Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-24, n. 202102500

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-24, n. 202102500
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102500
Data del deposito : 24 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/03/2021

N. 02500/2021REG.PROV.COLL.

N. 00235/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 235 del 2020, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'Avvocato S L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Questura di Bergamo, Prefettura Provincia di Bergamo, Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il Decreto del Prefetto di Bergamo del -OMISSIS-di rigetto del ricorso gerarchico e il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno U.E del 6.3.2017.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2021, svoltasi in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25, comma 1, d.l. 28 ottobre 2020, n. 37, il Consigliere P A A P e presente ai sensi di legge, mediante deposito di note di udienza, l’Avvocato di parte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso al TAR per la Lombardia, Sezione di Brescia, il ricorrente ha impugnato il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno U.E. per soggiornanti di lungo periodo (di cui era titolare dal 26.8.2010), adottato dal Questore di Bergamo in data 6 marzo 2017, col quale è stato anche disposto “di non dover procedere al rilascio di alcun titolo di soggiorno”.

Il provvedimento era fondato sul giudizio di pericolosità sociale dell’interessato desunto dall’esistenza di precedenti penali per reati di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali aggravate, lesioni personali e violenza privata continuati (condanna a 3 anni di reclusione con sentenza del Tribunale di Imperia del 02/03/2016, ex art. 444 c.p.p., irrevocabile dal 18/04/2016) e furto aggravato (condanna a mesi 4 di reclusione e 100 euro di multa, con sentenza del Tribunale di Monza del 29/03/2002, irrevocabile il 4.6.2002);
inoltre, in data 22/07/2015, il ricorrente è stato segnalato all’Autorità Giudiziaria per il reato di furto aggravato.

Il Questore rilevava come per la gravità dei reati commessi il cittadino straniero era da ritenersi socialmente pericoloso, e ai sensi dell’art. 9, comma 7, D.lgs. n. 286/1989, i reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p. di cui all’art. 4, comma 3, determinano la revoca del permesso di soggiorno per lungo soggiornanti U.E.;
inoltre, l’interessato non potrebbe vantare vincoli e legami familiari ex art. 29 T.U.I..

1.1.- Avverso il decreto questorile il ricorrente proponeva ricorso gerarchico al Prefetto di Bergamo, che rigettava l’impugnazione con provvedimento datato 17/07/2017, ritenuto che “ la gravità delle azioni commesse dal ricorrente nei confronti della propria famiglia non può pregiudicare né condizionare le autonome valutazioni del Questore sul pericolo della presenza dello straniero ”.

1.2.- Il ricorrente lamentava l’erroneità del formulato giudizio di pericolosità sociale e la mancata valutazione della sua situazione personale, perché ignorati la lunga permanenza sul territorio italiano a partire dal 2002, l’ottenuto ricongiungimento familiare con la moglie e la successiva nascita di tre figli, la costante titolarità di un contratto di lavoro e di un contratto di locazione ad uso abitativo, la permanenza di un solido legale familiare in Italia anche con il proprio fratello.

Infine, il ricorrente rappresentava di aver intrapreso un percorso di riavvicinamento alla moglie e ai figli tramite i servizi sociali, circostanza che avrebbe dovuto essere valorizzata anche considerando la nascita di un terzo figlio.

2.- Con la sentenza in epigrafe, il TAR ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente alle spese di giudizio.

Secondo il TAR, principalmente, “ nel quadro di una complessiva ponderazione della posizione del ricorrente, sembrano prevalere gli elementi a sfavore;
in particolare, assumendo non secondaria rilevanza la presenza dei citati pregiudizi penali, rispetto ai quali non può avere valore compensativo la lunga permanenza in Italia sia perché la condotta presentava già aspetti problematici (essendosi i fatti oggetto di attenzione in sede giudiziaria temporalmente estesi a buona parte del soggiorno stesso), sia perché l’ultima delle condanne anzidette è occorsa in una fase avanzata del soggiorno, quando apparentemente era stato raggiunto un soddisfacente inserimento lavorativo, ed erano stati costituiti da tempo i legami familiari
”.

