Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-07, n. 201001989

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-04-07, n. 201001989
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201001989
Data del deposito : 7 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11150/2003 REG.RIC.

N. 01989/2010 REG.DEC.

N. 11150/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 11150 del 2003, proposto da:
Consap - Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici - Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Nicolo', con domicilio eletto presso Carlo Nicolo' in Roma, via Ferdinando di Savoia, 3;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze - Gia' Min. Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
Direzione Regionale delle Entrate della Toscana;
P G, L M, G A, G P, T M, B R, I L, L P A, rappresentati e difesi dagli avv. Walter Littera, Armando Lupo, Marina Lupo, con domicilio eletto presso Walter Littera in Roma, via Plinio, 25;

nei confronti di

Assicurazioni Generali Spa, Ina Vita Spa, rappresentati e difesi dall'avv. Carlo Nicolo', con domicilio eletto presso Carlo Nicolo' in Roma, via Ferdinando di Savoia, 3;

per la riforma

della sentenza del TAR TOSCANA -

FIRENZE :

Sezione I n. 02809/2003, resa tra le parti, concernente DIRITTO A PERCEPIRE INTERESSI E RIVALUT.NE MONETARIA SU TFR E PREMIO FEDELTA'.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2010 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati Maria Grazia Di Loreto su delega di Carlo Nicolò, Marina Lupo e l'Avvocato dello Stato Antonio Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana i signori Pacciani e altri, sopra indicati in epigrafe, agivano per il completo pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria ai sensi dell’art. 150 disp. att. c.p.c. sul trattamento di fine rapporto e sul premio di fedeltà dovuti dall’INA a decorrere dal 9.5.1990.

I ricorrenti, ex dipendenti delle imposte comunali di consumo, e poi in servizio presso il Dipartimento delle Dogane di Firenze, cancellati a seguito del D.L. 105 del 1990 dal quadro speciale a esaurimento e transitati nel ruolo unico delle dogane, con diritto alla liquidazione di fine rapporto da parte di INA Assicurazioni spa, nonché del premio di fedeltà, lamentavano che le somme ad essi spettanti fossero state corrisposte solo nell’anno 1993, senza quindi il calcolo degli accessori di legge (interessi e rivalutazione monetaria).

Il giudice di primo grado prima ordinava la integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri soggetti coinvolti e cioè di Assicurazioni Generali spa, di INA Vita spa e di Consap concessionaria Servizi Pubblici Assicurativi spa;
e a tali adempimenti i ricorrenti provvedevano.

Finalmente e conseguentemente, con la sentenza appellata il giudice di prime cure accoglieva il ricorso, ritenendolo fondato. In ordine al soggetto passivo tenuto al pagamento del titolo in forza del quale veniva chiesto il pagamento degli accessori, esso veniva individuato nell’INA spa e precisamente nei soggetti subentrati a tale ente e cioè, in ragione della parte di relativa competenza, le Assicurazioni Generali spa, l’INA Vita spa e la Consap, concessionaria Servizi Pubblici Assicurativi spa.

Avverso tale sentenza, ritenendola errata e ingiusta, propone appello la Consap, deducendo che a Consap (avverso la quale andava integrato il contraddittorio, in quanto INA spa era cessata per incorporazione nella Assicurazioni Generali spa con ramo conferito a INA Vita spa, mentre le attività pubblicistiche erano state attribuite a Consap spa) era stata notificata, in data 10 dicembre 2002, soltanto la copia fotostatica del ricorso 14 novembre 1995 con il quale gli ex dazieri avevano convenuto in giudizio il Ministero dell’Economia e Finanze.

Pertanto la Consap aveva ritenuto di non costituirsi in giudizio.

Secondo l’appello, nonostante tale evidente difetto di integrazione del contraddittorio, il primo giudice aveva condannato vari soggetti, indicati in motivazione, tra cui Consap.

