Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-06-14, n. 202305868

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-06-14, n. 202305868
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202305868
Data del deposito : 14 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2023

N. 05868/2023REG.PROV.COLL.

N. 03158/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3158 del 2021, proposto da
E-Distribuzione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati C C, G D V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G D V in Roma, via Antonio Bertoloni, 44;

contro

Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna - Cagliari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) n. 505/2020, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna - Cagliari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2023 il Cons. Maurizio Antonio Pasquale Francola e uditi per l’appellante l’avvocato Marco Petitto per delega dell’avvocato C C;

Viste le conclusioni della parte appellata come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La vicenda scaturisce da un contenzioso pluriennale tra l’appellante e l’Autorità Portuale di Cagliari (poi confluita nell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna ai sensi dell’art. 6 L. n. 84/1994) in ordine all’esatta individuazione del canone demaniale dalla prima dovuto nella qualità di concessionaria di beni demaniali marittimi e proprietaria di una serie di impianti elettrici posti nell’area del Porto di Cagliari.

Tra il 2008 ed il 2011, infatti, Enel Distribuzione S.p.A. (oggi E-DISTRIBUZIONE S.p.A.) aveva adito il T.A.R. per la Sardegna per sentire annullare le delibere con le quali la predetta Autorità aveva quantificato il canone demaniale dovuto per le molteplici concessioni rilasciate omettendo di applicare la riduzione prevista dall’art. 39 co.2 R.D. 30 marzo 1942 n. 327 (Codice della Navigazione) e dall’art. 37 co.2 D.P.R. 15 febbraio 1952 n. 328 (Regolamento per l’esecuzione del Codice della Navigazione) che avrebbe comportato una riduzione del 90per cento ed il conseguente dovere di corresponsione del canone demaniale ordinario nella misura residua del 10per cento.

Il T.A.R., con le sentenze n. 849-857 e 862 del 2012, accoglieva i ricorsi, ritenendo sussistenti i presupposti previsti per la riduzione del canone demaniale nella misura del 90per cento, in virtù delle richiamate disposizioni.

Sennonché, l’Autorità Portuale di Cagliari con successivi provvedimenti chiedeva, per le tredici concessioni rilasciate all’appellante, il pagamento del “canone minimo” determinato con la propria delibera n. 243/2004, ma non applicando la predetta riduzione.

La misura di tale “canone minimo” risultava infatti sensibilmente più alta di quella che sarebbe scaturita all’esito dell’invocata riduzione del 90 per cento.

Enel Distribuzione S.p.A., allora, domandava la rideterminazione del canone demaniale in applicazione della richiamata normativa di favore.

Ma l’Autorità Portuale di Cagliari respingeva l’istanza, poiché, pur riconoscendo il fondamento della pretesa alla riduzione del canone nella misura del 90 per cento ai sensi dell’art. 39 co. 2 cod. nav., rientrerebbe tra le sue prerogative, secondo quanto previsto dall’art. 10 del D.M. 19 luglio 1989 e dall’art. 7 co.1 L. n. 494/1993 di conversione del D.L. n. 400/1993, la facoltà di adottare, per le concessioni demaniali marittime rientranti nel proprio ambito territoriale, criteri diversi da quelli indicati dalla normativa statale, purché non implicanti canoni inferiori rispetto a quelli che deriverebbero dall’applicazione della normativa stessa. Donde, la legittima quantificazione dei canoni dovuti nella misura minima di euro 500,00 fissata per l’anno 2004 secondo i criteri stabiliti nella delibera n. 243/2004 del 10 dicembre 2004 e nella successiva ordinanza n. 97 del 22 dicembre 2004 della medesima Autorità, da aggiornare annualmente secondo quanto stabilito con decreto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti.

