Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-03-07, n. 201301405

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-03-07, n. 201301405
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201301405
Data del deposito : 7 marzo 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01939/2012 REG.RIC.

N. 01405/2013REG.PROV.COLL.

N. 01939/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1939 del 2012, proposto da:
S C, C B, S F, F V, rappresentati e difesi dall'avv. D S, con domicilio eletto presso Sebastiano Verga in Roma, via Palestro N. 78;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Entrate, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati;

per l'ottemperanza

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 00260/2006, resa tra le parti, concernente rideterminazione dell’ inquadramento economico.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell’ Agenzia delle Entrate;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 del codice del processo amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2013 il Consigliere Fabio Taormina e rilevata l’assenza delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso ritualmente depositato i suindicati ricorrenti hanno chiesto la piena ottemperanza al giudicato formatosi attraverso la sentenza di questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 260/2006 (resa sui ricorsi n. 1731/1999, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero delle Finanze, e n. 8069/1999 proposto, tra gli altri, dagli odierni ricorrenti in ottemperanza ).

La complessa vicenda sottesa alla odierna impugnazione può essere così ricostruita:

I signori

IEPPARIELLO

Alfredo ed altri - già in servizio presso l'Ente Ferrovie dello Stato ed inquadrati, con provvedimenti emessi nel corso degli anni 1990-1991-1992, nei profili professionali di addetto ai servizi ausiliari di anticamera o di addetto alle lavorazioni, III qualifica, in esito alla procedura di mobilità disciplinata dal D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325 - avevano impugnato dinanzi al T.A.R. del Lazio, con ricorso rubricato al n. 11397/1993, i decreti di inserimento nei ruoli centrali e periferici dell'Amministrazione delle Finanze adottati nel corso del 1993.

Essi avevano sostenuto di avere maturato - nelle more del perfezionamento del procedimento di trasferimento ed in virtù del contratto nazionale del personale dell'Ente Ferrovie dello Stato - il titolo per l'inquadramento nella quarta qualifica funzionale e che di ciò non avevano tenuto conto i decreti impugnati.

Era stato altresì dedotto l'omesso raffronto comparativo fra i contenuti di professionalità della qualifica rivestita presso l'ente di provenienza e quelli ascritti alla qualifica riconosciuta nell'ordinamento dell'Amministrazione delle finanze ed avevano censurato, infine, l'omessa valutazione dell'anzianità di servizio maturata ai fini della determinazione della retribuzione individuale di anzianità ex art. 9 D.P.R. n. 44/1999, oltrechè ai fini giuridici.

Il Tar adito, con la sentenza n. 1178 del 16 luglio 1998 aveva accolto il ricorso nella sola parte concernente il mancato riconoscimento ai fini giudici dell'anzianità di servizio maturata nell'ente di provenienza ed aveva in parte respinto ed in parte dichiarato inammissibile l'impugnativa sotto i restanti profili.

Avverso la detta decisione di primo grado era insorta sia l’Amministrazione (chiedendone l'annullamento parziale laddove essa aveva riconosciuto agli originari ricorrenti la sola anzianità nella qualifica posseduta all'atto del trasferimento) che gli odierni ricorrenti in ottemperanza che, a propria volta, avevano gravato i capi della decisione di primo grado che avevano respinto le ulteriori pretese articolate.

Con la ottemperanda decisione di questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 260/2006, le dette impugnative sono state riunite ed è stata, innanzitutto, disattesa quella proposta dall’Amministrazione.

Ad avviso della Sezione, infatti, la disposizione dell'art. 5, secondo comma, D.P.C.M. 5 agosto 1988 n. 325 - secondo cui il dipendente trasferito è collocato nei ruoli dell'Amministrazione ricevente nell'ordine spettantegli in base all'anzianità di qualifica – deponeva nel senso della conservazione dell'anzianità maturata nell'ente di provenienza (siccome esattamente colto dal primo giudice).

Quanto alla impugnazione proposta dagli originarii ricorrenti di primo grado, la Sezione ha disatteso l’eccezione di inammissibilità per tardività prospettata dalla difesa erariale dell’Amministrazione e ne ha scrutinato il merito, respingendo le doglianze avversanti la ritenuta -dal primo giudice- inammissibilità dell'impugnativa nella parte relativa ai contestati decreti, emessi nell'anno 1993.

Tali decreti infatti, ad avviso della Sezione, presentavano portata attuativa e meramente conseguenziale, rispetto ai provvedimenti adottati dal Ministero delle Finanze nel corso degli anni 1990-1991-1992, con i quali era stato disposto l'inquadramento degli interessati nella III qualifica funzionale, profilo professionale di addetto ai servizi ausiliari di anticamera o alle lavorazioni, ed era stato stabilito il trattamento di attività, con contestuale assegnazione della sede di servizio, a conclusione della procedura di mobilità disciplinata dal D.P.C.M. n. 325/88.

