Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-03, n. 202404938

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-06-03, n. 202404938
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404938
Data del deposito : 3 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/06/2024

N. 04938/2024REG.PROV.COLL.

N. 02662/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Csiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2662 del 2024, proposto da
-OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , in relazione alla procedura CIG 8164655672, rappresentata e difesa dagli avvocati G P e A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

C s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Ministero della giustizia, non costituito in giudizio;
Corpo di Vigilanza Città di Varese e Provincia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Gentile e Maria Lucia Civello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 3543/2024, resa tra le parti,


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Corpo di Vigilanza Città di Varese e Provincia S.r.l. e di C Spa;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2024 il Cs. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati Pellegrino, Gentile e dello Stato Santini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La controversia riguarda la gara a procedura aperta, suddivisa in 34 lotti, espletata per l’affidamento dei servizi di vigilanza armata per il Ministero della Giustizia, ID 2201.

2. C ricorso al T Lazio – Roma Corpo di Vigilanza Città di Varese e Provincia s.r.l., in graduatoria per il lotto n. 3 alle spalle della controinteressata -OMISSIS- s.p.a. (di seguito: “società A”), ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione emesso da C s.p.a. (di seguito: “C”) in favore della società A (oltre ad altri atti di gara), chiedendone l’annullamento e ha chiesto, per l’effetto, la dichiarazione di inefficacia del contratto medio tempore stipulato, nonché il subentro in esso.

3. C motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato ulteriori atti, fra i quali il provvedimento 28 ottobre 2022 n. -OMISSIS-.28-10-2022.R, con il quale la Centrale di committenza statale ha concluso il sub-procedimento avviato con nota prot. n.-OMISSIS- del 31 agosto 2022 valutando il possesso dei requisiti di cui all'art. 80 comma 5 d. lgs. n. 50 del 2016 in capo all'aggiudicataria società A.

4. Il T, con sentenza 7 aprile 2023 n. 6080, ha respinto il ricorso introduttivo e accolto, nei sensi e termini indicati in motivazione, i motivi aggiunti, accertando il difetto di motivazione relativamente al “ giudizio di non gravità espresso da C sull’infrazione consistente nella mancata fruizione delle ferie ”, “ derivandone la necessità di annullare il provvedimento del 28 ottobre 2022 con cui è stato formulato tale giudizio ”, con conseguente obbligo conformativo di “ rideterminarsi sul punto in questione (punto che risulta allo stato immotivato), salvo il potere discrezionale della stazione appaltante di soppesare e valutare tutte le circostanze del caso concreto ”.

5. La sentenza è stata appellata da controparte con ricorso n. 6328 del 2023 (per le parti non afferenti al capo appena sopra richiamato, di annullamento in parte qua del provvedimento 28 ottobre 2022), respinto da questa Sezione.

6. Nelle more C ha provveduto a riesaminare, al fine di valutare il possesso dei requisiti soggettivi di cui all’art. 80 comma 5 del d. lgs. n. 50 del 2016, i fatti riguardanti la fruizione, o meno, delle ferie per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 (oggetto dell’annullamento della sentenza del T relativamente al capo non impugnato), con riguardo al personale della sede di Avellino addetto alla sala conta, avviando il relativo procedimento con nota 21 luglio 2023, integrata con nota 11 settembre 2023 n. 42191.

7. All’esito di tale procedimento, C ha adottato il provvedimento n. -OMISSIS- del 24 ottobre 2023, con il quale ha disposto “ l’esclusione della [società A] dalla gara in oggetto rispetto ai Lotti per i quali ha presentato offerta e pertanto dai Lotti 1, 2, 3, 4, 7, 8, 10, 11, 13, 30, 32, 33 e 34, per violazione dell’art. 80, comma 5, lett. a) e c) del d. lgs. n. 50/2016 ”.

8. La società A ha impugnato il provvedimento di esclusione, limitatamente al lotto 3, davanti al T Lazio – Roma e con motivi aggiunti ha impugnato la nota n. -OMISSIS- del 17 novembre 2023, di segnalazione ad Anac.

9. Il T, con sentenza 22 febbraio 2024 n. 3543, ha respinto il ricorso e dichiarato inammissibili i motivi aggiunti.

10. La sentenza è stata appellata con ricorso n. 2662 del 2024.

11. Nel corso del presente grado di giudizio si sono costituite Corpo di Vigilanza Città di Varese e Provincia s.r.l. e C.

12. All’udienza del 23 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

13. L’appello è infondato.

14. C il primo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il T ha affermato che “ correttamente C (e prima ancora l’ITL) non hanno considerato il LUL - Libro Unico del Lavoro - al fine di correttamente individuare se e in che misura per ciascun impiegato della sala conta di Avellino non si sarebbe garantita l’annuale fruizione delle ferie ”.

14.1. Il motivo è infondato.

14.2. Il provvedimento di esclusione qui impugnato è stato adottato da C in seguito alla sentenza del T Lazio 5 aprile 2023 n. 5786.

Il Giudice di primo grado ha ritenuto “ inficiato da un difetto di motivazione ” “ il giudizio di non gravità espresso da C ” in merito all’” infrazione giuslavoristica di cui al secondo gruppo sopra indicato, e cioè quello della mancata fruizione delle ferie nella misura minima prevista per legge per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, nei confronti dell’intero personale della sede di Avellino addetto alla sala conta (cfr. punto 4) del verbale dell’Ispettorato del Lavoro di Avellino) ”. E ciò in quanto “ la motivazione evocata da C a sostegno del giudizio di non gravità della mancata fruizione delle ferie negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 – e cioè il fatto che tale infrazione giuslavoristica non avrebbe comportato alcuna “perdita del diritto dei lavoratori” – appare intrinsecamente contraddittoria: la perdita del diritto in questione (ovverossia la perdita del riposo di 4 settimane di ferie annue) si è infatti già consumata (peraltro per ben 4 anni e per l’intero personale amministrativo della sala conta della sede di Avellino pari a ben 59 dipendenti) ”.

C la sentenza n. 5786 del 2023 il T ha quindi annullato in parte qua il provvedimento 28 ottobre 2022 (con il quale C ha ritenuto insussistenti ragioni di esclusione nei confronti della società A), con statuizione non impugnata e alla quale l’Amministrazione si è conformata con il provvedimento 24 ottobre 2023 di esclusione di società A, oggetto del presente giudizio.

14.3. Si premette che la summenzionata sentenza, con cui è stato annullato il precedente atto di non esclusione, ha rimesso alla stazione appaltante il potere di rivalutare l’ an dell’infrazione giuslavoristica e la relativa portata escludente.

Accertata l’intrinseca contraddittorietà e illogicità della valutazione di non gravità originariamente espressa da C, la pronuncia ha prodotto l’effetto (conformativo) di obbligare l’Amministrazione a svolgere un nuovo autonomo giudizio, senza poter vincolare la successiva determinazione dell’Amministrazione. E ciò sia in ragione della natura della giurisdizione, non di merito, nell’ambito della quale si è pronunciato il giudice di primo grado, sia a cagione delle prerogative proprie del principio di effettività della tutela. Che, altrimenti, l’annullamento per difetto di motivazione produrrebbe come unico (e necessitato) risultato una diversa illustrazione delle ragioni di una decisione immodificabile.

14.4. Oggetto del presente giudizio è il provvedimento 24 ottobre 2023 di esclusione di società A, non il provvedimento (non escludente) annullato in parte qua dal T con la precedente sentenza n. 5786 del 2023, né l’accertamento dell’Ispettorato.

La contestazione dell’appellante è rivolta, per il tramite della censura alla pronuncia del T, a sostenere che “ C (e prima ancora l’ITL) ” non avrebbero “ tenuto conto del LUL - Libro Unico del Lavoro nell’individuare se e in che dimensione, per ciascun impiegato presso la sala conta di Avellino, sia stato violato il diritto alle ferie e il divieto (non assoluto) di monetizzazione dello stesso ”.

