Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-02-12, n. 201800849

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-02-12, n. 201800849
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800849
Data del deposito : 12 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/02/2018

N. 00849/2018REG.PROV.COLL.

N. 03096/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3096 del 2017, proposto da:
Società Acquedotti S.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati B C, A A, F C, con domicilio eletto presso lo studio Luca Savini in Roma, via Sabotino n. 12;

contro

Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F M F, A A, con domicilio eletto presso lo studio N L in Roma, via F. Denza n. 50/A;

nei confronti di

Abc Acqua Bene Comune -Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G C, domiciliato ex art. 25 Cod.Proc.Amm. presso la Segreteria del Consiglio Di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE I, n. 00699/2017, resa tra le parti, concernente LA DECLARATORIA DI NULLITA', AI SENSI DELL'ART. 31 DEL D.LGS. 104/2010 O, IN SUBORDINE, PER L'ANNULLAMENTO:

- della deliberazione del Consiglio Comunale di Napoli, n. 5 del 9.03.2015, avente ad oggetto l'approvazione del “Nuovo Statuto di ABC Acqua Bene Comune Napoli”;

- nonché della deliberazione del Consiglio Comunale di Napoli, n. 6 del 9.03.2015, avente ad oggetto l' “Approvazione della Convenzione, finalizzata a regolare i reciproci diritti ed obblighi del Comune e della sua azienda speciale ABC nella gestione del “Servizio Idrico Integrato” nell'ambito della città di Napoli e conseguente autorizzazione alla stipula” ;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, richiamato o meno nel provvedimento in questa sede impugnato, tra cui, in particolare:

a) la Delibera di Giunta Comunale n. 423 del 19 giugno 2014, avente ad oggetto la proposta al Consiglio di approvazione del nuovo Statuto di ABC;

b) la Delibera di Giunta Comunale n. 51 del 5 febbraio 2015, avente ad oggetto la proposta al Consiglio di approvazione della Convenzione finalizzata a regolare i reciproci diritti ed obblighi del comune e della sua azienda speciale ABC nella gestione del “Servizio Idrico Integrato” nell'ambito della città di Napoli e conseguente autorizzazione alla stipula;

c) la Delibera di Giunta del Comune di Napoli, n. 856 del 27 novembre 2014, avente ad oggetto (la presunta) conferma dell'affidamento della gestione del Servizio Idrico Integrato in favore di A.B.C..


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e di Abc Acqua Bene Comune -Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il Cons. A R e uditi per le parti gli avvocati B C, N L su delega dell'avv. F M F, G C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Società Acquedotti s.c.p.a. (d’ora in avanti, per brevità, soltanto “Acquedotti” ) ha appellato la sentenza del Tribunale Amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, I, 2 febbraio 2017, n. 699, che aveva respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento delle delibere del Consiglio Comunale del Comune di Napoli n. 5 e 6 del 9 marzo 2015 con le quali veniva approvato, rispettivamente, il nuovo Statuto di ABC- Acqua Bene Comune Napoli (d’ora in avanti soltanto “ABC” o “Acqua Bene Comune” ) e la Convenzione, della durata di trenta anni, finalizzata a regolare i reciproci diritti e obblighi del Comune di Napoli e della sua azienda speciale ABC nella gestione del Servizio Idrico Integrato nell’ambito della città di Napoli, con conseguente autorizzazione alla stipula.

Nel ricorso in appello Acquedotti ha premesso di essere una società consortile mista a prevalente capitale pubblico, cui partecipano diverse Amministrazioni comunali e nella quale il socio privato è stato individuato a seguito di procedura ad evidenza pubblica: ad essa è affidato il servizio di distribuzione dell’acqua potabile e fognatura in numerosi Comuni dell’area metropolitana di Napoli (e, precisamente, per i Comuni di Melito, Qualiano, Grumo Nevano, Acerra, Orta di Atella, Casandrino, Alvignano e Cancello Arnone).

Acqua Bene Comune nasce, invece, dalla trasformazione in Azienda Speciale pubblica di Arin s.p.a., ente cui la prima succede, senza soluzione di continuità, in ogni situazione giuridica. Acquedotti ha evidenziato che, come stabilito nello Statuto approvato dal Comune di Napoli con delibera del Consiglio Comunale 5 del 2015, ABC si configura come Azienda Speciale ai sensi dell’art. 114 TUEL, non ha finalità di lucro e persegue il pareggio di bilancio, attraverso l’equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti, nonché l’equilibrio finanziario, con previsione dell’intervento del Comune per l’approvazione degli atti fondamentali, nonché per provvedere alla copertura di eventuali costi sociali, controllare i risultati di gestione ed esercitare la vigilanza (articoli 2 e 25 dello Statuto). La gestione aziendale si ispira a criteri di economicità, ecologia, efficienza e solidarietà sociale. ABC ha per oggetto la gestione del servizio idrico integrato e dei beni comuni ad esso connessi, nonché la realizzazione delle opere destinate al suo esercizio (art. 4), ed esercita la propria attività nel Comune di Napoli o negli Ambiti Ottimali, anche fuori dal territorio comunale, previa autorizzazione del Consiglio Comunale e nei limiti previsti dalla legge, per il governo del servizio idrico integrato, e con facoltà di stipulare per tale finalità opportuni accordi, anche con riferimento al territorio della Città Metropolitana di Napoli mediante le forme dell’azienda speciale consortile (articolo 5).

