Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-09-07, n. 201603824
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Testo completo
Pubblicato il 07/09/2016
N. 03824/2016REG.PROV.COLL.
N. 09000/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9000 del 2015, proposto dalla società Gli Ulivi S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro-tempore
, rappresentata e difesa dall’avv. M M, e elettivamente domiciliato in Roma, alla via Massimi n. 154, presso lo studio dell’avv. G C, per mandato a margine dell’appello;
contro
Comune di Sassari, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato V P, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via di Monte Fiore n. 22, presso lo studio dell’avv. S G, per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Sardegna, Sezione II, n. 1019 del 15 settembre 2015, resa tra le parti, con cui è stato rigettato, con compensazione di spese, il ricorso in primo grado n.r.g. 527/2014, proposto per l’annullamento: a) della determinazione dirigenziale n. 47090 del 4 aprile 2014, recante interdizione dell’attività di cui a dichiarazione unica di avvio di attività produttiva (D.U.A.A.P.) in data 4 settembre 2013, relativa all’apertura di residenza per studenti;b) della nota del responsabile unico dello Sportello delle Attività Produttive (S.U.A.) del Comune di Sassari prot. n. 52861 del 16 aprile 2014 con cui è stata dichiarata inefficace la suddetta D.U.A.A.P.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sassari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2016 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. M M per l’appellante società Gli Ulivi S.r.l. e l’avv. V P per l’appellato Comune di Sassari;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) La società Gli Ulivi S.r.l. ha acquistato da Ferrovie dello Stato S.p.A. un immobile, già adibito a dormitorio del personale viaggiante.
1.1) Dopo una prima dichiarazione unica di avvio di attività produttive (d’ora innanzi in acronimo D.U.A.A.P.) in data 11 agosto 2009 - in cui faceva cenno a destinazione ricettiva, e rispetto alla quale il Comune rilevava il contrasto di tale destinazione con lo strumento urbanistico comunale - con successive dichiarazioni in data 29 settembre 2009 e 21 marzo 2013 significava l’avvio di un’attività di manutenzione straordinaria mediante opere interne all’intero edificio ai fini del recupero funzionale dello stesso e dell’adeguamento alla l. n. 13/1989 per l’eliminazione e il superamento delle barriere architettoniche.
1.2) Con dichiarazione del tecnico incaricato in data 8 aprile 2013 la società dava atto della conclusione dei lavori.
1.3) Con D.U.A.A.P. del 4 settembre 2013, la società comunicava l’avvio di attività di residence destinato in modo prevalente a studenti universitari fuori sede, con locali attrezzati per studio, svago e divertimento, anche adatti all’organizzazione di feste ed eventi, e altra comunicazione nella medesima data relativa all’apposizione sull’immobile della relativa insegna.
1.4) Con nota in data 10 settembre 2013, il responsabile del settore urbanistica e edilizia del Comune di Sassari comunicava l’avvio del procedimento inteso alla inibizione dell’attività, in relazione al contrasto tra destinazione d’uso dell’immobile e disciplina urbanistica di zona.
1.5) Con determinazione dirigenziale n. 47090 del 4 aprile 2014 è stata quindi comunicata l’interdizione dell’attività e con nota del responsabile unico dello Sportello delle Attività Produttive (S.U.A.) del Comune di Sassari n. 52861 di prot. del 16 aprile 2014 è stata dichiarata inefficace la suddetta D.U.A.A.P.
2.) Con ricorso in primo grado n.r.g. 527/2014, la società Gli Ulivi S.r.l. ha impugnato entrambi i provvedimenti, deducendo in sintesi i seguenti motivi:
a) Violazione dell’art. 1 della l.r. 5 marzo 2008 n. 3, degli artt. 3, 19 e 21 nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241, dell’art. 17 delle direttive approvate con deliberazione della G.R. n. 39/55 del 23 settembre 2011 – Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, falsità del presupposto, travisamento dei fatti, illogicità e sviamento , perché il provvedimento interdittivo dell’attività è stato adottato ben oltre il termine di sessanta giorni, e senza alcuna all’interesse pubblico prevalente, specifico e ulteriore rispetto a quello inerente al mero ripristino della legalità.
b) Violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 - Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, falsità del presupposto, travisamento dei fatti e sviamento , perché il provvedimento interdittivo relativo all’attività produttiva non è stato preceduto dalla comunicazione d’avvio del procedimento.
