Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-08-08, n. 201804869

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2018-08-08, n. 201804869
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201804869
Data del deposito : 8 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/08/2018

N. 04869/2018REG.PROV.COLL.

N. 03848/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 3848 del 2009, proposto da:
Comune di Fasano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato O C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G T in Roma, via Fabio Massimo, n. 107;

contro

M s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R G M, con domicilio eletto presso lo studio del dottor M G in Roma, via L. Mantegazza, n. 24;
Mi.Ta. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato R G M, con domicilio eletto presso lo studio del dottor M G in Roma, via L. Mantegazza, n. 24;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZIONE II, n. 3756/2008, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello;

Visto l'atto di costituzione in giudizio e il ricorso incidentale di M s.r.l.;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Mi.Ta. s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 21 giugno 2018 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Alessio Mauro, su delega dell'avvocato O C, e Casertano, su delega dell'avvocato R G M;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

1. La M s.r.l., che aveva svolto il servizio di refezione scolastica nelle scuole materne del Comune di Fasano dal 1994 al 2005 in virtù di appositi contratti, essendo rivelatesi infruttuose le richieste avanzate al predetto ente per ottenere la revisione dei prezzi, proponeva domanda giudiziale al Tribunale civile di Brindisi che, con sentenza n. 103 del 2 luglio 2007, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.

La predetta società riassumeva il giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, chiedendo l’accertamento, ai sensi dell’art. 6, quarto comma, della l. 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall’art. 44 della l. 23 dicembre 1994, n. 724, del diritto al compenso revisionale a far data dal contratto rep. n. 2538 del 10 gennaio 1997, con conseguente condanna dell’amministrazione comunale al pagamento delle relative somme, oltre interessi legali.

2. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito Tribunale, dichiarata preliminarmente la propria giurisdizione:

- accoglieva l’eccezione di prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 4 c.c. sollevata dall’amministrazione intimata;

- qualificava il rapporto intercorso tra le parti come appalto di servizi, con conseguente applicabilità del meccanismo revisionale e inserzione automatica nel contratto della norma imperativa invocata dall’impresa;

- riteneva che la successione dei vari contratti intercorsi avesse dato vita in realtà ad un unico ininterrotto rapporto contrattuale, senza comportare la rinegoziazione del prezzo;

- riconosceva per l’effetto il diritto della società ricorrente alla revisione prezzi per il quinquennio antecedente alla data dell’11 novembre 2004, data di notifica dell’atto di citazione avente efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi dell’art. 2943 c.c., nell’importo da quantificarsi da parte dell’obbligato Comune di Fasano, ai sensi dell’art. 6, quarto comma, della l. 537/93, tenendo conto dei criteri dettati dal successivo comma 6.

3. Il Comune di Fasano ha appellato tale sentenza e ne ha chiesto la riforma, deducendone l’erroneità della decisione nella parte in cui aveva ritenuto che la successione dei contratti intercorsi tra le parti avesse dato luogo ad un unico rapporto contrattuale invece che a singoli rapporti contrattuali, con conseguente rinegoziazione dei prezzi;
ha quindi decisamente contestato la fondatezza della pretesa della società ricorrente, quantificata in € 785.783,79, nonché la spettanza degli interessi moratori ex art. 1224 c.c., per carenza della formale costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c., e della rivalutazione monetaria a titolo di maggior danno, di cui al secondo comma dell’art. 1224 c.c., per carenza di elementi di prova, concludendo per l’integrale rigetto del ricorso di primo grado.

4. La M s.r.l. si è costituita in giudizio, spiegando anche appello incidentale. In particolare ha innanzitutto eccepito la tardività dell’appello, perché notificato il 28 aprile 2009, ovvero oltre il termine di trenta giorni decorrenti dalla notifica della sentenza di primo grado (6 marzo 2009), in violazione dell’art. 23- bis della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, aggiunto dall’art. 4 della l. 21 luglio 2000, n. 205, applicabile ratione temporis , e comunque la sua infondatezza nel merito, non mancando di rilevare, con particolare riferimento alle censure articolate dall’amministrazione appellante, di non aver avanzato alcuna richiesta di rivalutazione monetaria del credito azionato;
ha quindi chiesto la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui: a) aveva riconosciuto il diritto alla revisione prezzi nei limiti della prescrizione quinquennale e non già di quella ordinaria decennale;
b) aveva individuato l’atto interruttivo della prescrizione nella notifica dell’atto di citazione davanti al G.O. e non già nella richiesta di pagamento del compenso revisionale avanzata con nota 29 gennaio 2004, acquisita dall’Amministrazione il 27 febbraio 2004, valido atto di costituzione in mora ex art. 1219 c.c.;
c) non aveva dichiarato il suo diritto ad ottenere gli interessi legali sulle somme riconosciute a titolo di compenso revisionale sul corrispettivo dell’appalto.

