Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-12, n. 202102130

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-03-12, n. 202102130
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102130
Data del deposito : 12 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2021

N. 02130/2021REG.PROV.COLL.

N. 09086/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 9086 del 2020, proposto dall’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana in liquidazione coatta amministrativa, in persona del Commissario liquidatore pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

i signori D C, C L e A R M, rappresentati e difesi dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Milano, Sezione Terza, n. 2183/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dei signori D C, C L e A R M;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2021 il consigliere Daniela Di Carlo e udito per la parte appellata l’avvocato G S, che partecipa alla discussione mediante collegamento da remoto ai sensi dell'art. 25, d.l. n. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Gli odierni appellati, con ricorso proposto dinanzi al T.a.r. per la Lombardia, Milano, hanno agito per ottenere l’ottemperanza al giudicato civile che ha riconosciuto il loro diritto ad essere stabilizzati ai sensi dell’art. 2, commi 366 e 367, legge 24 dicembre 2007, n. 244.

2. Più nel dettaglio, è accaduto che:

a) gli odierni appellati adivano il Tribunale di Busto Arsizio, in funzione di giudice del lavoro, al fine di ottenere il riconoscimento del proprio diritto ad essere stabilizzati ai sensi dell’art. 2, commi 366 e 367, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, oltre al pagamento delle differenze retributive maturate;

b) il Tribunale adito, con la sentenza n. 455/2018, accoglieva il ricorso e condannava l’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana in liquidazione coatta amministrativa (nelle more del giudizio, detto Ente era subentrato all’Ente strumentale alla Croce Rossa, il quale - a sua volta - era subentrato all’Associazione Italiana della Croce Rossa) ad assumere i ricorrenti con decorrenza dal 31 maggio 2009 nella qualifica “Area A, posizione economica A2”;

c) la Croce Rossa appellava la pronuncia in questione, ma la Corte d’appello di Milano (con la sentenza n. 1051/2019) rigettava il gravame, condannandola anche al pagamento delle spese di giudizio (liquidate in complessivi euro 3.300,00, oltre alle spese generali e agli oneri di legge, con distrazione in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari).

d) I ricorrenti, al fine di ottenere l’esecuzione del giudicato civile loro favorevole, adivano il giudice amministrativo in funzione di giudice dell’ottemperanza.

Da qui ha avuto origine l’odierno contenzioso.

3. Il T.a.r. per la Lombardia, Milano, con la sentenza di cui in epigrafe impugnata, ha accolto il ricorso, ha nominato quale Commissario ad acta , per il caso di perdurante inadempienza, il Direttore della Direzione generale del personale, dell’organizzazione e del bilancio del Ministero della Salute (o dirigente dallo stesso delegato appartenente alla medesima Direzione) e ha condannato l’Ente strumentale alla Croce Rossa al pagamento, a favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, liquidate in complessivi euro 1.500,00, oltre accessori di legge se dovuti.

Più nel dettaglio, il T.a.r.:

a) ha respinto l’eccezione preliminare, sollevata dall’Ente intimato, di ineseguibilità del giudicato, ritenendo che “ il passaggio in giudicato delle sentenze emanate dal giudice civile determina, ai sensi dell’art. 2909 cod. civ., la sostituzione della fonte di disciplina del rapporto giudico intercorrente fra le parti processuali, rapporto che non viene più regolato dalla norme astratte dell’ordinamento giuridico, ma dalla regola concreta contenuta nella pronuncia del giudice. Le parti sono quindi tenute a dare stretta esecuzione alle statuizioni contenute nella sentenza senza poter invocare, al fine di sottrarvisi, disposizioni impeditive dettate da fonti esterne. ” (nella specie, l’Amministrazione aveva invocato la mancanza di risorse finanziarie sufficienti, il diniego di autorizzazione espresso dal Ministero della funzione pubblica, i vincoli di finanza pubblica).

b) Ha respinto, di poi, l’ulteriore eccezione sollevata dall’Avvocatura erariale, secondo cui l’esecuzione del giudicato civile sarebbe ostacolata dal divieto per i creditori particolari dell’Ente di intraprendere azioni esecutive individuali, ai dell’art. 4, secondo comma, D.lgs. n. 178/2012. Il T.a.r. ha ritenuto che il divieto in parola non operi nel caso all’esame, per due concorrenti motivazioni: in primo luogo, perché esso riguarda le sole “ azioni finalizzate alla riscossione coattiva di somme di danaro e non, quindi, le azioni intraprese per ottenere il soddisfacimento di obbligazioni diverse da quelle pecuniarie ”;
in secondo luogo, perché il divieto in parola “ ha carattere temporaneo e permane fino alla conclusione della speciale procedura concorsuale ivi prevista e disciplinata, e cioè sino al 31 dicembre 2017, data in cui, ai sensi dell’art. 8, secondo comma, del d.lgs. n. 178 del 2012, ha termine la gestione separata ”.