L’appellante ha rilevato, altresì, che nelle premesse della Convenzione finalizzata a regolare i rapporti tra il Comune e ABC, approvata con la Delibera di C.C.6/2015, si dava atto dei molteplici passaggi di competenze che avevano interessato la gestione del Servizio Idrico Integrato nell’ambito territoriale di interesse.

In dettaglio, dopo la soppressione, a decorrere dal 1 gennaio 2013, delle Autorità d’Ambito, nelle more dell’emanazione di apposita legge regionale per la riassegnazione delle relative competenze e al fine di garantire la continuità delle funzioni originariamente assegnate alle stesse, dette funzioni erano state affidate, per ciascuna di esse, con D.G.R. 813 del 2012 ai Commissari Straordinari, incaricati di avviare le procedure di liquidazione e assicurare lo svolgimento delle attività necessarie all’ordinaria amministrazione.

Successivamente, ai sensi dell’art. 1, comma 137, della legge regionale Campania, n. 5 del 2013, ai predetti Commissari Straordinari, sino al definitivo conferimento disposto dalla normativa regionale, erano state demandate le funzioni di cui all’art. 148 del D.Lgs. n. 152 del 2006, “ovvero tutti i poteri e le funzioni ordinarie e straordinarie dell’Ente d’Ambito” ;
mentre con il D.L. 133/2014, convertito in legge 11 novembre 2014, n. 164 erano state confermate le competenze delle Regioni e degli Enti locali, modificando altresì la denominazione degli Ambiti Territoriali Ottimali in Enti di Governo dell’Ambito.

Nell’ambito della Regione Campania, il Comune di Napoli e il Comune di Caserta e parte delle rispettive province, per un totale di 136 Comuni, costituivano l’area di competenza dell’A.T.O. 2, istituito con legge regionale 14 del 1997.

Con deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito Napoli-Volturno A.T.O.2 (n. 5 del 18.06.2010) si era proceduto ad affidare la gestione del Servizio Idrico Integrato ad ARIN s.p.a., società interamente partecipata dal Comune di Napoli e sottoposta, in quanto affidataria del servizio idrico in regime di “in house providing”, al controllo analogo da parte dell’Ente azionista.

Al predetto affidamento non era, tuttavia, seguita, sin dalla costituzione dell’A.T.O. 2 e fino alla soppressione di quest’ultimo, la stipula della convenzione prevista dall’art. 2 della legge regionale Campania 14 del 1997;
né tale convenzione era stata conclusa dal Commissario Straordinario. Inoltre, nella predetta Convenzione, approvata con la delibera oggetto di impugnativa, si premetteva che, nonostante la Regione Campania, con deliberazione n. 812 del 30 dicembre 2014 avesse individuato l’Ente di Governo dell’Ambito (in sostituzione della soppressa Autorità d’ambito), tuttavia non aveva provveduto, nell’attesa della legge regionale di riordino, in corso di approvazione, ad individuare l’estensione del nuovo ambito territoriale;
né, di conseguenza, si era provveduto, da parte del neo istituito Ente di Governo, all’affidamento del Servizio Idrico Integrato.

Con Delibera di Giunta Regionale n. 149 del 28 marzo 2015, la Regione Campania adottava lo schema tipo di convenzione, ex art. 30 del D.Lgs. 267 del 2000, tra i Comuni ricadenti nel medesimo A.T.O., per la costituzione dell’Ente Idrico dell’Ambito Territoriale Ottimale (EIATO), per l’esercizio, in forma associata, ai sensi dell’art. 141 del D.Lgs. 152 del 2006, delle funzioni di organizzazione del Servizio Idrico Integrato.

Con delibera consiliare n. 32/2011 il Comune di Napoli deliberava la trasformazione di Arin s.p.a. in Acqua Bene Comune, ente strumentale avente personalità giuridica di diritto pubblico.

Con delibera di giunta n. 856 del 27 novembre 2014, il Comune di Napoli confermava che l’ABC era deputata alla gestione del Servizio Idrico Integrato della suddetta Amministrazione, prevedendo che venisse data una prima attuazione al trasferimento delle attività condotte dal Comune, provvedendo al trasferimento dell’impianto di sollevamento di S. Giovanni e di altri 12 impianti di sollevamento, non appena completate le attività di ricognizione dello stato d’uso e di consistenza;
si disponeva altresì che l’Azienda redigesse, entro il 30 marzo 2015, un Piano economico finanziario, funzionale alle nuove attività derivanti dall’affidamento della gestione del Servizio idrico integrato.