5. Con ordinanza n. 3076 del 12 giugno 2009, in accoglimento dell’istanza cautelare proposta dall’amministrazione appellante, è stata sospesa l’esecutività della sentenza appellata.

6. Nelle more del giudizio si è costituita la Mi.Ta. s.r.l., rappresentando che: a) la M s.r.l., con atto registrato il 30 dicembre 2013 in Ostuni, aveva ceduto il credito oggetto di controversia alla Mi.Ta. s.n.c. di Micoli Vito &
C., che aveva comunicato la predetta cessione al Comune di Fasano il 4 novembre 2015, in occasione della notifica di un ricorso proposto nei confronti dello stesso Comune innanzi al Tar Lecce (n.r.g. 2606/2015);
b) Mi.Ta. s.n.c. si era poi trasformata in Mi.Ta. s.r.l. con atto registrato il 28 ottobre 2016;
facendo quindi valere le stesse ragioni di M s.r.l. e chiedendo il rigetto dell’appello principale del Comune di Fasano e l’accoglimento di quello incidentale.

7. Le parti hanno illustrato con apposite memorie le proprie richieste e difese: in particolare il Comune di Fasano ha eccepito l’inefficacia e l’inopponibilità della predetta cessione di credito (che non le sarebbe mai stata ritualmente notificata) nonché l’inammissibilità della costituzione in giudizio della società cessionaria per difetto di legittimazione attiva e della titolarità dal lato attivo del rapporto controverso, avanzando anche, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 8, comma 1, c.p.a., richiesta di accertamento, anche di ufficio, della nullità del cessione del credito risarcitorio in parola;
Mi.Ta. s.r.l. ha puntualmente replicato alle predette eccezioni, rilevando peraltro che la circostanza che l’adito Tar abbia respinto nel merito il citato ricorso n.r.g. 2606/2015 con la sentenza n.735/2018 sarebbe sintomatica del rigetto implicito della eccezione preliminare di inefficacia e inopponibilità della cessione del creduti sollevata ex adverso .

8. La controversia è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 21 giugno 2018.

DIRITTO

1. Occorre innanzitutto esaminare l’eccezione sollevata dalla società appellata di tardività dell’appello principale, in quanto notificato il 28 aprile 2009, ovvero oltre il termine di trenta giorni decorrenti dalla notificazione della sentenza di primo grado (6 marzo 2009): invero, poiché il deposito della sentenza gravata è anteriore al 16 settembre 2010 (data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104), dovrebbe trovare applicazione della disciplina previgente da rinvenirsi nell'art. 23- bis , comma 7, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (aggiunto dall’art. 4 della l. 21 luglio 2000, n. 205), secondo cui il termine per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata nei giudizi sottoposti a rito abbreviato, tra cui “ i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture ” di cui allo stesso art. 23- bis , comma 1, lett. c), è di trenta giorni decorrenti dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza.

L’eccezione è infondata.

Seppure deve ammettersi che la questione dei rito applicabile alle controversie in tema di revisione prezzi non abbia trovato sempre soluzioni univoche (potendo ricordarsi che con riferimento alla disposizione di cui all’art. 19 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito dalla l. 23 maggio 1997, n. 13 - prima norma acceleratoria dei termini processuali amministrativi, analoga a quella di cui all’art. 23- bis , comma 7 della legge n. 1934 del 1971- è stato ritenuto sia che l'accelerazione dei procedimenti giurisdizionali amministrativi in materia di opere pubbliche sarebbe stata applicabile anche ai provvedimenti relativi alla revisione prezzi, in quanto le relative controversie, pur non incidendo in via diretta e immediata sull'andamento dei lavori, ineriscono all'esecuzione dell'appalto sotto il profilo del pagamento del prezzo, fase da considerare parte integrante del procedimento di ultimazione dei lavori [Cons. Stato, VI, 18 ottobre 2000, n. 5605], sia, per contro, che la revisione dei prezzi non potesse rientrare nella espressione " provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità ", giacchè essa non concerne l'esecuzione dell'opera pubblica, ma solo la prestazione corrispettiva spettante all'appaltatore [Cons. Stato, V, 10 aprile 2000, n. 2076], dubbi che peraltro hanno determinato la concessione dell’errore scusabile), la Sezione è tuttavia dell’avviso che debba essere data continuità, anche per la corretta applicazione dei principi di cui agli artt. 24 e 111 Cost., all’indirizzo giurisprudenziale s econdo cui le disposizioni acceleratorie, nella misura in cui derogano incisivamente all'ordinario regime processuale, devono essere considerate di stretta interpretazione e non possono perciò essere applicate estensivamente al di fuori delle ipotesi specificamente individuate dal legislatore, solo per queste ultime sussistendo, secondo il suo discrezionale e non irragionevole giudizio, speciali esigenze, in ragione degli interessi pubblici coinvolti, di contenimento dei tempi dell'azione giudiziaria (Cons. Stato, VI, 8 luglio 2011, n. 4123;
28 febbraio 2006, n. 870;
V, 6 maggio 2015, n. 2270;
5 maggio 2009, n. 2801;
IV, 31 luglio 2008, n. 3823;
Ad. Plen. 30 luglio 2007, n. 9).

Con la conseguenza che, non essendo espressamente contemplata nella previsione del comma 1 dell'art. 23- bis , l. n. 1034 del 1971 la materia della revisione prezzi, alla controversia in esame, che concerne esclusivamente tale questione (essendo stata del resto introdotta dopo la scadenza dell’ultimo contratto intercorso tra le parti), non può applicarsi la dimidiazione dei termini ivi previsti e deve ritenersi tempesto l’appello principale proposto nell'ordinario termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza sfavorevole.

2 . Nel merito, l’appello principale è fondato.

2.1. L’art. 6 della l. 24 dicembre 1993, n. 537 (come sostituito dall'art. 44 della l. 23 dicembre 1994 n. 724 e il cui comma 2 è stato modificato dall’art. 23 della l. 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dall'art. 256 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), nel vietare il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, comminandone la nullità, e nel consentirne (fino alla modificazione introdotta dalla citata legge n. 62 del 2005) la rinnovazione espressa in presenza di ragioni di pubblico interesse (comma 2), stabiliva: “ Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6 ” (comma 4).

Come evidenziato dalla giurisprudenza, scopo di tale norma è quello di tutelare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni: è stato pertanto ad essa riconosciuta natura di norma imperativa alla quale si applicano gli artt. 1339 (inserzione automatica di clausole) e 1419 (nullità parziale) del codice civile (Cons. Stato, V, 2 novembre 2009, n. 6709;
III, 1 febbraio 2012, n. 504;
9 maggio 2012, n. 2682;
V, 22 dicembre 2014, n. 6275;
21 luglio 2015, n. 3594).

2.2. Chiarito in linea generale che la disposizione in questione, in quanto norma imperativa, si inserisce automaticamente nel contratto e prevale sulla specifica diversa regolamentazione pattizia (a nulla rilevando che le parti abbiano o meno previsto il compenso revisionale), deve rilevarsi che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la revisione dei prezzi così prevista si applica solo alle proroghe contrattuali, ma non agli atti successivi al contratto originario, con cui, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, sia stato dato corso tra le parti a distinti, nuovi e autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario (Cons. Stato, IV, 1° giugno 2010, n. 3474;
III, 23 marzo 2012, n. 1687;
11 luglio 2014, n. 3585).

Il presupposto per l’applicazione dell’istituto della revisione è pertanto la sussistenza di una mera proroga del contratto: ciò in quanto le manifestazioni negoziali di procedere al rinnovo del contratto, anche se di contenuto analogo alle condizioni precedenti, danno luogo a nuovi e distinti rapporti giuridici, in discontinuità con l’originario contratto, che non può essere assunto a parametro di raffronto per la maggiorazione dei corrispettivi a mezzo del procedimento di revisione (Cons. Stato, III, n. 2682 del 9 maggio 2012).

2.3. Per qualificare la tipologia contrattuale (rinnovo o proroga) che viene in rilievo nella materia de qua non è rilevante il nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, bensì l’esistenza in concreto, per il rinnovo di una nuova negoziazione e per la proroga del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, con la precisazione che la nuova negoziazione può anche concludersi con la conferma delle precedenti condizioni (Cons. Stato, V, 31 dicembre 2003, n. 9302;
VI, 22 marzo 2002, n. 1767).

