Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-12-04, n. 201305775

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-12-04, n. 201305775
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201305775
Data del deposito : 4 dicembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10115/2011 REG.RIC.

N. 05775/2013REG.PROV.COLL.

N. 10115/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10115 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’Avv. N P, con domicilio eletto in Roma presso lo Studio Legale Clarizia, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sez. I, n. 3863 dd. 4 maggio 2011, resa tra le parti e concernente la reiezione dell’istanza di autorizzazione all’incarico integrativo di “Collaboratore del sistema cartografico di riferimento” ;
nonché per il risarcimento dei danni discendenti dagli atti impugnati.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti e di Corte dei Conti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 52 del D.L.vo 30 giugno 2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il Cons. F R e uditi per l’appellante l’Avv. N P e per il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti l’Avvocato dello Stato Alessandra Bruni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. La dott. -OMISSIS-, già magistrato ordinario e T.A.R. e – quindi - della Corte dei Conti, all’epoca dei fatti di causa ricoprente la qualifica di referendario, espone di essere stata autorizzata dal Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti a svolgere l’incarico di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’ambiente e che, in tale qualità, le è stato chiesto di assumere nell’ambito del Ministero i due ulteriori incarichi di “collaboratore del sistema cartografico di riferimento” (dal 1° ottobre 2006 al 31 marzo 2007) e di “componente della Segreteria tecnica della Direzione generale della difesa del suolo” (per un triennio decorrente dal 1° aprile 2007).

Giova sin d’ora premettere che, secondo la prospettazione della medesima -OMISSIS-, a’ sensi dell’art. 9 della deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti n. 227 dd. 28 giugno 2002, recante il regolamento sugli incarichi dei magistrati contabili, la natura assodatamente integrativa di ambedue gli ulteriori incarichi sopradescritti non avrebbe reso necessaria, ai fini del loro svolgimento, la preventiva autorizzazione da parte dell’organo di autogoverno della magistratura contabile.

Sulla base di tale assunto, la ricorrente espone di aver quindi provveduto alla mera comunicazione degli incarichi medesimi al Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti.

In esito a tale sua comunicazione la -OMISSIS- ha peraltro ricevuto da parte della Segreteria del medesimo Organo di autogoverno la nota prot. n. 7702 dd. 21 dicembre 2006, con la quale si rappresentava l’insufficienza al riguardo della comunicazione.

La -OMISSIS- riferisce di essersi pertanto risolta a presentare istanza di autorizzazione per il solo incarico di “collaboratore del sistema cartografico di riferimento” .

Il Consiglio di Presidenza ha dato riscontro a tale richiesta con una comunicazione di preavviso di rigetto dell’istanza di cui trattasi a’ sensi dell’art. 10-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241, recante il rilievo della mancanza del visto del Capo dell’Ufficio in calce alla dichiarazione di regolare assolvimento degli obblighi di servizio, nonché il mancato deposito dell’apposita scheda presso la Sezione di appartenenza.

Va anche evidenziato che il Presidente della Sezione Veneto della Corte dei Conti - presso la quale la -OMISSIS- prestava servizio all’epoca dei fatti di causa - ha negato il visto predetto in data 24 gennaio 2007, spiegandone le ragioni in una sua relazione dd. 25 gennaio 2007.

Con susseguente deliberazione n. 94 dd. 5 marzo 2007 il Consiglio di Presidenza ha, poi, definitivamente respinto la domanda della -OMISSIS- per l’ “impossibilità di accertare il regolare svolgimento dei compiti istituzionali da parte dell’interessata” .

1.2. Con ricorso proposto sub R.G. 4906 del 2007 innanzi al T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, la -OMISSIS- ha pertanto chiesto l’annullamento:

a) del provvedimento del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti n. 94 del 5 marzo 2007 con la quale è stata respinta l’anzidetta sua domanda di rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento dell’incarico di “collaboratore del sistema cartografico di riferimento” dall’1 ottobre 2006 al 31 marzo 2007 presso il Ministero dell’ambiente;

b) dell’atto presupposto costituito dalla comunicazione della Segreteria dell’Organo di autogoverno Prot. n. 7702 del 21 dicembre 2006, con la quale è stata chiesta la presentazione dell’istanza di autorizzazione;

c) degli ulteriori atti presupposti costituiti dai provvedimenti con i quali il Presidente della Sezione Veneto della Corte dei Conti ha negato il visto in data 24 gennaio 2007, spiegandone le ragioni nella relazione dd. 25 gennaio 2007;

Nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado la -OMISSIS- ha diffusamente dedotto l’illegittimità di tali atti, sostenendo innanzitutto la natura palesemente integrativa degli incarichi e – quindi – l’asseritamente illegittimo rilievo attribuito dall’Organo di autogoverno al mancato visto del Presidente della Sezione Veneto, astenendosi da qualsivoglia istruttoria sulle pur documentate deduzioni difensive da lei presentate innanzi al medesimo Consiglio di Presidenza: deduzioni che – a suo dire – comprovavano il corretto svolgimento dei propri compiti, nonostante la grave carenza di personale ausiliario, nonché l’avvenuto adempimento degli oneri connessi all’istanza di autorizzazione.

La -OMISSIS- riferisce di aver anche contestualmente illustrato all’Organo di autogoverno, ma senza risultato, la propria situazione di conflittualità all’epoca esistente con il Capo dell’Ufficio di sua assegnazione, il quale accreditava con varie iniziative – tra le quali l’avvio di un’azione disciplinare – una sua immagine professionale lontanissima da quella attestata dai Presidenti dei Tribunali ordinari presso i quali lei aveva in precedenza prestato servizio.

Più in dettaglio, la -OMISSIS- ha dedotto innanzi al T.A.R. le censure qui di seguito descritte.

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della delibera del Consiglio di Presidenza 28 giugno 2002, n. 227, inerente agli incarichi dei magistrati contabili, con conseguente nullità del provvedimento di diniego per violazione dell’art. 21-septies della L. 241 del 1990.

Tale censura è stata essenzialmente incentrata sull’argomento della natura integrativa dell’incarico da autorizzare rispetto al già autorizzato incarico di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’ambiente, già in corso di svolgimento: circostanza dalla quale, sempre secondo la -OMISSIS-, discendeva la radicale inesistenza di un potere autorizzatorio da parte dell’Organo di autogoverno, nonché l’inesistenza dell’oggetto di tale potere e del relativo procedimento.

2) Eccesso di potere per sviamento, per manifesta ingiustizia, per travisamento dei fatti e per difetto di istruttoria e di motivazione.

Con un primo profilo di censura la -OMISSIS- ha innanzitutto sostenuto la preordinazione della richiesta di istanza di autorizzazione alla necessità di acquisire il visto del Capo dell’Ufficio, del quale era prevedibile il rifiuto in dipendenza della sopradescritta situazione di conflittualità e, quindi, ha illustrato la contraddittorietà pretesamente insita nella predetta delibera n. 94 del 2007, laddove, nel rilevare che il servizio non regolarmente prestato riguardava una funzione marginale, quale quella del controllo sui conti, si omette ogni valutazione in ordine al fatto che a quel controllo, per giunta sui conti di minore rilevanza, lei sarebbe stata assegnata d’ufficio con sottrazione per un anno delle funzioni giurisdizionali, da lei peraltro dichiaratamente svolte con diligenza.

La -OMISSIS- ha anche, nel contempo, evidenziato che la situazione di conflittualità esistente con il proprio Capo dell’Ufficio di appartenenza era stata da tempo portata anche a conoscenza del Consiglio di Presidenza e che, pur tuttavia, l’Organo di autogoverno non l’aveva ancora risolta.

La -OMISSIS- ha anche affermato che altri rilievi negativi assunti dall’impugnato diniego, in relazione alle modalità di espletamento delle funzioni di controllo dei conti, sotto il profilo della limitatezza della sua attività alle relazioni di estinzione dei conti, sarebbero contrastanti con le risultanze desumibili per tabulas , segnatamente dalle richieste, da lei rivolte alla Sezione di appartenenza, di essere posta nelle condizioni di svolgere il controllo anche dei conti non estinti: richieste, queste, asseritamente rimaste senza esito.

La -OMISSIS- ha anche sostenuto l’incongruità dell’impugnato diniego, laddove è a lei imputata la marginalità delle funzioni relative alla estinzione dei conti, rapportandola anche alla condivisione di tale compito con altri magistrati della Sezione gravati da carico ordinario: condivisione che - per contro, e per quanto detto innanzi – conseguiva, a differenza degli altri colleghi, da un suo asserito esautoramento.

