Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-11-07, n. 201806280

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-11-07, n. 201806280
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806280
Data del deposito : 7 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/11/2018

N. 06280/2018REG.PROV.COLL.

N. 03943/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 3943 del 2017 proposto dai signori R D J e V B e dalla società Ri.Va. di De Jacob Rocco &
C. s.a.s., rappresentati e difesi dagli avvocati A B, F B e G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

contro

La signora T Z, rappresentata e difesa dagli avvocati L A e G T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L A in Roma, via della Scrofa, 47;

nei confronti

Il Comune di Mira, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Cristina De Benetti e Stefano Vinti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 611 del 13 febbraio 2017, resa tra le parti, concernente l’accertamento della non conformità edilizio-urbanistica delle opere realizzate mediante la presentazione di dichiarazioni di inizio di attività.


Visti il ricorso per la revocazione e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della signora T Z e del Comune di Mira;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 settembre 2018 il consigliere D D C e uditi per le parti gli avvocati Pafundi, Anelli e Macchia (su delega dell’avvocato Vinti);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor R D J -in proprio e nella qualità di legale rappresentante pro tempore della società Ri.va di De Jacob Rocco &
C. s.a.s.- e la signora V B chiedono, ai sensi degli artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4 c.p.c., la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 611 del 13 febbraio 2017, resa nel giudizio di appello n. 1500/2016 avverso la sentenza del T.a.r. per il Veneto, Venezia, Sezione II, n. 1294/2015.

1.1. La vicenda trae origine dall’istanza formulata dalla signora Z, vicina di casa degli odierni ricorrenti, affinché il comune di Mira esercitasse il potere di verifica e di controllo in ordine alle cinque dichiarazioni di inizio di attività presentate dalla società Ri.va per la realizzazione di un “ progetto di ristrutturazione con cambio d’uso e costruzione di interrato per la realizzazione di un “relais” di campagna – modifiche della sistemazione esterna degli accessi carrabili e pedonali ”.

1.2. Con determinazione dirigenziale prot. n. 14486 del 10 maggio 2013, l’amministrazione comunale aveva ritenuto la conformità urbanistica delle anzidette opere, disponendo l’archiviazione del procedimento.

1.3. La signora Z aveva, dunque, proposto separati ricorsi straordinari avverso il suddetto provvedimento e le cinque dichiarazioni di inizio di attività, poi trasposti in sede giurisdizionale per l’opposizione dei controinteressati e, infine, decisi dal T.a.r., previa loro riunione, con sentenza di rigetto.

1.4. La sentenza di primo grado veniva appellata con ricorso principale dalla signora Z e con ricorso incidentale dai privati resistenti.

1.5. Il Consiglio di Stato, con la sentenza revocanda, accoglieva il ricorso principale;
rigettava quello incidentale;
per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, accoglieva i ricorsi di primo grado e annullava l’atto impugnato con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione comunale.

1.6. I ricorrenti assumono l’erroneità di questa decisione perché fondata –a loro dire- su una svista materiale consistita:

a) nel non avere percepito la corretta epoca di classificazione dell’edificio, come risultante dalla documentazione versata agli atti di causa;

b) nel non avere, di conseguenza, compreso che il posizionamento dell’immobile a nord (come discriminante rispetto al posizionamento a sud) comportava l’applicazione della classificazione vigente nel 2004 (introdotta con la variante Palav Nord), anziché di quella successivamente introdotta nel 2006 con l’approvazione della variante Palav Sud;

c) nell’avere tratto, da tali erronee premesse in fatto, l’altrettanto erronea conclusione in diritto secondo cui “ la modifica all’art. 4 delle NTA che ne è seguita, con l’introduzione della destinazione E (ricettiva) riguarda formalmente tutto il territorio ”.

2. Si è costituita la signora Z chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza nel merito dell’avverso ricorso.

3. Si è costituto il comune di Mira instando, al contrario, per l’accoglimento del ricorso per revocazione.

4. Le parti hanno ulteriormente insistito sulle rispettive tesi difensive mediante deposito di memorie integrative.

5. All’udienza pubblica del 20 settembre 2018 le parti hanno discusso in ordine all’istanza preliminare (formulata dai ricorrenti e in ordine alla quale la resistente signora Z ha fatto ferma opposizione) di cancellazione della causa dal ruolo, riportandosi per il resto ai propri scritti difensivi. All’esito, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

6. Va preliminarmente esaminata l’istanza di cancellazione della causa dal ruolo formulata dai ricorrenti e motivata sul presupposto dell’intervenuta rideterminazione da parte dell’amministrazione comunale con provvedimento del 19 maggio 2017 ai medesimi favorevole, per il quale pende impugnazione presso il T.a.r. Veneto.

