Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-06-10, n. 201402957

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-06-10, n. 201402957
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402957
Data del deposito : 10 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01921/2014 REG.RIC.

N. 02957/2014REG.PROV.COLL.

N. 01921/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1921 del 2014, proposto da:
G B, A L, A L, A L, rappresentati e difesi dagli avv. R D M, F F, con domicilio eletto presso Rosario Manzo in Roma, via Giulio Romano, 5;

contro

Comune di Pagani;

per l’ottemperanza

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. IV n. 05230/2011, resa tra le parti, concernente approvazione variante pip (piano per gli insediamenti produttivi)


Visti il ricorso per l’ottemperanza e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 maggio 2014 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Leopoldo Fiorentino su delega dell'avvocato R D M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in esame, la signora G B e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe agiscono per l’ottemperanza alla sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. IV, 16 settembre 2011 n. 5230. chiedendo che il Collegio proceda ad “emettere tutti i provvedimenti ritenuti necessari ed opportuni”.

Con tale sentenza il Consiglio di Stato ha, in particolare, condannato il Comune di Pagani al risarcimento del danno, nei confronti della parte appellante, avendo statuito che l’Ente “occupa sine titulo l’immobile di proprietà Barali fin dal 21 febbraio 2003, senza che, per le ragioni esposte, sia venuto meno sul medesimo il diritto di proprietà del privato”.

Ha specificamente statuito la sentenza:

“Alla luce di quanto esposto, deve altresì trovare accoglimento la domanda di risarcimento del danno “in conseguenza della illegittima occupazione dei suoli fino alla data di restituzione” (da ultimo ribadita con memoria del 12 maggio 2005).

Il Collegio deve, quindi, pronunciarsi sulle modalità cui dovrà attenersi l’amministrazione per la quantificazione del danno risarcibile, fermo rimanendo che, perpetuandosi l’illegittima detenzione fino al momento dell’acquisizione della proprietà, fino a quel momento permarrà anche l’obbligo di tenere indenne il privato dalla conseguenze illegittime del fare amministrativo.

Acclarato che non può essere risarcito il danno da perdita della proprietà, in quanto il diritto dominicale permane in capo al privato non legittimamente espropriato (il che comporta anche, come sopra affermato, l’obbligo primario alla restituzione del bene, laddove non altrimenti acquisito), il risarcimento del danno deve allora operare in relazione alla illegittima occupazione del bene (illecito permanente), e deve pertanto coprire le voci di danno da questa azione derivanti, dal momento del suo perfezionamento fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie.

Ciò impone quindi l’individuazione del momento iniziale e di quello finale del comportamento lesivo.

In relazione al termine iniziale, questo deve essere identificato nel momento in cui l’occupazione dell’area privata è divenuta illegittima, il che significa che decorre dalla prima apprensione del bene, ossia dalla sua occupazione, qualora l’intera procedura espropriativa sia stata annullata, oppure dallo scadere del termine massimo di occupazione legittima, qualora invece questa prima fase sia rimasta integra. Nel caso di specie tale data si identifica nel 21 febbraio 2003 (data di immissione in possesso).

In relazione al termine finale, questo deve essere individuato nel momento in cui la pubblica amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell’area (ovvero provvederà alla restituzione della stessa al proprietario). A tal proposito, deve ricordarsi come la interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo ha eliminato ogni possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e quello autoritativo del provvedimento espropriativo. Ciò è avvenuto dichiarando l’illegittimità, per contrasto con il principio di legalità, delle ricostruzioni che miravano ad individuare fatti o comportamenti (e quindi l’avvenuto completamento dell’opera pubblica o la richiesta del solo risarcimento come momento abdicativo implicito della proprietà) idonei a sostituire i sistemi legali di acquisto della proprietà.

Infine, come è appena il caso di ricordare, anche lo strumento di cui all’art. 43 DPR n. 327/2001 (che di fatto dava vita ad un procedimento espropriativo accelerato) è stato espunto dall’ordinamento (Corte Cost. 8 ottobre 2010 n. 293).

Pertanto, l’amministrazione può legittimamente apprendere il bene facendo uso unicamente dei due strumenti tipici, ossia il contratto, tramite l’acquisizione del consenso della controparte, o il provvedimento, e quindi anche in assenza di consenso, ma tramite la riedizione del procedimento espropriativo con le sue garanzie.

L’illecita occupazione, e quindi il fatto lesivo, permangono, dunque, fino al momento della realizzazione di una delle due fattispecie legalmente idonee all’acquisto della proprietà, sia che questo evento avvenga consensualmente sia che avvenga autoritativamente.

Tanto precisato, venendo ai profili quantificatori, questi possono riferirsi unicamente a due diverse fattispecie: quella dell’acquisto del bene tramite moduli consensuali e quella della quantificazione del danno dovuto per l’occupazione illegittima avutasi medio tempore.

Come già la Sezione ha avuto modo di precisare (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 676), in relazione al valore da corrispondere al privato, dovrà tenersi conto di quello di mercato dell'immobile, individuato “non già alla data di trasformazione dello stesso (non potendo più individuarsi in tale data, una volta venuto meno l'istituto della c.d. accessione invertita, il trasferimento della proprietà in favore dell'Amministrazione), e nemmeno a quella di proposizione del ricorso introduttivo (non potendo, come detto, ravvisarsi in tale atto un effetto abdicativo), bensì alla data in cui sarà adottato il più volte citato atto transattivo, di qualsiasi tipo, al quale consegua l'effetto traslativo de quo”.

In relazione poi al danno intervenuto medio tempore, e quindi a quello conseguente dall’illegittima occupazione, intercorrente tra i termini iniziali e finali sopra precisati, “i danni da risarcire corrisponderanno agli interessi moratori sul valore del bene, assumendo quale capitale di riferimento il relativo valore di mercato in ciascun anno del periodo di occupazione considerato;
le somme così calcolate andranno poi incrementate per interessi e rivalutazione monetaria dovuti dalla data di proposizione del ricorso di primo grado fino alla data di deposito della presente sentenza”.

Le prescrizioni sopra imposte sono idonee a conformare l’azione amministrativa, rendendo ragione delle domande proposte dalla parte appellante”.

Il Comune di Pagani non si è costituito in giudizio.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e deve essere, pertanto, accolto.

Infatti, dagli atti di causa non risulta che il Comune di Pagani abbia prestato ottemperanza alla sentenza n. 5230/2011 di questo Consiglio di Stato.

Pertanto, il detto Comune dovrà ottemperare a quanto disposto dalla citata sentenza, entro il termine di novanta giorni decorrenti dalla data di comunicazione della presente decisione, ovvero dalla data di notificazione, se anteriore.

Il Collegio nomina fin da ora, per il caso di persistente inottemperanza, il Prefetto di Salerno, o dirigente/funzionario da lui individuato della medesima Prefettura, quale Commissario ad acta per l’ottemperanza, disponendo altresì che il compenso di detto Commissario – da determinarsi nel quantum a seguito della eventuale attività svolta – sarà posto a carico del Comune di Pagani.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

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