c) Violazione e/o falsa rappresentazione della legge regionale 12 agosto 1998, n. 27 nonché del decreto assessorile regionale n. 70 del 31 gennaio 1978 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, travisamento dei fatti, falsità del presupposto, sviamento , perché secondo interpretazione corretta e ragionevole della normativa di settore, non sussiste alcun mutamento della destinazione d’uso, persistendo quella ricettiva pregressa.
d) Falsa rappresentazione della legge regionale 12 agosto 1998 n. 27 e del P.U.C. del Comune di Sassari approvato con delibera consiliare n. 43 del 26 luglio 2012 – Eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria, falsità del presupposto, travisamento dei fatti, illogicità e sviamento , perché le determinazioni impugnate sono in contrasto con la delibera consiliare di approvazione dello strumento urbanistico in materia di destinazione d’uso degli immobili.
e) Falsa rappresentazione del P.U.C. del Comune di Sassari approvato con delibera consiliare n. 43 del 26 luglio 2012 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, falsità del presupposto, travisamento dei fatti e sviamento , perché non è intervenuta alcuna modifica della destinazione dell’immobile, essendo comunque irrilevanti diverse prescrizioni del nuovo P.U.C. sopravvenuto.
f) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione, contraddittorietà, travisamento dei fatti, falsità del presupposto, illogicità, sviamento , perché le precedenti D.U.U.A.P. relative ai lavori, richiamate nei provvedimenti, confermerebbero, al contrario di quanto presupposto dal Comune, che la società non ha mai manifestato la volontà di modificare la d’uso dell’immobile.
g) Illegittimità, in via derivata , della determinazione recante la declaratoria d’inefficacia della D.U.U.A.P.
2.1) Nel giudizio si è costituito il Comune di Sassari che a sua volta ha dedotto l’infondatezza del ricorso.
3.) Con sentenza n. 1019 del 15 settembre 2015 il T.A.R. per la Sardegna ha rigettato il ricorso in base ai rilievi di seguito sintetizzati.
3.1) Richiamate le precedenti D.U.A.A.P. del 29 settembre 2009 e del 21 marzo 2013, e rilevato che in esse “non vi era alcun riferimento a possibili mutamenti di destinazione d’uso”, il primo motivo è stato ritenuto infondato perché il comma 30 dell’art. 1 della l.r. 5 marzo 2008 n. 3, disciplinante in ambito regionale le dichiarazioni e segnalazioni d’inizio attività, di cui alla disciplina statale ex art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, esclude dalla loro sfera applicativa “…i progetti di impianti produttivi che, sebbene conformi alla vigente disciplina ambientale, sanitaria, di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di sicurezza sul lavoro e di tutela della pubblica incolumità, contrastano con lo strumento urbanistico…”.
Ne consegue che “Il regime della DUAAP invocato dalla ricorrente è dunque inapplicabile se con essa il richiedente intende derogare alle prescrizioni urbanistiche vigenti”, e quindi l’operatività e gli effetti correlati alla scadenza del termine invocato “…come del resto emerge chiaramente dal ricordato iter procedimentale dal quale, invero, si ricava chiaramente che la ricorrente era ben consapevole (tant’è che ne aveva espunto la proposta di modifica nella 2° e nella 3° DUAAP presentate) del fatto che la destinazione d’uso impressa all’immobile dallo strumento urbanistico non consentiva l’avviamento dell’attività proposta”.
Né sarebbe sostenibile che l’applicabilità della disposizione ex art. 1 comma 30 sia subordinata ad una espressa richiesta di avvio dell’attività in deroga allo strumento urbanistico, e che essa non operi quando il contrasto sia rilevato e ritenuto dall’Amministrazione, perché “…di là dell’inevitabile incertezza che deriverebbe da tale assunto in ordine alla concreta applicazione della disposizione in esame, che resterebbe affidata a complesse indagini soggettive sullo stato psicologico del richiedente, resta evidente che la lettura più lineare della norma è quella seguita dall’amministrazione nel caso di specie, e cioè che laddove ci sia la richiesta di eseguire un intervento in deroga allo strumento urbanistico la disciplina semplificatoria della DUAAP non è applicabile”.