La -OMISSIS- ha - altresì - dedotto l’illogicità dell’impugnato diniego, laddove è a lei imputata la mancata prova del completo svolgimento del carico di lavoro assegnato, con conseguente e del tutto illegittima inversione dell’onere di provare il non puntale assolvimento dei predetti compiti: onere che – per contro – sarebbe a suo avviso spettato al Capo dell’Ufficio di sua assegnazione, ovvero allo stesso Consiglio di Presidenza;
e ciò anche omettendo di considerare che ella sarebbe stata palesemente ostacolata dall’Ufficio di appartenenza nello svolgimento dei propri compiti, come del resto attestato dalle comunicazioni di posta elettronica e cartacea da lei rivolte all’Ufficio di appartenenza e dalle relative risposte.

Con l’ultimo profilo della censura, la -OMISSIS- ha infine dedotto lo sviamento insito nell’affermazione del Capo dell’Ufficio, contenuta nell’impugnata sua relazione: “Ribadisco pertanto la richiesta di allontanamento da questa sede del magistrato in oggetto” .

Secondo la stessa -OMISSIS-, tale affermazione si fondava sull’asseritamente sua scarsa presenza in sede, peraltro erroneamente rilevata, nonché sul palese difetto di illustrazione dei motivi per cui lo stesso Presidente non aveva mai fissato udienze con la sua partecipazione proprio in quanto lei si recava in Sezione per il solo controllo dei conti.

1.3. Si è costituito in tale primo grado di giudizio il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.4. Con motivi aggiunti di ricorso la -OMISSIS- ha, poi, proposto, a’ sensi dell’art. 30 cod. proc. amm., un’ulteriore domanda di condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali determinati dal diniego, anche per responsabilità processuale aggravata ex art. 96, primo e terzo comma, cod. proc. civ..

In tal senso la -OMISSIS- ha precisato di essersi vista rifiutare per tre volte il collocamento in fuori ruolo per lo svolgimento del gravoso incarico di Vice Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’ambiente - comunque da lei asseritamente svolto con una costante presenza in aggiunta alle funzioni di magistrato - e che la retribuzione connessa all’affidamento dell’incarico integrativo denegato, pari ad € 3.000,00 mensili netti, era in realtà deputato a compensare non solo e non tanto le funzioni ad esso connesse, ma anche e soprattutto lo svolgimento della sua opera all’interno dell’Ufficio legislativo, non adeguatamente compensata dal relativo emolumento, stante l’art. 9, comma 3 del regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministero approvato con D.P.R. 6 marzo 2001 n. 245, che - per l’appunto - impediva di cumulare la retribuzione dirigenziale di seconda fascia che le sarebbe spettata in virtù di questo incarico con la retribuzione percepita quale magistrato contabile.

A suo avviso, pertanto, la lesività del diniego si era riverberata, per effetto delle dimissioni da lei presentate alla fine di giugno 2007, anche nella perdita anticipata rispetto alla caduta del Governo all’epoca in carica (avvenuta nel maggio 2008) dell’incarico di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’ambiente, la cui gravosità non era – a suo dire - sinallagmaticamente correlata all’adeguata retribuzione.

In dipendenza di tutto ciò, la -OMISSIS- ha quindi chiesto il risarcimento:

a) del danno patrimoniale corrispondente alla perdita della retribuzione pari a € 3.000 netti al mese a decorrere dal 1° ottobre 2006, sino alle dimissioni prestate alla fine di giugno 2007, per un ammontare di € 27.000,00, oltre rivalutazioni ed interessi dalla data di stipula del contratto integrativo, già firmato, ma non portato ad esecuzione;

b) del danno causato dalle dimissioni anticipate, equitativamente valutato in € 108.000,00, tenuto conto che l’incarico tecnico si sarebbe protratto anche dopo la caduta del Governo per tre anni, a decorrere dall’1 aprile 2007;

c) del danno da perdita di chanche , da dequalificazione professionale e curriculare, patito per essere stata di fatto esclusa, anche per il futuro, per effetto della condotta dell’amministrazione di appartenenza, dall’attribuzione di ulteriori incarichi retribuiti di tenore analogo o maggiormente prestigiosi, che ha sortito effetti anche esterni al Ministero dell’ambiente, segnatamente nell’ambito magistratuale, ed equitativamente liquidato in € 25.000,00, oltre accessori dalla data dell’illegittimo provvedimento a saldo;

d) del danno da mancata acquisizione di professionalità tecnico-giuridica che lo svolgimento dell’incarico avrebbe consentito con riferimento alla specifica materia ambientale, equitativamente liquidato in € 15.000,00;

e) del danno non patrimoniale all’immagine professionale prodottosi in seno alla struttura ministeriale, oltretutto supportato dall’erronea attestazione di non essere in regola con gli obblighi di servizio, equitativamente liquidato in € 15.000,00;

f) del danno esistenziale provocato dall’attestazione ora riferita, comprovato da documentazione sanitaria, equitativamente liquidato in € 15.000,00.

La -OMISSIS- ha pertanto complessivamente chiesto a titolo di risarcimento danni il totale importo di € 205.000,00.- (ossia di € 175.000,00 per danni patrimoniali e di € 30.000,00 per danni non patrimoniali) oltre ad interessi e rivalutazione del credito a decorrere dal 27 settembre 2006 (data della sottoscrizione del contratto non eseguito) al relativo saldo, con vittoria di spese e danni a’ sensi degli artt. art. 91 e 96 cod. proc. civ..

1.5. In via subordinata, per l’ipotesi di mancato accoglimento del ricorso, la ricorrente ha chiesto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell’ambiente, e ciò al fine di far valere la responsabilità di tale amministrazione, a’ sensi dell’art. 2041, primo comma, cod. civ. per l’indebito arricchimento consistito nell’essersi avvalsa senza compenso della sua collaborazione per il periodo surriferito.

A tale domanda la difesa erariale si è opposta con puntuale memoria difensiva, alla quale la -OMISSIS- ha altrettanto puntualmente replicato.

1.6. Con sentenza n. 3863 dd. 4 maggio 2011 la Sez. I dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso, nonché la domanda di integrazione del contraddittorio con il Ministero dell’ambiente, condannando la -OMISSIS- al pagamento delle spese del giudizio, liquidate nella misura di € 1.000,00.- (mille/00).

2.1.1.Con l’appello in epigrafe la -OMISSIS- chiede ora la riforma di tale sentenza.

2.1.2. Con un primo ordine di censure l’appellante deduce eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, falsità nei presupposti di fatto, incongruenza e ingiustizia manifesta, carenza istruttoria e di motivazione, nonché contraddittorietà.

L’appellante rimarca che con il primo ordine di censure da lei articolato nel primo grado di giudizio

è stata contestata la necessità dell’ “autorizzazione” dell’Organo di autogoverno per svolgere l’incarico in questione, essendo a suo dire sufficiente una mera “comunicazione” all’Organo medesimo da parte del magistrato nominato.

Secondo la stessa -OMISSIS-, quindi, essendo il secondo incarico meramente integrativo della naturale prosecuzione del primo e posto che per esso è stata dapprima ritenuta necessaria e poi respinta l’istanza autorizzatoria dal Consiglio di Presidenza mediante il provvedimento da lei impugnato in primo grado, neppure sarebbe ipotizzabile una sua acquiescenza rispetto al provvedimento con il quale lo stesso Organo di autogoverno le aveva chiesto di presentare al riguardo una domanda di autorizzazione: acquiescenza che, per contro, era stata eccepita dalla difesa erariale.

La -OMISSIS- richiama in proposito quanto affermato a pag. 12 della stessa sentenza qui impugnata, laddove si riconosce che, in assenza di una specifica normativa disciplinante con legge o con regolamento di delegificazione la materia dell’attribuzione degli incarichi ai magistrati contabili, è

all’Organo di autogoverno della magistratura contabile che compete dettare regole per la concreta attribuzione e gestione di tali incarichi attraverso atti amministrativi generali, quale è – per l’appunto - la deliberazione n.227 del 28 giugno 2002 da esso dettata.

Nondimeno – afferma sempre la -OMISSIS- – il giudice di primo grado sarebbe poi pervenuto a conclusioni del tutto contraddittorie, reputando che tale deliberazione sia divenuta di fatto inapplicata ovvero travolta da una interpretatio abrogans .