c) Nel merito, dopo avere acclarato il diritto dei ricorrenti alla stabilizzazione richiesta, ha ‘temperato’ gli effetti della condanna dell’Amministrazione, nel senso che la stessa “ dovrà innanzi tutto verificare se, alla luce del fabbisogno di personale dell’Associazione, previamente determinato, i ricorrenti possano essere definitivamente inquadrati nell’organico dell’Associazione stessa nella posizione stabilita dal Giudice del Lavoro. Laddove il profilo professionale dei ricorrenti non trovasse adeguata collocazione nell’organico, dovrà trovare applicazione il comma 3 dell’art. 6 del d.lgs. n. 178 del 2012, ricorrendo quindi agli “strumenti utilizzabili per la gestione di eccedenze di personale nelle pubbliche amministrazioni”, che consentono la collocazione del personale eccedente presso altre amministrazioni ”.

4. L’Ente strumentale alla Croce Rossa Italiana, in liquidazione coatta amministrativa, ha appellato la sentenza articolando le seguenti censure.

4.1. “ Inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto proposto dopo l’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa ”.

Il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere ammissibile l’azione esecutiva individuale esercitata in sede di ottemperanza dagli odierni appellati, in quanto - in applicazione dei principi enunciati dalla Sezione con la sentenza n. 6346/2020, concernente analoga fattispecie - avrebbe dovuto dichiarare la domanda inammissibile, essendo stata, la medesima, proposta dopo l’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa.

4.2. “ Inammissibilità del ricorso di primo grado per ineseguibilità del giudicato ”.

La sentenza impugnata sarebbe altresì erronea nella parte in cui ha ritenuto eseguibile, da parte dell’Amministrazione appellante, il diritto alla stabilizzazione degli odierni appellati con inquadramento nell’area A, posizione economica A2 del vigente CCNL degli enti pubblici non economici, dato che:

- manca un organico dell’Amministrazione resistente nell’ambito del quale le controparti potrebbero essere inserite;

- le procedure di mobilità si sono da tempo esaurite e, comunque sia, presuppongono il previo inserimento del lavoratore nella pianta organica dell’Ente di provenienza, che - nella specie - è assente.

5. Gli appellati si sono costituiti in resistenza.

6. All’udienza camerale del 18 febbraio 2021, la causa è passata in decisione ai sensi dell’art. 25, d.l. n. 137/2020.

7. L’appello è fondato e va, pertanto, accolto.

8. La Sezione richiama, anche ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) c.p.a. e con valore di precedente giurisprudenziale conforme, la propria precedente sentenza n. 6346/2020.

9. Più in particolare, in quel caso la Sezione si era occupata dell’appello avverso la sentenza del T.a.r. per la Toscana, sez. I, n. 1675 del 22 novembre 2016, concernente l’ottemperanza alla sentenza del Tribunale di Livorno, Sezione lavoro, n. 613 del 2 agosto 2013, con l’unica differenza che il T.a.r. aveva dichiarato improcedibile la domanda di esecuzione, e dunque ad appellare era stato il privato.

Malgrado l’inversione processuale delle parti, determinata dal fatto che nel nostro caso il T.a.r. ha invece accolto il ricorso per l’ottemperanza, la Sezione osserva che il principio di diritto idoneo a decidere la controversia è il medesimo, perché si tratta, in entrambe le ipotesi, della pretesa alla stabilizzazione del rapporto lavorativo in relazione a periodi di lavoro sostanzialmente coincidenti (nel caso deciso dalla sentenza n. 6346/2020 il diritto all’assunzione decorreva dal 31 maggio 2008, mentre nel caso che ci occupa a far data dal 31 maggio 2009), azionata sotto la vigenza della disposizione espressa introdotta - quale ultimo periodo del comma 2 dell’art. 4, D.lgs. n. 178/2012 - dall’art. 1, comma 397, lett. a), della l. n. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016 (più nel dettaglio, l’azione esecutiva nel caso deciso dalla menzionata sentenza n. 6346/2020 era stata avviata nel 2016, mentre nell’odierno caso nel 2020, e dunque sempre successivamente all’entrata in vigore della norma a decorrere dal 1° gennaio 2016).

10. La Sezione condivide il ragionamento logico giuridico seguito con la sentenza n. 6346/2020, articolatosi attraverso i seguenti passaggi argomentativi:

a) “A partire da tale data ( n.d.r. , dal 1° gennaio 2016) - nel cui periodo di decorrenza temporale ricade in pieno la fattispecie in esame, essendo stata l’azione esecutiva avviata nell’anno 2016 - è divenuta inequivocabile la preclusione, sino alla conclusione della speciale procedura concorsuale, dell’avvio e del proseguimento delle azioni esecutive individuali, per la riscossione coattiva di somme liquidate, ai sensi della normativa vigente in materia, rispetto a debiti la cui causa giuridica si fosse verificata in data anteriore al 31 dicembre 2011, anche se successivamente accertata.”;

b) “La fattispecie all’esame del Collegio rientra nelle speciali previsioni con le quali il legislatore (d.lgs. n. 178 del 2012, sulla base della delega di cui all’art. 2 della l. n. 183 del 2010) ha perseguito una integrale rinnovazione dell’assetto della CRI mediante la trasformazione da ente di diritto pubblico a base associativa a persona giuridica di diritto privato, ancorché di interesse pubblico e ausiliaria dei pubblici poteri nel settore umanitario, unitamente al risanamento.