3.2) Con riferimento al secondo motivo, relativo all’omessa comunicazione d’avvio del procedimento, il T.A.R. ha osservato che “…le ragioni del diniego risultano chiaramente enunciate nel preavviso n. 110214 del 10 settembre 2013, puntualmente richiamato nel provvedimento impugnato, nel quale si evidenziava chiaramente il contrasto con la destinazione d’uso dell’immobile” e che, in ogni caso, “…la natura vincolata e priva di margini di discrezionalità dell’intervento interdittivo di un’attività edilizia illecita renderebbe comunque irrilevante, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990, la partecipazione procedimentale della ricorrente”.
3.3) In relazione al terzo, quarto e quinto motivo, il T.A.R. ha escluso la fondatezza dell’assunto della ricorrente secondo il quale non era intervenuta modifica della destinazione d’uso dell’immobile e comunque della sostanziale equivalenza con la destinazione urbanistica del P.R.G. e del successivo P.U.C. rilevando che:
- “l’immobile per cui è causa, ricadeva, in base al vecchio PRG in ambito 2, sottozona G 4.5, per la quale era prevista la sola destinazione d12 (impianti ferroviari)”;
- “nel nuovo PUC esso risulta compreso nella sottozona G5 2.1 (infrastrutture per la mobilità), concernente aree attualmente adibite e previste per svolgere funzioni legate al trasporto passeggeri e merci ad alta mobilità e attrezzature di servizio connesse, per le quali sono ammesse (art. 57 NTA) ‘…le infrastrutture di rete e puntuali, gli edifici, gli impianti e le attrezzature funzionali alle attività di trasporto e mobilità, i servizi di supporto ed a corredo delle attività di trasporto e mobilità…’ ”.
La società ricorrente era ben consapevole dell’incompatibilità tra la destinazione d’uso che intendeva imprimere all’immobile e le prescrizioni urbanistiche, tanto che il progettista dell’intervento aveva presentato osservazione al P.U.C., respinta, proprio lamentando l’esclusione dalla destinazione ad uso extra-alberghiero.
4.) Con appello notificato il 19 ottobre 2915 e depositato il 30 ottobre 2015, la società Gli Ulivi S.r.l. ha impugnato la predetta sentenza, deducendone, senza rubricazione di motivi, l’erroneità, per le censure di seguito sintetizzate:
a) con riferimento alla reiezione dei primi due motivi del ricorso in primo grado:
a.1) si evidenzia come non essendo seguito al preavviso di interdizione dell’attività, di cui alla nota 10 settembre 2013, il provvedimento interdittivo, né nel termine ivi indicato (quindici giorni), né nel termine di cui all’art. 1 comma 22 della legge regionale n. 3/2008 (venti giorni), e nemmeno nel termine previsto dall’art. 19 comma 4 della legge n. 241/1990, si era consolidata legittima aspettativa alla piena regolarità dell’attività, che imponeva adeguata e congrua motivazione comparativa tra interesse pubblico e interesse del privato;
a.2) si censura altresì il rilievo secondo il quale il comma 30 dell’art. 1 della l.r. n. 3/2008 escluderebbe l’applicabilità del regime del D.U.A.A.P. in caso di contrasto con la disciplina urbanistica, perché comunque sarebbe applicabile l’art. 19 della legge n. 241/1990, che consente di inibire lo svolgimento dell’attività, decorso il termine di sessanta giorni, soltanto in presenza di pericolo di danno per il patrimonio artistico-culturale, l’ambiente, la salute, la sicurezza pubblica e la sicurezza nazionale;
a.3) si contesta in ogni caso il rilevato contrasto con la disciplina urbanistica perché la destinazione d’uso impressa all’immobile non è stata variata rispetto a quella originaria “…e cioè quella di alloggio/dormitorio (dei ferrovieri prima e degli studenti poi)”;
a.4) si ribadisce che non è stata richiesta alcuna deroga allo strumento urbanistico -che avrebbe richiesto l’adozione di deliberazione di Consiglio Comunale- insistendo nella prospettazione secondo cui il regime del D.U.A.A.P. sarebbe inapplicabile, ai sensi del comma 30 dell’art. 1 della l.r. n. 3/2008, solo nel caso di deroga richiesta dall’interessato;
a.5) in relazione all’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento d’interdizione dell’attività, si deduce che, decorso il termine di cui all’art. 19 della legge n. 241/1990, l’amministrazione può soltanto esercitare i poteri di ritiro in autotutela, nei modi e con i limiti di cui agli art. 21 quinquies e seguenti della stessa legge e comunque in presenza dei qualificati profili di pregiudizio già illustrati;