La -OMISSIS- evidenzia che l’art.9 di tale deliberazione contempla una specifica ipotesi in cui non necessiterebbe chiedere il rilascio di un’autorizzazione al conferimento di un incarico, essendo sufficiente al riguardo una mera comunicazione da parte dell’interessato ai fini della presa d’atto, stante la natura integrativa dell’incarico rispetto a quello principale già autorizzato.

La disciplina sopradescritta risulterebbe, ad avviso della -OMISSIS-, del tutto conferente al caso di specie, nel quale la connessione oggettivamente funzionale tra i due incarichi integrativi e quello principale sarebbe resa evidente dalla loro pertinenza al medesimo dicastero, nonché dalla circostanza per cui non il pur competente Direttore Generale, ma lo stesso Ministro ha scritto al Presidente della Corte dei Conti, per informarlo che “per esigenze connaturate all’organizzazione del mio dicastero ho ritenuto necessario inserire.., un esperto giuridico dell’Ufficio Legislativo, individuato nella persona del Vice Capo U.L. dr.ssa -OMISSIS-- nel Sistema Cartografico di Riferimento incardinato all’interno di questo apparato ministeriale, affinché fornisca il supporto tecnico-giuridico indispensabile al funzionamento di quella struttura” .

Secondo la -OMISSIS- risulterebbe del tutto incomprensibile il passaggio della sentenza impugnata, nel quale si esclude la legittima possibilità dell’organo politico di valutare come connessi due incarichi conferiti nell’ambito del proprio dicastero: facoltà che viceversa è attribuita allo stesso Ministro in sede di conferimento di incarichi nell’ambito degli Uffici di diretta collaborazione.

Risulterebbe, inoltre, ben evidente che il Ministro non l’ha chiamata nominatim all’incarico in questione, ma - al contrario - ha ritenuto che dovesse designarsi necessariamente un esperto giuridico già incardinato presso l’Ufficio legislativo del Ministero, poi concretamente individuato nella sua persona: ossia non si sarebbe nella specie trattato di una chiamata diretta da parte del Direttore Generale della Difesa del Suolo presso cui era costituito il Sistema cartografico di riferimento (Si.ca.ri.), né di una designazione del Ministro per meriti soggettivi, ma della necessità oggettiva di inserire nel Si.ca.ri. anzidetto esperti dell’Ufficio Legislativo per fornire il loro supporto tecnico giuridico.

La -OMISSIS- rimarca, ancora, che l’anzidetto art.9 della deliberazione n. 227 del 28 giugno 2002 richiede, per di più, la comunicazione, ai fini della presa d’atto, soltanto nel caso in cui l’incarico principale e l’incarico integrativo siano “distintamente retribuiti” , lasciando così intuire che, nel caso in cui non lo siano, non occorrerebbe neppure la comunicazione.

Pertanto, sempre secondo l’attuale appellante, nel caso di cui trattasi, neppure sarebbe stata ravvisabile una completa separazione tra i due incarichi sotto il profilo retributivo, viste le dichiarazioni dello stesso competente Direttore (cfr. doc. 4 allegato alla seconda memoria prodotta dalla parte ricorrente nel giudizio di primo grado) e che – nondimeno – lei aveva comunque reputato di darne comunicazione all’Organo di autogoverno, a’ sensi dell’anzidetto art. 9.

Secondo la -OMISSIS- l’insieme di tali considerazioni gioverebbe anche al fine di smentire la fondatezza dell’assunto del T.A.R. secondo il quale la connessione funzionale tra i due incarichi andrebbe esclusa, a’ sensi del “previgente art. 6 del regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente, di cui al citato D.P.R. 261 del 2003, che si limita a prevedere che la Direzione generale per la difesa del suolo svolge, tra altro, le funzioni di “coordinamento dei sistemi cartografici”, e della richiesta, “formulata dal Ministro dell’ambiente p.t. al Presidente della Corte dei Conti di poter avvaler[e]si dell’operato della ricorrente per il sistema cartografico, che si limita a invocare “esigenze connaturate all’organizzazione del mio dicastero” e “il supporto tecnico-giuridico indispensabile al funzionamento di quella struttura” , manifestando, così, un intendimento ovvero una convinzione personale del titolare del Dicastero, piuttosto che una esigenza oggettiva acclarata da atti organizzativi dell’amministrazione ” (cfr. pag. 17 e ss. della sentenza impugnata)

Secondo la -OMISSIS- l’errore del giudice di primo grado sarebbe duplice, posto, da un lato, che sarebbe proprio il previgente art. 6 a stabilire oggettivamente la connessione funzionale - ossia tra funzioni - degli uffici di diretta collaborazione e quelli di alta dirigenza del Ministero, individuando l’attribuzione relativa ai sistemi cartografici quale competenza proprio dell’ufficio di alta dirigenza (con conseguente comprova che il T.A.R. contraddirebbe se stesso), e, dall’altro, che sarebbe comunque inammissibile la pretesa del T.A.R. di introdurre una regola del tutto assente dall’ordinamento, ossia quella che “l’esigenza oggettiva” di assicurare un coordinamento in virtù di una connessione funzionale tra incarichi di supporto esterno debba essere “acclarata” da “atti organizzativi dell’amministrazione” : precetto, questo, che la -OMISSIS- reputa non scritto in alcuna norma primaria, secondaria o interna, e che nondimeno il giudice di primo grado afferma come vigente.

Inaccettabile sarebbe, poi, per la -OMISSIS-, l’esclusione di qualsivoglia rilievo all’indicazione del Ministro, ossia ad un atto che assume alta valenza politica, pretendendo di sindacarne il contenuto ex officio e sostituendo con ciò la personale valutazione del Giudice con quanto stabilito dall’organo di vertice del Ministero.

La -OMISSIS- contesta, inoltre, l’assunto del T.A.R. secondo il quale la separazione funzionale tra i due incarichi emergerebbe comunque dai motivi aggiunti da lei proposti in primo grado, segnatamente laddove lei stessa ha affermato che l’affidamento del secondo incarico era in realtà finalizzato a compensare sotto il profilo economico lo svolgimento, già in corso, del primo, ritenuto non adeguatamente retribuito dal corrispondente emolumento: affermazione che il giudice di primo grado ha qualificato come “non commendevole” .

Secondo l’attuale appellante, anche a prescindere da ogni spunto polemico di tale affermazione, la circostanza che il compenso per un incarico funzionalmente connesso ad altro pregresso possa integrare il compenso già previsto per il primo non costituirebbe ragione sufficiente per escludere la connessione funzionale tra i due incarichi, non ricercabile – a differenza di quanto sostenuto dal giudice di primo grado - in norme generali ed astratte, ma alla stregua delle esigenze fatte palesi dall’amplissima discrezionalità di cui gode il Ministro: a meno che non si voglia concludere nel senso che codesta qualificazione possa essere sostituita, per di più senza motivazione alcuna, dal Consiglio di Presidenza, ovvero dal giudice.

La -OMISSIS- coglie un’ulteriore contraddizione nella motivazione della sentenza impugnata, laddove - da un lato - a pag. 14, si fa coincidere erroneamente la valutazione dell’Organo di autogoverno di cui all’art. 9 sulla comunicazione dell’incarico integrativo con la invece ben più ampia valutazione che l’Organo medesimo è chiamato a svolgere in sede di autorizzazione del conferimento dell’incarico principale e - dall’altro - a pag. 15, laddove si riconosce “che l’incarico ulteriore, stante la sua connessione ad un incarico già conferito ovvero autorizzato, possa non richiedere da parte dell’organo di autogoverno una valutazione totalmente ex novo della sua compatibilìtà con lo svolgimento delle funzioni giurisdizionali del magistrato: che si assume già effettuata in sede di autorizzazione dell’incarico principale e non ha ragione di essere ripetuta in relazione all’incarico integrativo” .

Posto ciò, l’attuale appellante si chiede il motivo per cui il Consiglio di Presidenza ha rivalutato in modo opposto tale compatibilità rispetto a quanto positivamente già da esso ritenuto, solo poco tempo prima, in relazione all’incarico principale e soprattutto il motivo per cui ha ritenuto di approfondire addirittura (nell’assodata carenza di specifiche rimostranze o sollecitazioni da parte della Sezione di assegnazione dell’interessata successive al luglio 2006) la prima valutazione, richiedendo anche il visto del Capo dell’Ufficio, che non era stato per nulla interpellato al fine conferimento dell’incarico principale di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo.