I decreti impugnati in prime cure erano infatti meramente intesi alla definizione della posizione dei dipendenti nel ruolo di assegnazione ed alla definitiva conferma della sede di servizio, ferma restando la già stabilita posizione di inquadramento sancita dai provvedimenti del 1990-1991-1992(questi non tempestivamente impugnati): per altro verso, trattandosi di provvedimenti autoritativi era preclusa una azione di natura meramente accertativa.

In ogni caso, la Sezione ha rilevato la infondatezza nel merito delle censure avversanti i detti decreti.

La Sezione ha invece accolto le censure con le quali ci si doleva della mancata applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 9 del D.P.R. n. 44/1990 sulla determinazione della retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.) affermando che militavano in favore dell’accoglimento della censura da un lato, la rilevata "continuità" di servizio, con conseguente maturazione del requisito di legge (quinquennio al 31.12.1993, ex art. 7, primo comma, L. 14.11.1992, n. 438) in ragione della conservazione dell'anzianità pregressa.

Sotto altro profilo, argomenti favorevoli all’accoglimento della doglianza si rinvenivano nel rilievo della inconfigurabilità di una preclusione discendente, ex se, dalla conservazione del maturato economico relativo al settore di provenienza (ex art. 5, secondo comma, D.P.C.M. n. 325/1988) a titolo di assegno ad personam , operando, tale beneficio, solo "ove più favorevole" e, quindi, presupponendo, ai fini del raffronto, la considerazione del complessivo "trattamento economico" spettante al dipendente trasferito, ivi inclusa la retribuzione individuale di anzianità.

Gli odierni ricorrenti in ottemperanza, con il ricorso che viene alla decisione del Collegio, hanno ripercorso le principali tappe del contenzioso intercorso con l’Amministrazione culminato nella decisione di questa Quarta Sezione del Consiglio di Stato n. 260/2006 ed hanno fatto presente che l’Amministrazione inizialmente aveva provveduto sulle istanze volte ad ottenere la conformazione al giudicato, procedendo al pagamento della maggiorazione riconosciuta nella detta sentenza.

Senonchè, successivamente, con provvedimenti del 2009, l‘ Agenzia aveva proceduto al recupero delle dette somme sostanzialmente procedendo al riassorbimento della maggiorazione sull’assegno ad personam da essi goduto a seguito del passaggio dalle FFSS al Ministero delle Finanze.

Detti provvedimenti di recupero, momentaneamente sospesi a seguito delle rimostranze degli odierni ricorrenti, erano stati riattivati nel 2011.

Ciò era stato disposto giovandosi di un inciso contenuto nella ottemperanza decisione, ove (pag. 9) era dato rinvenire l’affermazione per cui “Orientano per l'accoglimento della pretesa degli appellanti, da un lato, la rilevata "continuità" di servizio, con conseguente maturazione del requisito di legge (quinquennio al 31.12.1993, ex art. 7, primo comma, L. 14.11.1992, n. 438) in ragione della conservazione dell'anzianità pregressa;
dall'altro, il rilievo della inconfigurabilità di una preclusione discendente, ex se, dalla conservazione del maturato economico relativo al settore di provenienza (ex art. 5, secondo comma, D.P.C.M. n. 325/1988) a titolo di assegno ad personam , operando, tale beneficio, solo "ove più favorevole" e, quindi, presupponendo, ai fini del raffronto, la considerazione del complessivo "trattamento economico" spettante al dipendente trasferito, ivi inclusa la retribuzione individuale di anzianità.”

Tale ultima frase contenuta nel periodo della motivazione della decisione n. 260/2006, invece, non poteva autorizzare una simile interpretazione: la maggiorazione della Ria doveva essere corrisposta prescindendo dalla comparazione delle due retribuzioni.

Ove una tale eccezione/interpretazione fosse stata proposta nel giudizio cognitorio, avrebbe comportato, laddove accolta, la improcedibilità dell’appello proposto dagli originarii ricorrenti.

Il giudicato copriva dedotto e deducibile e la sentenza ottemperanda non aveva mai affermato che la maggiorazione della Ria fosse riassorbibile (infatti la sentenza parlava di RIA e non di “maggiorazione della RIA”).

L’attività spiegata dall’amministrazione intimata si risolveva in una manipolazione del contenuto della sentenza e, in sostanza, concretava una palese violazione/elusione del giudicato formatosi.

L’intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze si è costituito chiedendo la propria estromissione dal processo per difetto di legittimazione passiva.

L’Agenzia delle Entrate ha depositato una articolata memoria con la quale ha chiesto di respingere l’impugnazione perché infondata

Parte ricorrente in ottemperanza ha, con memoria di replica, aderito alla richiesta di estromissione dal presente giudizio dell’ intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’intimata Presidenza del Consiglio dei Ministri, con compensazione delle spese.

