Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-23, n. 201500879

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-23, n. 201500879
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500879
Data del deposito : 23 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04247/2014 REG.RIC.

N. 00879/2015REG.PROV.COLL.

N. 04247/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4247 del 2014, proposto da:
Citra Vini Società Coop., rappresentata e difesa dagli avv. V C I, M A L e C D T, con domicilio eletto presso l’avv. V C I in Roma, Via Dora, 1;

contro

Regione Abruzzo, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Comune di Ortona;
Asl N. 2 Lanciano-Vasto-Chieti;

nei confronti di

Aura Energia Srl (già Aura Energia Spa), rappresentata e difesa dagli avv. Saverio Sticchi Damiani, Marina D'Orsogna e Ermanno La Marca, con domicilio eletto presso l’avv. Ermanno La Marca in Roma, Via Spallanzani, 22/A;
Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente (ARTA);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 00095/2014, resa tra le parti, concernente autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica in un'area sita in prossimità della sede della società ricorrente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Abruzzo e di Aura Energia Srl (già Aura Energia Spa);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati V C I, C D T, Saverio Sticchi Damiani, Ermanno La Marca e l'Avvocato dello Stato Roberto Palasciano;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Pescara, Sez. I, con la sentenza 18 febbraio 2014, n. 95 ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento della determinazione della Direzione Affari della presidenza, politiche legislative e comunitarie, programmazione, parchi, territorio, ambiente, energia, servizio politica energetica, qualità dell’aria della Regione Abruzzo 10 aprile 2013, n. DA 13/55, con la quale è stata rilasciata alla società Aura Energia l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomassa nel Comune di Ortona in c.da Caldari Stazione;
nonché degli atti presupposti e connessi, tra i quali i verbali delle conferenze dei servizi istruttorie ed i pareri resi dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente.

Il TAR, respinte le eccezioni di rito proposte dalle parti resistenti e respinta la richiesta di svolgimento di una verificazione e/o di una consulenza tecnica d’ufficio, fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che:

- i documenti presentati dalla società Aura Energia s.p.a. controinteressata per ottenere l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomassa nel Comune di Ortona in c.da Caldari Stazione, sono stati accompagnati da apposita nota esplicativa, idonea a precisare il significato e la portata delle modifiche, che non sono mai state innovative;
né possono ritenersi innovazioni le tre modifiche evidenziate dalla ricorrente in primo grado;

- risultano nella sostanza rispettate le prescrizioni contenute dell’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387-2003 e dell’art. 13 delle Linee Guida;

- con parere del 31 gennaio 2011, rilasciato nel corso della prima conferenza di servizi, l’ARTA aveva prescritto ad Aura Energia “di effettuare una campagna ante operam e di prevedere uno studio di ricadute previsionale post operam” ed, in ottemperanza a tale prescrizione, sono stati effettuati i richiesti monitoraggi;
da un’analisi preventiva e congiunta con tutte le amministrazioni interessate, è risultato che le emissioni, come consentite e nei limiti imposti, non solo non danneggiano l’ambiente, ma addirittura si riducono rispetto all'esistente;

- le vinacce esauste impiegate per la combustione sono nella specie riconducibili ad un “medesimo ciclo produttivo” (art.

2-bis D.L. 3 novembre 2008, n. 171), considerata la funzionalità tra la fase di estrazione dei prodotti alcolici e l’impianto di produzione di energia elettrica;
per cui le vinacce originate da trattamenti “meccanici” (la torchiatura) e “fisici” (quale l’utilizzo del vapore, quindi del calore, per estrarre le flemme), stante la previsione di cui al predetto art.

2-bis, possono legittimamente essere utilizzate come biomasse combustibili dal soggetto che ne sia anche (sotto)produttore (parere Min. Ambiente 21 giugno 2011). Inoltre, tali vinacce esauste sono ottenute da disalcolazione e torchiatura, che non sembra che costituiscano, allo stato degli atti, un trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

- anche i motivi aggiunti con cui la ricorrente in primo grado ha esteso l’impugnativa nei confronti dei pareri tecnici “con prescrizioni” resi dall’ARTA e ha meglio rimodulato le censure originariamente proposte alla luce degli atti versati in giudizio, sono infondati, sia in relazione alla censura secondo cui con l’atto impugnato era stato nella sostanza autorizzato non un impianto di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ma un inceneritore di rifiuti;
sia in relazione alla censura secondo cui il progetto approvato presentava molteplici carenze progettuali;

- inoltre, tali motivi aggiunti sono inammissibili nella parte in cui è stato chiesto l’annullamento dei predetti pareri dell’ARPA, data la natura endoprocedimentale di tali atti.

L’appellante contestava la sentenza del TAR deducendo:

- Erroneità della sentenza nella parte in cui ha rigettato la richiesta di ulteriore attività istruttoria;

- Erroneità della sentenza sotto altro profilo: per non aver riconosciuto l’innovatività delle modifiche apportate con l’edizione ricognitiva del progetto;

- Erroneità della sentenza per non avere riconosciuto fondato il secondo motivo di ricorso e parte del primo motivo aggiunto. Difetto di motivazione;

- Erroneità della sentenza sotto altro profilo, per non aver riconosciuto che l’impianto, in considerazione della materia prima utilizzabile, costituisce un impianto di incenerimento di rifiuti, da sottoporre a VIA;

- Erroneità della sentenza sotto altro profilo in relazione alle censure sollevate con il secondo motivo aggiunto.

Con l’appello in esame, si chiedeva pertanto l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituivano la Regione appellata e il controinteressato chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica dell’11 dicembre 2014 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato.