3.- Con l’appello in esame, il ricorrente denuncia l’erroneità e ingiustizia della sentenza impugnata di cui chiede la riforma.

4.- Alla pubblica udienza del 18 febbraio 2021, a seguito di deposito di memoria e note, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è infondato.

2.- L’appellante lamenta che la valutazione in ordine alla permanenza dei requisiti per la conservazione del permesso di soggiorno di lunga durata sia stata esclusivamente incentrata sulla asserita pericolosità, non tenendo in debita considerazione tutti gli aspetti che dovrebbero essere correttamente valorizzati in situazioni concernenti il c.d. permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, come affermato dalla giurisprudenza amministrativa.

2.1. - In fatto, il ricorrente rileva che per la contestazione del furto aggravato difetta ad oggi una sentenza di condanna passata in giudicato;
per le condotte serbate all’interno del nucleo familiare ritiene iperbolico considerare la violenza domestica quale fatto di particolare allarme sociale, posto che non si comprende quale pregiudizio per la collettività possa derivare da reati che, per loro natura, non coinvolgono persone estranee.

Il ricorrente afferma che la propria condotta era dovuta a problemi di dipendenza alcoolica, e come è stato relazionato dal Ser.T. di Bergamo (doc. 18 allegato al ricorso introduttivo al T.A.R.) a seguito della presa in carico e costante monitoraggio da parte del servizio, egli ha cessato di farne uso, e conseguentemente è migliorato anche il rapporto del ricorrente con la moglie ed i figli.

Tali elementi di fatto, unitamente a tutti i presupposti previsti dalla norma (durata del soggiorno, inserimento sociale, familiare e lavorativo), dovrebbero condurre ad una favorevole considerazione e alla riforma della sentenza.

3.- Ritiene il Collegio che i provvedimenti impugnati non siano censurabili, neppure alla luce delle ulteriori circostanze rappresentate dall’interessato in questa fase di giudizio.

3.1.- L'odierna previsione dell'art. 9 del d. lgs. 286/1998, come sostituito dall'art. 1 del d. lgs. 3/2007, in attuazione della normativa comunitaria, richiede che l'eventuale diniego di rilascio del "permesso per lungo soggiornanti" (c.d. carta di soggiorno) sia sorretto da "un giudizio di pericolosità sociale dello straniero, con una motivazione articolata non solo con riguardo alla circostanza dell'intervenuta condanna, ma su più elementi, ed in particolare con riguardo alla durata del soggiorno nel territorio nazionale e all'inserimento sociale, familiare e lavorativo dell'interessato, escludendo l'operatività di ogni "automatismo" in conseguenza di condanne penali riportate" (ex multis, Cons. St., Sez. III, 02/11/2020, n.6756,13/09/2013, n. 4539 e 25.5.2012, n. 3095 ).

La posizione dello straniero in possesso della c.d. carta di soggiorno è notevolmente meglio protetta di quella del possessore di un semplice permesso di soggiorno, giacché (solo) per quest'ultimo il combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, prevede una serie di casi nei quali, dandosi le condizioni indicate dalla legge (ad es., condanne penali per specifiche tipologie di reato) il diniego del permesso di soggiorno, o del suo rinnovo, è vincolato.

Tuttavia, l’art.9, comma 4 (comma modificato dall'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 13 febbraio 2014, n. 12) prevede, tra gli elementi di valutazione della pericolosità sociale dello straniero, le condanne, anche non definitive, per reati previsti dall'art. 380 c.p.p. nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 c.p.p. e non può negarsi che la tipologia dei reati e delle persone offese dal reato, nonché le modalità dei fatti, l’entità delle condanne, possano assumere un peso preponderante nel complessivo giudizio di pericolosità sociale che il Questore è chiamato primariamente a formulare, tenuto conto che la norma in modo perentorio vieta di rilasciare il permesso di soggiorno UE agli stranieri “pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato” che abbiano riportato alcuni tipi di condanne più gravi, anche non definitive, e soggiungendo che, in aggiunta, “ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego … il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”.