6.1. L’istanza non può trovare accoglimento.

6.2. La rideterminazione dell’amministrazione comunale di Mira è avvenuta all’esito di una rinnovata istruttoria procedimentale in esecuzione della sentenza d’appello e in senso conformativo rispetto a quanto nella stessa statuito, sicché detto provvedimento è autonomo, quanto alla ri-valutazione dell’assetto di interessi, rispetto al provvedimento impugnato (originato, invece, dall’istanza del privato di verifica ispettiva sulle cinque d.i.a. presentate) e rispetto al quale –dunque- non costituisce un atto meramente confermativo.

Non sussistono, pertanto, ragioni di pregiudizialità logico-giuridica tali da giustificare la cancellazione della causa dal ruolo, rappresentando -la nuova impugnazione- un gravame autonomo rispetto a quello per cui è lite.

7. La domanda di revocazione è, invece, inammissibile.

7.1. Dal tenore testuale della sentenza revocanda, si evince con chiarezza che il giudice d’appello ha percepito in punto di fatto:

a) la differenza tra la variante al p.r.g. del 2004 (avente ad oggetto il territorio comunale posto a nord della S.S. 309 Romea) e la variante al p.r.g. del 2006 (avente ad oggetto il territorio comunale posto a sud di detta statale);

b) la localizzazione dell’immobile per cui è lite nel territorio comunale a nord;

c) il contenuto recato dagli atti di pianificazione e quello contenuto dall’art. 4 delle N.T.A..

7.2. Da tali elementi ha tratto, in diritto, le seguenti conclusioni:

1. la modifica all’art. 4 delle n.t.a., con l’introduzione della destinazione E ricettiva, riguarda formalmente tutto il territorio;

2. l’intento del pianificatore di riservare l’anzidetta previsione specifica alla sola zona sud, non si è tradotto nella norma;

3. l’immobile ammetteva la sola destinazione C (terziario), formalmente distinta dalla destinazione E ricettiva;

4. qualunque cosa possa dire una fonte subordinata come il regolamento edilizio, l’edificio non era suscettibile di utilizzo a fini ricettivi;

5. tale conclusione è conforme anche al precedente della Sezione, discusso dalle parti (n. 4305/2015) che, seppur senza esaminare dettagliatamente tutti i profili qui evocati, ha ritenuto ammissibile per l’<<edificio storico testimoniale>>, nelle condizioni date, la destinazione commerciale, compresa la somministrazione al pubblico di cibi e bevande, ma non quella ricettiva.

7.3. Non sussiste, pertanto, spazio alcuno per ipotizzare un eventuale errore di fatto revocatorio commesso dal giudice d’appello, giacché la conclusione cui lo stesso è pervenuto (nella sostanza, l’impossibilità di riconoscere all’immobile la destinazione E ricettiva) è scaturita non da una difettosa lettura dei documenti di causa e del loro contenuto (varianti allo strumento urbanistico, N.T.A., classificazioni e localizzazioni), bensì da un puntuale ragionamento logico-giuridico, la cui correttezza (o meno) in diritto esula dal sindacato consentito a questo giudice.

7.4. La tesi ricostruttiva prospettata dal comune e dai controinteressati, infatti, non è stata condivisa dal giudice non per la mancata comprensione (in fatto) che la nuova formulazione dell’art. 4 delle NTA (espressamente contemplativa della destinazione E ricettiva) sia seguita alla variante del 2006 (che riguardava la sola zona posta a sud), ma in ragione della (ritenuta, in diritto) mancata traduzione in norme, da parte del pianificatore generale, dell’intento di riservare l’anzidetta previsione specifica alla sola zona sud.

8. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

9. A tanto consegue l’assorbimento della (ulteriore) eccezione di inammissibilità del ricorso per revocazione formulata dalla resistente a motivo della (ritenuta) mancata proposizione, nel corpo dell’atto, di motivi idonei all’accoglimento del ricorso nell’eventuale successiva fase rescissoria.

10. La regolazione delle spese di lite del giudizio, liquidate in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014 e s.m.i., segue il principio della soccombenza.

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