In particolare l’Ispettorato del lavoro sarebbe “ incorso nell’errore di aver preso in considerazione non il LUL, ma un mero prospetto extracontabile che però è risultato del tutto erroneo per non aver registrato l’avvenuto regolare godimento delle ferie lì dove pacifico ”.

Il T ha affermato, con la sentenza qui impugnata, che i LUL non sono documenti che possono fondare l’accertamento della fruizione delle ferie in quanto “ un effetto favorevole allo stesso datore di lavoro (ossia la prova del puntuale godimento delle ferie annuali) ” non può essere ricavato “ da un documento predisposto unilateralmente dal datore di lavoro ”.

Detta argomentazione è stata spesa dal T, congiuntamente al all’assunto del mancato deposito della perizia contabile richiamata dal ricorrente, per dichiarare infondata la censura con la quale la società A ha dedotto che sono “ frutto di un equivoco le contestazioni operate dall’ITL Avellino in ordine al fatto che negli anni 2015-2018 [società A] non avrebbe garantito a 76 dipendenti impiegati nella sala conta di Avellino il godimento delle ferie con particolare riguardo alla misura minima di due settimane consecutive nell’anno di riferimento (fissata ex art. 10 D.Lgs. n. 66/03) ”.

L’assunto del T presuppone un’articolazione del motivo di ricorso fondata appunto sul fatto che C abbia basato la decisione escludente sull’accertamento dell’Ispettorato.

La società A ha infatti dedotto in primo grado, con riferimento all’attività dell’Ispettorato, che “ in sede procedimentale la deducente ha fornito ogni più ampia prova documentale del fatto che i verbali di accertamento de quibus si fondavano sull’acquisizione di dati del tutto errati, avendo fatto esclusivo riferimento al mero riepilogo extra-contabile, e non invece ai dati emergenti dal Libro Unico del Lavoro ” ma “ C non si è però fatta minimamente carico delle produzioni documentali ”.

E anche laddove nel ricorso introduttivo si legge un’affermazione riferita al contenuto dei documenti prodotti in sede procedimentale, rispetto ai quali è dedotto che C “ equivocandone evidentemente i contenuti laddove ha ritenuto di evidenziare il numero a suo dire rilavante delle 76 unità che sarebbero interessate, e aggiungendo che per gli anni successivi a quelli oggetto di ispezione i giorni di ferie sarebbero aumentati anziché diminuiti ”, l’assunto è riferito alla “ contestazione dell’ITL di Avellino ” che “ riguarda la fruizione delle ferie nella misura minima di legge (pacificamente garantita da [società A] sia nel periodo oggetto di ispezione che tutt’oggi), giammai la loro fruizione tout court anche per la parte ulteriore rispetto a quella minima per legge ”. E anche di seguito, la deduzione riferita alla fruizione delle ferie da parte dei cinquanta dipendenti a tempo determinato, si conclude affermando che “ anche per essi è stata fornita la prova dell’insussistenza delle infrazioni invece agitate dall’ITL ”.

La censura dedotta in primo grado è rivolta contestare gli atti dell’Ispettorato e, tramite essi, il provvedimento di esclusione, in tesi su essi basato.

Il motivo di appello qui in esame mutua, non potendo fare altrimenti, l’impostazione data alla censura in primo grado e sulla quale si è pronunciato il T.

L’appellante infatti ha contestato che:

- il T ha affermato che “ correttamente C (e prima ancora l’ITL) non hanno considerato il LUL - Libro Unico del Lavoro ”;

- il T ha affermato che “ gli accertamenti sarebbero invece avvenuti su approfonditi altri elementi aziendali ”, motivando che risulta diversamente “ dal verbale unico dell’ITL ”;

- “ l’Ispettorato del Lavoro è incorso nell’errore di aver preso in considerazione non il LUL, ma un mero prospetto extracontabile che però è risultato del tutto erroneo per non aver registrato l’avvenuto regolare godimento delle ferie lì dove pacifico ”;

- “ l’ITL non ha mai contestato l’attendibilità dei LUL ”;

- “ Tanto emerge in modo chiaro ed espresso proprio dalla disamina del predetto verbale di accertamento ”;

- “ È stato dunque lo stesso ITL a qualificare i LUL come “fonti di prova” […] come però l’Ispettorato ha poi del tutto omesso di fare in concreto ”;

- “ Né risponde al vero che l’Ispettorato avrebbe accertato le contestazioni mosse da documenti aziendali ”;

- “ gli ispettori, pur avendo correttamente riconosciuto i LUL quali “fonti di prova”, si sono poi rivolti al richiamato errato mero prospetto riepilogativo extracontabile ”.

L’attenzione della società A è quindi rivolta specificamente agli atti dell’Ispettorato del lavoro. E ciò si desume non solo dai plurimi riferimenti all’attività ispettiva ma anche dal fatto che la censura qui in esame non contiene specifici richiami al provvedimento impugnato, che invece sono formulati rispetto al verbale di accertamento dell’Ispettorato del lavoro.

La tesi dell’appellante si fonda sul fatto che l’Ispettorato non abbia accertato in modo adeguato il fatto, non avendo valutato i LUL, e che conseguentemente il provvedimento escludente, limitandosi a fare propria l’attività istruttoria compiuta dall’Ispettorato, risenta degli stessi profili vizianti.

L’appellante affida quindi ai LUL e alla documentazione presentata in sede procedimentale per sostenere la non integrazione delle ragioni di esclusione.

I presupposti dell’impostazione difensiva non trovano adeguato riscontro.

14.5. A fronte dell’impostazione difensiva dell’appellante, oggetto del presente giudizio è il provvedimento escludente 24 ottobre 2023, non il provvedimento (non escludente) annullato in parte qua dal T con la precedente sentenza n. 5786 del 2023, né l’accertamento dell’Ispettorato.

C il provvedimento escludente 24 ottobre 2023, recante la “ valutazione ex art. 80, comma 5, lett. a) e c) del d. lgs. n. 50/2016 ”, C dà conto dell’istruttoria svolta e illustra un’articolata motivazione.

In particolare, in relazione alla “ vicenda della mancata fruizione delle ferie da parte del personale della sala conta nel periodo 2015-2018 ” (così dal provvedimento impugnato), risulta che, a seguito dell’annullamento del T, società A ha presentato a C, in data 18 aprile 2023, una memoria e della documentazione allegata, che nel provvedimento impugnato è indicata come “conciliazioni e LUL 50 unità”, “ferie godute 6 unità”, “regolamenti aziendali 6 unità”, “ferie godute 20 unità”, “regolamenti aziendali 20 unità”, “sentenza 1108/2016” e “nota C”.

C ha quindi avviato il procedimento con nota 21 luglio 2023 n. -OMISSIS-, prendendo posizione sulle difese illustrate dalla società A nella memoria del 18 aprile 2023 e richiedendo ulteriore documentazione in quanto quella inviata non è risultata esaustiva.

C nota 31 luglio 2023 la società A ha prodotto una memoria e ulteriore documentazione, nell’a quale sono compresi “chiarimenti esecuzione sentenze T Lazio”, “pagamenti 50 dipendenti”, “comprova ferie”, “ferie 20 dipendenti”.

A seguito di ulteriore richiesta istruttoria datata 11 settembre 2023 la società A ha prodotto altra documentazione, fra la quale, per quanto di interesse ai fini dello scrutinio del motivo, le ordinanze ingiunzione dell’Ispettorato del lavoro, nn. 180, 181, 182, 183 del 2023.

C ha quindi illustrato la motivazione della rilevanza (escludente) della violazione giuslavoristica del diritto del personale della “sala conta” della sede di Avellino di beneficiare delle ferie annuali retribuite negli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 a partire dal pag. 6, nella parte intitolata “valutazione” (che segue l’illustrazione delle “tesi dell’operatore economico”).