Con la delibera 6 del 2015, il Consiglio Comunale approvava il testo dell’allegata Convenzione concessoria tra il Comune di Napoli e ABC, cui dovevano far seguito la stipula di un disciplinare tecnico e la redazione di un Piano Economico e Finanziario, che avrebbe determinato le attività inerenti l’espletamento del Servizio Idrico Integrato nella città di Napoli.

All’esito di tali vicende, come sopra in estrema sintesi ricostruite, con ricorso depositato in data 11 giugno 2015, l’odierna appellante impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo per la Campania le delibere su indicate, deducendo la nullità dei provvedimenti gravati per difetto assoluto di attribuzione o, in subordine, la loro illegittimità per violazione della competenza statale esclusiva in materia ambientale e di tutela della concorrenza, censurandole sotto plurimi profili, quali il contrasto con il principio di unicità di gestione imposto dall’art. 147, co. 2 del Testo Unico in materia ambientale;
l’eccesso di potere per travisamento dei fatti;
il contrasto con la normativa europea in tema di “in house providing”; la contraddittorietà manifesta ed il difetto di istruttoria; la violazione dell’art. 154 del Testo Unico in materia ambientale, sotto il profilo dell’incompetenza.

In particolare, la ricorrente lamentava che le delibere impugnate le fossero pregiudizievoli in quanto comportati l’affidamento diretto della gestione del Servizio idrico integrato del Comune di Napoli ad Acqua Bene Comune. Di conseguenza, tali atti sarebbero stati lesivi dell’interesse, attuale e concreto, di Acquedotti, in qualità di concessionaria del servizio di distribuzione di acqua potabile e fognatura in numerosi Comuni della Provincia di Napoli, a partecipare alle procedure ad evidenza pubblica volte ad individuare il gestore unico del Servio idrico integrato che l’Ente di Governo d’Ambito (come indicato dalla Regione Campania), nell’esercizio delle scelte che gli erano riservate in via esclusiva, avesse eventualmente inteso attivare e, quindi, del suo interesse ad ottenere affidamenti del servizio nei Comuni del distretto di ambito. In tesi, le delibere impugnate avrebbero di fatto sottratto all’Ente competente le scelte sulla futura gestione, necessariamente unica, del Servizio Idrico Integrato e ad Acquedotti la possibilità di diventare affidataria di detto Servizio. Inoltre, la ricorrente censurava la scelta del Comune di affidare la gestione del servizio ad ABC, in assenza dei requisiti richiesti dalla normativa comunitaria per l’affidamento diretto.

Il T.A.R. Napoli, con la sentenza n. 699 del 2017, dichiarava il ricorso di primo grado in parte inammissibile, in parte infondato nel merito, disponendo la compensazione delle spese di giudizio, vista la complessità e peculiarità delle questioni dedotte.

Avverso tale pronunzia proponeva appello Acquedotti, domandandone l’annullamento e la riforma in quanto asseritamente inficiata da gravi e plurimi errori in procedendo e in iudicando, e in particolare per i seguenti motivi:

-erroneità del Capo 3 della sentenza gravata, in merito alla presunta carenza di interesse di Acquedotti in relazione all’ipotesi di estensione dell’affidamento del servizio idrico integrato ad ABC di altri Comuni, mediante adesione degli stessi all’Azienda Speciale;
illogicità e insufficienza della motivazione;

-erroneità del Capo 4 sella sentenza gravata, in merito alla presunta irricevibilità del ricorso per tardività, in relazione all’impugnazione della determinazione di affidamento in house della gestione del servizio idrico integrato in favore di ABC;
illogicità e insufficienza della motivazione;
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;

-erroneità del Capo 5 della sentenza impugnata, relativamente alla ritenuta legittimità dell’avvenuta formalizzazione dell’affidamento ad ABC da parte del Comune di Napoli;
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;

-erroneità del Capo 6 della sentenza impugnata, in relazione alla ritenuta sussistenza delle condizioni di affidamento prevista dalla delibera dell’ATO 2 n. 5/2010, nonché dei presupposti per l’affidamento in house del Servizio idrico integrato in capo ad ABC;
illogicità e insufficienza della motivazione;
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto

Si costituiva in giudizio il Comune di Napoli con deposito di memorie, domandando dichiararsi l’appello improcedibile e inammissibile;
in subordine, il Comune domandava respingersi l’appello nel merito, in quanto infondato in fatto e in diritto.

Si costituiva in giudizio anche Acqua Bene Comune, anch’essa per resistere all’appello proposto, deducendone l’improcedibilità, l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza.