In definitiva, la rinnovazione si contraddistingue per la rinegoziazione del complesso delle condizioni (Cons. Stato, VI, 7 maggio 2015, n. 2295);
per il periodo in cui l’espletamento del servizio è proseguito in virtù di apposita clausola di rinnovo del rapporto contrattuale, si determina uno iato con il contratto originario e il nuovo periodo contrattuale si configura, pertanto, come autonomo rispetto al precedente. Non può, quindi, trovare applicazione il meccanismo di revisione dei prezzi, perché incompatibile con la rinnovata volontà negoziale della ditta di rendere il servizio al medesimo costo in precedenza concordato e con accettazione della congruità del corrispettivo (Cons. Stato, III, 18 dicembre 2015, n. 5779).

2.4. Ciò precisato è indispensabile ai fini della soluzione della controversia di esaminare i contratti per i quali viene rivendicato il compenso revisionale.

2.4.1. Il servizio di refezione scolastica nelle scuole materne è stato affidato dal Comune di Fasano alla Mi.Ta s.n.c. (per il primo) e poi alla M s.r.l. (per i successivi) mediante i seguenti contratti: I) rep. n. 2416 del 1° dicembre 1995, valevole per il triennio 1995/1997;
II) rep. n. 2538 del 10 gennaio 1997, contenente un patto aggiuntivo;
III) rep. n. 2579 del 29 ottobre 1997, valevole dal 24 ottobre al 19 dicembre 1997;
IV) rep. n. 2604 dell’11 febbraio 1998, valevole dal 7 gennaio al 31 maggio 1998;
V) rep. n. 2692 del 24 novembre 1998, valevole per gli anni scolastici dal 1998/1999 al 2000/2001;
VI) rep. n. 2864 del 4 ottobre 2001, valevole per l’anno scolastico 2001/2002, poi sino al maggio 2004;
VII) rep. n. 2982 del 12 ottobre 2004, valevole dal 6 ottobre 2010 al 22 dicembre 2004, poi sino al 27 maggio 2005.

L’impresa ha avanzato la richiesta di revisione prezzi a decorrere dal contratto n. rep. n. 2538 del 10 gennaio 1997.

La mera disamina di tali contratti fa emergere, in applicazione delle coordinate ermeneutiche sopra indicate, la sussistenza di autonome rinegoziazioni (anche) dell’elemento prezzo, nei sensi dianzi precisati, e, per converso, l’interruzione dei singoli rapporti contrattuali.

2. 4.2. In particolare:

- non vi è alcuna continuità tra il primo contratto regolante il servizio, n. 2416/1995, e il contratto n. 2538/1997, a partire dal quale, come detto, l’impresa ha chiesto il compenso revisionale.

Il contratto n. 2538/1997 reca infatti novazioni soggettive e oggettive.

In particolare, il contratto n. 2416/1995 è stato stipulato tra l’Amministrazione comunale e il soggetto risultato aggiudicatario della procedura pubblica menzionata nel contratto stesso, ovvero Mi.Ta. s.n.c.. Il relativo capitolato speciale (art. 12) stabiliva la vincolatività del prezzo pattuito per tutta la durata dell’appalto.

Il contratto n. 2538/1997 risulta invece stipulato tra l’Amministrazione e M. s.r.l., nella qualità di cessionaria del ramo di azienda della originaria affidataria del servizio, subentrante nel relativo rapporto come da presa d’atto di cui alla delibera giuntale n. 1459/1995

M s.r.l. ha quindi accettato di espletare il servizio alle stesse condizioni a suo tempo assicurate dall’aggiudicataria/cedente, assumendo, al riguardo, un impegno contrattuale che si profila come del tutto autonomo.

Inoltre, il contratto ha esteso l’affidamento a ulteriori servizi (mensa, sistemazione e pulizia locali);

- i contratti nn. 2579/1997 e 2604/1998, sono stati stipulati, con M, previa delibere giuntali (rispettivamente nn. 830/1997 e 1027/97), che hanno vincolato la contrattazione alle condizioni del precedente contratto del 1994, come modificato nel 1997.

M ha espressamente dichiarato di conoscere e di accettare tali condizioni senza alcuna riserva;

- lo stesso deve dirsi per il contratto n. 2692/1998, depositato sia dal Comune che dalla M solo nella prima pagina, ma il cui contenuto è stato riassunto nel preambolo del successivo contratto n. 2864/2001, che lo indica come preceduto dalla delibera giuntale n. 559/1998;

- il contratto n. 2864/2001, preceduto, stavolta, dalla deliberazione del Commissario prefettizio n. 345/2001, ha previsto alcune modificazioni all’affidamento, facendo rinvio, per quanto non rideterminato, alle deliberazioni e ai contratti precedenti.