Nella prima parte della suddetta valutazione l’Amministrazione ha illustrato le ragioni dell’importanza della tutela dei diritti dei lavoratori (facendo riferimento alla Costituzione, al diritto Ue e alla giurisprudenza) e ha richiamato quanto affermato dal T in merito all’infungibilità del diritto alle ferie.

Ha quindi illustrato il contenuto delle ordinanze ingiunzioni irrogate, riferite a condotte che non hanno consentito la fruizione delle ferie, dando conto dell’impugnazione delle medesime (con giudizio pendente in quella data).

A fronte di quanto sopra ha ritenuto che “ le argomentazioni difensive dell’operatore economico non possano essere condivise ”.

Ha quindi approfondito il tema delle osservazioni procedimentali dell’appellante, riferendo il contenuto della sentenza ottemperanda e l’impossibilità di tenere conto dell’affermazione circa il periodo decennale per la fruizione delle ferie, richiamato dalla società A ma non comprovato (la stessa società ha ammesso che “ era stato richiamato per mero errore ”).

Ha ritenuto non conducente la difesa fondata sul fatto che la violazione riguarda la sola “sala conta”, interessata da mansioni diverse rispetto alle funzioni di vigilanza oggetto della procedura di affidamento de qua , e un numero esiguo di lavoratori. C ha infatti considerato rispettivamente che “ il rispetto del diritto del lavoratore è un valore assoluto, da garantire a prescindere dall’ambito prestazionale nel quale risulta violato;
ciò che assume rilievo per la stazione appaltante è che l’operatore abbia violato i diritti del proprio personale, in qualsiasi contesto impiegato
” e che “ non è il numero di dipendenti interessati dalla condotta a rilevare, comunque nel caso di specie non esiguo (70 dipendenti), ma la condotta in sé ”.

L’Amministrazione ha inoltre ritenuto che “ la gravità della condotta deve essere valutata anche con riguardo al periodo di tempo nel quale la violazione in parola si è protratta, ossia continuativamente e per ben quattro anni ” e che il procedimento svolto dall’ispettorato si è concluso “ essendo state adottate le ordinanze ”.

C ha poi affermato che la pendenza del giudizio, e la (diversa) valutazione effettuata sul punto da altre Amministrazioni, non la priva “ del potere di valutare i provvedimenti amministrativi e la condotta dell’operatore ”.

Successivamente ha ritenuto non idonea a giustificare la condotta dell’appellante la circostanza della chiusura di tre “sala conta” nell’ambito territoriale di riferimento: la condotta violativa si è protratta per un periodo di tempo tale (almeno quattro anni) da non poter trovare ragione in detta circostanza.

L’Amministrazione ha poi proceduto a riferire e valutare quanto sostenuto dalla società A “ per dimostrare di aver tenuto quanto meno successivamente una condotta volta a rimediare alla violazione accertata ” e precisamente che:

- “ n. 50 dipendenti assunti a tempo determinato […] avrebbero risolto il proprio rapporto di lavoro con [società A] e […] avrebbero sottoscritto verbali di conciliazione con i quali la società avrebbe indennizzato le ferie non godute ”;

- “ n. 6 dipendenti […] avrebbero goduto di “un quoziente medio di ferie in quantità superiore a quello di due settimane in un anno ”;

- “ n. 20 dipendenti […] avrebbero goduto le ferie negli anni immediatamente successivi ”.

A tal fine è stata valutata la documentazione prodotta nel corso del procedimento (già sopra illustrata). In particolare sono richiamati i seguenti atti: i verbali di conciliazione ed alcune copie degli assegni consegnati, documenti attestanti i pagamenti eseguiti ed i cedolini stipendiali che indicavano i giorni di ferie liquidati ai dipendenti, i cedolini riepilogativi ferie, la “situazione ratei di ferie e permessi”, un file denominato “LUL 2015” e le “tabelle riepilogative delle ferie ed i Piani Ferie 2018 2023”.

Al riguardo C ha anche rilevato che “ lo svolgimento del contraddittorio finalizzato a sollecitare la produzione documentale necessaria per verificare la fondatezza delle tesi difensive dell’operatore economico è stato defatigante, avendo [società A] prodotto una mole documentale spesso inidonea allo scopo ”.

C ha quindi osservato, rispetto ai cinquanta dipendenti a tempo determinato, che la società A, a seguito di una “ defatigante ” attività di sollecito, ha prodotto i verbali di conciliazione e la documentazione funzionale a comprovare il pagamento degli importi ivi riportati.

Nel valutare gli stessi l’Amministrazione ha osservato che:

- sono compresi alcuni verbali di conciliazione successivi al termine di presentazione dell’offerta, ritenendoli quindi inidonei a supportare la valutazione di self cleaning ;

- “ appare singolare – e non depone nel senso di un’ordinaria condotta dell’OE improntata al rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti - che a fronte del Verbale Ispettivo del 2019, per gli anni 2015-2018, nel 2021 alcuni lavoratori non avessero ancora potuto recuperare le ferie cui avevano diritto ” e che “ in alcuni casi le ferie liquidate equivalgono ad oltre 40 giorni, spesso più di 30 (e non è possibile comprendere in quale periodo tali ferie siano maturate) ”.

Detta valutazione rende evidente il giudizio non positivo di C rispetto alla condotta della società A in relazione al rispetto, o meno, del diritto alle ferie del personale a tempo determinato della “sala conta”. E ciò a prescindere da quanto nel prosieguo del provvedimento C ha ritenuto circa il fatto che “ l’uso del “verbale di conciliazione” (come nel caso dei 50 dipendenti che si sono dimessi di cui al verbale dell’Ispettorato del Lavoro di Avellino) possa costituire una modalità operativa che [società A] ha utilizzato nel corso del tempo con finalità non propriamente conciliative, ma opportunistiche e strumentali allo svolgimento dell’attività di impresa che ha spesso sacrificato i diritti dei dipendenti (anche con specifico riferimento alle ferie) ”: l’appellante ha infatti contestato l’uso che a tal fine la centrale di committenza ha effettuato di alcuni passi delle dichiarazioni di un sindacalista riportate nel decreto che ha disposto il controllo giudiziario e nella successiva ordinanza di convalida, che, secondo quanto allegato dall’appellante, non sarebbero stato sottoposto al contraddittorio procedimentale.

Rispetto ai venti dipendenti a tempo indeterminato C ha ritenuto, valutando la documentazione prodotta dalla società A, che “ l'assunto secondo il quale 20 dipendenti avrebbero integralmente usufruito del periodo feriale negli anni successivi 2015/2018 non risulta del tutto provato ” in quanto non emerge “ a quali anni precedenti sarebbero riferiti i giorni di ferie ”, “ né risulta chiaro se i giorni di ferie goduti siano stati consecutivi nella misura che la legge prescrive ” risultando piuttosto “ non solo un numero di giorni di ferie inferiore ai 20 annuali prescritti per legge, ma anche un numero di giorni di ferie accumulate via via crescente ” e un valore “ a saldo ” che non diminuisce nel corso del tempo ma cresce.

L’Amministrazione ha infine osservato, in merito alla situazione della fruizione delle ferie da parte dei sei dipendenti che avrebbero goduto delle ferie annuali in misura superiore a due settimane e dei venti dipendenti che (a detta della società) ne avrebbero integralmente usufruito negli anni successivi a quelli in contestazione, che sono stati prodotti documenti (“allegato 2 ferie godute unità 6”, “quadro A – riepilogativo ferie anni contestazione” e “quadro B – riepilogativo ferie 2016-2022”) “ di cui non è chiara la fonte e non è comprovata l’attendibilità ”.

14.6. Dalla lettura del provvedimento gravato (nella parte sopra richiamata, riferita al tema della fruizione delle ferie) si rileva quanto segue.

14.7. La motivazione fa riferimento agli accertamenti compiuti dall’Ispettorato ma non solo (come si vedrà infra ).

14.8. Quanto al richiamo degli atti dell’Ispettorato non può non rilevarsi che il procedimento dallo stesso svolto è sfociato nell’adozione delle ordinanze le ordinanze ingiunzione dell’Ispettorato del lavoro, nn. 180, 181, 182, 183 del 2023.

Al tempo di adozione del provvedimento gravato, datato 24 ottobre 2023, dette ordinanze erano efficaci in quanto la sospensione è stata disposta con ordinanza 24 novembre 2023 del Tribunale di Avellino, confermata il 19 febbraio 2024.

Il provvedimento amministrativo efficace, adottato dagli organi delle amministrazioni e degli enti pubblici ex lege preposti, non può essere superato dalle valutazioni di un’Amministrazione non competente al riguardo, anche se (in tesi) illegittimo.

Costituisce infatti principio generale dell’ordinamento pubblicistico quello per cui i provvedimenti amministrativi producono effetti finché non sono sospesi o annullati dal giudice 8° dalla stessa Amministrazione che li ha adottati), anche se illegittimi.

C pertanto non avrebbe potuto sindacare l’istruttoria e il contenuto delle ordinanze ingiunzione al fine di contestarne gli effetti.

Pertanto la circostanza che non si legga nel provvedimento impugnato una critica all’istruttoria svolta dall’Ispettorato non è rilevante.

Piuttosto C avrebbe potuto, come in effetti ha fatto, valutare, accanto a detta evenienza, cioè alla presenza delle ordinanze ingiunzione, anche altre circostanze, così da assicurare una più completa istruttoria, oltre a valutare la portata delle ordinanze ai fini della decisione escludente.

Peraltro, neppure dalla successiva (appena sopra richiamata) sospensione delle ordinanze ingiunzione può desumersi alcun indice di illegittimità delle stesse atteso che è stata concessa dal giudice ordinario in ragione del pagamento di una cauzione e della valutazione del periculum , in quanto “ l’istante ha palesato l’esistenza dei gravi motivi di irreparabile danno, consistenti nella impossibilità di partecipazione a gare pubbliche ”.

In ogni caso, esaminando gli atti dell’Ispettorato, si legge che “ dagli accertamenti ispettivi dell'Ispettorato territoriale del Lavoro di Avellino e verbali unici di accertamento del 26/08/2019 ” (verbali così richiamati nel provvedimento di non esclusione 28 ottobre 2022, ai quali fa riferimento anche il provvedimento di esclusione qui impugnato) risulta che l’Ispettorato ha fatto riferimento ai LUL e ai cedolini riepilogativi delle ferie per accertare il “ mancato godimento ferie ”.

Lo stesso appellante ha ammesso che l’Ispettorato ha considerato i LUL (“ non solo l’ITL non ha mai contestato l’attendibilità dei LUL, ma anche che nel verbale di accertamento ha utilizzato proprio i LUL ”), pur accennando al fatto che li avrebbe utilizzati in modo non adeguato, cioè “ erroneamente e parzialmente leggendoli ”. Detto accenno, e dagli altri, generici, contenuti nel ricorso in appello (quale il riferimento al fatto che “ gli ispettori, pur avendo correttamente riconosciuto i LUL quali “fonti di prova”, si sono poi rivolti al richiamato errato mero prospetto riepilogativo extracontabile ”) non contiene una specifica censura, corredata di argomenti idonei a superare l’affermazione contenuta nel verbale ispettivo circa l’utilizzo istruttorio dei LUL, cioè in un atto di accertamento dell’organo competente a svolgere detta attività.

La perizia, come evidenziato dallo stesso appellante con memoria 7 maggio 2024 (gli apporti peritali “ si limitano a confermare i dati di fatto puntualmente dedotti nello stesso testo di appello ”), presenta la stessa impostazione del ricorso. E ciò (la portata confermativa della perizia rispetto al ricorso in appello) esime il Collegio dal valutare l’eccezione, dedotta da controparte, di (in)utilizzabilità della stessa in quanto prodotta per la prima volta in grado di appello.

Invero la funzione che la società A ha attribuito alla perizia con il ricorso introduttivo è assimilabile a un atto integrativo del ricorso, piuttosto che ad un elemento di prova, atteso che è in essa che sono illustrate le ragioni del supposto errore di accertamento compiuto dall’Amministrazione.

Così è stata interpretata anche dal giudice di primo grado, che ha ritenuto infondata la censura (non specificamente impugnata) basandosi esclusivamente sul mancato deposito della perizia (“ la doglianza è infondata perché essa è basata su una perizia contabile che – seppur evocata dal ricorso – non è però mai stata versata in atti nel presente giudizio ”), non ritenendo di dover argomentare altro.

Ne deriva che, atteso che la perizia non è stata depositata con il ricorso introduttivo (né, a maggior ragione, notificata), essa non può contribuire a delineare il thema decidendum a seguito del deposito in appello, potendo essere esaminata solo in quanto confermativa di quanto già dedotto.

Pertanto, al più può ritenersi che la censura (all’affermazione dell’Ispettorato circa l’accertamento compiuto sulla base dei LUL) sia implicita nella contestazione della descrizione del fatto imputabile alla società A contenuta nel verbale ispettivo (su cui infra , laddove si riferisce in merito alla valutazione dei LUL e della documentazione presentata a C dalla società A).

In tale contesto, e considerato anche quanto sarà illustrato nel prosieguo, non risulta necessario approfondire il tema del valore probatorio dei LUL.

Si rileva comunque che il T ha affermato che “ le buste paga, ancorché sottoscritte dal lavoratore con la formula “per ricevuta” (e nello specifico non è dato sapere neppure se tale formula fosse presente), costituiscono prova solo della loro avvenuta consegna ma non anche dell’effettivo pagamento, della cui dimostrazione è onerato il datore di lavoro, attesa l’assenza di una presunzione assoluta di corrispondenza tra quanto da esse risulta e la retribuzione effettivamente percepita dal lavoratore, il quale può provare l’insussistenza del carattere di quietanza delle sottoscrizioni eventualmente apposte (cfr. tra le tante Cass. 27/04/2018 n. 10306, 26/10/2017 n.25463 e 24/06/2016 n. 13150). Premesso che la sottoscrizione “per ricevuta” apposta dal lavoratore alla busta paga non implica, in maniera univoca, l’effettivo pagamento della somma indicata nel medesimo documento, e pertanto la suddetta espressione non è tale da potersi interpretare alla stregua del solo riscontro letterale, imponendo invece il ricorso anche agli ulteriori criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e seguenti cod. civ. (cfr. Cass. 24/06/1998 n. 6267) va qui ribadito che non esiste una presunzione assoluta di corrispondenza della retribuzione percepita dal lavoratore rispetto a quella risultante dai prospetti di paga ed è sempre possibile l’accertamento della insussistenza del carattere di quietanza anche delle sottoscrizioni eventualmente apposte dal lavoratore sulle buste paga (cfr. Cass. 14/07/2001 n. 9588) ” (cfr. ex multis Cass. Civ. n. 28029 del 2018).

Il T ha chiosato in merito al fatto che “ Pertanto le buste paga o LUL possono avere valore di confessione stragiudiziale di fatti sfavorevoli al datore di lavoro (tra i quali l’esistenza di un credito lavorativo, ivi incluso l’obbligo di far godere alcune ferie arretrate), dall’altro lato è anche vero, però, che dette buste paga – ove attestanti fatti favorevoli al datore di lavoro (come ad esempio la già avvenuta fruizione delle ferie annuali, oppure l’intervenuta estinzione di taluni crediti lavorativi giusta formula “per ricevuta” apposta dal lavoratore) – non possono costituire prova di tali fatti favorevoli se le stesse sono smentite (come nel caso di specie) da documentazione aziendale attestante l’esatto contrario ”.