Tale intrinseca contraddittorietà non emergerebbe - a detta della -OMISSIS- - dalla motivazione degli atti impugnati.

Nondimeno – rileva sempre la -OMISSIS- - lo stesso T.A.R. ha chiarito che l’inciso “affinché prenda gli opportuni provvedimenti”, contenuto alla fine del predetto art. 9, deve condurre ad un “nulla osta ” o “presa d’atto” da parte del Consiglio di Presidenza laddove si concluda positivamente la valutazione sulla connessione funzionale tra i due incarichi;
e, per contro, nel caso di specie, il medesimo Consiglio di Presidenza non avrebbe speso una parola di motivazione per spiegare l’esclusione della connessione stessa, limitandosi ad affermare che “l’incarico in argomento rientra per sua intrinseca natura tra quelli soggetti al regime di autorizzazione” ;
assunto invero apodittico, questo, ma in alcun modo censurato per difetto di motivazione dal giudice di primo grado, nonostante che il relativo vizio fosse stato puntualmente dedotto.

2.1.3 Con un ulteriore ordine di censure la -OMISSIS- deduce eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, nonché contraddittorietà, falsità dei presupposti di fatto, incongruenza ed ingiustizia manifesta.

Secondo la tesi dell’appellante, il T.A.R. avrebbe, nella specie, omesso di valutare, prima che di darne contezza attraverso un’esaustiva motivazione, la circostanza che l’impugnato diniego dell’autorizzazione si fonda in via esclusiva sull’asseritamente illegittimo rifiuto del relativo visto da parte del Presidente della Sezione giurisdizionale Veneto della Corte dei Conti, e senza che all’attuale appellante sia stato consentito, né in sede di contraddittorio procedimentale innanzi al Consiglio di Presidenza, né in sede giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo, di smentire l’attendibilità dell’affermazione del Capo dell’Ufficio relativa al suo non essere in regola con gli obblighi di servizio.

La -OMISSIS- reputa che la sentenza del giudice di primo grado sia errata nella parte in cui si avalla la motivazione del provvedimento amministrativo impugnato, ossia laddove segnatamente si è fatta discendere l’affermazione della mancata sua evasione dei carichi lavorativi dal mero mancato espletamento delle ordinanze istruttorie assegnatele in materia di conti, senza neppure considerare che nel primo semestre del 2006 ella aveva già depositato 163 sentenze, che - per se stanti - sarebbero superiori rispetto al carico medio annuale svolto a livello nazionale da un giudice contabile.

La medesima -OMISSIS- rimarca, inoltre, la circostanza per cui di parecchi provvedimenti da lei redatti sarebbe stato reso impossibile il deposito, nonostante fossero già pronti: e ciò proprio per determinazione del suo Presidente, il quale avrebbe dato ordine alla Segreteria dei conti di occuparsi soltanto delle relazioni di estinzione degli altri magistrati della Sezione.

L’attuale appellante, ammessa in data 22 febbraio 2006 all’audizione dinanzi alla Terza Commissione del Consiglio di Presidenza (cfr. il relativo verbale quale suo doc. 24), da lei stessa richiesta per esporre le difficoltà incontrate nella propria sede di assegnazione, riferisce di aver ivi sollecitato al riguardo un accertamento da parte dell’Organo d autogoverno, anche mediante un’apposita eventuale ispezione, sulla sua produttività e sulle reali ragioni per cui incontrava le continue censure del Presidente: ma tale sua richiesta non è stata accolta.

La stessa -OMISSIS- afferma di aver nella stessa occasione segnalato, del pari inutilmente, di essere stata illegittimamente privata delle funzioni giurisdizionali collegiali nei giudizi ad istanza della Procura regionale dall’aprile 2005, ma senza alcuna motivazione, né comunicazione (cfr. ex multis: decreti del 17 marzo 2006, con cui il Presidente della Sezione dava ad altro relatore sette giudizi, già assegnati alla Dr.ssa -OMISSIS- con decreti del 22 febbraio 2006, “ per sopravvenute esigenze d’ufficio” non meglio specificate: cfr. ibidem , doc. 7).

L’Organo di autogoverno – afferma sempre la -OMISSIS- – ha per contro disposto l’audizione del suo Presidente, il quale sistematicamente ha seguitato a reiterare i propri rilievi, senza peraltro asseritamente fornire alcuna adeguata motivazione della predetta privazione delle funzioni giurisdizionali: e ciò, sempre secondo la -OMISSIS-, in palese violazione dei criteri di ripartizione dei carichi di lavoro da lui stesso redatti per tutti i magistrati per l’anno 2006 e comunicati al Consiglio di Presidenza il 2 febbraio 2006 (cfr. ibidem , doc. 6).

La -OMISSIS- rimarca, quindi, che il giudice di primo grado, apoditticamente, a pag. 20 e ss. della sentenza impugnata, avrebbe dato, come per “accertato” il suo non regolare assolvimento dei compiti di servizio, riconducendo – altresì – ad una rilevanza minore le funzioni relative ai giudizi di conto.

In particolare, la -OMISSIS- censura la circostanza per cui, a pag. 21 della sentenza medesima, si afferma che la marginalità delle funzioni in materia di giudizi di conto conferirebbe “più pregnante rilevanza al negativo riscontro sull’assolvimento da parte della ricorrente dei propri compiti di istituto ”, con ciò sostanzialmente concludendo nel senso che lei stessa aveva voluto restringere le proprie funzioni, mentre - al contrario- a tali limitate e meno rilevanti funzioni era stata, suo malgrado, costretta dallo stesso Presidente, il quale poi di fatto neppure l’avrebbe posta nella condizione di svolgerle.

La -OMISSIS- evidenzia che nella sentenza qui impugnata si fa invero cenno al noto clima conflittuale insorto tra di lei e il suo Presidente, ma che, al riguardo, si conferisce apodittica fondatezza alla relazione negativa di quest’ultimo, senza peritarsi di approfondire alcunché a livello istruttorio e senza neppure censurare il Consiglio di Presidenza per non aver svolto alcuna istruttoria.

In particolare, la -OMISSIS- rimarca, a sostegno di tale sua tesi, l’affermazione, contenuta nella stessa sentenza a pag. 20, secondo la quale “la impugnata delibera ha correttamente richiamato la relazione del Presidente. .che nello svolgimento delle precipue funzioni attribuitegli ha espresso parere contrario., in virtù del riscontrato non regolare assolvimento degli obblighi di servizio da parte della ricorrente”.

La -OMISSIS- reputa, inoltre, errata la sentenza qui impugnata, nella parte in cui si richiama, al fine di giustificare tale suo asseritamente scarso rendimento, la sentenza n. 14886 dd. 3 giugno 2010 resa dalla stessa Sez. I del T.A.R. per il Lazio sull’impugnativa da lei ivi proposta avverso la sanzione disciplinare dell’ammonimento a suo tempo irrogatale: sentenza che l’attuale appellante precisa di aver appellato innanzi a questo stesso giudice e che comunque riguarda fatti assolutamente non attinenti al suo rendimento professionale, ma relativi ai rinvii di alcune cause in 4 udienze del 2005, dei quali era stata asserita dal Presidente della Sezione Veneto l’irritualità.

L’appellante reputa, in aggiunta, che con ciò il giudice di primo grado avrebbe di fatto operato, in via del tutto inammissibile, una sorta di integrazione giudiziale postuma della motivazione del provvedimento impugnato, posto che l’autorizzazione chiesta da un magistrato per lo svolgimento di un incarico extra-istituzionale in tutte le magistrature - e quindi anche in Corte dei conti - può essere legittimamente negata soltanto in dipendenza del non regolare assolvimento degli obblighi di servizio da parte dell’interessato: assolvimento che si ricollega unicamente al profilo della produttività e non ad altri profili, come – per l’appunto - l’aver effettuato alcuni rinvii (infondatamente, secondo la stessa -OMISSIS-) ritenuti irrituali.

La -OMISSIS- ribadisce, comunque, che, nel periodo in questione, il numero di sentenze pubblicate costituiva l’unico e fondamentale elemento per valutare la produttività annua dei magistrati contabili, in applicazione delle delibere nn. 71 e 77 del 2001 del Consiglio di Presidenza., non essendo stati ancora introdotti gli standards qualitativi previsti dalla delibera n.7/CP/2009, ossia “laboriosità, produttività e diligenza” , applicati soltanto con la decorrenza dell’8 gennaio 2009.