All’udienza del 5 dicembre 2017, previo scambio tra le parti di memorie ai sensi dell’art. 73 Cod. Proc. Amm., la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.1.L’appellante censura la sentenza impugnata, articolando nei confronti della pronunzia impugnata plurime doglianze.

I motivi di appello si prestano ad una trattazione unitaria e congiunta.

Acquedotti appella la sentenza di primo grado, adducendo l’ammissibilità del ricorso: secondo la prospettazione dell’appellante essa sarebbe, infatti, titolare di un interesse diretto e attuale, leso in via immediata dalle delibere impugnate.

Di conseguenza, il T.A.R. avrebbe errato nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse della ricorrente, ritenendo non configurabile alcuna lesione diretta ed immediata di un suo interesse. A fondamento di tale assunto, il giudice di prime cure ha posto la circostanza in base alla quale l’estensione della Convenzione al territorio di altri Comuni (ricadenti nell’Area metropolitana di Napoli) dell’affidamento diretto della gestione del S.I.I. ad Acqua Bene Comune non opera automaticamente ma in via meramente eventuale, in quanto subordinata al previo accordo con gli altri Comuni ricompresi nell’Ambito territoriale ottimale.

Al contrario, parte appellante adduce che, proprio avvalendosi di tale facoltà di adesione, le Amministrazioni comunali interessate potrebbero spostare nel tempo, fino alla scadenza del rapporto trentennale di concessione con ABC, l’affidamento del Servizio Idrico Integrato da parte dell’Ente di Governo d’Ambito: così eludendo il principio di unicità delle gestioni per ciascun Ambito territoriale ottimale, cui è preordinato l’affidamento al gestore unico, alla scadenza, di una o più gestioni, di competenza esclusiva dell’Ente Idrico Campano (come stabilito dalla legge regionale 15 del 2015).

Ove poi si ritenesse che difetti un interesse attuale all’impugnazione di dette delibere comunali in capo alla società appellante, identico ragionamento dovrebbe applicarsi pure in relazione all’impugnazione della determinazioni di affidamento in house della gestione del Servizio idrico integrato ad ABC.

Con riguardo a tali determinazioni di affidamento in house , l’appellante si duole che il Tribunale amministrativo abbia, invece, ritenuto l’irricevibilità del ricorso proposto da Acquedotti per tardività: secondo il ragionamento del giudice di prime cure, infatti, tale affidamento opera in ragione delle Delibere 5/2010 del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito in cui è ricompreso il Comune di Napoli, che ha affidato il servizio all’ARIN, nonché della delibera di Giunta Comunale n.856/2014 con cui è stata confermato l’affidamento della gestione del ciclo integrato delle acque del Comune di Napoli ad ABC. Tali provvedimenti, pur pubblicati nell’albo pretorio per quindici giorni a decorrere dal 19 dicembre 2014, non sono stati tempestivamente impugnati nel termine decadenziale.

In relazione alla doglianza relativa all’ affidamento in house della gestione del Servizio idrico integrato ad ABC, l’appellante Acquedotti deduce, al contrario, che il ricorso non è irricevibile, avendo le delibere 5 del 2010 e 856 di 2014, richiamate nella sentenza impugnata, natura di meri atti endoprocedimentali, integranti mera proposta e non già atto conclusivo del procedimento (in quanto adottati dal Consiglio d’Amministrazione d’Ambito, privo di qualsivoglia competenza in materia, riservata in via esclusiva e per statuto alle determinazioni dell’Assemblea). A ciò si aggiunga che l’affidamento ad ABC previsto da tali delibere non si è mai perfezionato, avendo al più la delibera 5 del 2010 soltanto preventivato l’eventuale futuro affidamento ad ARIN e rinviando ad un momento successivo la verifica della sussistenza di talune condizioni, di fatto mai venute ad esistenza.

Quanto poi alla Delibera di Giunta Comunale 856 del 2014, con essa l’Amministrazione Comunale si limitava a confermare l’affidamento ad ABC dell’impianto di sollevamento di San Giovanni, segmento del Servizio Idrico Integrato attualmente non svolto da Acquedotti.

In conclusione, tali provvedimenti non arrecavano all’appellante alcuna lesione diretta e immediata, non determinando l’adozione delle stesse la nascita in capo ad essa di un interesse attuale e concreto a ricorrere. Secondo tale tesi, l’interesse ad impugnare sarebbe, infatti, emerso solo a seguito delle delibere 5 e 6 del marzo 2015 (recanti l’approvazione dello Statuto e della Convenzione).