L’Autorità Portuale di Cagliari concludeva, quindi, precisando che il canone demaniale doveva intendersi determinato nella misura del canone base con riduzione al 10 per cento dell’art. 39 co.2 cod. nav. ma con valore minimo fissato dalla suddetta delibera. In tal modo, pur non disconoscendo l’applicabilità dell’art. 39 co.2 cod. nav., l’Autorità riteneva prevalente la disciplina introdotta con la propria delibera n. 234/2004 con cui fissava il canone annuo minimo in euro 500,00.

Enel Distribuzione S.p.A., allora, ricorreva nuovamente al T.A.R. per la Sardegna, stavolta, però, senza successo.

L’adito T.A.R., infatti, riconsiderava il proprio orientamento precedentemente espresso nelle decisioni del 2012, escludendo l’applicabilità dell’art. 39 co.2 cod. nav. e ritenendo legittima la determinazione del canone demaniale dovuto nella misura minima di cui alla delibera n. 234/2004, anziché in quella minore “ di mero riconoscimento ” pretesa dalla società concessionaria, in ragione di un nuovo indirizzo giurisprudenziale recentemente affermatosi.

Con appello notificato il 19 marzo 2021 e depositato il 2 aprile 2021 E-DISTRIBUZIONE S.p.A., già Enel Distribuzione S.p.A., impugnava la predetta decisione, domandandone la riforma per i seguenti motivi:

1) error in iudicando per violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 39 co.2 cod. nav. e dell’art. 37 reg. esec. cod. nav. e per motivazione contraddittoria e travisamento dei fatti – poiché, contrariamente a quanto erroneamente affermato nella sentenza impugnata, sussisterebbero tutte le condizioni per l’applicazione del canone nella pretesa misura ridotta del 10 per cento, non ottenendo la società appellante dall’utilizzo del bene demaniale concesso in uso un diretto vantaggio economico, né sussistendo l’assunto mutamento di indirizzo giurisprudenziale che, secondo il giudice di prime cure, giustificherebbe il rigetto del ricorso, non essendo conferenti o influenti i precedenti richiamati a riprova del nuovo orientamento ermeneutico sulla corretta applicazione dell’art. 39 co.2 cod. nav. e dell’art. 37 reg. esec. cod. nav..

2) error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 co. 1 e 3 D.L. n. 400/1993, violazione e falsa applicazione del D.M. 19 luglio 1989, dell’art. 3 co. 1 lett. d) D.L. n. 400/1993, dell’art. 2 D.M. n. 342/1998, erroneità ed insufficienza della motivazione – poiché il giudice avrebbe erroneamente non accolto la censura con la quale si lamentava l’illegittimità del provvedimento impugnato per carenza di potere dell’Autorità Portuale in ordine alla determinazione del canone demaniale dovuto per le concessioni di cui all’art. 39 co. 2 cod. nav. in misura minima superiore al canone ordinario ridotto del 90per cento.

Si costituiva l’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna, opponendosi all’accoglimento dell’appello in quanto infondato in fatto e in diritto.

L’appellante, allora, depositava una memoria difensiva.

All’udienza pubblica del 18 aprile 2023, il Consiglio di Stato, dopo avere udito i procuratori delle parti costituite presenti come da verbale, tratteneva l’appello in decisione.

DIRITTO

I. – Il primo motivo di appello.

Con il primo motivo di appello si lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui nega la sussistenza dei presupposti per l’invocata applicazione dell’art. 39 co. 2 cod. nav., poiché: a) l’appellante utilizzerebbe l’area demaniale concessa in uso per l’erogazione di un servizio pubblico essenziale, qual deve ritenersi l’erogazione dell’energia elettrica in favore della collettività e delle Autorità pubbliche;
b) secondo la società appellante non vi sarebbe alcun rapporto di derivazione diretta tra i proventi dell’attività svolta dal concessionario e l’utilizzo del bene demaniale occupato in regime di concessione, posto che i ricavi della E-DISTRIBUZIONE S.p.A. deriverebbero non dallo sfruttamento delle aree del demanio ma dal servizio di distribuzione dell’energia elettrica complessivamente considerato;
c) l’utile ritraibile dall’erogazione del servizio pubblico di fornitura di energia elettrica, infatti, dipenderebbe dalla tariffa unica nazionale obbligatoria stabilita ed aggiornata periodicamente dall’ARERA e sarebbe identica anche qualora il servizio fosse erogato senza l’utilizzo dei beni demaniali in questione. Donde, la conclusione secondo cui il provento ricavato dall’esercente l’attività di erogazione di energia elettrica scaturirebbe dal corrispettivo versato dagli utenti e non dall’utilizzazione del bene demaniale.

