Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-10-27, n. 202209275

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-10-27, n. 202209275
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209275
Data del deposito : 27 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/10/2022

N. 09275/2022REG.PROV.COLL.

N. 07488/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7488 del 2019, proposto dall’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e dal Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il dott. A Z, rappresentato e difeso dagli avvocati G G e F D, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Dandolo, n. 19 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza, n. 9428/2019, pubblicata in data 17 luglio 2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del dott. A Z;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti il D.P. n. 4563 del 13 settembre 2019 e l’ordinanza cautelare n. 5172 dell’11 ottobre 2019;

Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 30 settembre 2022 – tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2021, n. 113 –, il Cons. Brunella Bruno;

Nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e il Ministero dell’istruzione dell’università e della Ricerca impugnano la sentenza in epigrafe, con la quale il TAR Lazio ha accolto il ricorso (R.G. n. 7052 del 2018) proposto dal dott. A Z, avente ad oggetto l’accertamento del suo diritto ad essere assunto quale ricercatore a tempo determinato di tipo b) presso il suddetto Ateneo nel settore scientifico disciplinare ING-IND/24, in esito al concorso indetto con decreto rettorale n. 1900/2016 del 3 maggio 2016, con richiesta di condanna alla stipulazione del contratto.

2. Il ricorrente originario, già ricercatore a tempo determinato ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. a) della l. n. 240 del 2010, nella formulazione all’epoca vigente, è risultato, infatti, vincitore della selezione, ottenendo anche il parere favorevole alla chiamata da parte del Dipartimento di ingegneria, chimica, materiali e ambiente e della Giunta di facoltà, i quali si sono espressi all’unanimità.

Si è verificato, però, che all’atto dell’adozione della delibera di assunzione, il Consiglio di amministrazione dell’Università ha ritenuto di soprassedere, valutando opportuna la richiesta di un parere all’Avvocatura dello Stato in relazione ad informazioni pervenute dall’Istituto comprensivo “Ennio Quirino Visconti” di Roma, presso il quale il dott. Z ha svolto attività di docente di ruolo nella scuola primaria dal 1° settembre 2007, risultando ancora incardinato presso l’istituto all’epoca dell’instaurazione del giudizio di primo grado.

Più in particolare, la Dirigente del predetto istituto ha rappresentato all’Ateneo, con nota del 12 ottobre 2017, che il dott. Z avrebbe tenuto l’Istituto stesso all’oscuro del rapporto da ricercatore a tempo determinato di “tipo A” già instaurato, rendendosi responsabile di una doppia percezione di stipendio per le mensilità relative al periodo dal febbraio ad ottobre del 2017;
inoltre, il Consiglio di amministrazione ha riconnesso rilievo, ai fini della sospensione delle attività finalizzate all’assunzione, a due dichiarazioni che l’Ateneo chiese all’interessato di firmare, rispettivamente in data 6 novembre 2012 (vale a dire, quando egli era ricercatore a tempo determinato di “tipo A” presso l’Università, e in aspettativa non retribuita presso l’amministrazione scolastica), ed in data 2 novembre 2015 (quando egli versava nella stessa situazione di cui sopra, ma in regime di proroga del contratto “di tipo A”).

3. L’adito TAR, in esito ad un’accurata ricostruzione degli elementi di fatto rilevanti, ha ritenuto ingiustificata la posizione soprassessoria tenuta dall’Ateneo, stanti la valenza meramente facoltativa dei pareri richiesti all’Avvocatura dello Stato e, su suggerimento di quest’ultima, al MIUR, il superamento dei termini procedimentali e la riconosciuta sussistenza del diritto all’assunzione in assenza di determinazioni di autotutela relativamente agli atti della procedura concorsuale. Il TAR ha, inoltre, rilevato che, in forza della disciplina di riferimento, non è preclusa in assoluto l’instaurazione del rapporto contrattuale di ricerca (tipo a o tipo b) con l’Università in presenza di un rapporto lavorativo in corso con una pubblica amministrazione, essendo possibile sia il ricorso all’aspettativa non retribuita sia il collocamento fuori ruolo. Il primo giudice ha escluso, altresì, che le condotte contestate al ricorrente – segnatamente riferite al contenuto delle dichiarazioni da lui rese all’Ateneo – fossero suscettibili di integrare cause ostative alla sua assunzione nel nuovo ruolo di ricercatore di tipo b), rilevando, al riguardo, anche la non incidenza delle circostanze emergenti agli atti sul rapporto da istaurare a seguito dell’esito favorevole della procedura concorsuale, costituente vicenda del tutto autonoma e distinta.

4. Le amministrazioni appellanti criticano la sentenza impugnata, deducendo una serie di erroneità, anche di fatto, nelle quali sarebbe incorso il primo giudice nel non ritenere mendaci le dichiarazioni rese dal dott. Z quanto alla sussistenza di cause di incompatibilità, essendo state trascurate le dichiarazioni dal medesimo rese al momento della sottoscrizione del contratto di ricercatore di “tipo A” e non essendo stato, comunque, valutato, anche a prescindere dalla veridicità delle dichiarazioni in questione, il contenuto della relazione della Dirigente scolastica nella quale si afferma la percezione da parte del dott. Z, nel periodo dal 1° febbraio 2017 al 31 ottobre 2017, sia dello stipendio da docente scolastico sia di quello da ricercatore. Le deduzioni successive si appuntano sul travisamento dei fatti nella parte in cui si afferma l’ingiustificato dilatamento dei tempi della procedura, tenuto conto della rilevanza delle circostanze emerse, incidenti sull’accertamento di eventuali cause di incompatibilità. Le appellanti censurano, infine, l’eccesso di potere giurisdizionale, nella parte in cui viene affermata la sussistenza di un diritto soggettivo all’assunzione, mantenendo l’amministrazione, nella fase di approvazione degli atti della procedura, un margine di discrezionalità tecnica.