Pertanto, con l’appello, Consap deduce in via preliminare difetto di integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, non essendo idonea, quale atto introduttivo o integrativo, una mera denuntiatio litis , senza proposizione di idonea azione nei suoi confronti;
viene dedotta altresì la assenza di ogni conclusione nei confronti di Consap, Assicurazioni Generali spa e INA Vita spa.

L’appellante deduce la assenza di idonea procura ad litem avverso soggetti diversi dal convenuto iniziale costituito dal Ministero Economia e Finanze.

Nel merito, viene eccepita la mancanza di imputabilità e colpevolezza nel ritardo, in quanto a seguito dell’invio dei prospetti da parte del Ministero, l’INA si è subito attivata e, a distanza di qualche settimana dal ricevimento degli atti e documentazione necessaria, ha provveduto agli adempimenti di sua competenza.

In ulteriore subordine, si eccepisce la prescrizione quinquennale, non essendo intervenuto alcun atto interruttivo nel corso degli anni 1993 e 1994.

Si sono costituiti gli appellati Pacciani, Lunghi, Ghelardini, Gennai, Tacconi, Bartalesi, Innocenti, Lo Presti, che deducono in via preliminare la inammissibilità dell’appello proposto da Consap, in quanto la notifica della sentenza è datata 16 settembre 2003, mentre la notifica effettiva dell’appello – dopo tentativi vani effettuati in precedenza - è avvenuta nei confronti dell’avv. Lupo, al domicilio eletto, soltanto il 2 dicembre 2003, mentre la spedizione è stata chiesta soltanto in data 24 novembre 2003.

Inoltre, gli appellati deducono e eccepiscono come l’atto integrativo del contraddittorio contenesse e riportasse tutto il ricorso introduttivo originario, sicchè nessuna inammissibilità del ricorso originario può essere sotto tale profilo eccepita.

In ordine alla eccezione di difetto di procura, si controeccepisce come la prima procura fosse ben idonea alla integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 84 cpc, che consente tutti gli atti difensivi al difensore munito di mandato.

Si sostiene quindi la dovutezza degli accessori (interessi e rivalutazione) sulla base del non contestabile ritardo nel pagamento del credito principale.

In ordine alla eccezione di prescrizione, si eccepisce la inammissibilità in secondo grado delle eccezioni in senso stretto.

Si sono costituiti INA Vita spa e Assicurazioni Generali spa chiedendo la loro estromissione dal giudizio e nel merito chiedendo l’accoglimento dell’appello.

Alla udienza pubblica del 23 marzo 2010 il ricorso è passato in decisione.

DIRITTO

1.In via preliminare va esaminata la eccezione di tardività dell’appello, peraltro rilevabile anche ex officio .

L’appello della Consap risulta notificato effettivamente (si fa riferimento alla seconda relata di notifica a margine dell’appello) in data 25 novembre 2003, mentre la sentenza è stata notificata in data 16 settembre 2003.

Il primo tentativo di notifica, datato 11 novembre 2003 (prima relata di notifica) invece non risulta pervenuto a buon fine.

Conseguentemente, secondo la formulata eccezione, essendo l’appello stato notificato oltre il termine previsto di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza, esso dovrebbe essere dichiarato irricevibile.

In realtà, nella specie è avvenuto che nel corso del giudizio di primo grado, l’avvocato di parte appellata abbia mutato il luogo di domicilio;
la parte appellante ha prima tentato di notificare al vecchio domicilio, dichiarato nel giudizio, e successivamente, questa volta oltre i termini di legge, abbia poi notificato utilmente al nuovo domicilio di studio del difensore.