L’appellante ha dedotto che è “ regola consolidata che, salvo le limitate ed eccezionali ipotesi cui si riferisce il T e qui non conferenti in cui ne venga contestata la veridicità, gli stessi costituiscono pacificamente idonea fonte di prova circa le modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, e quindi anche con riferimento alla effettiva fruizione delle ferie ”, richiamando due pronunce della Corte di cassazione, la n. 13006 del 2019 e la n. 13781 del 2020.

Senonché dette pronunce, in disparte ogni altra considerazione su quanto riportato nei LUL, non evidenziano l’assunto rappresentato dall’appellante al fine di veicolare la riforma della sentenza sul punto.

Invero, con ordinanza n. 13781 del 2020 la Corte di cassazione ha affermato che il “ il contenuto delle buste paga […] è di per sé sufficiente a provare il credito maturato dal lavoratore ” se non è in contestazione che “ il libro unico del lavoro sia stato tenuto in modo regolare e completo ”, facendo riferimento alle “ indicazioni ivi contenute di voci a titolo di ferie, permessi ed ex festività non godute ” in relazione all’insinuazione nel passivo del credito del lavoratore, non a vantaggio del datore di lavoro: non risulta quindi superata l’argomentazione del T. Lo stesso è a dirsi con riferimento all’ordinanza n. 13006 del 2019, in base alla quale “ secondo la consolidata giurisprudenza di questa corte ” le copie delle buste paga che trovano corrispondenza nel LUL “ hanno piena efficacia probatoria del credito che il dipendente intenda insinuare al passivo della procedura fallimentare riguardante il suo datore di lavoro ”.

14.9. Si è detto che la motivazione, nei termini già sopra richiamati, non si basa solo sugli accertamenti compiuti dall’Ispettorato ma non solo (come si vedrà infra ).

Mentre il provvedimento (non escludente) annullato in parte qua dal T con la precedente sentenza n. 5786 del 2023 vede quale parametro di riferimento della valutazione del fatto il (solo) accertamento dell’Ispettorato, il qui gravato provvedimento escludente 24 ottobre 2023 contiene uno specifico approfondimento sul contenuto dei documenti tramessi in sede procedimentale a C dalla società A (come si vedrà infra ).

Ciò comporta due conseguenze.

Da un lato, non si riscontra il difetto istruttorio e motivazionale dedotto (mancata valutazione dei LUL).

Non può quindi convenirsi con l’appellante quando afferma che “ anche a voler per assurdo sostenere, come ha fatto il T, che i LUL non potessero da soli sconfessare le contestazioni agitate dall’Ispettorato – come invece all’evidenza è, una volta che come visto lo stesso Ispettorato ha in linea generale confermato il rilievo dei LUL salvo poi non considerarne i contenuti (sic!), ed essendo come visto del tutto provvisorie le conclusioni dell’ITL, infatti poi sospese dal GO – tali documenti avrebbero dovuto essere quanto meno valutati (in uno peraltro con le dichiarazioni dei lavoratori interessati, rilasciate proprio nei confronti dell’ITL e pure prodotte in giudizio, in ordine alla regolare fruizione delle ferie annue) quale indizio di prova ”.

Dall’altro lato, risulta carente anche l’assioma in base al quale la valutazione dei LUL avrebbe necessariamente condotto la stazione appaltante a una decisione non escludente. Ciò in quanto, dal momento che il provvedimento escludente richiama non solo gli accertamenti dell’Ispettorato del lavoro ma anche la documentazione prodotta dalla società A in sede procedimentale, eventuali difetti dell’attività compiuta dall’Ispettorato del lavoro non si riverberano necessariamente sul provvedimento escludente se compensati altrimenti dall’istruttoria di C.

In particolare, dal sopra illustrato contenuto del provvedimento escludente si evince quanto segue.

La documentazione presentata dalla società A a C (e sopra richiamata) individua il perimetro della censura in quanto la società A non può dolersi in giudizio della mancata valutazione di documentazione che non ha prodotto in sede procedimentale.

Al riguardo C ha espressamente affermato nel provvedimento gravato di avere considerato non solo l’accertamento svolto dall’Ispettorato del lavoro ma anche la documentazione prodotta dall’appellante nel corso del procedimento.

C, nel valutare la documentazione prodotta dalla società A nel procedimento, è giunta a conclusioni che non sono specificamente censurate dall’appellante, neppure attraverso la relazione tecnica e la perizia (sulla cui utilizzabilità si è già detto sopra), che hanno ad oggetto l’accertamento dell’Ispettorato, non quello di C, e pertanto non risultano conducenti.

Il fatto che l’Amministrazione non si sia accontentata di recepire le risultanze dell’attività dell’Ispettorato ma abbia compiuto una propria istruttoria risulta anche dal fatto che gli assunti illustrati dall’appellante come conseguenti alla valutazione dei LUL (in tesi non considerati dall’Amministrazione) sono in linea e comunque non contrastano con le conclusioni alle quali è pervenuta C dopo avere valutato la documentazione prodotta nel procedimento.

Innanzitutto e in termini generali C non ha affermato, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, che l’illecito è consistito nel non avere assicurato la fruizione, da parte dei lavoratori della “sala conta” di Avellino, di alcun giorno di ferie, che anzi la stessa ha considerato elementi (già sopra richiamati) che depongono nel senso di una fruizione quanto meno parziale delle ferie. In particolare, per i ventisei dipendenti a tempo indeterminato, ha fatto riferimento al numero e alla tempistica di fruizione delle ferie, presupponendo quindi che in parte siano state godute. Per i cinquanta dipendenti a tempo indeterminato ha preso in considerazione, fra l’altro, i verbali di conciliazione, i documenti attestanti i pagamenti eseguiti e i cedolini stipendiali che indicavano i giorni di ferie liquidati ai dipendenti, che evidentemente presuppongono la considerazione dei giorni di ferie fruiti e liquidati (in disparte ogni approfondimento sulla portata degli stessi).

A fronte dell’istruttoria di C, come sopra riferita, è lo stesso appellante a evidenziare invece come l’Ispettorato, nel verbale di accertamento, ha considerato “ ZERO giorni di ferie per tutti i lavoratori, al contrario delle risultanze dei LUL che abbiamo prima nel dettaglio illustrato ”.

Sicché già sulla base di quanto sopra riportato circa il percorso motivazionale del provvedimento gravato non risulta fondata la tesi che vuole che C abbia fatto affidamento solo sugli accertamenti dell’Ispettorato (che appunto recano il riferimento a “zero giorni di ferie”) per accertare l’illecito.

Né depone in senso contrario la circostanza che C abbia formulato le proprie considerazioni precisando di avere valutato quanto sostenuto dalla società A “ per dimostrare di aver tenuto quanto meno successivamente una condotta volta a rimediare alla violazione accertata ”.

Non può infatti affermarsi che la prospettiva del self cleaning esaurisca la portata della valutazione, da parte di C, della documentazione prodotta dalla società A nel corso del procedimento.

Le modalità di fruizione delle ferie, le tempistiche e i giorni di fruizione, nonché l’eventuale monetizzazione delle stesse, attengono a profili che riguardano in primo luogo l’ an dell’illecito. E’ la stessa società A ad affermalo nel ricorso introduttivo, almeno in riferimento alla valutazione dei verbali di conciliazione riguardanti i cinquanta dipendenti a tempo determinato: “ sul punto C erra a considerare il profilo solo quale eventuale misura di self cleaning”.

Sicché non è sufficiente il richiamo al self cleaning (comunque non censurato), peraltro riconducibile, secondo quanto illustrato nel provvedimento gravato, alle scelte difensive della società A, per privare gli accertamenti compiuto della valenza che agli stessi deve essere attribuita.

Nello specifico, con riferimento ai ventisei lavoratori a tempo indeterminato, l’appellante ha dedotto che “ dalla semplice lettura dei LUL regolarmente esibiti da [società A] prima all’ITL e poi a C, emerge ” che gli stessi hanno goduto, secondo il prospetto allegato nel ricorso dallo stesso appellante, di un numero di giorni di ferie variabile fra 5 e 17.