5. Il dott. A Z si è costituito in giudizio, concludendo, con articolate argomentazioni, per il rigetto del ricorso.

6. Con D.P. n. 4563 del 2019 è stata respinta la domanda di misure cautelari monocratiche e, successivamente, con ordinanza n. 5172 del 2019 è stata respinta anche la domanda cautelare ex art. 98 c.p.a., stante la valutata insussistenza dei relativi presupposti, anche all’esito del bilanciamento dei contrapposti interessi.

7. All’udienza del 30 settembre 2022 la causa è stata trattenuta per la decisione.

8. L’appello è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

9. Contrariamente a quanto dedotto dalle appellanti, il giudice di primo grado non è incorso in alcuna erroneità nell’escludere che le dichiarazioni rese dal dott. Z non rispondessero a realtà.

E, invero, il contratto sottoscritto dal ricercatore che, ad avviso della Difesa erariale assumere rilievo in senso contrario a quanto affermato nella sentenza, reca la data del 30 ottobre 2015 ed è riferito alla proroga del contratto originario (di durata triennale e riferito al periodo 1° novembre 2011 – 31 ottobre 2015);
con tale contratto (art. 2) il ricercatore ha dichiarato “ di essere posto in aspettativa senza assegni per tutta la durata del presente contratto ”, conformemente alle previsioni dell’art. 24, comma 9- bis , della l. n. 240 del 2010 (introdotto art. 49, comma 1, lett. m), n. 2), del d.l. n. 5 del 2012), ai sensi del quale: « Per tutto il periodo di durata dei contratti di cui al presente articolo, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati, senza assegni né contribuzioni previdenziali, in aspettativa ovvero in posizione di fuori ruolo nei casi in cui tale posizione sia prevista dagli ordinamenti di appartenenza ». Risulta documentato in atti che effettivamente il ricercatore avesse richiesto alla Dirigente scolastica, nella medesima data del 30 ottobre 2015, il prolungamento dell’aspettativa senza assegni sino al 31 ottobre 2017, non potendosi revocare in discussione che il collocamento in aspettativa avrebbe dovuto, in forza della previsione sopra richiamata, essergli riconosciuto.

A fronte di tali evidenze, la circostanza che il decreto della Dirigente scolastica del 18 novembre 2015 rechi riferimento, erroneamente, alla richiesta di un periodo di aspettativa inferiore (sino al 31 gennaio 2017) integra una erroneità non imputabile all’appellato e ciò a prescindere dalle ulteriori circostanze, dettagliatamente allegate dalla difesa dell’appellato, relative all’operato della Dirigente scolastica.

Quanto, poi, alla percezione della doppia retribuzione, scaturente dalle determinazioni assunte dall’istituto scolastico, devono essere integralmente confermate le valutazioni espresse dal primo giudice circa le eventuali conseguenze sul piano disciplinare e del recupero degli importi nell’ambito del rapporto tra il dott. Z e l’istituto scolastico, risultando insuscettibile detta circostanza di dispiegare una qualche incidenza sulla stipulazione del contratto da ricercatore universitario di “tipo B” con l’Ateneo appellante, tenuto segnatamente conto dell’afferenza di quelle vicende al periodo pregresso, di svolgimento del contratto da ricercatore di “tipo A”.

10. Deve escludersi, inoltre, la censurata sussistenza di un travisamento dei fatti, avendo il giudice di primo grado correttamente ritenuto ingiustificata la scelta del Consiglio di amministrazione di procrastinare “ sine die ” l’assunzione della determinazione finale di sua competenza, stante il lungo tempo decorso dalla richiesta di parere formulata all’Avvocatura dello Stato, che non consta essere stato reso. E, invero, da tale parere, proprio in ragione del tempo decorso, l’Ateneo avrebbe dovuto prescindere, in quanto meramente facoltativo, al pari del riscontro al quesito posto al MIUR per il tramite dell’Avvocatura, neppure prodotto nel giudizio di primo grado.

Vale solo soggiungere, esclusivamente per completezza, che neanche la denuncia presentata dall’Ateneo alla competente Procura della Repubblica consta avere avuto alcun seguito.

11. Scarsamente perspicua e, comunque, infondata, è la censura con la quale si contesta il vizio di eccesso di potere giurisdizionale relativamente all’accertamento del diritto soggettivo dell’appellato all’assunzione.

E, invero, l’approvazione degli atti della procedura concorsuale è intervenuta con il decreto rettorale n. 1852 del 2017, come pure consta l’approvazione, all’unanimità, della chiamata da parte dal Consiglio di dipartimento della Giunta di facoltà. Inoltre, le cause ostative dubitativamente esposte (con avviso contrario dell’Area servizi legali, la quale, infatti, si è espressa nel senso di escludere la sussistenza di preclusioni quanto all’esito della selezione) ed alla base della deliberazione soprassessoria assunta dal Consiglio di amministrazione dell’Ateneo sono state, con argomentazioni esaustive e condivise dal Collegio, ritenute non sussistenti con la sentenza impugnata, non essendo neanche nel presente giudizio state rappresentate circostanze ostative ulteriori, eventualmente anche sopravvenute, né (come pure evidenziato dal primo giudice) adottate determinazioni in autotutela riferite agli atti della procedura.

11. In conclusione, per le ragioni sopra esposte l’appello va respinto con integrale conferma della sentenza impugnata.

12. In considerazione delle peculiarità della fattispecie, come emergenti dalla documentazione in atti, il Collegio valuta sussistenti i presupposti per disporre l’integrale compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti.

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