I.1. – La questione interpretativa del combinato disposto degli artt. 39 co. 2 cod. nav. e 37 co. 2 reg. esec. cod. nav..

Il motivo attiene alla corretta interpretazione ed applicazione della disciplina contemplata dall’art. 39 co. 2 cod. nav. e dall’art. 37 co. 2 reg. esec. cod. nav..

L’art. 39 cod. nav., dopo avere precisato al co. 1 che la misura del canone demaniale è determinata dall’atto di concessione, statuisce al co. 2 che “ Nelle concessioni a enti pubblici o privati, per fini di beneficenza o per altri fini di pubblico interesse, sono fissati canoni di mero riconoscimento del carattere demaniale dei beni ”.

A sua volta l’art. 37 co. 2 reg. esec. cod. nav. chiarisce che “ Agli effetti dell'applicazione del canone, previsto dal secondo comma dell'articolo 39 del codice, si intendono per concessioni che perseguono fini di pubblico interesse diversi dalla beneficenza quelle nelle quali il concessionario non ritrae dai beni demaniali alcun lucro o provento ”.

Quest’ultima disposizione, pertanto, esclude, per l’applicazione del canone di mero riconoscimento della natura demaniale del bene di cui all’art. 39 co. 2 cod. nav., la possibilità che il concessionario esercente sui beni demaniali attività di pubblico interesse diverse dalla beneficenza ritragga un lucro o un provento.

Nella fattispecie, l’appellante utilizza i beni demaniali in concessione per l’allocazione degli impianti occorrenti per l’erogazione dell’energia elettrica, svolgendo un’attività di pubblico interesse senz’altro riconducibile nell’ambito dei servizi pubblici.

Donde, il dubbio in ordine all’esistenza o meno di una connessione tra l’utilizzo del bene demaniale in concessione ed il lucro conseguente dall’esercizio della predetta attività che possa, rispettivamente, precludere o ammettere il beneficio previsto dall’art. 39 co. 2 cod. nav. legittimante il pagamento di un canone irrisorio o, comunque, particolarmente contenuto.

La soluzione dipende da un’interpretazione teleologica del combinato disposto delle richiamate norme.

I.2. – La rilevanza e la funzione del canone nelle concessioni demaniali marittime.

Ed invero, muovendo, anzitutto, dalla fonte primaria, l’art. 39 cod. nav. esordisce al co. 1 implicitamente affermando la regola dell’onerosità delle concessioni demaniali marittime. Statuendo, infatti, che la misura del canone è determinata nell’atto di concessione, la disposizione in esame, da un lato, consente all’Amministrazione concedente di determinare l’entità del canone dovuto e, dall’altro, presuppone la necessaria previsione di un canone a carico del concessionario, escludendo la possibilità di concessioni demaniali marittime gratuite, anche laddove il concessionario persegua soltanto ed esclusivamente finalità di interesse generale.

L’art. 39 co. 2 cod. nav., infatti, impone il pagamento di un canone anche nell’ipotesi in cui il bene demaniale sia concesso ad enti pubblici o privati per finalità di beneficenza o per altri fini di pubblico interesse, poiché considera l’onerosità un elemento qualificante imprescindibile del rapporto concessorio in ragione della sua funzione, ad un tempo, retributivo-compensativa giustificante la sottrazione del bene demaniale marittimo al possibile uso generale da parte della collettività del quale il medesimo è capace.