Tali ultime delibere, deduce parte appellante, oltre ad essere lesive di un interesse attuale e concreto dell’appellante (quello di partecipare alle procedure concorsuali eventualmente indette dall’Ente di Governo dell’Ambito e ad ottenere l’affidamento della gestione del Servizio Idrico Integrato), sono altresì nulle per difetto di attribuzione: con la loro adozione il Comune ha esondato i limiti delle sue competenze ed attribuzioni, sconfinando in poteri riservati all’Ente d’ambito (ora all’EIC-Ente Idrico Campano) al quale unicamente compete l’individuazione del gestore del servizio idrico

Nel respingere tali doglianze, il Collegio di prime cure avrebbe, invece, erroneamente ravvisato l’infondatezza del ricorso nel merito, ritenendo, con decisione non condivisibile e meritevole di riforma secondo l’appellante, che non vi sia alcun difetto di attribuzione dei Comuni né alcuna nullità delle delibere in questione, in violazione dell’art. 21 septies della Legge 241 del 1990.

In relazione a tale ultimo profilo, i Comuni, ad avviso del T.A.R., hanno esercitato, in una fase meramente transitoria, una potestà loro attribuita dalla legge e, nello specifico, dal D.Lgs. 152 del 2006: tale disciplina normativa prevede che i poteri di regolamentazione, vigilanza e controllo spettino agli Enti Locali, anche successivamente all’istituzione degli ambiti territoriali ottimali (ATO), poi divenuti EIATO, ai quali spettava l’individuazione del gestore del servizio e da ultimo sostituiti, a seguito della L. Regionale Campania del 2015, dall’EIC (Ente Idrico Campano).

Pertanto, in una situazione di stallo, in cui nessuno degli organi preposti che si sono succeduti (AATO, Commissario straordinario, Eiato, EIC) ha provveduto ad individuare il gestore del servizio del ciclo integrato delle acque nell'Ambito territoriale ottimale di riferimento, bene avrebbe fatto il Comune- si legge nella sentenza impugnata- ad approvare Statuto e Convenzione di ABC (succeduta ad Arin s.p.a., in virtù della rammentata delibera di trasformazione ) alla quale già era affidata la gestione del Servizio idrico integrato in forza delle delibere del 2010 e del 2014: atti questi ultimi presupposti e fondanti l’affidamento del Servizio ad ABC, peraltro non tempestivamente impugnati dalla ricorrente. Una diversa opzione avrebbe comportato, infatti, l’interruzione dell’erogazione di un servizio pubblico essenziale.

Inoltre, secondo la prospettazione di Acquedotti, il Comune, nell’inerzia dell’Ente d’ambito, avrebbe potuto soltanto continuare la gestione del servizio: ciò in quanto ABC non ha mai gestito il Servizio Idrico Integrato, nemmeno nell’ambito territoriale del Comune di Napoli, mentre ARIN ha avuto in affidamento soltanto la gestione del servizio di distribuzione dell’acqua potabile e di riscossione della tariffa.

Inconferente sarebbe, dunque, il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, alla pronuncia di questo Consiglio (Cons. Stato, V, 27 gennaio 2010, n. 299): con tale decisione è stata riconosciuta la facoltà dei Comuni, nelle more del subentro dell’Ente d’Ambito nella gestione del S.I.I., di affidare specifici segmenti di tale servizio, di cui già assicuravano l’esercizio e la realizzazione di indispensabili interventi di manutenzione straordinaria, urgenti e funzionali all’esercizio delle gestioni preesistenti,

Pertanto, i Comuni, come riconosciuto dal precedente da ultimo citato, avevano sì facoltà di proseguire nelle gestioni in atto, ma soltanto limitatamente alle attività già svolte dai singoli Comuni;
dunque, non già, come in concreto avvenuto, di procedere all’affidamento della gestione dell’intero servizio idrico integrato ad un unico gestore. Ed invero, essendo la pregressa gestione di ARIN e ABC circoscritta ad una frazione del medesimo servizio, Il Comune di Napoli avrebbe potuto provvedere soltanto alla conferma dell’affidamento ad ABC del servizio di distribuzione dell’acqua potabile e di riscossione della relativa tariffa, unici segmenti di attività esercitati da ARIN prima e da ABC poi;
sicché il Comune, con i provvedimenti impugnati, avrebbe effettivamente travalicato la sfera delle proprie competenze, invadendo quelle riservate all’Ente d’Ambito in materia di organizzazione del servizio idrico integrato, individuazione del soggetto gestore e relativo affidamento al gestore unico dell’ATO. In tal modo, non si è inteso, come consentito dalla disciplina normativa, proseguire in una gestione preesistente dei servizi già espletati, limitata a frazioni e segmenti specifici di attività, fino al subentro del gestore unico individuato dall’Ente Idrico Campano, al fine di assicurare il contenimento dei costi ed evitare la dispersione di capitale umano e di conoscenze, ma è stato posto in essere un affidamento ex novo dell’intera gestione ad Acqua Bene Comune, con pregiudizio per gli altri soggetti che, al pari dell’affidataria, già gestivano porzioni del servizio idrico integrato.