La -OMISSIS- censura pure il passo della sentenza impugnata, contenuto a pag. 21 della stessa, laddove si legge che “non è vero, poi, che il provvedimento di diniego ha addossato alla ricorrente la mancata prova del completo svolgimento del carico di lavoro assegnato: la delibera, infatti, è chiara nell’indicare tutti gli elementi sintomatici del negativo riscontro (relazione del Presidente della Sezione;
valutazione del carico di lavoro;
rilevazione dei giorni di presenza in ufficio)
”.

L’appellante in tal senso reputa incomprensibile il riferimento effettuato nella motivazione della sentenza medesima alle insufficienti presenze in ufficio – a lei imputate dalla relazione presidenziale costituente atto presupposto del gravato provvedimento consiliare –, posto che il riferimento stesso non sarebbe conferente, in quanto non atterrebbe a valutazioni riguardanti la produttività e, dunque, all’ “essere in regola con gli obblighi di servizio”, prodromico al rilascio dell’autorizzazione.

La -OMISSIS- afferma, in proposito, che nessuna disposizione di carattere legislativo o regolamentare impone ai magistrati contabili, come a tutti i magistrati appartenenti agli altri ordini di magistratura, di lavorare per un certo tempo minimo mensile necessariamente presso l’ufficio di loro assegnazione, essendo i medesimi tenuti ad essere ivi presenti soltanto nei giorni di udienza e potendo per il resto lavorare anche a domicilio: e, nondimeno, e pur considerando il fatto che per lei non è stata più fissata alcuna udienza dopo l’8 giugno 2006, la sua regolare presenza in sede risulterebbe comprovata, oltre che da tutte le comunicazioni ricevute e prodotte nel fascicolo processuale di primo grado (cfr. ivi, doc. 16 di parte ricorrente), anche dalle attestazioni di alloggio nella foresteria militare da lei utilizzata (con la precisazione che sarebbero le uniche documentabili, avendo lei più spesso soggiornato in casa di amici residenti in Venezia).

Su quest’ultimo aspetto, nonché su tutti gli altri profili relativi alla sua produttività, che si affermano non adeguatamente istruiti dal Consiglio di Presidenza prima di adottare la delibera di diniego, la -OMISSIS- chiede a questo giudice di partitamente esaminare tutti gli atti e, se del caso, ammettere tutte le deposizioni testimoniali ritenute rilevanti, e ciò in quanto indispensabili ai fini del decidere, ai sensi dell’art.104, comma 2, cod. proc. amm..

A tale riguardo l’appellante reputa indispensabile la confutazione in punto di fatto, delle affermazioni – asseritamente non corrispondenti alla realtà - contenute nella nota presidenziale del 25 gennaio 2007, la quale ha costituito l’atto presupposto determinante per l’adozione dell’impugnata delibera di rigetto dell’istanza;
e, sempre a tal fine, si richiama al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale gli atti aventi fede privilegiata (quali le attestazioni provenienti da pubblici ufficiali), hanno efficacia di piena prova, fino a querela di falso (art. 2700 cod. civ.), soltanto relativamente alla provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, nel mentre tale fede privilegiata non si estenderebbe né agli apprezzamenti del pubblico ufficiale, né alle sue valutazioni e deduzioni ulteriori sulla documentazione esaminata (e quindi neppure esclude la possibilità di errori commessi in tale valutazione), ragione per cui rimarrebbe ferma la possibilità che queste ultime siano confutate nella loro consistenza materiale attraverso l’allegazione di circostanziate, contrarie deduzioni, le quali non richiedono l’esperimento del rimedio della querela di falso e sono conoscibili dal giudice amministrativo nelle forme ordinarie del giudizio di legittimità (cfr. sul punto, ex plurimis , Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2010 n.7129).

L’appellante, concludendo sul punto, reputa di aver fornito elementi più che sufficienti a dimostrare la complessiva inattendibilità e infondatezza in punto di fatto e di diritto delle ragioni poste a fondamento della delibera impugnata in primo grado, e reitera, pertanto – in via subordinata -, la domanda di chiamata in causa del Ministero dell’Ambiente ex art. 2041 cod. civ., qualora non si ritengano risarcibili a carico della Corte dei Conti i danni cagionati dall’illegittimo diniego del suo Consiglio di Presidenza, rilevando in tal senso che il giudice di primo grado avrebbe respinto tale istanza con una mera e del tutto apodittica affermazione di “totale carenza di connessione oggettiva o soggettiva dell’azione in parola con l’interesse fatto valere nel presente giudizio” .

2.1.4. Con un terzo ed ultimo ordine di censure la -OMISSIS- deduce, quindi, eccesso di potere per irragionevolezza, falsa presupposizione, contraddittorietà dei presupposti e carenza di motivazione.

In tal senso l’appellante riferisce un’ulteriore argomento, che, in via da lei ritenuta del tutto dirimente, renderebbe fondato il suo appello, rappresentato dall’evidente contraddittorietà del deliberato del Consiglio di Presidenza, e dei relativi suoi presupposti, rispetto a quanto affermato dallo stesso Organo di autogoverno all’atto della sua promozione alla qualifica di primo referendario e, quindi, all’esito della valutazione delle stesse circostanze, ossia la produttività individuale per il periodo 2006-2007.

Al riguardo la -OMISSIS- rimarca che il Consiglio di Presidenza , da un lato, ha ritenuto,, con il provvedimento di diniego, che la sua produttività per il periodo in questione fosse insufficiente e non in regola con gli obblighi di servizio ,e, dall’altro, nel gennaio 2008 (cfr. doc. 22 di parte appellante), ossia meno di 10 mesi dopo, ha espresso nondimeno valutazioni del tutto favorevoli in relazione alla sua produttività ai fini della promozione a primo referendario, con ciò valutando tutto il periodo quadriennale di servizio svolto dal 2003 al 2008 come immune da censure.

Al fine di evidenziare il comportamento asseritamente contraddittorio tenuto dall’Organo di autogoverno nel corso dell’intera vicenda, l’appellante rileva che, mentre nel caso della richiesta di autorizzazione per cui è causa, il contenuto negativo della nota firmata dal Presidente della Sezione regionale è stato pienamente ed acriticamente recepito dal Consiglio di Presidenza, una nota di analogo tenore del 24 settembre 2007 a firma dello stesso Presidente, a lei stessa riferita e riguardante le medesime circostanze di fatto (cfr. ibidem , doc. 23) non sarebbe stata invece considerata dal medesimo Organo di autogoverno, il quale ha – per l’appunto – proceduto alla sua promozione.

La -OMISSIS- ritiene che, per tale circostanza, non valutata dal giudice di primo grado, il provvedimento di diniego dell’autorizzazione sia insanabilmente viziato per illogicità e contraddittorietà: e ciò in quanto non sarebbe ammissibile che siano dal medesimo organo valutate le stesse circostanze di fatto e di tempo (ossia il valore del servizio prestato nel periodo in questione dalla appellante), in modo diametralmente tanto opposto da ritenere l’interessata : a) scarsamente produttiva e quindi non in regola con gli obblighi di servizio in sede di autorizzazione dell’incarico ministeriale integrativo;
b)per contro, in sede di scrutinio per la promozione, quale giudice di normale produttività e, quindi, promuovibile per non demerito.

L’appellante ribadisce – altresì – che su tali censure il giudice di primo grado non si è espresso, con ciò determinando al riguardo un vizio di omessa pronuncia.

2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti, replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione dell’appello.

3. Alla pubblica udienza del 13 marzo 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va respinto.

4.2. Per quanto attiene al primo ordine dei motivi d’appello, va evidenziato che la -OMISSIS- persiste nel ritenere l’incarico di collaboratore del Sistema Cartografico di Riferimento (Si.ca.ri), istituito presso la Direzione Generale Difesa del Suolo del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, come direttamente connesso (o, meglio, ermeneuticamente “connettibile”) con quello di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo del medesimo Ministero, già da lei ricoperto a decorrere dal 27 giugno 2006.

L’appellante afferma che l’incarico supplementare presso il Si.ca.ri. doveva ritenersi assoggettato ad un mero obbligo di comunicazione, a’ sensi dell’art. 9, comma 1, della deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti n. 227/CP/2002 dd. 28 giugno 2002, il quale testualmente dispone che “gli incarichi che costituiscono esplicazione di compiti funzionalmente connessi ad incarichi già conferiti, ovvero autorizzati, qualora distintamente retribuiti, devono essere preventivamente comunicati al Consiglio di Presidenza affinché prenda gli opportuni provvedimenti” , senza quindi la necessità di un’autorizzazione da parte del competente Organo di autogoverno.

L’assunto della -OMISSIS-, secondo il quale non sarebbe nella specie necessaria l’autorizzazione, “ essendo il secondo incarico integrativo della naturale prosecuzione del primo” , trova peraltro puntuale smentita nella disciplina sul conferimento degli incarichi ai magistrati contabili.

A tale riguardo – e contrariamente a quanto affermato dall’appellante - la sentenza resa in primo grado ha chiaramente precisato, senza possibilità di fraintendimenti e senza contraddizioni, che la pretesa dell’appellante medesima di sottrarre l’incarico di cui si discute al regime di autorizzazione facente capo all’Organo di autogoverno non trova infatti riscontro alcuno nella disciplina della materia.

Come è ben noto, l’art. 10, comma 2, del D.L.vo 30 marzo 2001 n. 165 dispone che “le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o da altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati” , e il comma 3 dello stesso articolo dispone – a sua volta – che “ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della L. 23 agosto 1988 n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari” .

Il susseguente comma 4 reca quindi una norma di chiusura della disciplina in esame, laddove dispone che “nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati, l’attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative” .

Per quanto segnatamente attiene ai magistrati contabili, l’art. 11, comma 7, della L. 4 marzo 2009 n. 15 dispone che “il Presidente della Corte dei conti... provvede, sentito il Consiglio di Presidenza, ad autorizzare, nei casi consentiti dalle norme, gli incarichi extra-istituzionali, con o senza collocamento in posizione di fuori ruolo o aspettativa...” .

In sostanza, secondo la tesi dell’appellante, in applicazione dell’art. 9 della delibera del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 227 del 2002, l’Organo di autogoverno, dopo aver autorizzato lo svolgimento di un incarico (nella fattispecie, quello di Vice-Capo dell’Ufficio Legislativo), si spoglierebbe di fatto di ogni potestà al riguardo e dovrebbe rimanere passivo rispetto a qualunque vicenda successiva avente come causa efficiente lo svolgimento dell’incarico autorizzato, con la conseguenza che in capo al medesimo Organo di autogoverno non residuerebbe alcun potere di verifica sia sull’effettiva connessione tra i due incarichi, sia sulla potestà di deliberare la non autorizzabilità, in via preventiva, del secondo incarico.

Tale tesi non trova l’adesione del Collegio, muovendo innanzitutto dallo stesso dato letterale dell’anzidetto art. 9, laddove – come dianzi rilevato - dispone che “gli incarichi che costituiscono esplicazione di compiti funzionalmente connessi ad incarichi già conferiti, ovvero autorizzati, qualora distintamente retribuiti, devono essere preventivamente comunicati al Consiglio di Presidenza, affinché prenda gli opportuni provvedimenti”.

La piana lettura della disposizione consente, infatti, di individuare due necessari presupposti fattuali che l’appellante non intende collocare nel giusto rilievo, ossia che:

1) il secondo incarico deve essere esplicazione di compiti “funzionalmente connessi” con quello già conferito o autorizzato;

2) tale connessione deve essere oggettivamente riferita ai compiti affidati dall’amministrazione di riferimento.

Posto ciò, l’obiettiva disamina della fattispecie dedotta in giudizio dalla -OMISSIS- consente di recisamente escludere che i presupposti sopradescritti ricorrano nell’incarico “accessorio” a lei conferito.

Ictu oculi , infatti, ben emerge la diversa natura degli incarichi di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo e di “collaboratore del Sistema Cartografico di Riferimento” (Si.ca.ri.), trattandosi di attività intuitivamente non funzionalmente connesse tra di loro

Al di là di argomentazioni del tutto inconsistenti, l’appellante non fornisce alcuna valida argomentazione per dimostrare la dichiarata “connessione” tra i due incarichi: a ben vedere, per lei la “connessione” medesima dovrebbe essere data per scontata.

Essa, peraltro, è inesistente, avuto innanzitutto riguardo alle funzioni proprie dell’Ufficio Legislativo del Ministero dell’Ambiente, che “coordina e definisce gli schemi dei provvedimenti normativi promossi dal Ministro;
segue l’attività legislativa delle Camere informandone gli uffici competenti e vagliandone le osservazioni, che sottopone al Ministro;
studia gli schemi di disegni di legge diramati dagli altri Ministri e, sentiti gli uffici competenti, sottopone al Ministro le eventuali osservazioni;
esprime parere sui problemi giuridici, sull’attività amministrativa di particolare rilevanza per il Ministero e su ogni altro affare che il Ministro ritenga di affidargli;
prende immediata conoscenza delle interrogazioni, delle interpellanze e delle mozioni parlamentari, richiede ed acquisisce gli elementi necessari e, sentiti gli uffici competenti, predispone le risposte da sottoporre al Ministro per l’approvazione;
cura i rapporti con il Parlamento e con le Regioni secondo le direttive impartite dal Ministro”
(cfr. art. 4, comma 2, del D.P.R. 6 marzo 2001 n. 245).

Viceversa, il settore relativo al “coordinamento dei sistemi cartografic i”, previsto dall’art. 6, comma 1, lettera g), dell’allora vigente D.P.R. 17 giugno 2003 n. 261 — presentemente abrogato dall’art. 12, comma 1, del D.P.R. 3 agosto 2009 n. 140 — relativo alla Direzione generale per la difesa del suolo, non risulta in alcun modo connesso alle funzioni dell’Ufficio Legislativo .

Nella specie si profila del tutto assente, pertanto, quel collegamento funzionale tra sviluppo del sistema cartografico ed attività proprie dell’Ufficio legislativo;
né tale requisito può ritenersi soddisfatto dalla generica previsione relativa, secondo la quale l’Ufficio legislativo “esprime parere … su ogni altro affare che il Ministro ritenga di affidargli” , che presentemente compare nell’elenco delle funzioni dell’Ufficio stesso riportato nel sito Internet dello stesso Ministero (cfr. in www.minambiente.it/‎ ).

Né va sottaciuto che lo stesso tenore letterale della nota del Ministro dell’ambiente al Presidente della Corte dei Conti (“ho ritenuto necessario inserire ... un esperto giuridico dell’Ufficio Legislativo, individuato nella persona del Vice Capo U.L. Dr.ssa -OMISSIS-, nel Sistema Cartografico di riferimento incardinato all’interno di questo apparato ministeriale...” ) lascia ben intendere che l’individuazione della -OMISSIS- quale persona alla quale affidare l’incarico discende da una scelta ampiamente discrezionale e connotata da una piena fiduciarietà dell’incarico medesimo;
scelta che deve, quindi, ritenersi effettuata non perché sia stata rilevata un’intima connessione tra appartenenza ai vertici dell’Ufficio Legislativo e funzione da espletare nell’ambito del Sistema Cartografico, ma – per l’appunto – in dipendenza di tale preesistente rapporto fiduciario tra il Ministro e la medesima -OMISSIS-.

Tale notazione di fondo, intrinsecamente non smentibile, destituisce, pertanto, di fondamento l’assunto dell’appellante secondo il quale “il Ministro non ha chiamato nominatim la dr.ssa -OMISSIS-, esperto U.L., ma al contrario ha ritenuto che dovesse designarsi necessariamente un esperto giuridico già incardinato presso l’U.L. dell’Ambiente, poi concretamente individuato nella persona dell’appellante” medesima.

Da un esame letterale della nota del Ministro rivolta al Presidente della Corte ben emerge, del resto che proprio la surriferita “necessità di inserire un esperto giuridico dell’Ufficio Legislativo” illustra la mancanza al riguardo di un automatismo, e quindi di un collegamento funzionale o di connessione o accessorietà, tra l’incarico di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo e quello di componente del Si.ca.ri. , struttura che all’epoca dei fatti di causa era incardinata, a’ sensi dell’anzidetto art. 6 del D.P.R. 261 del 2003, nell’ambito della “Direzione generale per la difesa del suolo” e non, quindi, tra gli uffici preposti alla diretta collaborazione con il Ministro.