Tra le modifiche apportate vi è quella relativa al prezzo del servizio, che è stato rideterminato in ribasso. L’affidamento, con le dette modifiche, è stato accettato da M senza alcuna riserva;

- il contratto n. 2982/2004, preceduto dalla deliberazione giuntale n. 273/2004, regola una modifica dell’affidamento, per quanto attiene al personale impiegato, che viene poi disposto allo stesso prezzo già assicurato dall’impresa sino al maggio 2004. Anche in tal caso M ha dichiarato di conoscere e accettare tali condizioni.

2.4. 3. Deve aggiungersi che la già citata deliberazione commissariale n. 355/2001 costituisce la definitiva conferma della “rinegoziazione”, ovvero della avvenuta espressa accettazione da parte dell’impresa dei corrispettivi via via convenuti con l’amministrazione comunale.

Tale deliberazione, assunta in prossimità della scadenza del contratto n. 2692/1998, fissata al 31 maggio 2001, dà atto (pag.2) che la M, con nota 29 febbraio 2001 (n. prot. 7122 del 27 febbraio 2001), ha avanzato richiesta di rinnovo dell’affidamento agli stessi prezzi patti e condizioni di cui ai precedenti contratti, invitando l’Amministrazione a valutare il vantaggio economico della proposta, ai sensi dell’art. 44 della l. 23 dicembre 1994, n. 724, sostitutivo del comma 2 dell’art. 6 della l. 537/93, poi modificato dall'art. 23, comma 1, della l. 62/2005, nei sensi, allora vigenti (e poi soppressi), secondo cui “ Entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni accertano la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi e, ove verificata detta sussistenza, comunicano al contraente la volontà di procedere alla rinnovazione ”.

A tale richiesta è seguita una corrispondenza tra le parti (nota del Comune n. 11820 del 4 aprile 2001;
nota della società 9 aprile 2001, prot. 12937 del 12 aprile 2001) nonché la comunicazione del Comune, di cui all’atto n. 32521 del 25 settembre 2001, di procedere al rinnovo del contratto senza l’espletamento della gara.

Il preambolo della deliberazione commissariale appena citata, alla prima pagina, permette ancora di rilevare come anche il contratto n. 2692/1998 sia stato stipulato ai sensi della stessa disposizione di cui sopra;
con l’effetto che nella fattispecie deve trovare, ulteriormente, applicazione il principio giurisprudenziale secondo cui l'impresa, che ha beneficiato di una speciale norma che prevede la possibilità di rinnovo del contratto senza gara a condizione di una concordata riduzione del prezzo, non può poi pretendere di applicare allo stesso contratto il meccanismo della revisione dei prezzi, che condurrebbe ad effetti del tutto opposti rispetto alla pattuita riduzione del corrispettivo (C. Stato, VI, 25 luglio 2006, n. 4640).

2.4.4. Le conclusioni così raggiunte non mutano alla luce degli elementi offerti in cognizione da M, che si è limitata sostanzialmente a richiamare in linea generale la natura di norma imperativa dell’art. 6 della l. 537/93 e a descriverne la ratio e gli effetti, mentre, laddove ha fatto specifico riferimento alla fattispecie concreta di suo interesse, ha evidenziato l’identità del servizio fornito e l’identità del prezzo contrattuale, ovvero due elementi che la disamina dei contratti sopra effettuata non consente di confermare nell’esposta assolutezza, essendosi visto come il rapporto sia stato caratterizzato da modificazioni soggettive e oggettive, queste ultime afferenti anche al prezzo.

M ha poi confutato le difese del Comune di Fasano fondate sulla ridetta deliberazione commissariale n. 345/2001, limitandosi a sostenerne l’inconferenza sol perché la pronunzia appellata ha riconosciuto all’impresa il diritto alla revisione prezzi nei limiti della prescrizione quinquennale e quindi per il periodo successivo al novembre 2004: ma in tal modo la società ha obliato di aver chiesto, nel ricorso incidentale, la riforma della stessa sentenza proprio nella parte in cui ha riconosciuto il diritto della società alla revisione prezzi nei limiti della prescrizione quinquennale e non già dell’ordinario termine decennale.

3. Alle raggiunte conclusioni consegue:

- l’accoglimento dell’appello principale e la riforma della sentenza appellata, con conseguente reiezione del ricorso proposto in primo grado;

- la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello incidentale, volto ad ampliare l’utilità rinveniente all’impresa dalla gravata sentenza in esito al ricorso proposto in primo grado, di cui è stata ora disposta la reiezione.

Le spese di lite, in considerazione dell’andamento complessivo della controversia e della complessità e peculiarità delle questioni poste, possono essere integralmente compensate tra le parti.

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