I beni del demanio marittimo elencati dall’art. 822 co.1 c.c., ed ossia il lido del mare, le spiagge, le rade e i porti, al pari di quelli indicati dall’art. 28 cod. nav., ed ossia le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell’anno comunicano liberamente col mare ed i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo, sono, infatti, beni pubblici puri, in quanto non rivali, né escludibili, essendo accessibili a tutti e suscettibili di godimento congiunto simultaneo da parte di più soggetti, tale che l’uso ad opera di taluno non esclude il pari utilizzo contemporaneo ad opera di altri.

E poiché la concessione in uso di siffatti beni esclude o limita l’uso generale della collettività al quale i medesimi sono naturalmente soggetti e destinati, è necessario che il concessionario corrisponda un canone in funzione tanto corrispettiva del vantaggio personale derivante dall’acquisizione di un diritto di utilizzo esclusivo del bene demaniale richiesto, quanto compensativa del pregiudizio sofferto dalla generalità dei consociati a causa della perdita o della limitazione del libero uso del bene dipendente dall’attitudine del diritto di uso esclusivo concesso di limitare o pregiudicare in tutto o in parte il diritto pubblico di uso collettivo originariamente esercitato o esercitabile e giustificatamente sacrificato in ragione delle finalità pubblicistiche, in concreto, perseguite dall’Autorità concedente con il rilascio della concessione.

La concessione di beni pubblici costituisce, infatti, un contratto attivo per l’Amministrazione, in cui il vantaggio conseguito dall’Ente concedente si coglie tanto sul piano dell’utilità pubblica soddisfatta dal peculiare utilizzo per il quale il bene è concesso in uso ad altri, quanto nell’incasso di somme di denaro a titolo di canone in funzione sia retributiva che compensativa per la sottrazione del bene al possibile uso collettivo al quale sia naturalmente destinato o potenzialmente propedeutico.

Donde, quindi, la duplice rilevanza del canone nelle concessioni di beni pubblici non soltanto quale mera controprestazione dovuta dal concessionario in ragione del vantaggio dal medesimo conseguito dall’uso del bene a lui concesso in godimento vincolato per il soddisfacimento di un certo fine di pubblico rilievo, ma anche quale rimedio compensativo del pregiudizio patito dalla collettività per la sottrazione del bene all’uso libero da parte di chiunque o al beneficio potenzialmente scaturente dalle ulteriori utilità ritraibili in ragione di un eventuale uso alternativo.

I.3. – La complessa “causa” delle concessioni demaniali marittime .

Il soddisfacimento di finalità pubblicistiche costituisce, dunque, un elemento imprescindibile della concessione di beni pubblici, al punto da costituirne scopo e ragione essenziale, deponendo chiaramente in tal senso l’art.37 cod. nav., laddove, in presenza di più richieste di concessione, rimette al discrezionale giudizio dell’Amministrazione la valutazione in ordine alla migliore rispondenza di un certo utilizzo anziché di un altro rispetto ad un più rilevante interesse pubblico, sottintendendo un complesso bilanciamento di molteplici profili di rilievo che si colgono, da un lato, con riguardo al vantaggio conseguito dalla collettività in ragione delle finalità pubbliche per il soddisfacimento delle quali il bene è concesso in uso ad altri e, dall’altro, in relazione al nocumento patito dalla medesima collettività a causa della temporanea sottrazione del bene all’uso libero e generalizzato cui è naturalmente o potrebbe essere destinato. La preminenza del primo interesse pubblico sul secondo giustifica la concessione del bene in uso vincolato ad un determinato scopo, ma non significa che il secondo interesse venga del tutto meno, rilevando proprio sul piano della determinazione del canone in qualità di uno dei molteplici parametri di riferimento da tenere in adeguata considerazione.