Intervento legislativo che trova il suo fondamento nel contesto di grave dissesto dell’Ente originario, proveniente da innumerevoli anni di gestione commissariale, ancora in atto al momento dell’emanazione del decreto legislativo. Circostanza, quest’ultima, che spiega il riferimento prioritariamente al “Commissario” e “successivamente” al “Presidente dell’Ente” quali organi interni della speciale procedura concorsuale, nello stesso art. 4 in argomento.”;

c) “Al fine di realizzare la trasformazione della natura giuridica dell’ente, il decreto legislativo, anche attraverso successivi adattamenti, ha disposto un percorso graduale e transitorio, che passa attraverso l’istituzione di un Ente strumentale (art. 2), quale soggetto ponte volto a favorire il subentro della neoistituita Associazione al preesistente ente pubblico (art. 3), del quale – ai fini di nostro interesse – sono disciplinati contestualmente la liquidazione e i relativi rapporti giuridico-patrimoniali (art. 4).”;

d) “In tale ottica, rilevano più dati normativi restati costanti dal 2012 ad oggi: - l’obiettivo del ripiano dell’indebitamente pregresso mediante procedura concorsuale;
- l’individuazione nella legge della data (quella del 31 dicembre 2011) cui ancorare l’atto o il fatto genetico dell’obbligazione per individuare i crediti imputabili alla procedura concorsuale;
- la previsione di una “gestione separata” nella quale confluiscono i predetti debiti e la massa attiva per il pagamento anche parziale dei debiti, mediante periodici stati di ripartizione, secondo i privilegi e le graduazioni previste dalla legge;
- il piano di riparto finale”;

e) “Mentre, altri dati normativi sono mutati per effetto di modifiche succedutesi nel tempo;
sintomatico della difficoltà di portare a termine la procedura e di pervenire alla liquidazione dell’ente strumentale, lo spostamento in avanti della data finale della procedura concorsuale dal gennaio 2014, al dicembre del 2015, al dicembre del 2017;
sino alla continuazione della procedura, a partire dal 1° gennaio 2018, con una nuova regolamentazione della stessa attraverso l’applicazione diretta – salvo le eccezioni espressamente previste – del titolo V del r.d. n. 267 del 1942 (art. 8, comma 2, come modificato dal d.l. n. 148 del 2017, convertito con modificazioni dalla l. n. 172 del 2017).”;

f) “Rispetto alla fattispecie di interesse, rilevano due importanti modifiche nella disciplina della procedura di liquidazione della CRI.

(…) La prima (…) è la disposizione espressa – introdotta, come ultimo periodo del comma 2 dell’art. 4 cit., dall’art. 1, comma 397, lett. a), della l. n. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016 – del divieto di inizio e prosecuzione delle azioni esecutive, rispetto a debiti antecedenti al 31 dicembre 2011, sino alla conclusione della procedura concorsuale.

(…) La seconda è costituita dalla modifica dell’art. 8, comma 2 del d.lgs. n. 178 del 2012 ad opera del d.l. n. 148 del 2017 cit. (…). Con questo intervento di riforma, il legislatore ha chiuso, alla data del 31 dicembre 2017, la fase della “gestione separata” regolata con norme speciali, provvedendo alla contestuale abrogazione delle rispettive previsioni (art. 4, commi 3 e ss). Nel contempo, ha individuato la nuova disciplina generale nella liquidazione disciplinata dal r.d. n. 267 del 1942, ed ha attribuito ad organi interni all’Ente le funzioni del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza. Soprattutto, il legislatore ha posto un ponte tra vecchio e nuovo senza soluzione di continuità, prevedendo che la gestione separata si conclude con un atto di ricognizione della massa attiva e passiva, che confluiscono nella nuova procedura”.

11. Applicando le illustrate coordinate ermeneutiche al caso all’esame, ne discende che, rispetto al credito dei ricorrenti (la cui causa giuridica ha origine in data anteriore al 31 dicembre 2011 ed è perciò riconducibile alla gestione separata), per espressa disposizione legislativa (introdotta a partire dal 1° gennaio 2016) è inibita l’azione esecutiva individuale esercitata nello stesso anno, e il credito medesimo confluisce nella nuova procedura concorsuale.

12. In definitiva, per le considerazioni illustrate, l’appello va accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza, va respinto il ricorso introduttivo del giudizio.

13. Le spese del doppio grado possono essere compensate per questa causa, atteso il recente indirizzo esegetico seguito dalla Sezione, mentre il pagamento del contributo unificato del doppio grado va posto a carico, in via definitiva, degli originari ricorrenti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi