Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-08, n. 202000149

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-08, n. 202000149
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000149
Data del deposito : 8 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/01/2020

N. 00149/2020REG.PROV.COLL.

N. 02506/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2506 del 2012, proposto dall’azienda agricola “Agri P.” di P P e f.llo Vito, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A P in Roma, via Nizza, n. 59;

contro

l’Agea-Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

la Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore , non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione Prima), n. 2111/2011, resa tra le parti, concernente il ricalcolo del prelievo supplementare relativo all’annata lattiera 2002-2003


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agea-Agenzia per le erogazioni in agricoltura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2019 il Cons. A M e uditi per le parti l’avvocato M G e gli avvocati dello Stato Lorenza Vignato e Paolo Gentili;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso n.r. 940/2007, integrato da tre ricorsi per motivi aggiunti, proposto innanzi al T.A.R. per la Puglia, sede di Lecce, l’intestata azienda agricola, dedita alla produzione e commercializzazione del latte vaccino, impugnava la comunicazione con la quale AGEA, a seguito di ricalcolo del computo precedente, indicava in euro 90.890,35 l’ammontare del prelievo supplementare dovuto per le consegne della campagna lattiera 2002/2003 (prot. n. DPAU.2007.803 del 8 marzo 2007) e le ulteriori comunicazioni con le quali effettuava la compensazione con gli aiuti comunitari spettanti alla medesima azienda (prot n. AGEA.AGA.2007.32156 del 29 maggio 2007;
prot. n. AGEA.AGA.2007.36625 del 7 giugno 2007;
prot. n. AGEA.AGA.2007.44533 del 20 luglio 2007).

2. Il Tribunale adìto, con sentenza n. 2111 del 14 dicembre 2011, ha respinto i ricorsi, ritenendo infondate tutte le doglianze, peraltro già affrontate in analoghi contenziosi, e compensato le spese.

3. Con l’odierno appello, l’azienda agricola le riproduce integralmente in chiave critica rispetto alla sentenza avversata. In particolare, con il primo motivo di gravame lamenta l’errata valutazione della avvenuta violazione di un ordine del giudice: con gli atti impugnati, infatti, Agea avrebbe sostanzialmente disatteso il decisum della sentenza n. 167 del 25 ottobre 2005 del Tribunale di Taranto, sezione staccata di Ginosa, su ricorso in opposizione ex art. 22, l. 24 novembre 1981,n. 689, proposto dal sig. P, dante causa della società “Agri P.” di P P e f.llo Vito, avverso la determinazione del prelievo supplementare richiesto all’azienda prima acquirente Cooperativa agricola Murgia Latte jonica, anziché alla società subentrata giusta contratto di affitto di fondo rustico e quota latte a partire dall’anno 2002. Avendo la sentenza de qua annullato la nota AGEA prot. n. 6275 del 30 luglio 2003, in forza dell’art. 2266 c.c. i relativi effetti avrebbero dovuto travolgere anche le richieste inoltrate alla società. Lamenta poi, con articolati e intersecantisi motivi, distinti con riferimento al ricorso originario e ai successivi motivi aggiunti, plurime violazioni di legge, sia nazionale che comunitaria, ribadendo sostanzialmente la affermata illegittimità di un sistema fondato sulla determinazione postuma dei quantitativi individuali (cd. QRI), oltre che carente in punto di istruttoria sulla loro determinazione di partenza. In maniera specificamente legata al contesto, lamenta omessa valutazione dei danni rivenienti dall’epidemia di “Blue Tongue” in Puglia (motivo sub V). Da ultimo, con riferimento all’avvenuta reiezione dei primi motivi aggiunti, ribadisce la scorrettezza della compensazione effettuata tra le somme dovute a titolo di prelievo supplementare e quelle che le spettavano quali aiuti comunitari, per contrasto con la disciplina civilistica dell’istituto. In particolare, il combinato disposto degli artt. 1246, comma 1, n. 3 c.c. e 2 del d. P.R. n. 727/1974, così come sostituito dal comma 5 duodecies dell’art. 3 del d.l. 9 settembre 2005, n. 182 e dell’art. 12 bis del d.lgs. n. 165/1999, così come modificato a sua volta dal suddetto d.l. n. 182/2005, non consentirebbero la compensazione di crediti impignorabili, oltre che privi dei necessari requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità.