Quanto sopra non supera quanto rilevato da C in merito al fatto che la società A non avrebbe comprovato, per i motivi già sopra richiamati, che i dipendenti assunti a tempo indeterminato abbiano goduto delle ferie negli anni successivi. In altre parole C ha ritenuto non superata la contestazione relativa alla fruizione delle ferie, e alla relativa gravità, e lo ha fatto considerando necessariamente la documentazione aggiuntiva e non arrestandosi a recepire quanto contenuto negli accertamenti ispettivi. E ciò non solo in quanto ha fatto riferimento alla documentazione prodotta nel procedimento dalla società appellante ma anche per avere approfondito e illustrato aspetti (sopra esaminati) che l’Ispettorato non ha considerato, essendosi limitato ad accertare il “ mancato godimento ferie ”, peraltro facendo riferimento ai LUL e ai cedolini riepilogativi delle ferie (come già sopra sottolineato).

Pertanto sul punto non è conducente la censura con la quale l’appellante ha dedotto che, sulla base dei LUL, “ è assolutamente errato l’assunto che i 26 dipendenti storicamente impiegati NON avrebbero goduto per oltre 4 anni di alcun giorno di ferie ” mentre avrebbero goduto di “ almeno di due settimane consecutive di ferie ”.

C riferimento ai cinquanta dipendenti a tempo determinato l’appellante ha allegato che “ emerge, anche dai verbali di conciliazione connessi all’interruzione del rapporto, che del tutto correttamente per la gran parte delle ferie dagli stessi maturate la monetizzazione è avvenuta secondo legge, essendo intervenuta appunto l’interruzione del rapporto ”.

Ma C ha valutato espressamente i verbali di conciliazione (risulta espressamente, come sopra riportato).

Quanto sopra testimonia che C non si è accontentata di recepire l’accertamento dell’Ispettorato del lavoro ma ha svolto un proprio scrutinio della condotta della società A con riferimento al rispetto del diritto alle ferie dei lavoratori della “sala conta” (a tempo indeterminato e determinato).

Pertanto non può accogliersi il motivo di appello teso a sostenere “ la manifesta carenza istruttoria (di C prima e del T dopo) nel non esaminarne e considerarne le risultanze, il che avrebbe consentito di rilevare l’erroneità dei rilievi mossi dall’ITL di Avellino ”.

Né la sopra riferita valutazione di C, che si espande oltre il recepimento dell’accertamento ispettivo, e le conclusioni raggiunte sono state censurate dall’appellante, che si è limitato ad affidare la propria prospettazione ai rilievi riguardanti le modalità di accertamento del fatto.

L’Amministrazione ha infatti ritenuto (a valle della valutazione della documentazione presentata dalla società A) comunque integrata la causa escludente fondata sulla violazione del diritto alle ferie, seppur nei termini accertati.

E’ lo stesso appellante a non negare che l’illecito sia stato compiuto, atteso che ha affermato che la documentazione prodotta avrebbe dovuto condurre C ad accertare che “ il fenomeno dell’irregolarità sia stato appunto molto più circoscritto di quello erroneamente considerato per 76 unità e per quattro anni ”.

Né può darsi per scontato che una violazione del diritto alle ferie, seppur limitata, non possa assumere portata escludente.

In tale prospettiva neppure rileva pertanto la presunta esiguità della sanzione comminata (pari a € 1.650,00 per ciascuna delle ordinanze ingiunzioni, riferite ad annualità diverse). E ciò anche in ragione del fatto l’importo non si avvicina al minimo edittale. Ai sensi dell’art. 18 bis comma 3 del d. lgs. n. 66 del 2003, infatti, “ in caso di violazione delle disposizioni previste dall'articolo 10, comma 1, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 600 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni, la sanzione amministrativa è da 400 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa è da 800 a 4.500 euro e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta ”.

Ciò in quanto, attesa la rilevanza costituzionale del diritto al lavoro, non risulta manifestamente irragionevole un’inferenza siffatta (seppur opinabile).

L’accertamento dei presupposti di applicazione delle cause escludenti in esame è infatti espressione di discrezionalità tecnica (non amministrativa) dal momento che, una volta riscontrati, “ le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto ” gli offerenti che integrano i presupposti di fattispecie.

Nondimeno la sussistenza degli elementi della fattispecie è apprezzabile dalla stazione appaltante sulla base di conoscenze che non attribuiscono certezza all’accertamento svolto, essendo basate sulla valutazione di plurime circostanze, passibili di non univoca interpretazione e oggetto pertanto di un’attività connotata da discrezionalità tecnica, basata sul giudizio di verosimiglianza, sindacabile da questo Giudice per manifesta irragionevolezza o difetto dei presupposti di fatto.

In tale contesto non è censurabile che C abbia ancorato il giudizio di rilevanza del fatto commesso all’importanza del diritto alle ferie nell’ambito della disciplina giuslavoristica.

L’art. 36 della Costituzione stabilisce che “ il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi ”. Il riposo e le ferie rappresentano quindi diritti irrinunciabili, essendo strettamente collegati ad un altro diritto costituzionalmente tutelato, quello alla salute, previsto dall’art. 32 della Carta.

All'interno del diritto sociale UE, il diritto di ogni lavoratore alle ferie annuali rappresenta un principio al quale non si può derogare e la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva “orario di lavoro” (direttiva 2003/88/CE).

Il diritto a un periodo di ferie annuali retribuite si rinviene altresì nelle fonti internazionali, come la Cvenzione OIL n. 132 del 24 giugno 1970, nonché tra i principi dell’ordinamento eurounitario ex artt. 151 e 153 Tfue. La direttiva 2003/88/CE, in materia di orario di lavoro, dispone all’art. 7 che il periodo minimo di ferie annuali non possa essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di cessazione del rapporto. Pertanto, “ la norma comunitaria conserva la assolutezza del diritto alla fruizione delle ferie in corso di rapporto, che si traduce nel divieto di monetizzazione delle ferie ” (Corte cost. 6 maggio 2016 n. 95).

L’art. 7 direttiva 2003/88/CE autorizza, d’altra parte, la compensazione delle ferie non godute con una indennità sostitutiva al momento della cessazione del rapporto.

L’art. 17 prevede la possibilità, per gli Stati membri, di derogare alla portata della direttiva nel caso di “ attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza ” (cui corrisponde l’art. 2 comma 3 del d. lgs. n. 66 del 2003, che esclude l’attività di vigilanza dal divieto di monetizzazione). Nondimeno, anche in tali casi, debbono essere “ concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata ” (art. 17 par. 2 direttiva 2003/88/CE).

In tale prospettiva, con riferimento ai ventisei dipendenti a tempo indeterminato, C non ha ritenuto superata la contestazione, atteso che i giorni di ferie annuali sono superiori a due settimane (senza che l’appellante abbia dedotto specificamente sul punto, come già sopra rappresentato) e comunque l’appellante non ha comprovato, come già sopra illustrato, la fruizione delle ferie per due settimane consecutive da parte di tutti.

Infatti, il prospetto allegato nel ricorso dallo stesso appellante, che attesta la fruizione di giorni di ferie variabile fra 5 e 17, non fa riferimento a tutte le annualità e non comprova la coincidenza fra il dato di ferie fruite e il numero delle ferie di cui il singolo lavoratore ha diritto, né le modalità (temporali) di fruizione delle stesse (solo in alcuni casi è stata dedotta la consecutività dei giorni di ferie per il periodo minimo prescritto).

Lo stesso appellante ha ammesso che “ dal LUL risulta che per i 26 dipendenti a tempo indeterminato le ferie sono state regolarmente godute con pochissime giornate di differenza ” (pag. 5 del ricorso in appello).

C riferimento ai cinquanta dipendenti a tempo determinato l’Amministrazione ha valutato espressamente i verbali di conciliazione, facendo quindi ciò che l’appellante ha imputato alla stessa di non avere fatto, e ha comunque ritenuto di non poter accertare il pieno rispetto del diritto alle ferie.