Il Tribunale ha, altresì, affermato, in modo non corretto ad avviso dell’appellante, che sussistono nella fattispecie i presupposti per l’affidamento diretto del servizio ad ABC: ciò in quanto l’affidataria è ente strumentale sottoposto al controllo analogo dell’Ente locale che realizza la parte più importante della sua attività a favore dell’Ente controllante (criterio della prevalenza).

L’appellante censura la sentenza impugnata anche in relazione a tale profilo, deducendone l’erroneità nel capo in cui ha ritenuto sussistenti i presupposti previsti a livello comunitario e riconosciuti a livello nazionale per l’affidamento in house di un servizio pubblico locale.

Contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, non sarebbero invece soddisfatti i requisiti richiesti dalla normativa comunitaria a tal fine. In particolare, non potrebbe dirsi integrato il requisito della partecipazione totalitaria dell’Ente affidante: ABC è, infatti, un azienda totalmente partecipata dal solo Comune di Napoli, e come tale non ha i requisiti occorrenti per ottenere l’affidamento in house per l’intero comprensorio della Città metropolitana. Non potrebbe, dunque, ritenersi sussistente la perfetta identità tra Ente controllante e soggetto gestore, requisito necessario per procedere all’affidamento in house; sicché illegittimo si paleserebbe l’affidamento del servizio ad ABC da parte del Comune di Napoli, che ha avocato arbitrariamente a sé l’organizzazione e la gestione del servizio, per di più frazionandolo;
e non ha esercitato tale facoltà neppure con modalità meramente circoscritte al proprio ambito territoriale, vista la possibile estensione, in un secondo momento, anche ad ambiti territoriali di altri Comuni. In tesi, anche l’eventuale affidamento in house dovrebbe essere riservato all’Ente di Governo d’Ambito, ovvero attualmente all’EIC, che dovrà esercitare un controllo analogo sulla società o su una propria azienda speciale, appositamente costituita tra tutti i Comuni appartenenti al medesimo Ambito Territoriale.

1.2. Le censure formulate dall’appellante, ad avviso del Collegio, non colgono nel segno e vanno respinte, in parte perché inammissibili, in parte perché infondate nei termini di seguito indicati.

Ed invero, l’opzione ermeneutica accolta dalla sentenza impugnata appare integralmente condivisibile, così come il percorso logico ivi seguito.

In primo luogo, il Collegio rileva come non vi sia qui alcuna lesione diretta o pregiudizio per l’interesse di parte appellante, prodotta dagli atti impugnati nella parte in cui prevedono la possibile estensione dell’affidamento di cui alla Convenzione stipulata con ABC ad altri Comuni, così asseritamente pregiudicando le chance della Società consortile di potere conseguire i relativi affidamenti: ciò in quanto, come bene argomentato nella sentenza appellata, l’estensione ad altri Comuni dell’area metropolitana di Napoli è meramente eventuale, condizionata alla rinuncia dei medesimi al ricorso ad esternalizzazioni e subordinata ad un accordo;
sicché va escluso ogni automatismo a riguardo. A ciò si aggiunga che l’ambito distrettuale concernente il Comune di Napoli e ABC non include Comuni serviti da Acquedotti (come emerge dall’allegato C allo Statuto dell’EIC, in atti della produzione del Comune);
sicché l’interesse dell’appellante, oltre a non essere dotato del crisma dell’attualità e concretezza, non è neppure diretto.

In sintesi, l’annullamento degli atti impugnati in relazione a tale profilo non determinerebbe alcun vantaggio con riferimento all’interesse sostanziale fatto valere dall’appellante.

Quanto all’affidamento in house del servizio si osserva che esso è avvenuto in forza di delibere non tempestivamente impugnate e quindi divenute inoppugnabili. Non si tratta, infatti, come dedotto dall’appellante di meri atti endoprocedimentali, aventi mera natura di proposta e come tali inidonei a determinare una lesione attuale all’interesse di Acquedotti. Ed invero la deliberazione di Giunta Comunale n. 856 del 2014 di affidamento della gestione del ciclo integrato della acque del Comune di Napoli ad ABC e di programmazione del passaggio graduale degli impianti di sollevamento in favore di quest’ultima era fondata sulla deliberazione n. 5 del 2010 del Consiglio di amministrazione del disciolto ATO 2, con la quale si era inteso procedere all’affidamento del servizio idrico integrato dell’ATO, individuando due diverse società di gestione di cui ARIN s.p.a. quale affidataria del servizio nel territorio di Napoli. Né vale eccepire, come fa la difesa di Acquedotti, il vizio di incompetenza che inficerebbe tale ultimo provvedimento in quanto adottato dal Consiglio di Amministrazione e non già dall’Assemblea, vista la non tempestiva impugnazione di tali provvedimenti.