L’articolo 330 c.p.c., cui fa rinvio l’art. 28 L.1034 del 1971, individua i luoghi in cui l’appello deve essere notificato sulla base delle indicazioni rese dalla parte interessata in sede di notificazione della sentenza o nel giudizio di primo grado, per cui ogni variazione di tali luoghi deve essere portata a conoscenza dell’altra parte a modifica della precedente;
pertanto, ove per la mancanza di tale suddetta comunicazione non sia stata possibile la notificazione dell’appello, non può ritenersi inutilmente decorso il termine breve per la impugnazione, con conseguente decadenza da essa, ma l’appello è tempestivamente e ritualmente proposto con la rinnovazione della notifica presso il procuratore domiciliatario nel suo nuovo domicilio, come avvenuto nella specie ( ex plurimis , Consiglio di Stato, V, 9 marzo 1995, n.328).

Sulla base di quanto sopra esposto, va respinta la eccezione di irricevibilità per tardività dell’appello, che conseguentemente va esaminato nel merito.

2.Con i motivi di appello si deduce: 1) la nullità di ogni atto di integrazione del contraddittorio nei confronti di essa appellante società Consap spa, in quanto sarebbe stato notificato un atto privo dei requisiti essenziali della domanda giurisdizionale;
2) il difetto di procura ad litem , che sussisteva soltanto per la domanda introduttiva avverso i soggetti in principio evocati in giudizio, e non anche per la successiva integrazione del contraddittorio;
3)il difetto di legittimazione passiva della condannata Consap, in quanto debitore era il solo Ministero delle Finanze;
4) la insussistenza dei requisiti della imputabilità e della colpa, in quanto la documentazione fu trasmessa in ritardo dal Ministero all’ente gestore del fondo di previdenza;
5) la eccezione di prescrizione quinquennale, in quanto nel tempo intercorrente tra le richieste di liquidazione risalenti agli anni 1993 e 1994 e l’atto introduttivo datato 10 dicembre 2002, non vi è stata alcuna interruzione dei termini prescrizionali.

3. I motivi di appello sono tutti infondati e come tali da respingere.

Con riguardo al punto 1), nell’atto di integrazione del contraddittorio, oltre ad una breve disamina delle circostanze processuali e all’ excursus del processo, era integralmente trascritto il ricorso introduttivo, dalla cui lettura si evince chiaramente sia l’oggetto della domanda che le ragioni poste a fondamento della medesima (i requisiti della domanda di cui all’art. 163 c.p.c.), così come la esigenza, ravvisata dal primo giudice, di integrazione del contraddittorio.

Costituisce principio giurisprudenziale pacifico che, con riguardo al destinatario dell'atto, ai fini della validità e regolarità della citazione, va fatto riferimento alle risultanze della copia a lui consegnata, sicché solo quando in detta copia manchino gli elementi necessari per una regolare " vocatio in ius ", la citazione deve ritenersi nulla, ancorché l'originale dell'atto sia completo dei dati richiesti (v. Cassazione civile sez. I, 6 ottobre 2006 n. 21555;
nella fattispecie richiamata, ad esempio, in applicazione del principio di cui alla massima, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di secondo grado e rimesso gli atti al primo giudice ai sensi dell'art. 383, comma 3, c.p.c., in quanto la copia notificata dell'atto di citazione in giudizio mancava di uno o più fogli e risultava, per effetto di tale mancanza, priva della indicazione dell'autorità giudiziaria davanti alla quale era stata proposta la domanda e della data della udienza di comparizione).

Con riguardo alla asserita mancanza di procura ad litem , va in contrario osservato che l’art. 84 c.p.c. stabilisce che il mandato ad agire conferisce al difensore il potere di compiere e ricevere tutti gli atti processuali con i quali la parte esercita l’azione o comunque sta in giudizio, con la sola eccezione degli atti che alla parte stessa vengono espressamente riservati.

Al proposito, si è sostenuto (Consiglio di Stato, V, 12 maggio 1987, n.279) che l’atto di integrazione del contraddittorio appartiene ad un unico contesto unitario, sicché si prescinde dalla necessità di conferire una seconda volta un identico mandato al difensore che lo ha sottoscritto.