Pertanto non è condivisibile l’assunto dell’appellante circa la non ricorrenza della violazione in ragione del fatto che “ i rimanenti 50 addetti (quelli assunti a tempo determinato per far fronte alle esigenze straordinarie sopra richiamate) hanno sempre goduto delle ferie ai sensi del regolamento aziendale nel minimo rapportato al periodo di lavoro di volta in volta contrattualizzato, e poi, stante l’interruzione del rapporto di lavoro, hanno visto regolarmente monetizzati i residui non goduti ”.

Anche a considerare inapplicabile al personale della “sala conta” il divieto di monetizzazione, non si può infatti dare per scontato che si possa con sicurezza distinguere, nell’ambito dei giorni di ferie ai quali i lavoratori hanno diritto, fra un “minimo” di ferie (da fruire) e un rimanente da monetizzare.

Data la già richiamata rilevanza del diritto alle ferie “ il datore di lavoro è segnatamente tenuto, in considerazione del carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite e al fine di assicurare l’effetto utile dell’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurarsi concretamente e in piena trasparenza che il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite ” (Cgue, sez. I, 18 gennaio 2024, C218/22).

Del resto il diritto alle ferie, “ riconosciuto a ogni lavoratore, senza distinzioni di sorta (sentenza n. 189 del 1980), mira a reintegrare le energie psico-fisiche del lavoratore e a consentirgli lo svolgimento di attività ricreative e culturali, nell’ottica di un equilibrato «contemperamento delle esigenze dell’impresa e degli interessi del lavoratore» ” (Corte cost. 6 maggio 2016 n. 95).

La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea ha rafforzato i connotati di questo diritto fondamentale del lavoratore e ne ha ribadito la natura inderogabile, in quanto finalizzato a “ una tutela efficace della sua sicurezza e della sua salute” (Cgue, Grande Sezione, 24 gennaio 2012, in causa C-282/10).

Anche se, come già visto, l’art. 17 prevede la possibilità, per gli Stati membri, di derogare alla portata della direttiva nel caso di “ attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone ” deve comunque essere assicurato ai lavoratori “ equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata ” (art. 17 par. 2 direttiva 2003/88/CE).

Nei termini in cui l’indennità sostitutiva monetizza il diritto alle ferie, essa non è esattamente equivalente a questo, andando a soddisfare un interesse altro rispetto a quello al riposo, che deriva dalla valorizzazione economica dello stesso.

Nel caso di lavoratori a tempo determinato non può ritenersi che costantemente (e necessariamente) il diritto al riposo possa essere sostituito dalla monetizzazione dello stesso. Che, altrimenti, dovrebbe ritenersi che il diritto alle ferie del lavoratore a tempo determinato sia sempre parzialmente da monetizzare.

Sul punto l’appellante si è limitato ad affermare che “ per i 50 dipendenti a tempo determinato si dà conto della interruzione anticipata del rapporto in un momento in cui tutte o quasi le ferie maturate erano ancora fruibili ”, senza apportare elementi di supporto in merito a quanto allegato, senza considerare che quando il rapporto a tempo determinato raggiunge la scadenza naturale il decorso di quest’ultima non costituisce un evento imprevisto e senza censurare la considerazione di C in merito al fatto che “ in alcuni casi le ferie liquidate equivalgono ad oltre 40 giorni, spesso più di 30 (e non è possibile comprendere in quale periodo tali ferie siano maturate) ”.

Pertanto, neppure in tale prospettiva può ritenersi superato il rilievo relativo alla fruizione delle ferie da parte del personale a tempo determinato. E ciò anche considerando che la motivazione con la quale C ha superato la ragione addotta dalla società A per giustificare il proprio comportamento, cioè la chiusura di tre “sala conta” nell’ambito territoriale di riferimento, non è censurabile: la durata pluriannuale della condotta ascritta all’appellante non può trovare ragione in detta circostanza.

Non è quindi conducente il motivo di appello nei termini in cui è formulato.

15. C il secondo motivo l’appellante ha censurato la sentenza nella parte in cui il T non ha valorizzato le misure di self cleaning adottate dalla società A (Asseco, certificazione -OMISSIS- e rating di legalità AGCM).

15.1. Il motivo è infondato.

15.2. Sul punto C ha rilevato che:

- il contratto di consulenza è stato stipulato nel 2014 e quindi “ era in essere nel periodo 2015/2018 ”, non avendo precluso il verificarsi della violazione;

- il regolamento aziendale di cui alla delibera 20 luglio 2017 “ non è stato risolutivo per il personale della sala conta nel successivo anno 2018 (nel quale comunque si sono protratte le violazioni in tema di mancato godimento delle ferie) ”;

- i file denominati “Esempio prospetto riepilogativo ferie 1”, “Esempio prospetto riepilogativo ferie 2” e “Esempio richiesta Ferie”, “ così come presentati, ovvero non compilati né vidimati, non hanno alcuna validità né sono idonei a dimostrare quanto richiesto ”, mentre i piani ferie per l’ audit riportano solo alcuni mesi, riguardano solo alcuni dipendenti e non attestano la consecutività della fruizione nei termini di legge;

- la certificazione -OMISSIS- rilasciata l’11 giugno 2020 è stata “ sospesa (14/06/2021 31/12/2021) e poi revocata (23/02/2022) ”: a seguito di sollecitazione istruttoria la società A avrebbe prodotto la documentazione attestante il motivo della sospensione, ricollegabile alla volontà della stessa di rivolgersi ad altro ente di certificazione;
nondimeno risulta mancante la documentazione attestante detto rimedio (alla violazione) atteso che “ Il conseguimento della nuova certificazione con tale ente è del 3/09/2022 ”;

- la certificazione Asseco rilasciata nel 2017 attesta la conformità dei rapporti di lavoro alla normativa retributiva, contributiva e non è idonea a costituire una modalità di superamento della violazione relativa alla fruizione delle ferie che interessa anche un periodo successivo, che il rimedio non è stato in grado di evitare.

Non risultano quindi adottate “ adeguate misure di self cleaning” (così C a pag. 14 del provvedimento impugnato).

Secondo la centrale di committenza tutte le misure organizzative indicate sono state ritenute ininfluenti ai fini del self cleaning , non solo perché sopravvenute alla partecipazione, ma anche perché inadeguate a prevenire gli illeciti.

A fronte di detta valutazione dei rimedi apprestati dalla società A per superare le violazioni l’appellante ha fatto perno essenzialmente sulla certificazione Asseco in quanto rappresenta la “ più autorevole certificazione di correttezza nella gestione dei rapporti di lavoro facente capo proprio all’Ispettorato Nazionale del Lavoro ”, che comporta lo svolgimento di verifiche periodiche, sicché la conferma “ costituisce prova plastica del positivo esito di tali verifiche e dunque del rispetto dei diritti dei lavoratori ”.

A ciò ha aggiunto che:

- dopo il 2018 non vi sarebbe stato alcun negativo accertamento da parte dell’Ispettorato territoriale;

- la società A “ ha svolto l’identico servizio per cui è gara esattamente per il Ministero della Giustizia senza contestazione e criticità alcuna ”;

- la garanzia Asseco si somma alla certificazione -OMISSIS-:2014, rispetto alla quale sarebbe irrilevante la mancanza di certificazione per un certo periodo;

- il rating di legalità attribuito nella misura massima dall’AGCM “ assicura ulteriormente una globale e articolata garanzia che non potrebbe essere maggiore ”.

Le suddette deduzioni non sono idonee a superare la valutazione negativa delle misure di self cleaning effettuata dalla stazione appaltante.

Esse sono scrutinate nel perimetro segnato dal ricorso introduttivo e considerando che l’accertamento delle condizioni di superamento delle violazioni accertate è espressione di discrezionalità tecnica (non amministrativa). Accertati infatti i presupposti le stazioni appaltanti ammettono gli offerenti che hanno adottato idonee misure di self cleaning : l’effetto escludente o meno non dipende quindi da una scelta discrezionale, piuttosto la discrezionalità (tecnica) permea la valutazione dei presupposti della fattispecie rimediale.

