministrativa o sarebbero stati suscettibili di sola sanzione amministrativa.

6. Il Ministero della difesa si è costituito in giudizio per resistere all’appello, aderendo alle considerazioni del T.A.R. e considerando atto dovuto il provvedimento adottato nel 2006.

7. L’appellante ha anche proposto una domanda cautelare, che la Sezione ha rigettato con ordinanza 14 luglio 2006, n. 3609, condannandolo al pagamento delle spese della fase nella misura di euro 1.500.

8. Con nota del 4 febbraio 2013, a fronte di un avviso di perenzione ultraquinquennale, l’appellante ha dichiarato la persistenza del proprio interesse alla decisione della causa.

9. All’udienza pubblica del 20 dicembre 2016, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.

10. In via preliminare, il Collegio osserva che la ricostruzione in fatto, sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata dalle parti costituite ed è comunque acclarata dalla documentazione versata in atti. Di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono darsi per assodati i fatti oggetto di giudizio.

11. L’appello è infondato in entrambi i suoi motivi.

11.1 In punto di contestata inammissibilità, è indubbio che il ricorso introduttivo abbia impugnato una sola delle cause di esclusione addotte dall’Amministrazione. E ciò su un presupposto che, se anche fosse stato corretto in punto di fatto (la mancanza del requisito delle qualità morali e di condotta dipenderebbe dalla pendenza di un procedimento penale, rivelatasi poi infondata), non per questo avrebbe fatto venir meno per l’interessato l’onere di aggredire il provvedimento nella sua interezza e in tutti i suoi diversi profili, posto che - come correttamente ha rilevato il Tribunale regionale - anche la fondatezza di una sola delle cause di esclusione era sufficiente a dar ragione della legittimità dell’atto impugnato.

11.2. Nel merito, è pacifico che l’Amministrazione abbia ampia discrezionalità nell’accertare la sussistenza del requisito previsto dal combinato disposto dell’art. 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53, e dell’art. 35, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 maggio 2001, n. 2851;
sez. III, 23 gennaio 2013, n. 425;
sez. IV, 21 febbraio 2013, n. 1073). Si tratta, come è ovvio, di una valutazione discrezionale ma non arbitraria, sindacabile in caso di evidente irragionevolezza, travisamento dei fatti, violazione delle regole procedurali. Ma nessuno di tali presupposti (il primo, in particolare) si verifica nel caso in questione, poiché, se vi può essere ancora qualche oscillazione di giurisprudenza circa il rilievo da accordarsi al singolo episodio di possesso di sostanze stupefacenti accertato in età giovanile e antecedente all’arruolamento, nel caso concreto l’informativa dell’Arma esponeva una pluralità di fatti che, nel complesso e a prescindere dal loro mancato rilievo penale, dipingono un quadro globale della personalità dell’appellante tale da giustificare ampiamente la determinazione di esclusione adottata, tenuto conto che il requisito richiamato rappresenta una fattispecie di chiusura nella quale far rientrare tutti quei comportamenti che, pur non dando luogo a procedimenti penali suscettibili poi di concludersi con una sentenza di condanna, sono potenzialmente o effettivamente controindicati ai fini dell'arruolamento nelle Forze armate o nelle Forze di polizia (cfr. Cons. Stato, sez. II, 20 gennaio 2012, n. 5659).

12. Dalle considerazioni che precedono discende che - come anticipato - l’appello è infondato e va perciò respinto, con conferma della sentenza gravata e del provvedimento impugnato in primo grado.

13. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, cfr. Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

14. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

15. Le spese di lite seguono la regola ordinaria della soccombenza e sono liquidate in dispositivo secondo i parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

16. Esse sono altresì comprensive della misura indennitaria di cui all’art. 26, comma 1, c.p.a. Al riguardo, il Collegio rileva che l’accertamento di infondatezza del gravame si basa, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste, in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio [cfr. da ultimo e fra le tante Cons. Stato, Sez. IV, nn. 4599 e 2200 del 2016;
cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d), c.p.a., anche in ordine alle modalità applicative e alla determinazione della misura indennitaria].

17. La condanna dell’originario ricorrente ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies , lett. a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

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