Alla luce delle precedenti considerazioni, emerge l’assoluta inconsistenza delle censure prospettate dall’appellante.

Detto altrimenti, la “pertinenza al medesimo dicastero” affermata dall’appellante e la circostanza che “non il competente Direttore generale ma lo stesso Ministro abbia ritenuto necessario inserire ... un esperto giuridico dell’Ufficio legislativo, individuato nella persona del Vice Capo U.L. dr.ssa -OMISSIS-- nel sistema cartografico di riferimento ” non sono affatto elementi che dimostrano la connessione funzionale tra i due incarichi, posto che la circostanza ora riferita comprova – semmai – l’esatto contrario.

Errata è anche la prospettazione della -OMISSIS-, segnatamente contenuta a pag. 19 dell’atto d’appello, secondo la quale l’art. 6, comma 1, del previgente D.P.R. 17 giugno 2003 n. 261 - recante il Regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, ora abrogato dall’art. 12 del D.P.R. 3 agosto 2009 n. 140 - avrebbe stabilito un’oggettiva connessione funzionale degli uffici di diretta collaborazione e quelli di alta dirigenza del Ministero “individuando l’attribuzione relativa ai sistemi cartografici quale competenza proprio dell’ufficio di alta dirigenza” .

A tale riguardo, lo stesso esame letterale della disposizione citata dall’appellante consente di escludere la fondatezza dell’interpretazione da lei proposta.

La previsione di cui alla lettera g) del comma 1 anzidetto, laddove annovera il sistema cartografico tra le competenze della Direzione generale della difesa del suolo, non comporta necessariamente un collegamento funzionale tra il sistema cartografico medesimo e gli uffici di diretta collaborazione del Ministro, nella specie, l’Ufficio legislativo.

Né può condividersi la contestazione della -OMISSIS- dell’assunto del giudice di primo grado circa la necessità che l’ “esigenza oggettiva” di assicurare un coordinamento in virtù di una connessione funzionale tra incarichi di supporto esterno debba essere determinata da atti di auto-organizzazione dell’Amministrazione (cfr. al riguardo la pag. 19 dell’atto di appello).

Come è ben noto, infatti, ogni Amministrazione – e, quindi, anche il Ministero dell’ambiente - per l’espletamento dei compiti ad essa demandati disciplina le proprie funzioni e la relativa organizzazione interna mediante un provvedimento organizzatorio, in genere un regolamento, nel quale sono previsti tutti gli uffici con i rispettivi collegamenti di carattere gerarchico e/o funzionale (cfr. artt. 4, 5 e 6 del D.L.vo 30 marzo 2001 n. 165 e succ. modd.)..

Ciò posto, il giudice di primo grado non è incorso – come sostiene, per contro, virga ferrea l’appellante - in una “pretesa inammissibile”, laddove ha condiviso la tesi dell’Amministrazione secondo la quale l’eventuale collegamento funzionale tra gli uffici di diretta collaborazione (in particolare l’Ufficio legislativo) ed il Si.ca.ri. avrebbe dovuto essere contemplata dal richiamato Regolamento di organizzazione, all’epoca dei fatti vigente.

Semmai, va denotato che, a fronte di tale essenziale richiamo a principi che trovano il proprio fondamentale presupposto nell’art. 97 Cost., l’appellante si è prodotta in una serie

di non condivisibili affermazioni, assumendo che il primo giudice, negando rilievo all’indicazione del Ministro e sindacandone il contenuto ex officio , avrebbe di fatto sostituito la “personale valutazione del Giudice a quella dell’organo di vertice del Dicastero” e che, inoltre, sarebbe incorso in una contraddizione in ordine alle modalità di valutazione da parte del Consiglio di Presidenza delle fattispecie soggette a comunicazione e di quelle invece autorizzabili.

Al Collegio pare evidente l’estrosità di tale tesi, che intenderebbe sostanziare di fatto l’insindacabilità in sede giurisdizionale di provvedimenti amministrativi anche laddove questi contrastino con lo stesso impianto legislativo e regolamentare dell’organizzazione amministrativa.

Decisiva, peraltro, al fine della reiezione delle tesi complessivamente esposte dall’appellante è la circostanza che la stessa -OMISSIS-, nell’esporre le componenti di danno asseritamente discendenti dagli atti impugnati, letteralmente afferma che la retribuzione connessa all’affidamento dell’incarico integrativo denegato, pari ad € 3.000,00 mensili netti, era in realtà deputato a compensare, non solo e non tanto, le funzioni ad esso connesse, ma anche e soprattutto lo svolgimento della sua opera all’interno dell’Ufficio legislativo, a suo dire non adeguatamente compensata dal relativo emolumento, stante l’art. 9, comma 3 del regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministero approvato con D.P.R. 6 marzo 2001 n. 245 (che - per l’appunto - impediva di cumulare la retribuzione dirigenziale di seconda fascia che le sarebbe spettata in virtù di questo incarico con la retribuzione percepita quale magistrato contabile).

Tale assunto risulta non solo confessorio del nesso artificiale che si intendeva instaurare tra l’incarico espletato dall’attuale appellante presso l’Ufficio legislativo e quello previsto presso il Si.ca.ri., ma illustra addirittura - senza infingimenti di sorta - un intento deputato a schivare gli effetti dell’applicazione di una salutare disciplina di contenimento della spesa pubblica mediante l’attribuzione di un incarico aggiuntivo, di per sé, giustificato, pertanto, unicamente dalla volontà di remunerare l’apporto collaborativo della -OMISSIS- oltre la misura prevista e, quindi, con un dichiarato aggiramento della norma imperativa sull’entità massima dei compensi per i diretti collaboratori del Ministro.

Il Collegio, al riguardo, non può astenersi dal disapprovare tale argomento speso dall’appellante a sostegno delle proprie ragioni, in quanto all’evidenza contrario a quella sensibilità istituzionale - anche e soprattutto sotto il profilo del contenimento dei costi sopportati dal pubblico erario - che si dovrebbe richiedere a tutti coloro che sono chiamati a prestare la propria attività extra-istituzionale al servizio degli organi di Governo, in primis ad un magistrato contabile.

Sotto questo profilo, pare quindi evidente che l’appropriato diniego opposto alla -OMISSIS- da parte dell’Organo di autogoverno ha oggettivamente impedito l’attribuzione a beneficio dell’interessata di un incarico in realtà divisato contra bonos mores e – di per sé – suscettivo di determinare un danno per il pubblico erario.

E, proprio in dipendenza di ciò, alcun rilievo può annettersi all’osservazione della -OMISSIS- secondo la quale “nel caso di cui trattasi, non vi era neppure la completa separazione tra i due incarichi sotto il profilo retributivo viste le dichiarazioni dello stesso competente Direttore...”.

E’ inoltre errata anche l’affermazione della -OMISSIS- secondo la quale il Consiglio di Presidenza non avrebbe adeguatamente motivato, nella sua nota prot. 7702 del 21 dicembre 2006, la rilevata assenza della connessione funzionale tra i due incarichi con il conseguente invito a presentare istanza di autorizzazione, limitandosi a evidenziare al riguardo che “l’incarico in argomento rientra per sua intrinseca natura tra quelli soggetti al regime di autorizzazione” :.

L’assodata mancanza del nesso funzionale tra gli incarichi medesimi rendeva, infatti, in re ipsa ben chiara la motivazione per la quale non poteva trovare applicazione l’art. 9 della deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 227 del 2002;
senza sottacere, poi, che in sede di giudizio l’Amministrazione intimata ha – comunque – ampiamente comprovato, a’ sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies della L. 241 del 1990, che il contenuto dispositivo di tale provvedimento palesemente non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, stante – per l’appunto – l’assenza del nesso funzionale anzidetto.

4.3. A questo punto, va ulteriormente precisato che la -OMISSIS- non solo non ha comunicato preventivamente lo svolgimento dell’incarico assunto presso il Si.ca.ri. - decorrente dall’1 ottobre 2006, nel mentre la comunicazione è del 29 novembre successivo- ma ha contestato nella presente sede di giudizio la sussistenza al riguardo di un potere di autorizzazione in capo al Consiglio di Presidenza, reputando possibile nella specie un mero controllo successivo circa la compatibilità di tale incarico pretesamente “aggiuntivo” .