Non sussiste neppure l’addotto difetto di attribuzione: il Comune ha operato, infatti, nell’ambito di compiti che gli sono riservati e alla stregua delle previsioni di legge che prescrivono la continuazione delle precedenti gestioni fin quanto l’Ente d’Ambito territoriale (oggi l’Ente Idrico Campano) non provvederà ad individuare il gestore unico del Servizio. Come bene dedotto dal giudice di prime cure, non può ritenersi sussistente l’addotta nullità della delibera consiliare di approvazione della Convenzione, per difetto assoluto di attribuzione, poiché il Comune di Napoli, all’atto della deliberazione n. 856/2014, non aveva esercitato una potestà di altra Autorità (ovvero, della Regione Campania).

In relazione alla censura di nullità delle delibere impugnate per difetto di attribuzione del Comune, il Collegio rileva come colga nel segno pure l’eccezione, formulata dalla difesa del Comune appellato, di difetto di legittimazione attiva del Consorzio appellante, titolare non già di una posizione differenziata e qualificata, fondante la legittimazione al ricorso, bensì di una mera aspettativa a partecipare alle procedure di evidenza pubblica per la scelta del Gestore Unico. Ed invero, l’unico a potersi eventualmente dolere della nullità di siffatte delibere era l’EIATO (Ente Idrico Ambito Territoriale Ottimale), istituito, ai sensi dell’art. 148 del Testo Unico Ambiente, con deliberazione di Giunta Regionale 812 del 2014, spettando a tale organo (prima della legge regionale n.15 del 2015, istitutiva dell’Ente Idrico Campano) la scelta in ordine al Gestore Unico del S.I.I. nel nuovo Ambito Territoriale Ottimale.

Ad ogni modo, tali provvedimenti sono stati adottati dal Comune, nell’esercizio di facoltà tuttora riconosciute a quest’ultimo dal legislatore (in base all’art. 142 e 148 del D.Lgs. n. 152 del 2006, norme puntualmente richiamate dalla sentenza impugnata, che attribuiscono all’Ente locale le competenze in materia di regolazione, controllo e vigilanza del Servizio Idrico Integrato, pure dopo l’abrogazione degli A.T.O.);
si aggiunga anche e soprattutto per consentire la prosecuzione di un servizio pubblico essenziale per la collettività, vista la totale inerzia di tutti gli enti che si sono nel tempo avvicendati, che non hanno individuato né l’estensione dell’ambito territoriale né il Gestore Unico del servizio. Si consideri pure che l’affidamento del servizio ad ABC era pregresso, in quanto il Comune gestiva in economia il servizio del ciclo delle acque mediante detta Azienda Speciale, nata dalla trasformazione da ARIN s.p.a. e avente natura di ente strumentale. Il rapporto tra il Comune e ABC era già regolato da un contratto di servizio. Con la delibera impugnata, il Comune ha inteso proseguire tale gestione in economia, prevedendo il trasferimento a detto ente strumentale, su cui esercita stringenti ed incisive forme di controllo, sia della rete fognaria sia dell’impianto del Consorzio san Giovanni.

La delibera impugnata non ha, dunque, comportato l’affidamento a terzi del servizio idrico integrato, ma ha solamente provveduto a razionalizzare una gestione già esistente nell’ambito del territorio comunale utilizzando medesime risorse e impianti, al fine da un lato di garantire la continuità del servizio di gestione idrica, avente natura primaria ed essenziale, dall’altro di perseguire esigenze di semplificazione e certezza in ordine ai soggetti responsabili di quel servizio. E ciò ha fatto, come già evidenziato, ponendo rimedio all’inerzia degli enti preposti che non avevano mai fatto seguire ai propri atti (in particolare alla delibera n. 5 del 2010 del Consiglio di Amministrazione dell’ATO Napoli- Volturno di affidamento ad ARIN s.p.a., poi trasformata in ABC, del servizio idrico) la stipula di una convenzione.

Del resto, come già rilevato nel precedente di questo Consiglio richiamato dalle parti (Consiglio di Stato, V, 27 gennaio 2010) “non potendo l’Ente d’Ambito svolgere il servizio direttamente ma dovendo ricorrere all’individuazione di un gestore nei modi e nelle forme di legge, ove alla costituzione dell’Ente d’Ambito corrispondesse la immediata cessazione delle gestioni esistenti vi sarebbe un periodo in cui il servizio non sarebbe svolto. Coerentemente con tale esigenza, il sopracitato art. 12, comma 2, della legge regionale Campania n. 14 del 1997 precisa che solo con la sottoscrizione, da parte del soggetto gestore, della convenzione per la gestione del servizio idrico integrato, cessano, in attuazione dell’art. 10 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, le gestioni esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge” .

