Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-01-20, n. 201500149

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-01-20, n. 201500149
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500149
Data del deposito : 20 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09229/2010 REG.RIC.

N. 00149/2015REG.PROV.COLL.

N. 09229/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 9229 del 2010, proposto dalla
Curatela del fallimento Calabrese s.p.a., in persona del curatore legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. S P, ed elettivamente domiciliata, unitamente al difensore, presso A P in Roma, via Cosseria n. 2, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Commissario delegato per l’emergenza rifiuti nella Regione Calabria, in persona del legale rappresentante, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione seconda, n. 598 del 4 maggio 2010, resa tra le parti e concernente il risarcimento dei danni per il mancato affidamento del servizio smaltimento rifiuti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2014 il Cons. D S e udito per le parti l’avvocato Lenoci, per delega dell'Avv. Profeta;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 9229 del 2010, la curatela del fallimento Calabrese s.p.a. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione seconda, n. 598 del 4 maggio 2010 con la quale è stato accolto in parte il ricorso proposto contro il Commissario delegato per l’emergenza rifiuti nella Regione Calabria per la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno, riconoscendo la debenza nei limiti dell’ammontare di € 535.188,54, oltre interessi e rivalutazione.

Dinanzi al giudice di prime cure, con ricorso riassunto dalla curatela del fallimento, la ricorrente chiedeva la condanna del Commissario delegato per l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella Regione Calabria al risarcimento dei danni subiti a causa dell’illegittima determinazione n. 156 del 27 ottobre 1999.

L’Amministrazione si costituiva in giudizio, sollecitando il rigetto del gravame.

Nella pubblica udienza del 5 febbraio 2010, il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione ai profili della gestione della fase procedimentale, ma quantificava il risarcimento dovuto in maniera notevolmente inferiore a quello richiesto dalla ricorrente

Contestando le statuizioni del primo giudice unicamente in merito alla non satisfattiva quantificazione del danno, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in merito all’entità delle poste risarcibili, allegando a prova una relazione tecnica.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - In via preliminare, occorre evidenziare come la fattispecie in esame non riguardi né il fatto illegittimo dell’amministrazione né l’esistenza dei requisiti per configurare l’esistenza della fattispecie aquiliana. Si tratta, infatti, di questioni che sono state risolte dal giudice di prime cure e non ulteriormente gravate in appello. Su queste si è pertanto formato il vincolo del giudicato.

3. - È invece in contestazione la quantificazione del danno subito dall’impresa, ora fallita, la cui curatela ha gravato la sentenza nelle parti unicamente riguardanti il quantum risarcitorio. Ed è solo sulle poste non liquidate oggetto di domanda che è tenuta a pronunciarsi la Sezione.

In via di fatto, occorre ricordare che la questione in esame è scaturita dall’ordinanza n. 573 del 16 marzo 1999 con la quale il Commissario ha approvato il piano generale della raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani e assimilabili nella Regione Calabria, dando incarico al Responsabile Unico di effettuare apposita procedura di gara, ai sensi del d.lgs. n. 157/1995, con il criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, per la fornitura urgente delle attrezzature necessarie per la prima fase.

Il Responsabile unico ha indetto la gara con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 19 aprile 1999, cui hanno partecipato l’attuale appellante e l’Ati capeggiata dalla Farid Municipal Vehicles Ltd..

Con determinazione n. 4765 del 13 luglio 1999, il Responsabile unico ha preso atto del verbale di gara in data 14 giugno 1999 e ha dichiarato provvisoriamente aggiudicataria l’Ati capeggiata dalla Farid Municipal Vehicles Ltd e poi, determinazione n. 156 del 27 ottobre 1999, ha assegnato in via definitiva l’appalto all’Ati indicata.

Con ricorso n. 134/2000 la Calabrese s.p.a. ha chiesto a questo Tribunale l’annullamento dell’aggiudicazione e con sentenza n. 704 del 5 maggio 2000 il T.A.R. ha accolto il ricorso, con successiva conferma della sentenza in appello, dapprima con ordinanza cautelare n. 6328/2000 di rigetto e poi con decisione n. 5509/2003 ha respinto l’appello.

Assodata la responsabilità dell’amministrazione, oggetto di espressa domanda in prime cure, sia la Calabrese s.p.a. che la curatela del suo successivo fallimento hanno agito anche per il risarcimento del danno, quantificato in € 3.053.111,39, pari alla differenza fra il costo della fornitura (£. 14.813.743.000) e il prezzo offerto in sede di gara (£. 20.725.390.000), oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonché del maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, c.c. e del danno emergente connesso alle spese sostenute per la partecipazione alla gara.

Il T.A.R. ha tuttavia ridotto l’importo del risarcimento richiesto, affermando che “l’impresa ha, infatti, offerto un prezzo di £. 20.725.390.000, pari ad € 10.703.770.65, e su tale prezzo va considerato un aggio imprenditoriale che, prudenzialmente, deve calcolarsi nel 5%, per un importo pari ad € 535.188,53, anche tenuto conto della possibilità della società di impiegare in modo alternativo le proprie risorse”. Ha poi riconosciuto che “sull’importo indicato vanno, altresì, corrisposti rivalutazione monetaria e interessi legali, mentre null’altro è dovuto né ai sensi dell’art. 1224, secondo comma, c.c. (che si applica, invero, alle obbligazioni di valuta e non a quelle di valore), né per le spese sostenute per la partecipazione alla gara, atteso che tali spese sono compensate tramite il conseguimento dell’utile imprenditoriale riconosciuto in sede risarcitoria”.

4. - Osserva tuttavia la Sezione che la valutazione equitativa del danno, come operata dal T.A.R., ha senso e valore giuridico nei soli casi in cui non sia possibile giungere altrimenti alla prova del danno ed ha quindi una funzione suppletiva delle carenze probatorie in sede di giudizio.

Nel caso in esame, invece, il primo giudice ha usato il potere di valutazione equitativa pur in presenza di un apporto probatorio completo e convincente dato dall’impresa danneggiata. Infatti, trattandosi di una fornitura di beni, l’utile che l’impresa avrebbe conseguito è facilmente deducibile dalla differenza tra le somme impiegate per l’acquisto dei beni richiesti dall’amministrazione e quelle ricavabili dall’appalto. Il lucro cessante è stato quindi correttamente quantificato in €. 3.053.111,39 ed è facilmente riscontrabile dalla documentazione allegata.

Occorre quindi prendere posizione su tutte le tre poste oggetto di domanda, come indicate nella richiesta fatta in calce all’atto di appello, al fine di pervenire all’esatta quantificazione del danno dovuto.

4.1. - In merito al lucro cessante, se ne è già evidenziata la spettanza per la somma pari a €. 3.053.111,39;

4.2. - In merito al danno emergente, lo stesso viene identificato dalla parte nelle spese legali sostenuto nei giudizi, comprensive della produzione della perizia di parte, che sono oggetto di autonoma e separata liquidazione giudiziale e quindi non possono essere qui comprese;

4.3. - In merito alla richiesta subordinata, questa non può essere accolta, stante la sua natura accessoria;

4.4. - In relazione, infine, alle modalità di calcolo degli interessi e delle poste accessorie, queste rimangono regolate dalla statuizione del primo giudice, in quanto non oggetto di impugnativa in appello.

5. - L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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