Nondimeno la sussistenza degli elementi della fattispecie, cioè dell’adozione di misure correttive sufficienti per evitare il ripetersi dell’irregolarità avente portata escludente e dell’idoneità delle stesse a dimostrare l’affidabilità malgrado l’esistenza di una causa di esclusione pertinente, è apprezzabile dalla stazione appaltante sulla base di conoscenze che non attribuiscono certezza all’accertamento svolto, essendo basate sulla valutazione di plurime circostanze, passibili di non univoca interpretazione e oggetto pertanto di un’attività connotata da discrezionalità tecnica.

L’Amministrazione svolge detto accertamento sulla base di un giudizio di verosimiglianza basato, sul piano probatorio, sul criterio del “ più probabile che non ”, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio (Cs. St., sez. III, 21 luglio 2023 n. 7163).

L’attività espressione di discrezionalità tecnica è sindacabile da questo Giudice quanto alla sussistenza dei presupposti di fatto e al percorso logico-giuridico seguito, appunto basato sul criterio del “ più probabile che non ”, con il limite di non poter sostituire una valutazione opinabile con altra valutazione opinabile. Sicché, in presenza di due valutazioni opinabili, entrambe verosimili, questo Giudice non può preferire una valutazione rispetto all’altra (prescelta dalla stazione appaltante).

In tale contesto non è censurabile che C abbia ancorato il giudizio di non sufficienza dei provvedimenti rimediali sulle valutazioni sopra richiamate e, in particolare, sul fatto che il certificato Asseco, rilasciato nel 2017, non abbia impedito la consumazione dell’irregolarità anche nell’annualità successiva.

In tal senso la motivazione non è sul punto irragionevole, pur essendo opinabile, atteso che effettivamente la violazione qui in esame comprende anche un periodo successivo a detta certificazione, oltre al fatto che non si rinviene un’analoga doglianza nel ricorso introduttivo, che contiene piuttosto un riferimento al (diverso) aspetto dell’idoneità di detta certificazione ad assicurare il rispetto dei diritti dei lavoratori, sicché essa è anche inammissibile per il profilo qui esaminato.

Le ulteriori considerazioni svolgono, anche in ragione della formulazione della censura, imperniata in particolare sulla certificazione Asseco, una portata ancillare.

In tale contesto le vicende relative alla certificazione -OMISSIS-:2014, che “si somma”, secondo l’appellante, alla garanzia Asseco, non svolge portata dirimente.

Pertanto, pur non potendo svolgere, in linea teorica, una portata ostativa la perdita della certificazione per un periodo limitato, poi superato, atteso che l’istituto del self cleaning , in quanto volto a superare un precedente illecito, presuppone la perdita momentanea del requisito, nondimeno essa può essere apprezzata, nell’ambito della discrezionalità tecnica, da parte della stazione appaltante, che può attribuire rilievo al profilo temporale in relazione alla valutazione di affidabilità dell’operatore economico (cui comunque è preordinata la valutazione del self cleaning).

Né ha portata dirimente la circostanza che la società A abbia svolto l’identico servizio per cui è gara per il Ministero della giustizia senza contestazione e criticità alcuna, che, altrimenti, le precedenti irregolarità non potrebbero mai rilevare in ragione della successiva condotta esecutiva dell’operatore economico.

16. C il terzo motivo l’appellante ha censurato la sentenza per il fatto che il T avrebbe omesso di trarre le asserite conseguenze derivanti dal fatto che C avrebbe “ erroneamente presupposto che la valutazione di gravità provenisse dal precedente giudicato ”.

Secondo l’appellante “ le vicende relative alle irregolarità contestate dall’Ispettorato del Lavoro di Avellino con riguardo ad episodi di ferie non godute da personale della sala conta negli anni 2015-2018 ”, pur considerandoli “ nella misura contestata dai verbali dell’ITL (76 unità per i quattro anni richiamati su quasi tre mila unità di forza lavoro impiegate da [società A] ) - come in realtà non sono ”, “ non possono ritenersi idonei a giustificare, tanto meno in attualità e in termini di ragionevolezza, il gravissimo provvedimento espulsivo, privando la ricorrente e l’interesse pubblico dell’aggiudicazione alla migliore offerta per servizi pari complessivamente ad oltre 48.000.000 euro ”. E ciò tanto più avuto riguardo al rilievo attribuitovi dal medesimo Ispettorato, che ha irrogato sanzioni per “ appena 1.650 euro per ciascuno degli amministratori avvicendatisi negli anni interessati ”, e alla circostanza che “ le ridette singole criticità si sono verificate tutte in un unico servizio - sala conta - peraltro del tutto distinto da quelli per cui è causa, relativi alla vigilanza fissa e ispettiva ”.

16.1. Il motivo, che viene scrutinato per i profili che non sono già stati esaminati, è infondato.

16.2. Nell’ambito della discrezionalità tecnica che, come visto sopra, permea l’accertamento dei presupposti di applicazione delle cause escludenti in esame non è censurabile che C abbia ancorato il giudizio di rilevanza del fatto commesso non al profilo quantitativo ma al rilievo qualitativo del bene giuridico leso, attesa la sopra accennata rilevanza dei diritti dei lavoratori nell’ordinamento, anche costituzionale.

E’ lo stesso appellante ad affermare che C ha ritenuto che le irregolarità nella gestione del rapporto di lavoro “ avrebbero incidenza a prescindere dal loro rilievo quantitativo e dall’ambito in cui si sono registrate ” e che “ nella specie non riguarderebbero un numero esiguo di lavoratori e si sarebbero ripetute nel corso di più anni ”.

Né può ritenersi che C si limiti a fare proprio il giudizio del T sul punto. Come sopra illustrato infatti C ha approfondito plurimi aspetti dell’an della condotta che ha reso inaffidabile l’operatore e, quindi, della gravità della stessa.

17. C ulteriore motivo l’appellante ha riproposto la censura, assorbita dal primo giudice, riguardante la valutazione di C della sottoposizione della società A a procedura di controllo giudiziario, giusta decreto d’urgenza emesso dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Milano, in considerazione di alcune indagini sfociate in accuse di caporalato, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (tutto ciò risultando rilevante, sulla base del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. a) e c) del d. lgs. n. 50 del 2016).

17.1. Si premette che il motivo in esame riguarda la seconda ragione che, in base al provvedimento impugnato, giustifica l’esclusione della società appellante.

Ctrariamente a quanto dedotto dall’appellante, detta ragione si aggiunge a quella scrutinata in precedenza, di per sé sola sufficiente a supportare la decisione espulsiva.

Ciò risulta evidente dal provvedimento, che è articolato in due distinti macrocapitoli, uno dedicato al profilo del mancato godimento delle ferie (già sopra scrutinato) e uno riguardante la vicenda penale, e dallo stesso passo del provvedimento richiamato dall’appellante, in base al quale “ in aggiunta a quanto già precisato rispetto alla precedente fattispecie relativa al mancato godimento delle ferie del personale della sala conta di Avellino ”, con il che risulta evidente che alla precedente “ fattispecie ” se ne aggiunge un’altra.

Sicché il provvedimento impugnato è plurimotivato, con la conseguenza che esso non merita di essere annullato se è fondato almeno uno dei due motivi escludenti.

17.2. Ciò esime il Collegio, considerato l’esito dello scrutinio riguardante l’altra ragione che giustifica la determinazione escludente, dall’esaminare il presente mezzo, che rimane assorbito, così come i motivi riproposti con il ricorso in appello.

17.3. Assorbita ogni altra eccezione e censura, anche quelle riproposte da C con memoria ai sensi dell’art. 101 comma 2 c.p.a.

18. In conclusione, l’appello va respinto.

19. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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