Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-02-04, n. 202000907
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 04/02/2020
N. 00907/2020REG.PROV.COLL.
N. 04669/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4669 del 2017, proposto da IO AV UD e NO AN UD, rappresentati e difesi dall'avvocato AN MA Delfino, con domicilio eletto presso lo studio AN MA CA in Roma, via Luigi Calamatta 16;
contro
Comune di Bagnara Calabra, rappresentato e difeso dall'avvocato NO Callipo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
AT Francesco, non costituito in giudizio;
nei confronti
AN NO NE, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Lilli e Domenico Ruggiero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Lilli in Roma, viale di Val Fiorita n. 90;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria sezione staccata di Reggio Calabria n. 01352/2016, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bagnara Calabra e di AN NO NE;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2020 il Cons. Roberto Proietti e uditi per le parti gli avvocati AN MA Delfino e Lilli Francesco per sé e su delega dichiarata di Domenico Ruggiero;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. IO AV UD e NO AN UD hanno impugnato dinanzi al TAR per la Calabria il provvedimento del Comune di Bagnara Calabra prot. n. 12 del 03.07.2015, con il quale è stato concesso un permesso di costruire a AN NO NE per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione ed ampliamento di un’unità immobiliare.
2. Il giudice di primo grado, con sentenza n. 1352/2016, ha respinto il ricorso.
3. Gli interessati hanno impugnato dinanzi al Consiglio di Stato la decisione del giudice di primo grado, deducendo censure di travisamento della realtà di fatto e di diritto; erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha riconosciuto l’illegittimità del permesso di costruire, per asserita violazione della disciplina sulle distanze minime e sui limiti di cubatura consentiti. Nell’affermare l’erroneità della sentenza di primo grado, i ricorrenti hanno, inoltre, riproposto le censure avanzate dinanzi al TAR per la Calabria avverso il provvedimento impugnato: - eccesso di potere per travisamento dei fatti, assenza assoluta di istruttoria in relazione all’assetto delle proprietà, carenza di legittimazione della Sig.ra NE all’ottenimento del titolo abilitativo con particolare riferimento alla part. n. 22 del foglio di mappa n. 42 di proprietà UD e non di proprietà NE; - violazione di legge; eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, difetto (assoluto) ed incongruità della motivazione posta a base del permesso di costruire impugnato con riferimento al profilo del richiesto ampliamento (ampliamento della superfetazione presumibilmente abusiva posta a secondo piano f.t. dell’edificio esistente e sopraelevazione di un terzo piano abitabile f.t.); violazione del paramentro afferente alla cubatura realizzabile in situ a norma del P.R.G. vigente. - violazione di legge con riferimento alla palmare violazione del parametro relativo al distacco dai confini e tra le fabbriche da parte della ditta NE, sia con riferimento alla sopraelevazione che con riguardo alla preesistenza atteso che nella circostanza non si può parlare di intervento di ristrutturazione ma di nuova costruzione nel complesso; eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta, difetto assoluto di istruttoria sul punto.
L'Amministrazione comunale intimata, costituitasi in giudizio, ha affermato l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.
Anche la controinteressata NE AN NO si è costituita in giudizio affermando l’infondatezza delle censure proposte dalla parte ricorrente.
All’udienza del 16 gennaio 2020 la causa è stata trattenuta per la decisione.
4. Il Collegio osserva che con il primo motivo d’appello i ricorrenti, dopo aver ribadito la loro legittimazione a ricorrere, essendo i proprietari del terreno contiguo a quello oggetto del contestato permesso di costruire del Comune di Bagnara Calabra prot. n. 12/2015 (circostanza, peraltro, già chiarita dal TAR per la Calabria nella sentenza di primo grado e non messa in discussione in appello), contestano il fatto che dagli elaborati grafici presentati da AN NO NE in sede di richiesta di permesso di costruire emergerebbe il tentativo di attribuzione della proprietà di un lastrico solare che, invece, apparterrebbe ai UD.
Da tale falsa rappresentazione dei luoghi deriverebbe l’erroneità della sentenza di primo grado e l’illegittimità del permesso di costruire.
5. Al riguardo, il Collegio, ritiene immune da vizi quanto affermato dal TAR per la Calabria in quanto il giudice di primo grado, sulla base degli esiti della CTU disposta in corso di causa, ha ritenuto che la qualificazione del lastrico solare fornita in sede di richiesta di permesso di costruire, lungi dal costituire un tentativo di attribuzione di un diritto di proprietà, non assume particolare rilievo, posto che le opere assentite con il permesso di costruire n. 12 del 3/7/2015 non attengono al lastrico solare di proprietà UD, ma riguardano l’immobile di proprietà NE, identificato in catasto al foglio 24 particella 21 sub 2.
Del resto, la superficie del lastrico solare di proprietà UD non risulta essere stata utilizzata per ottenere benefici urbanistici.
Di talché, l’infondatezza della censura.
6. Con il secondo motivo d’appello, è stato dedotto che il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere che l’intervento effettuato dalla NE non configuri una nuova costruzione, bensì una ristrutturazione edilizia, sottolineando che le aree realizzate non possono essere configurate come destinate a lavanderia/stenditoio e ripostiglio.
Inoltre, il CTU e, di riflesso, il giudice di primo grado, avrebbe errato nell’applicare la normativa relativa al calcolo della volumetria consentita. In particolare, il TAR per la Calabria sarebbe incorso in un travisamento dei fatti nel momento in cui ha ritenuto che l’aumento del volume calpestabile dell’abitazione, realizzato con i lavori