La complessa valutazione degli interessi pubblici coinvolti dalla decisione di concedere o meno il rilascio della chiesta concessione di beni demaniali culmina, dunque, in un giudizio comparativo di eventuale preminenza dell’interesse pubblico potenzialmente soddisfatto dal peculiare utilizzo del bene che il concessionario si sia impegnato a garantire rispetto all’interesse pubblico attuale a mantenere il libero uso del bene da parte della collettività, al punto da imporre una sintesi tra il primo in funzione propulsivo-innovativa ed il secondo in funzione oppositivo-conservativa, posto che, secondo quanto desumibile dall’art. 36 cod. nav., l’utilizzo esclusivo può essere concesso compatibilmente con le esigenze del pubblico uso.

Sennonché, il contemperamento tra l’uno e l’altro costituisce una componente determinante ma da sola non sufficiente a contraddistinguere lo scopo giustificativo della concessione, concorrendo anche le finalità individuali perseguite dal concessionario.

Più precisamente, la concessione di beni demaniali è contraddistinta da una duplice finalità di rilevanza causale: ed ossia, da un lato, il vantaggio personale ritraibile per il concessionario dall’uso esclusivo del bene e, dall’altro, il necessario soddisfacimento degli interessi pubblici perseguiti dall’Autorità amministrativa concedente all’esito della predetta complessa valutazione di bilanciamento, non essendo possibile il rilascio di una concessione unicamente preordinata a soddisfare le esigenze personali del concessionario a discapito e, quindi, senza il soddisfacimento di qualsivoglia pubblico interesse.

E poiché le predette duplici componenti causali contraddistinguono la concessione di beni demaniali su tutti gli aspetti della relazione intercorrente tra l’Autorità concedente ed il concessionario ed ossia, tanto in ordine alla struttura dell’atto, quanto in ordine allo svolgimento del rapporto concessorio, ecco la ragione per la quale il canone assolve ad una funzione, come detto, sia corrispettiva del vantaggio scaturente dal diritto di uso esclusivo del bene demaniale, sia compensativa del nocumento patito dall’interesse pubblico soddisfatto dal non più consentito o limitato originario diritto di uso collettivo del bene medesimo.

Donde, la considerazione del canone quale elemento essenziale caratterizzante la concessione di beni pubblici demaniali marittimi, al punto da dover essere previsto a carico del concessionario sempre e, quindi, anche laddove lo scopo pubblico perseguito dall’Amministrazione concedente e giustificante la sottrazione del bene all’uso generalizzato che lo contraddistinguerebbe sia rinvenibile nella beneficenza o in altre finalità di pubblico interesse che, evidentemente, condividano con la prima gli aspetti salienti, quali, in primo luogo l’assenza di profitti o proventi.

I.4. – La funzione mono-finalistica del canone di riconoscimento di cui all’art. 39 co. 2 cod. nav. .

In tal senso è particolarmente indicativa la disciplina contemplata dall’art. 39 co. 2 cod. nav. nella parte in cui prevede l’assimilazione della beneficenza con altre finalità di pubblico interesse, al punto da giustificare il pagamento di un canone in una misura tale, ossia talmente ridotta, da costituire un mero atto di riconoscimento del carattere demaniale dei beni concessi in uso.

La funzione del canone in questi casi, infatti, è mono-finalistica, poiché riflette l’unica finalità perseguita dalla concessione e coincidente con il soddisfacimento soltanto degli interessi pubblici giustificanti il diritto di uso esclusivo del bene demaniale concesso. Ed invero, nelle ipotesi di cui all’art. 39 co.2 cod. nav. il canone non assolve ad una funzione retributiva, poiché il concessionario non trae un vantaggio economico dall’utilizzo dei beni a lui concessi in uso, essendo soltanto soddisfatta la funzione compensativa, poiché la finalità pubblica perseguita con la concessione, pur realizzando per la collettività un vantaggio eguale o assai prossimo a quello originariamente ritraibile dall’uso generalizzato del quale il bene sarebbe suscettibile, determina e giustifica un utilizzo generale in tutto o in parte differente rispetto a quello originario.