La difesa erariale, per contro, ha opposto che la -OMISSIS-, avendo espressamente accettato il contenuto della nota della Segreteria del Consiglio di Presidenza prot. n. 129/CONPRE dd. 9 gennaio 2007, affermante la necessità di apposita istanza di autorizzazione per lo svolgimento dell’incarico in questione, avrebbe prestato sul punto piena acquiescenza al provvedimento emanato dall’Amministrazione, concordando quindi sia sulla sussistenza in proposito di un regime autorizzatorio, sia sull’imprescindibilità della sua applicazione al caso di specie.

Il Collegio, sul punto, non concorda con la tesi dell’Amministrazione convenuta, in quanto l’acquiescenza, intesa come accettazione espressa o tacita del provvedimento amministrativo lesivo, può configurarsi soltanto in presenza di una condotta da parte dell’avente titolo all’impugnazione che sia libera e inequivocabilmente diretta a non più contestare l’assetto di interessi definito dall’Amministrazione mediante gli atti oggetto di impugnazione, ed il relativo accertamento, in quanto incidente sul fondamentale diritto di agire in giudizio, deve essere accurato ed esauriente e svolgersi su tutti i dati fattuali che hanno caratterizzato la dichiarazione negoziale, dalla quale deve dunque risultare senza alcuna incertezza la presenza di una chiara intenzione definitiva di non rimettere in discussione l’atto lesivo;
segue da ciò che si verifica l’acquiescenza ad un provvedimento amministrativo solo in presenza di atti, comportamenti o dichiarazioni univoci, posti liberamente in essere dal destinatario dell’atto, che dimostrino anzitutto che vi sia stata la possibilità di una agevole comprensione del contenuto e che sia seguita la chiara ed incondizionata (cioè non rimessa ad eventi futuri ed incerti) volontà del destinatario del provvedimento di accettarne in via definitiva e irrevocabile gli effetti e l’operatività (così, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 31 luglio 2009 n. 4854).

Detto altrimenti – e meglio – al fine della formazione dell’acquiescenza, non è sufficiente un atteggiamento di mera tolleranza contingente e neppure il compimento di atti resi necessari od opportuni, nell’immediato, dall’esistenza di un provvedimento allo stato lesivo e in una logica soggettiva di riduzione del pregiudizio: atti che, quindi, non per questo escludono l’eventuale e coesistente intenzione dell’interessato di persistere nell’azione intrapresa per l’eliminazione degli effetti del provvedimento (così, puntualmente, Cons. Stato, Sez. V, 12 maggio 2011 n. 2821).

Nella specie, la -OMISSIS- ha all’evidenza aderito per mera correntezza alla tesi dell’Organo di autogoverno, non intendendo per certo contestarne la volontà se l’Organo medesimo si fosse espresso nel senso del rilascio dell’autorizzazione, ma non precludendo a tutela della propria sfera giuridica la proposizione in sede contenziosa anche di censure recanti la contestazione circa la sussistenza al riguardo di un regime autorizzatorio in capo al Consiglio di Presidenza.

Comunque sia, ogni questione sul punto risulta superata proprio in quanto sono state respinte tutte le prospettazioni della medesime -OMISSIS- circa l’applicabilità alla specie dell’art. 9 della deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 227 del 2002, stante l’acclarata non accessorietà dell’incarico presso il Si.ca.ri. rispetto a quello di Vice-Capo dell’Ufficio legislativo del Ministero dell’ambiente.

4.4. Come si è visto, con il secondo motivo di appello la -OMISSIS- afferma che il giudice di primo grado avrebbe omesso di valutare il fatto che il provvedimento di diniego dell’autorizzazione si è basato esclusivamente sul rifiuto del relativo visto da parte del Presidente della Sezione giurisdizionale Veneto, senza che le sia stato consentito, sia in sede amministrativa sia in sede giurisdizionale, di smentire l’attendibilità delle affermazioni del Capo dell’Ufficio di sua assegnazione concernenti il suo non essere in regola con gli obblighi di servizio.

Sempre come si è visto innanzi, in proposito l’appellante ha rappresentato che in occasione di un’audizione, da lei stessa richiesta, presso la Terza Commissione del Consiglio di Presidenza in data 22 febbraio 2006, ella avrebbe invano sollecitato un’ispezione presso la Sezione giurisdizionale Veneto, affinché fossero accertate le proprie difficoltà lavorative in tale sede;
e che nella stessa occasione avrebbe lamentato – sempre senza esito - di “essere stata illegittimamente privata delle funzioni giurisdizionali collegiali dall’aprile 2005” .

Tali circostanze sono ricondotte dall’appellante a una carenza istruttoria da parte del Consiglio di Presidenza nell’ambito del procedimento di autorizzazione per lo svolgimento dell’incarico in questione.

Anche tali censure vanno respinte.

La -OMISSIS- ha innanzitutto contestato la veridicità della dichiarazione del Capo dell’Ufficio di non regolare svolgimento dei compiti di servizio, allegando a pag. 26 dell’atto d’appello - anche a’ sensi dell’art. 2700 cod. civ., nonché riferendosi a precedenti giurisprudenziali sul punto (ad es. Cons. Stato, Sez. VI, 24 settembre 2010 n.7129) - la circostanza per cui gli atti aventi fede privilegiata, quali - per l’appunto - le attestazioni provenienti da pubblici ufficiali, avrebbero efficacia di piena prova fino a querela di falso soltanto relativamente alla provenienza dell’atto dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, e che pertanto tale fede privilegiata non si estenderebbe agli apprezzamenti del pubblico ufficiale e alle sue valutazioni e deduzioni ulteriori sulla documentazione esaminata: ragione per cui – sempre secondo la prospettazione della -OMISSIS- - resterebbe ferma la possibilità di confutare queste ultime nella loro consistenza materiale attraverso l’allegazione di circostanziate, contrarie deduzioni conoscibili dal giudice amministrativo nelle forme ordinarie dei giudizio di legittimità.

La tesi della -OMISSIS- non è peraltro conferente al caso di specie.

Risulta, infatti, dirimente il rilievo per cui la dichiarazione materialmente apposta dal Presidente della Sezione giurisdizionale Veneto in data 24 gennaio 2007 sul modello di richiesta di autorizzazione della dott.ssa -OMISSIS- ( “Dichiaro che la dott.ssa -OMISSIS- non ha ottemperato agli obblighi di servizio” ) e le affermazioni contenute nella relazione esplicativa del medesimo Presidente pervenuta in data 30 gennaio 2007 rivestono per certo natura di atto proveniente da soggetto avente la qualifica di “pubblico ufficiale che attesta fatti avvenuti” , posto che la dichiarazione medesima è deputata ad attestare la “realtà dei fatti” , ossia che la -OMISSIS- non era, a quel tempo, in regola con gli obblighi di servizio: il che, dunque, ineludibilmente esclude

che la dichiarazione predetta rivesta la mera valenza di “apprezzamento, valutazione o deduzione ulteriore” secondo la terminologia utilizzata nella giurisprudenza richiamata dall’appellante.

Non è pertanto possibile al riguardo escludere nei riguardi della dichiarazione anzidetta la c.d. “fede privilegiata” , se non mediante querela di falso, a’ sensi degli artt. 77 e 78 cod. proc. amm. e del conseguente accertamento in sede penale della sussistenza del falso ideologico che l’appellante sostanzialmente ipotizza: querela che la -OMISSIS- si è ben guardata dal proporre.

A ben vedere, inoltre, nel presente giudizio l’appellante neppure ha fornito concreti elementi di prova circa l’attendibilità dei fatti posti a base delle sue contestazioni, limitandosi in sostanza a dedurre di essere stata audita dalla Terza Commissione del Consiglio di Presidenza senza ottenere alcun risultato a suo favore.

Il Collegio, a tale riguardo, non sottace la risalenza del conflitto in atto tra la stessa -OMISSIS- e il Capo dell’Ufficio, al quale a quel tempo lei era assegnata, ma non può astenersi dal rilevare anche che l’audizione anzidetta è avvenuta nel febbraio del 2006, ossia in un periodo comunque antecedente a quello in cui si è svolto il procedimento di autorizzazione per cui è ora causa, non potendosi pertanto riconoscere rilievo a fatti avvenuti in epoca precedente alla questione qui segnatamente trattata.

Né soprattutto va sottaciuto che, sebbene la -OMISSIS- affermi di aver depositato 163 sentenze nel corso del primo semestre del 2006, il diniego di autorizzazione qui da lei contestato attiene - per

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