3.2.- Va rilevato, innanzitutto, la sussistenza nel provvedimento questorile di revoca del permesso di soggiorno UE in esame, di un autonomo (seppure sinteticamente motivato) giudizio di pericolosità sociale dell'odierno ricorrente, desunto dalla gravità dei precedenti penali e delle condanne definitive.

L’ultima contestazione di furto aggravato, per cui il ricorrente osserva di non esservi ancora condanna definitiva, viene difatti riportata nel provvedimento come oggetto di deferimento all’Autorità giudiziaria e come episodio recente (commesso nel 2015), il che conferma, ad avviso del Collegio, il permanere in tempi recenti delle criticità nel comportamento del ricorrente in continuità con le condotte illecite che hanno caratterizzato il vissuto trascorso, nonostante l’intrapreso percorso di disintossicazione dall’alcol e di reinserimento familiare, come attestato dai documenti depositati in appello, dai quali è desumibile che nel 2017 il ricorrente era ancora oggetto di costante monitoraggio tossicologico da parte del Ser.D. (doc 21) e che gli incontri protetti a cura del servizio sociale con moglie e figli avevano corso regolare.

3.3. - Il sintetico giudizio negativo della Questura è confermato dal Prefetto con più ampia motivazione.

Il Prefetto osserva, difatti, che la gravità delle azioni commesse nei confronti della propria famiglia (nella specie, il ricorrente ha tenuto “una condotta brutale per almeno cinque anni”, cfr. decreto prefettizio depositato in I grado il 25.11.2017), non può che refluire sul giudizio espresso dal Questore circa il pericolo derivante dalla presenza in Italia, alla luce delle riportate condanne che lo connotano come incline alla commissione ripetuta di reati, a riprova di un totale sprezzo delle leggi italiane e delle basilari norme comportamentali.

Tali osservazioni rappresentano una sufficiente motivazione anche in relazione alla valutazione aggiuntiva circa l’inserimento sociale dello straniero, nonostante la lunga permanenza in Italia.

Come in casi analoghi già ritenuto da questa sezione “ esiste comunque una soglia di gravità, oggettivamente percepibile secondo l'id quod plerumque accidit, oltre la quale il comportamento criminale diviene intollerabile per lo Stato che offre ospitalità, in guisa da rendere, in concreto, vincolato il diniego di permanenza .” (Consiglio di Stato sez. III, 27/11/2018, n.6700).

3.4.- Infine, va ulteriormente ribadito, quanto agli invocati rapporti familiari, che non può trovare favorevole ingresso nel giudizio di bilanciamento la prevalenza della tutela del vincolo familiare, né la nascita di un terzo figlio, in considerazione del fatto che proprio con la sua condotta il ricorrente ha mostrato di non attribuire in passato alcun valore agli affetti più prossimi;
mentre l’intrapreso percorso di riavvicinamento alla famiglia non offre, allo stato, sufficienti elementi atti a riabilitare il ricorrente.

Come già affermato da questa Sezione “in caso di condanna per reati di particolare gravità, caratterizzati da un comportamento criminale intollerabile per lo Stato che offre ospitalità, la formazione di una famiglia in Italia non può costituire uno scudo o una garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o di diniego di rinnovo del titolo di soggiorno.” (Consiglio di Stato, Sez. III, 05/06/2020, n.3204 e 4 maggio 2018, n. 2654).

Né miglior sorte può ricevere la considerazione della presenza in Italia del fratello del ricorrente, che non rientra tra i soggetti nei cui confronti è esercitabile il ricongiungimento ai sensi dell’art. 29 T.U.I..

4.- In conclusione, l’appello va respinto.

5.- Nulla in ordine alle spese di giudizio, non essendosi costituite le Amministrazioni intimate.

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