a.6) si censura la motivazione del provvedimento inibitorio, incentrato sulla pretesa diversità tra la precedente destinazione di dormitorio, ritenuta assimilata a quella di “case per ferie”, e considerata riservata solo a gestori pubblici, insistendo sulla omogeneità della destinazione d’uso (ricettiva) dell’immobile, evidenziando altresì che, secondo quanto era stato dedotto nel terzo motivo di ricorso, peraltro non esaminato specificamente dal TAR, la categoria catastale attribuitagli era comunque D2 e quindi ricettiva;
b) con riferimento alla reiezione degli altri motivi di ricorso si ribadisce che non è intervenuta alcuna modifica della destinazione d’uso rispetto a quella originaria, essendo quella a dormitorio se non identica quantomeno affine a quella di residenza per studenti, non potendo assumere rilievo le sopravvenute previsioni del P.U.C., né valore “confessorio” l’osservazione presentata al medesimo, e avendo lo stesso provvedimento riconosciuto l’assimilabilità tra la destinazione a dormitorio e le case per ferie;si sottolinea che con l’introduzione dell’art. 23- ter al d.P.R. n. 380/2001 assume rilevanza solo il mutamento di destinazione d’uso tale da comportare l’assegnazione a diversa categoria funzionale, laddove nel caso di specie il mutamento di destinazione è “…avvenuto all’interno della medesima categoria di cui alla lettera a-bis) che riguarda indistintamente la destinazione “turistico-ricettiva”.
4.1) Costituitosi in giudizio, il Comune di Sassari, con memoria difensiva depositata il 21 aprile 2016 ha dedotto l’infondatezza dell’appello, evidenziando che:
a) in relazione al contrasto tra attività e destinazione urbanistica il regime della D.U.A.A.P. e le previsioni e termini della l.r. n. 3/2008 sono inapplicabili, con conseguente irrilevanza dell’invocata tardività del provvedimento interdittivo, che comunque è adeguatamente motivato in relazione a quanto rappresentato nella comunicazione d’avvio del 10 settembre 2013;
b) è incontestabile la difformità tra la nuova destinazione e quella precedente, come dimostrato dall’osservazione al P.U.C. adottato, presentata dal tecnico di fiducia, per conto della società, che altrimenti non avrebbe avuto senso alcuno;
c) l’inapplicabilità sancita dal comma 30 dell’art. 1 della l.r. n. 3/2008 opera in senso oggettivo, e quindi prescinde dalla circostanza che l’interessato abbia chiesto l’esecuzione dell’intervento in deroga allo strumento urbanistico;
d) la comunicazione d’avvio del 10 settembre 2013 è atto iniziale del procedimento sfociato nel provvedimento interdittivo del 4 aprile 2014, che infatti la richiama espressamente, onde non sussiste alcuna violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, e peraltro il provvedimento interdittivo era atto vincolato;
e) il T.A.R. ha esaminato anche il terzo motivo, oltre che il quarto, il quinto e il sesto, argomentando in modo esauriente sul contrasto con la destinazione urbanistica di zona;l’assimilazione alle case per ferie, caratterizzate da gestione senza scopo di lucro, può valere per la pregressa destinazione a dormitorio, strettamente connessa all’esercizio del servizio ferroviario, non anche per un residence universitario.
4.2) Con memoria di replica, depositata il 5 maggio 2016, la società appellante –che con memoria depositata il 15 aprile 2016 aveva insistito nelle censure dedotte, richiamando anche, quanto all’applicabilità del termine ex art. 19 della legge n. 241/1990 alle D.U.A.A.P. disciplinate dalle leggi regionali, la deliberazione di Giunta Regionale n. 39/55 del 23 settembre 2015-, ha a sua volta ribadito che:
a) la fattispecie resta in ogni caso disciplinata dalla normativa statale, anche nel caso di ritenuta inapplicabilità di quella regionale;
b) la comunicazione d’avvio del procedimento del 10 settembre 2013 non poteva riferirsi al provvedimento interdittivo del 4 aprile 2014, emanato oltre i termini, onde occorreva nuova comunicazione d’avvio.
4.3) All’udienza pubblica del 26 maggio 2016 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
5.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, integrata nella motivazione dai rilievi che seguono.
Preliminarmente il Collegio rileva che non possono essere esaminati i motivi di doglianza nuovi rispetto al thema decidendum di primo grado, introdotti con il ricorso in appello e le due memorie difensive, perché violativi del divieto dei nova sancito dall’art. 104 c.p.a. e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. V, n. 5868 del 2015).