Alla odierna adunanza camerale del 22 dicembre 2013 la causa è stata posta in decisione dal Collegio

DIRITTO



1.Va preliminarmente disposta la estromissione dall’odierno giudizio – in quanto soggetti non legittimati- dell’ intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’intimata Presidenza del Consiglio dei Ministri: v’è sul punto l’accordo di tutte le parti processuali e peraltro, l’estromissione dalla causa risulta conseguente allo stato della Legislazione in materia.

Come noto, infatti, l'art. 57 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ha previsto l'istituzione delle agenzie fiscali per la gestione delle funzioni già esercitate dai vari dipartimenti e di quelle connesse svolte da altri uffici del Ministero delle finanze. Il citato articolo, al comma 1, dispone che per la gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri uffici del Ministero sono istituite l' agenzia delle entrate, l' agenzia delle dogane, l' agenzia del territorio e l' agenzia del demanio, di seguito denominate agenzie fiscali. Alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell'organizzazione interna di ciascuna agenzia. In forza della citata norma, le agenzie fiscali hanno personalità giuridica di diritto pubblico e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria e, quindi, quali autonomi soggetti di diritto, possono stare in giudizio nelle controversie instaurate successivamente alla loro costituzione a mezzo del direttore che ne ha la rappresentanza, avvalendosi, eventualmente, del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43. Quanto alle rispettive competenze, all' agenzia delle entrate sono attribuite tutte le funzioni concernenti le entrate tributarie erariali che non sono assegnate alla competenza di altre agenzie, enti od organi, con il compito di perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali sia attraverso l'assistenza ai contribuenti, sia attraverso i controlli diretti a contrastare gli inadempimenti e l'evasione fiscale. Tale regola si applica a tutte le agenzie fiscali.

2. Nel merito, il ricorso per l’ottemperanza è infondato e deve essere respinto.

2.1.Il punto essenziale della motivazione contenuta nella ottemperanda decisione - che appare utile e conducente riportare per intero sebbene già richiamato nella parte in fatto – così ha statuito: “A diverso avviso deve pervenirsi per quanto inerisce alla mancata applicazione delle disposizioni dettate dall'art. 9 del D.P.R. n. 44/1990 sulla determinazione della retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.).

Orientano per l'accoglimento della pretesa degli appellanti, da un lato, la rilevata "continuità" di servizio, con conseguente maturazione del requisito di legge (quinquennio al 31.12.1993, ex art. 7, primo comma, L. 14.11.1992, n. 438) in ragione della conservazione dell'anzianità pregressa;
dall'altro, il rilievo della inconfigurabilità di una preclusione discendente, ex se, dalla conservazione del maturato economico relativo al settore di provenienza (ex art. 5, secondo comma, D.P.C.M. n. 325/1988) a titolo di assegno ad personam , operando, tale beneficio, solo "ove più favorevole" e, quindi, presupponendo, ai fini del raffronto, la considerazione del complessivo "trattamento economico" spettante al dipendente trasferito, ivi inclusa la retribuzione individuale di anzianità.”. 2.2. Alla luce di quanto ivi affermato e posto che vi è un espresso richiamo al “maggior favore” dell’assegno ad personam, non può certo porsi – come sostenuto da parte ricorrente in ottemperanza- un vizio dell’operato dell’Amministrazione ex art. 2909 del codice civile, e quindi, una preclusione in capo all’Amministrazione ad operare nei termini censurati nel ricorso in ottemperanza posto che mai la predetta ottemperanda decisione ha affermato che il beneficio dovesse essere conservato “in ogni caso” ma, al contrario, facendo riferimento ad un doveroso raffronto tra le retribuzioni autorizza considerazioni opposte a quelle formulate nel ricorso: non può pertanto sostenersi che la questione avrebbe dovuto essere sollevata in sede di giudizio cognitorio e che l’attività dell’amministrazione intimata collida con il giudicato formatosi.

Il Collegio ben conosce la regola –che costituisce jus receptum- secondo la quale “ai sensi dell'art. 2909 c.c., il giudicato fa stato tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, nei limiti oggettivi costituiti dai suoi elementi costitutivi, ovvero "il titolo" dell'azione ed il "bene della vita" che ne forma oggetto: entro tali limiti, il giudicato copre il " dedotto ed il deducibile", cioè non soltanto le questioni di fatto e di diritto fatte valere in via di azione o di eccezione, ma anche le questioni, che pur non dedotte in giudizio, costituiscano un presupposto logico ed indefettibile della decisione stessa” (Cons. Stato Sez. V, 06-09-2012, n. 4736): essa però, nel caso di specie, non appare invocata pertinentemente.

3. Nel merito, il Collegio non intende discostarsi dal principio affermato nella decisione della Sezione n. 1266/2008 (peraltro invocata da tutte le parti processuali) laddove si è rimarcato che (pare utile riportare un breve passaggio motivazionale della richiamata decisione) “L’art. 5, comma 2, del

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