Ed allora, non pare revocabile in dubbio che il Tribunale amministrativo si sia limitato a prendere atto della circostanza per cui, alla data di emanazione delle delibere 5 e 6 del 9 marzo 2015, l’Ente di Governo d’Ambito Territoriale già istituito non aveva proceduto ad alcun affidamento del Servizio idrico integrato nell’ambito amministrato né alla stipula di alcuna Convenzione.

Pertanto, in tale contesto, l’Ente locale ha legittimamente esercitato potestà che gli erano riconosciute dalla disciplina di settore, che consentiva, in una fase transitoria, la prosecuzione della precedente gestione da parte del precedente affidatario, al fine di garantire l’efficienza e l’economicità delle relative attività nel territorio di riferimento. La circostanza che detta gestione sia stata poi estesa all’intero Servizio Idrico Integrato non appare confliggere con le disposizioni normative richiamate dall’appellante, poiché tale potestà è stata comunque esercitata dal Comune nel rispetto del limite della transitorietà, potendosi dispiegare esclusivamente fino al subentro del Gestore Unico, la cui individuazione è rimessa all’Ente di Governo d’Ambito (attualmente all’Ente Idrico Campano);
quest’ultimo ben potrà intraprendere le procedure di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio in questione anche per l’ambito oggetto della Convenzione di concessione di cui alla delibera impugnata, non essendogli in alcun modo precluso l’esercizio in concreto di tale potere.

La transitorietà di detta situazione, peraltro, non è affatto contestata, bensì è avallata dalla Convenzione, come emerge dalla previsione sulla durata dell’affidamento (pari a trenta anni) e alla clausola ivi contenuta “fatte salve risoluzioni anticipate e sopravvenienze normative” ;
sicché quando l’Ente Idrico Campano provvederà ad indire la procedura per l’individuazione del gestore unico - potestà della quale non è stato in alcun modo esautorato per effetto dei provvedimenti impugnati- nulla impedirà ad Acquedotti di parteciparvi.

Né appare condivisibile l’assunto di parte appellante lì dove sostiene che ABC avrebbe potuto proseguire nella sola gestione del servizio di distribuzione dell’acqua potabile, trattandosi di unico segmento dell’attività oggetto della pregressa gestione;
e censura l’operato del Comune che avrebbe portato all’affidamento dell’intero servizio idrico integrato. Ed invero, come bene rilevato dal giudice di prime cure la società ABC svolge la sua gestione del ciclo integrato delle acque nel Comune di Napoli, in forza delle rammentate delibere n. 5/10 del Consiglio d’Amministrazione dell’Ente d’Ambito e 856 del 2014 della Giunta Comunale, peraltro non tempestivamente impugnate dall’odierna appellante.

Tale interpretazione appare poi confermata da precedenti decisioni del giudice amministrativo (si vedano in particolare sentenze Consiglio di Stato, V, 27 gennaio 2010, n. 299 e Tar Campania Napoli , I, 4844 del 24 ottobre 2016). In particolare, nella rammentata decisione di questo Consiglio si statuisce che “fino all’effettivo subentro del nuovo gestore unico del servizio idrico integrato, individuato dall’ente d’ambito, i singoli Comuni continuano legittimamente ad espletare il servizio attraverso le forme di gestione preesistenti e possono appaltare all’esterno servizi già svolti da ditte esterne nonché appaltare lavori di straordinaria manutenzione di cui le reti idrica e fognaria urgentemente necessitano” . Dunque, fino a quando l’Ente di Governo d’Ambito non abbia individuato il soggetto gestore del servizio idrico integrato, gli Enti locali non possono esimersi dallo svolgere direttamente le funzioni di cui all’art. 142, comma 3, del D.Lgs. 152 del 2006 “di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all’utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo”.

In conclusione, legittimamente il Comune di Napoli continua a gestire il Servizio Idrico Integrato del proprio territorio nelle more dell’individuazione di un gestore unico da parte dell’Ente di Governo dell’Ambito.

In relazione, poi, all’addotta insussistenza dei presupposti per l’affidamento diretto della gestione ad ABC- profilo oggetto del quarto motivo di appello- anche tale doglianza, ad avviso del Collegio, è infondata. ABC è, infatti, un ente strumentale, sul quale il Comune di Napoli esercita stringenti e incisive forme di controllo. Non può al riguardo assumere rilevanza alcuna, al fine di escludere la legittimità di detto affidamento diretto, la circostanza che i Comuni eventualmente aderenti alla Convenzione non esercitino un controllo analogo su ABC, trattandosi di ipotesi allo stato meramente ipotetica e subordinata ad un accordo con tali Enti;
sicché il requisito condizionante la possibilità di affidamento diretto deve sussistere unicamente per l’Ente che attualmente e concretamente a detto affidamento provveda.

Ne consegue che l’appello deve essere respinto, in quanto le doglianze formulate da Acquedotti sono in parte inammissibili, in parte infondate.

Restano assorbiti i restanti motivi, comunque inidonei a fondare una pronunzia di tipo diverso.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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