5.1) In ordine logico è prioritario analizzare il rapporto tra le previsioni dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e quelle recate dall’art. 1, commi da 16 a 30, della legge regionale della Sardegna 5 marzo 2008, n. 3.
La società appellante sostiene infatti che, in ogni caso, anche qualora risulti inapplicabile la disciplina regionale, la fattispecie resterebbe regolata dalla normativa statale, con assoggettamento ai relativi termini procedimentali scaduti i quali, i poteri di autotutela “interdittiva” dell’attività potrebbero esercitarsi nelle sole ipotesi di pregiudizio per il patrimonio artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale, e quindi di contrasto con gli interessi “sensibili” di cui al comma 4 dell’art. 19.
5.2) Tale prospettazione non considera che, ai sensi dell’art. 29 comma 2 quinques della legge n. 241/1990, come introdotto dall’art. 10, comma 1, lettera b), numero 2), della legge 18 giugno 2009, n. 69, “Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione alle disposizioni del presente articolo, secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione”.
In altri termini, se in generale, come previsto dal comma 2 ter dell’art. 29 (esso pure introdotto art. 10, comma 1, lettera b), numero 2), della legge 18 giugno 2009, n. 69, nel testo ratione temporis applicabile) “Attengono altresì ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti la dichiarazione di inizio attività e il silenzio assenso e la conferenza di servizi, salva la possibilità di individuare, con intese in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in cui tali disposizioni non si applicano”;nondimeno alle Regioni a statuto speciale e alle Provincie autonome di Trento e di Bolzano compete, in via esclusiva, di “recepire” nella propria legislazione e di regolare il procedimento relativo alle attività soggette a comunicazione, dichiarazione, segnalazione di avvio dell’attività, e quindi anche di individuare -in ciò ovviamente differenziandosi l’ambito della loro competenza legislativa rispetto a quella concorrente delle Regioni ordinarie- anche i casi di esclusione dal regime semplificato.
Per completezza si evidenzia che tale scelta è stata riproposta, da ultimo, dall’art. 4 del d.lgs. n. 126 del 2016 che, nel dettare la disciplina transitoria della riforma dell’istituto della segnalazione certificata di inizio di attività, ha introdotto, a carico delle regioni e degli enti locali, un termine (al 1° gennaio 2017), per l’adeguamento dei rispettivi ordinamenti ai novellati artt. 18- bis, 19 e 19- bis , l. n. 241 del 1990, richiamando l’intero art. 29 cit. e dunque anche la distinzione fra regioni ordinarie e regioni a statuto speciale (e province autonome di Trento e Bolzano).
5.3) Né può ipotizzarsi che, essendo le disposizioni della legge regionale sarda n. 3/2008 che disciplinano il regime semplificato anteriori alla richiamata novella dell’art. 29 della legge n. 241/1990, possa trovare applicazione diretta la normativa statale, ciò che è escluso proprio dalla riserva di legislazione regionale contenuta nel comma 2 quinquies dell’art. 29, e dalla salvaguardia del regime di autonomia speciale.
5.4) Da quanto precede consegue che la D.U.A.A.P. nella Regione Sardegna resta assoggettata in via esclusiva alle disposizioni di cui ai commi da 16 a 30 dell’art. 1 della legge regionale n. 3/2008, e quindi all’ambito applicativo, alle modalità procedimentali e ai termini ivi indicati.
5.5) Come già ricordato nella narrativa in fatto, il comma 30 dell’art. 1 dispone testualmente che:
“Sono esclusi dagli effetti delle disposizioni di cui ai precedenti commi i progetti di impianti produttivi che, sebbene conformi alla vigente disciplina ambientale, sanitaria, di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di sicurezza sul lavoro e di tutela della pubblica incolumità, contrastano con lo strumento urbanistico, anche qualora lo stesso strumento non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o aree insufficienti o non utilizzabili”.
La disposizione quindi preclude l’applicazione del regime semplificato per l’avvio dell’attività, e quindi in radice l’operatività anche dei termini del procedimento, nel caso di contrasto con la pianificazione urbanistica, e ciò in senso obiettivo e assoluto, ossia a prescindere da ogni indicazione, dichiarazione, istanza, richiesta dell’interessato circa la possibile “deroga” allo strumento urbanistico, posto che l’esclusione vale anche se nello strumento urbanistico non vi siano indicazione di aree destinate all’insediamento dell’attività, ovvero esse siano insufficienti o inutilizzabili.