In ordine al primo motivo di appello, deve ribadirsi che la consulenza tecnica, che è strumento di valutazione della prova e non mezzo di ricerca della prova, può essere utilmente richiesta solo in presenza di un contrasto documentato tra le parti in ordine all’apprezzamento tecnico di un fatto, contestato in modo idoneo, il che non si verifica nel caso di specie (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 luglio 2014, n. 3773), non essendovi traccia di una perizia approfondita e documentata idonea a mettere in discussione le valutazioni tecniche compiute dall’Amministrazione.

Peraltro, anche sotto il profilo dell’onere probatorio, deve rammentarsi che il c.d. principio probatorio dispositivo con metodo acquisitivo, operante nel processo amministrativo in ragione della necessità del bilanciamento della disparità sostanziale e processuale tra ricorrente ed Amministrazione, non consente di prescindere dall'onere probatorio comunque gravante sull'interessato e consistente non già nel fornire prova piena dei fatti su cui si fondi la domanda, stante la disponibilità in mano alla Pubblica amministrazione della documentazione probatoria (c.d. 'riferibilità o vicinanza o disponibilità del mezzo'), ma quanto meno di allegare il c.d. principio di prova, cioè indicare i fatti, suscettibili di trovare o non conferma mediante acquisizione a cura del giudice di quella documentazione, pena altrimenti lo svuotamento del principio stesso (cfr., ex multis, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III,10 settembre 2014, n. 4602).

Nel caso di specie, i fatti da allegare non possono consistere in mere affermazioni e contestazioni sfornite di idoneo supporto probatorio di tipo tecnico, come nel caso di specie, trattandosi di fatti attinenti a settori di carattere specialistico che, per poter attivare i poteri ufficiosi del giudice (comprensivi di un’eventuale CTU o verificazione), devono essere forniti in modo idoneo (ad esempio, come detto, attraverso un approfondita perizia di parte).

In ordine al secondo motivo di appello, si deve rilevare che dall’esame degli atti contenuti nei documenti depositati in sede procedimentale in data 15 gennaio 2013, contenenti la versione ricognitiva degli elaborati progettuali depositati agli atti della conferenza dei servizi, con allegata un’imponente “relazione tecnica ambientale edizione ricognitiva”, si può constatare che il progetto contiene l’elenco dettagliato ed analitico dei documenti presentati;
per ciascuno di tali documenti è precisato, attraverso apposita legenda, se si trattava di documento invariato, ovvero se si trattava di documento presentato per consolidare modifiche già intervenute nel corso dell’istruttoria, ovvero se si trattava di documento modificato allo scopo di assolvere alle prescrizioni ARTA del 20 dicembre 2012, ovvero se si trattava di documento per la correzione di meri refusi.

Tali documenti non dimostrano alcuna innovatività delle modifiche, certamente non riconducibile ai censurati profili incremento delle ore di funzionamento dell'impianto e conseguentemente dell'elettricità prodotta;
di utilizzo della sorbalite;
e di quantificazione dell’effettivo impatto acustico.

Sul punto, deve integralmente condividersi l’analisi acutamente approfondita del TAR.

Infatti, la potenza termica nominale di 48 MW è rimasta invariata e solo un eventuale superamento di fatto di tale potenza, ove in effetti sia riscontrata, potrà essere sanzionata;
la circostanza che il combustibile utilizzato provocherebbe il necessario superamento di tale potenza è indimostrata e non può supplirsi con una consulenza tecnica che avrebbe mero valore esplorativo.

Peraltro, si deduce inammissibilmente per la prima volta in appello e senza fornirne alcuna dimostrazione documentale che il progetto assentito autorizzerebbe l’uso della sansa previa sua preliminare trasformazione (così come dedotto con il quarto motivo d’appello).

Inoltre, si deve rilevare, in specifico che:

- anche l’ipotizzato sforamento dei limiti a causa dell’utilizzo del gas naturale è affermazione non supportata da alcuna giustificazione probatoria;

- l’utilizzo della sorbalite era presente già nella relazione tecnica descrittiva del 31 marzo 2011 e tale utilizzo determina un impatto positivo sul piano delle emissioni ambientali (pertanto il suo utilizzo è ampiamente giustificato);

- la quantificazione dell’effettivo impatto acustico era già contenuta nella relazione tecnica denominata “documento unico di integrazione” trasmesso all’Amministrazione procedente in data 28 novembre 2012 (peraltro, non può censurarsi tale profilo deducendosi unicamente la “spropositata grandezza” dell’impianto.

Pertanto, è evidente che non ci sono modifiche del tipo lamentato dall’appellante.

In ordine al terzo motivo di appello, si deve evidenziare che non vi sono in alcun modo disposizioni normative che, in sede di procedimento per l’ottenimento dell’autorizzazione unica, impongano al richiedente di dimostrare la redditività e la fattibilità economica del progetto, nonché indicare il futuro fornitore delle biomasse.

Peeraltro, in relazione alla ricognizione preventiva dello stato dell’aria nel territorio interessato, risulta documentalmente dimostrato che l’attuazione del progetto consente di ridurre il complessivo saldo emissivo già esistente sul territorio interessato;
l’attuale livello di emissioni autorizzate della società che procede a distillazione delle vinacce (Distilleria D’Auria) è superiore (e non di poco) al livello della somma delle emissioni che, per effetto della attuazione del progetto, la società che procede a distillazione delle vinacce e Aura Energia saranno autorizzate ad emettere.

In ordine al quarto motivo di appello, si osserva che la qualificazione giuridica delle vinacce esauste è contenuta esplicitamente nell’art.

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