4.Si è costituita in giudizio l’AGEA con atto meramente di stile.

5. In vista dell’odierna udienza, l’azienda ha presentato memoria e versato in atti documentazione inerente la giurisprudenza europea sopravvenuta e quella nazionale a comprova delle incertezze ricostruttive dei dati di calcolo inziale (sentenza del G.I.P. di Roma in data 5 giugno 2019): in particolare, ha invocato, a supporto della ritenuta illegittimità della disciplina applicata, i principi contenuti nella decisione della Corte di Giustizia U.E., sez. VII, del 27 giugno 2019, che stigmatizzano la compensazione nazionale effettuata avendo riguardo a categorie prioritarie e non sulla base di criteri di mera proporzionalità.

6. All’udienza pubblica del 19 novembre 2019, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Preliminarmente il Collegio rileva come, pur collocandosi l’odierna controversia nel solco dell’imponente contenzioso che il regime delle quote latte, nel lungo tempo in cui queste ultime, dal 1998 ad oggi, sono state introdotte, ha suscitato, consentendo così di fissare alcuni punti fermi a fronte delle contrapposte possibili combinazioni argomentative variamente poste (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. III, 27 febbraio 2018, n. 1209), essa presenti taluni aspetti di peculiarità sui quali appare utile soffermarsi. La fitta rete di motivi di appello, intersecantisi l’uno nell’altro al punto da rendere malagevole l’individuazione della specificità di ciascuno, è caratterizzata dal denominatore comune del non rivolgersi specificamente -se non per aspetti del tutto marginali, come la lamentata mancanza di firma- sugli atti impugnati, bensì più propriamente sul meccanismo nella sua globalità, criticando promiscuamente sia la fase, a monte, di assegnazione del quantitativo individuale (QRI), sia quella, a valle, di calcolo del prelievo supplementare. Ciò in quanto le presunte illegittimità delle modalità di individuazione del Q.R.I. si ripercuoterebbero inevitabilmente su tutte le fasi successive della procedura, invalidandola. La continua osmosi, tuttavia, tra le argomentazioni critiche di tale prima fase procedurale, e i rilievi (minori, in verità, e per lo più oggetto dei motivi aggiunti, in quanto riferiti alle modalità di compensazione delle posizioni individuali) più strettamente mossi al computo del prelievo supplementare, ne impongono una disamina disgiunta, indispensabile a perimetrare il residuo, ma effettivo oggetto dell’odierno giudizio.

2.Occorre innanzi tutto, rileva ancora la Sezione, sgombrare il campo dalle invocate suggestioni rivenienti dalla sentenza del Tribunale di Ginosa n. 167 del 25 ottobre 2005 di annullamento del prelievo supplementare relativo alla campagna 2002/2003 di cui alla nota AGEA prot. 6275 del 30 luglio 2003: anche a voler prescindere, infatti, dalla anomalia del rimedio esperito (opposizione a sanzione pecuniaria), laddove è jus receptum che gli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare non costituiscono introiti sanzionatori, dovendo tutta la materia essere più correttamente ascritta agli strumenti di politica economica per il tramite dei quali attuare la perequazione del mercato dei prodotti lattiero caseari (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. III, n. 3686/2018), trattasi di decisione intervenuta inter alios ( il signor P quale persona fisica), come tale incapace di produrre effetti nei confronti della società, oltre che superata dall’avvenuta rideterminazione degli importi (provvedimenti prot.n. DPAU.2007.803 dell’8 marzo 2007;
prot. n. AGEA.AGA.2007.32156 del 27 maggio 2007;
prot. n. AGEA.AGA.2007.36625 del 7 giugno 2007;
infine prot. 2007.44533 del 20 luglio 2007, tutti impugnati con motivi aggiunti).

3.L’azienda lamenta dunque la retroattività nella determinazione del Q.R.I., ampiamente scrutinata dalla giurisprudenza amministrativa: ciò che si contesta, in questo come in molteplici altri analoghi casi, talvolta attraverso l’impugnativa della determinazione del Q.R.I., talaltra, come nel caso di specie, attraverso la contestazione del prelievo supplementare, non è soltanto l’avvenuta individuazione ex post del quantitativo massimo di latte assegnato in relazione all’annata lattiera di riferimento (nel caso di specie il 2002/2003);
bensì il procedimento attraverso il quale si è addivenuti a tale quantificazione, ovvero la ‘storicizzazione’ del dato di partenza , questo sì basato, in forza di un intreccio di determinazioni e rettifiche, sulla retroazione del dato rispetto ad annate lattiere pregresse.

4.Le indicazioni contenute nel ricorso, infatti, non fanno mai riferimento ad un presunto errore di calcolo commesso dall’ amministrazione in relazione al prelievo dell’interessata che ragionevolmente avrebbe potuto indirizzare il giudice a svolgere ulteriori accertamenti di carattere istruttorio secondo il metodo dispositivo acquisitivo. Le censure si soffermano invece sui criteri di ordine generale utilizzati e sulla inattendibilità complessiva del sistema delle quote latte in violazione del principio di affidamento. Da qui la condivisibile affermazione, da parte del giudice di prime cure, « che la società ha proceduto ad una contestazione del tutto generica del sistema ma non ha mai fornito dati concreti al fine di allegare una diversa capacità produttiva e, in definitiva, una assegnazione per difetto della quota latte ».

5.Al riguardo, il Collegio ritiene opportuno richiamare l’orientamento del Consiglio di Stato in forza del quale proprio la determinazione del Q.R.I. sulla base di un dato “storico” crea una sorta di presunzione di conoscenza che soddisfa pienamente le esigenze imprenditoriali delle aziende, quand’anche la comunicazione dello stesso sopraggiunga tardivamente (cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 ottobre 2014 n.5141, nonché id ., 15 ottobre 2014, n.5149, ove si legge che « tutti e ciascun produttore, al di là d’ogni eventuale sprovvedutezza del singolo, non possono opporre gli errori di AIMA o varie incertezze alla determinazione dei QRI, avendo contezza perlomeno della produzione storica fissata nella l. 468/1992 ed ai sensi dell’art. 4 del regol. n. 3950/92/CEE »).

6.La previsione della sottoscrizione di un modello (il cosiddetto modello ‘L1’), pure contestata, da parte del produttore, contenente indicazioni espresse sul quantitativo di latte prodotto nonché sull’eventuale prelievo dovuto, se vi è superamento della quota assegnata, che confluisce nel S.I.A.N., realizza il massimo coinvolgimento possibile sia in termini di verifica partecipativa, sia in termini di possibilità di confutazione degli eventuali dati riscontrati come erronei (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. VI, 19 marzo 2009, n. 1629). Nel caso di specie, peraltro, il primo acquirente era stato sottoposto ad un controllo da parte della Guardia di Finanza di Taranto culminato nella stesura di un processo verbale di constatazione n. 114 del 22 marzo 2003, in base al quale la Regione Puglia aveva effettuato specifiche verifiche;
le rettifiche conseguite hanno originato i provvedimenti contestati.

7.Pur avendo la ricorrente affermato che il malfunzionamento del sistema incide finanche sulla sua legittimità costituzionale sub specie di asserita violazione degli artt. 3, 25 e 41, in quanto costringerebbe i produttori a rispettare quote non corrispondenti alla loro effettiva capacità produttiva, non ha speso un rigo per dimostrare in concreto l’erroneità dell’attribuzione del proprio Q.R.I. e come essa si sia riverberata sulla propria produzione aziendale.

8.La genericità della contestazione non può corroborare la situazione di illegittimità relativa alla propria posizione individuale, gravitando più che sul terreno del singolo provvedimento, che è l’ambito di esame devoluto al giudice amministrativo, su quello della denuncia generale del meccanismo complesso di riequilibrio della produzione di latte.

9.L’argomentazione seguita dal giudice di prime cure, conforme, peraltro, ad un diffuso orientamento ricostruttivo, tende a confutare suddetta generalizzata critica di sistema. Se è vero, dunque, che il legislatore nazionale fu costretto a disciplinare la materia ora per allora, anche a causa dell'incertezza sulle effettive produzioni causata in parte dal sistema dell'autocertificazione, tenendo conto delle risultanze dell’apposita commissione governativa d'indagine istituita allo scopo;
lo è altrettanto che tali meccanismi hanno superato il reiterato vaglio della giurisprudenza sia comunitaria e costituzionale, che amministrativa (cfr. Corte di giustizia 25 marzo 2004 in cause riunite C-231/00 e 451/00, concernente il Regolamento CEE 28 dicembre 1992 n. 3950).