Più precisamente, il canone di mero riconoscimento del carattere demaniale dei beni rinviene la sua giustificazione nella mera distrazione del bene stesso dal suo utilizzo generale originario per assicurare un utilizzo altrettanto generale ma diverso che consenta alla collettività di trarre, sul piano quali-quantitativo, un’eguale o, comunque, assimilabile, sebbene non identica, pubblica utilità.

Donde, la ragione per la quale il canone di mero riconoscimento del carattere demaniale del bene concesso in uso è di entità economica particolarmente contenuta.

Nelle concessioni di cui all’art. 39 co.2 cod. nav. ed all’art. 37 reg. esec. cod. nav., manca, dunque, la duplicità finalistica caratterizzante la composita natura della “ causa ” (o meglio degli scopi propri) delle concessioni di beni demaniali, poiché la finalità di beneficenza o di pubblico interesse nella fattispecie perseguita dall’Autorità concedente diviene assorbente, unitaria ed escludente di qualsivoglia componente utilitaristica del concessionario.

La disposizione regolamentare da ultimo citata, infatti, al co. 2 delimita l’ambito di operatività della nozione di “ pubblico interesse ” giustificante la determinazione del canone demaniale nella misura ridotta di cui all’art. 39 co. 2 cod. nav., precisando che “ Agli effetti dell'applicazione del canone, previsto dal secondo comma dell'articolo 39 del codice, si intendono per concessioni che perseguono fini di pubblico interesse diversi dalla beneficenza quelle nelle quali il concessionario non ritrae dai beni demaniali alcun lucro o provento ”.

La specificazione è opportuna per eludere i dubbi ermeneutici dipendenti dall’ampia nozione di pubblico interesse che, di per sé, non è incompatibile, per le ragioni anzidette, con la concessione “ ordinaria di cui all’art. 36 cod. nav., in ragione della composita natura causale che la contraddistingue.

I.5. – Gli interessi pubblici di cui all’art. 39 co. 2 cod. nav. e l’ambito di operatività del canone ricognitorio.

Ogni concessione, infatti, è e deve essere deputata al soddisfacimento di interessi pubblici. Donde, la rilevanza della disposta assimilazione delle finalità di pubblico interesse di cui all’art. 39 co.2 con l’altro parametro di riferimento menzionato in funzione paritetica, ossia la beneficenza, come tale, indicativa di un’attività svolta nell’esclusivo interesse altrui, ed ossia in assenza di alcun interesse egoistico del concessionario finalizzato al conseguimento di un compenso, un profitto, un introito o un utile.

L’art. 37 co. 2 reg. esec. cod. nav., non integrando, dunque, il dettato normativo dell’art. 39 co.2 cod. nav., ma limitandosi soltanto, in coerenza con la sua funzione esecutiva, a chiarirne l’ambito applicativo, nel rispetto della gerarchia delle fonti del diritto, rinviene nell’assenza di lucro l’elemento legittimante la corresponsione del ridotto canone di riconoscimento della natura demaniale del bene concesso in uso, adoperando un’espressione talmente ampia da implicare l’esclusione di qualsiasi utilità o vantaggio suscettibile di valutazione economica per il concessionario.

Può, dunque, affermarsi che l’applicazione del canone meramente ricognitorio postula che l'occupazione dell'area, implicante la sua sottrazione all'immediato uso pubblico, sia comunque funzionale alla stretta attuazione di una finalità pubblicistica, oppure all'esercizio di servizi di pubblica utilità privi di redditività o proventi (Consiglio di Stato sez. VI, 10 aprile 2014, n.1716).

I.

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