Il difensore munito di procura per una determinata controversia se non può, in base ad essa, effettuare la chiamata in garanzia di un terzo, introducendo così nel processo una nuova controversia, in quanto i suoi poteri non possono estendersi, ai sensi dell'art. 84 c.p.c., oltre l'ambito della lite per cui è stato dato il mandato, può invece effettuare la chiamata del terzo se indispensabile per la definizione del rapporto litigioso originario, o può effettuare la integrazione del contraddittorio (così Cassazione civile, II, 31 gennaio 1983, n.849).

Con riguardo poi alla censura sul difetto di legittimazione passiva, deve osservarsi che legittimato passivo al versamento degli accessori da ritardo (interessi e rivalutazione) è certamente l’ente al quale per legge spetta (o è stato trasferito) il compito della effettiva corresponsione delle indennità, dovendo aversi riguardo – per la titolarità passiva – al fatto che soggetto passivo del rapporto obbligatorio è il medesimo soggetto che eventualmente è tenuto al pagamento degli accessori per ritardato pagamento del credito principale.

Il soggetto passivo dell’obbligo di pagamento degli accessori richiesti è quindi, come giustamente ritenuto dal primo giudice, INA spa, quale ente che ha provveduto alla effettiva liquidazione delle indennità e dei premi di fine rapporto.

All’INA spa corrispondono e succedono (successori nel rapporto giuridico in questione) poi i soggetti subentrati a tale Ente e cioè, in ragione della parte di relativa competenza, le Assicurazioni Generali spa, INA VITA spa e la Consap spa.

Per inciso, va osservato che ogni richiesta, pure svolta nelle memorie difensive di costituzione, da parte di Assicurazioni Generali spa e INA Vita spa, di essere estromessi dal giudizio, in quanto riguardanti capi o parti autonome della sentenza, non fatte oggetto di espressa impugnazione da parte soccombente, deve ritenersi inammissibile.

In relazione alla identità del titolo e quindi del soggetto debitore, il Collegio osserva che gli interessi legali e la rivalutazione monetaria delle somme dovute a titolo di credito retributivo previdenziale, del quale costituiscono uno strumento di quantificazione e non un accessorio, devono considerarsi componenti del credito principale, senza che abbiano rilievo le ragioni del ritardo (così Consiglio Stato, VI;
24 marzo 2000, n.1641).

Quindi, anche in relazione alla asserita mancanza di colpa, tale dato di fatto è irrilevante, in quanto per giurisprudenza costante – attesa la natura del credito principale – la rivalutazione monetaria e gli interessi corrispettivi spettano per il mero fatto del ritardato pagamento della indennità di fine rapporto, indipendentemente da ogni indagine sulla colpa ( ex plurimis , Consiglio di Stato, V, 31 luglio 2002).

Vale il principio che le somme corrisposte tardivamente sugli emolumenti degli impiegati dello Stato e degli altri enti pubblici producono interessi e rivalutazione indipendentemente da qualsiasi indagine sulla colpa della p.a. per il ritardato pagamento, anche se per prodursi un tale effetto occorre che si tratti di un vero e proprio "ritardo ";
per concretarsi il ritardo deve cioè trattarsi, ma ciò è sufficiente, come nella specie, di tempo di esecuzione delle procedure di pagamenti delle somme dovute, eccedente i normali limiti dei tempi tecnici necessari a provvedere (Consiglio Stato sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3134).

In relazione al motivo che invoca la intervenuta prescrizione quinquennale per mancanza di atti interruttivi della prescrizione, è sufficiente richiamare il noto principio secondo cui, trattandosi di eccezione in senso stretto (art. 112 c.p.c., 1242 c.c., 2934 c.c.) non è ammissibile eccepire per la prima volta in appello l'intervenuta prescrizione del credito retributivo dei pubblici dipendenti non dedotta in primo grado (così, in generale, Consiglio Stato ad. plen. 29 dicembre 2004 n. 14).

4.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.

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