10.Le riconosciute difficoltà, per le autorità competenti, di ricostruire tempestivamente le quote individuali applicabili ed i quantitativi effettivamente prodotti, trattandosi di grandezze necessariamente influenzate da variabili quali la verifica sulla veridicità delle dichiarazioni e le frequenti cessioni di quote da un produttore ad un altro, che per loro natura tendono a protrarsi in un arco di tempo più esteso rispetto all'esercizio di riferimento, richiedono di accettare correttivi, tra i quali la possibilità di imposizioni retroattive, onde non frustrare nei fatti gravemente l'effettività dell'intero sistema. La possibile erroneità del dato di partenza, dunque, come ricordato dal giudice di prime cure, peraltro falsato proprio per lo più dalla certificazione da parte dei produttori, e finanche da fenomeni truffaldini, non può non imporre comunque la ricerca di metodiche anche induttive funzionali a determinare il dato richiesto, ferma restando una rigorosa azione di accertamento delle responsabilità dei singoli che a vario titolo hanno ostacolato il corretto funzionamento del sistema.

11.Non è irrilevante al riguardo, ritiene il Collegio, che proprio la Commissione di inchiesta istituita con d.l. n. 11/1997, cui l’azienda appellante fa espresso riferimento (v. punto VI dell’appello) abbia riferito che oltre 2000 aziende agricole avevano dichiarato di produrre latte senza nemmeno possedere mucche. A fronte di tali emersioni -confermate anche negli anni a seguire- non si può ritenere inaffidabile tutto il sistema delle quote latte attuato in Italia, essendo necessario, al contrario, rafforzarne in ogni modo l’effettività per rispettare il diritto comunitario in materia.

12. Opportunamente dunque il T.A.R. ha richiamato le osservazioni riepilogative di cui alla seduta del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2010, ove pur a fronte della emersa mancanza di coerenza tra le banche dati ufficiali, si è comunque ritenuto che « la produzione italiana è quella risultante dai dati inviati a Bruxelles ». D’altro canto, sarebbe « se non manifestamente pretestuoso, almeno bizzarro […] che parte appellante pretenda di non conoscere dati che essa stessa ha contribuito a determinare ed i quali s’intendono costanti fintanto che essa non reputi di modificarli, come ben evincesi dalla facoltà di ciascun produttore, posta ai sensi dell’art. 2 del DL 411/1997 e dell’art. 1 del DL 43/1999, di chiedere la rettifica delle quote comunicategli dall’AIMA, secondo regole di comune ‘honeste vivere’ e di leale collaborazione con la P.A .>>
(cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. III, 3 luglio 2012, n. 3872).

13.Anche la Corte costituzionale, con la sentenza n. 272 del 7 luglio 2005, ha smentito la tesi secondo cui la determinazione delle quote latte sarebbe soggetta al vincolo della irretroattività ed ha affermato che il potere di aggiornamento e rettifica dei quantitativi prodotti e delle quote individuali a seguito della compensazione nazionale trova fondamento, anche sul piano costituzionale, nell'esigenza di perseguire interessi unitari e rilevanti a livello internazionale. Rientra quindi nella discrezionalità del legislatore la disciplina delle concrete modalità di gestione del sistema, legittimamente orientate verso l'obiettivo di adeguare i valori indicati alle concrete risultanze delle verifiche svolte dagli organi preposti.

14.Epurata, dunque, la vicenda, dagli asseriti profili di illegittimità rivenienti dal procedimento di determinazione a monte dei quantitativi individuali, occorre circoscrivere lo scrutinio ai soli aspetti mirati alla fase finale della determinazione del prelievo supplementare.

15.Tale fase, tuttavia, rileva la Sezione, in quanto conseguente all’effettuazione della compensazione nazionale, impatta inevitabilmente con i principi di recente affermati dalla Corte di Giustizia U.E. (sez. VII, 27 giugno 2019) in esito a quesito formulato da questo Consiglio di Stato (ordinanza n. 3074 del 2018). Il meccanismo di compensazione basato su categorie prioritarie, infatti, di cui all’art. 1, comma 8, del d.l. n. 43 del 1° marzo 1999, convertito, con modificazioni, dalla l. 118/1999, è stato utilizzato anche per l’annata lattiera 2002-2003, giusta il rinvio allo stesso contenuto nell’art. 1, comma 5, del d.l. 4 febbraio 2000, n.

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