In tal senso, quindi, non è nemmeno possibile parlare di “deroga” allo strumento urbanistico con la conseguenza che l’argomentazione del giudice di primo grado - sia pure giustificata dalla prospettazione ricorsuale e difensiva della parte, in ordine alla “…incertezza che deriverebbe da tale assunto in ordine alla concreta applicazione della disposizione in esame, che resterebbe affidata a complesse indagini soggettive sullo stato psicologico del richiedente…” - è inesatta e deve essere integrata nei termini indicati.
5.6) Così impostata la questione concernente l’individuazione del contenuto e degli effetti della previsione sancita dal comma 30 dell’art. 1 della legge regionale sarda n. 3/2008, il thema decidendum è ricondotto ai suoi esatti, effettivi e stringenti termini, ovvero se l’attività di residence - destinato in modo prevalente a studenti universitari fuori sede, con locali attrezzati per studio, svago e divertimento, anche adatti all’organizzazione di feste ed eventi - sia o meno compatibile con le destinazioni d’uso ammesse nella zona urbanistica.
La risposta non può che essere negativa e ciò sia in relazione alla disciplina del previgente P.R.G. che in relazione a quella del vigente P.U.C.
Secondo il P.R.G., infatti, nella zona in cui ricade l’immobile, già “ambito 2 sottozona G.4.5”, ai sensi dell’art. 28 delle N.T.A. era ammessa solo la destinazione d’uso d12 (impianti ferroviari).
In base al P.U.C. la zona è invece normata come “ambito per servizi generali a scala territoriale – zona omogenea G”, sottozona G.5.2.1 (“i nodi dei trasporti quali le stazioni ferroviarie”), di cui all’art. 53 delle relative N.T.A., che comprendono, ai sensi del successivo art. 57 “le aree attualmente adibite e previste per svolgere funzioni legate al trasporto passeggeri e merci ed alla mobilità e attrezzature di servizio connesse (parchi ferroviari, tranviari, automobilistici, stazioni ferroviarie e tranviarie, centri intermodali e di scambio e relativi spazi annessi)” e nelle quali sono destinazioni di uso ammesse “le infrastrutture di rete e puntuali, gli edifici, gli impianti e le attrezzature funzionali alle attività di trasporto e di mobilità, i servizi di supporto ed a corredo delle attività di trasporto e mobilità”.
5.7) Non può sostenersi, peraltro, che la preesistente destinazione d’uso dell’immobile (dormitorio per il personale viaggiante) legittimi quella che la società ha inteso imprimergli ( residence per studenti universitari).
Infatti, il dormitorio per il personale viaggiante è servizio strettamente connesso all’attività di esercizio ferroviario, e quindi rientra(va) nella categoria generale degli “impianti ferroviari” e rientra in quella di “attrezzature funzionali alle attività di trasporto” e/o di “servizi a supporto delle attività di trasporto e mobilità”.
Al contrario il residence per studenti universitari è attività ricettiva extra-alberghiera priva di qualsiasi correlazione e nesso di pertinenzialità (in senso funzionale) con l’attività relativa all’esercizio ferroviario, com’è intuitivo e evidente.
In senso contrario non può opinarsi dalla non persuasiva assimilazione, da parte dell’Amministrazione comunale, del dormitorio alle “case per ferie”
Né può assumere rilievo alcuno, ai fini della valutazione di compatibilità urbanistica dell’intervento e dell’attività, la circostanza, invocata dalla società appellante, che l’immobile era classificato nella categoria catastale D2.
E’ evidente, infatti, che la qualificazione catastale non può assumere rilevanza in relazione alla chiara previsione delle destinazioni d’uso urbanistiche ammesse.
Per completezza il collegio rileva che:
a) alla società sono state assicurate le adeguate garanzie procedimentali previste dalla legge;
b) la motivazione degli atti impugnati è congrua;
c) sono stati emessi, nei confronti della medesima società, altri due provvedimenti formali negativi di analogo contenuto che non risultano essere stati impugnati.
6.) Alla stregua dei rilievi che precedono, integrativi di quelli svolti da giudice amministrativo sardo, per il resto condivisi, l’appello deve essere quindi rigettato, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
7.) La novità delle questioni esaminate giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese e onorari del giudizio d’appello.